Mafia marketing: dal whisky “Cosa nostra” fino alle candy mafia e ai ristoranti

Coldiretti: l’inquietante boom prodotti mafia style all’estero

 

Dal whiskey “Cosa nostra” in bottiglia a forma di mitra a tamburo al caffè mafiozzo venduto in Bulgaria. I danni d’immagine per il made in Italy e denucia di Coldiretti e Filiera Italia

Dalla Scozia arriva il whiskey “Cosa Nostra” in una bottiglia a forma del caratteristico mitra con caricatore a tamburo degli anni di Al Capone e Lucky Luciano – spiega la Coldiretti -, mentre in Portogallo si beve vino Talha Mafia “Pistol” con tanto di macchia di sangue stilizzata sulla confezione bag in box da 3 litri. In Germania si produce il Mafia Coffee Rub Don Marco’s, un condimento per la carne arrosto, come il PorkMafia Texas Gold che non viene però dagli Usa bensì dalla Finlandia.

In Bulgaria si beve il caffè “Mafiozzo” – denuncia Coldiretti – stile italiano, invece gli snack “Chilli Mafia” si possono comprare in Gran Bretagna, mentre in Germania si trovano le spezie “Palermo Mafia shooting”, a Bruxelles c’è la salsa “SauceMaffia” per condire le patatine e la “SauceMaffioso”, mentre in America, nel Missouri, si vende la salsa “Wicked Cosa Nostra”. In terra tedesca – continua Coldiretti – si beve anche il “Fernet Mafiosi”, con tanto di disegno di un padrino, mentre sul collarino della bottiglia è addirittura raffigurata una pistola, sotto la scritta “Stop!”.
Ma c’è anche il vino Syrah “Il Padrino” prodotto nella Santa Maria Valley California da Paul Late “For those who dare to feel” (per quelli che osano sentirsi). Su internet – continua la Coldiretti – è poi possibile acquistare il libro di ricette “The mafia cookbook” o comprare caramelle sul portale www.candymafia.com. Una galleria degli orrori che colpisce il vero Made in Italy realizzato grazie all’impegno di centinaia di migliaia di imprenditori onesti che tutti i giorni lavorano per offrire prodotti di altissima qualità.
Al gravissimo danno di immagine del Mafia Marketing si aggiunge la beffa dello sfruttamento economico del Made in Italy in una situazione in cui la contraffazione e la falsificazione dei prodotti alimentari italiani solo nell’agroalimentare ha ormai superato i 120 miliardi di euro, quasi il doppio delle esportazioni, e che costa all’Italia trecentomila posti di lavoro, secondo una analisi della Coldiretti.
Si tratta di danni economici e di immagine soprattutto nei mercati emergenti dove – rileva la Coldiretti – spesso il falso è più diffuso del vero e condiziona quindi negativamente le aspettative dei consumatori. “Lo sfruttamento di nomi che richiamano la mafia è un business che provoca un pesante danno di immagine al Made in Italy sfruttando – conclude Ettore Prandini Presidente della Coldiretti – gli stereotipi legati alle organizzazioni mafiose, banalizzando fin quasi a normalizzarlo, un fenomeno che ha portato dolore e lutti lungo tutto il Paese”.

Mafia marketing: dal whisky "Cosa nostra" al vino "Pistol" fino alle candy mafia

 

In mostra lo scandalo del Mafia Marketing

Scatta la rivolta di imprese, cittadini e Istituzioni contro lo scandalo mondiale del mafia marketing che per la prima volta verrà messo in mostra con un’inquietante “collezione” dei più vergognosi prodotti agroalimentari venduti nel mondo con nomi che richiamano gli episodi, i personaggi e le forme di criminalità organizzata più odiose, sfruttati per fare un business senza scrupoli sul dolore delle vittime e a danno dell’immagine del Paese.
L’appuntamento è per domani venerdì 2 dicembre dalle ore 9,00 al Villaggio Coldiretti di Palermo, da Piazza del Teatro Politeama a Piazza Castelnuovo, dove accorreranno migliaia di agricoltori, assieme al presidente di Coldiretti Ettore Prandini e alla delegata di giovani Coldiretti Veronica Barbati. Un atto di denuncia rispetto a un fenomeno che getta discredito sull’immagine del Paese, diffondendo inaccettabili stereotipi, contro il quale prende il via una mobilitazione nazionale guidata dai giovani imprenditori che saranno presenti in piazza per difendere la reputazione dell’Italia ed il loro futuro.
Per l’occasione insieme alla prima mostra sui prodotti del mafia marketing nel mondo verrà diffuso lo studio Coldiretti “La mafia del piatto, dai ristoranti al supermercato” con un focus sulla ristorazione che in tutti i continenti sfrutta termini come mafia, cosa nostra, camorra come elementi di richiamo per fare affari propagandando una immagine distorta dell’italianità.
L’iniziativa si svolge nell’ambito del villaggio Coldiretti nel centro di Palermo dove nei tre giorni di manifestazione si alterneranno esponenti istituzionali, rappresentanti della società civile e studiosi che discuteranno su esclusivi studi e ricerche elaborate per l’occasione dalla Coldiretti. Ma il Villaggio di Palermo è anche un’occasione per toccare con mano la centralità e i primati dell’agricoltura italiana messi a rischio da guerra e rincari energetici e vivere un giorno da contadino tra le aziende agricole ed i loro prodotti, a tavola con gli agrichef, in sella agli asini e tra gli altri animali, nelle fattorie didattiche e negli agriasili dove i bambini possono imparare a impastare il pane o a fare l’orto.   2.12.2022 COLDIRETTI 

 


La denuncia della Coldiretti a Palermo: “Tutto questo danneggia il vero Made in Italia portato avanti da migliaia di imprenditori onesti”

Dal whisky “Cosa nostra” con tanto di bottiglia a forma di mitra al vino Talha Mafia fino al caffè Mafiozzo ma anche il condimento sale e pepe Two Pig Mafia è allarme “mafia style” per l’agroalimentare italiano con milioni di euro di giro d’affari generati dall’uso di nomi legati alla criminalità. A denunciarlo sono Coldiretti e Filiera Italia che insieme a imprese, cittadini e istituzioni scendono in piazza a Palermo dove è stata esposta per la prima volta un’inquietante “collezione” dei più scandalosi prodotti agroalimentari venduti nel mondo con nomi che richiamano gli episodi, i personaggi e le forme di malavita organizzata più odiose, sfruttati per fare un business senza scrupoli sul dolore delle vittime e a danno dell’immagine del Paese.

Dalla Scozia arriva il whisky “Cosa Nostra” in una bottiglia a forma del caratteristico mitra con caricatore a tamburo degli anni di Al Capone e Lucky Luciano – spiega la Coldiretti -, mentre in Portogallo si beve vino Talha Mafia “Pistol” con tanto di macchia di sangue stilizzata sulla confezione bag in box da 3 litri.  In Germania si produce il Mafia Coffee Rub Don Marco’s, un condimento per la carne arrosto, come il PorkMafia Texas Gold che non viene però dagli Usa bensì dalla Finlandia.

In Bulgaria si beve il caffè “Mafiozzo” – denuncia Coldiretti – stile italiano, invece gli snack “Chilli Mafia” si possono comprare in Gran Bretagna, mentre in Germania si trovano le spezie “Palermo Mafia shooting”, a Bruxelles c’è la salsa “SauceMaffia” per condire le patatine e la “SauceMaffioso”, mentre in America, nel Missouri, si vende la salsa “Wicked Cosa Nostra”. In terra tedesca – continua Coldiretti – si beve anche il “Fernet Mafiosi”, con tanto di disegno di un padrino, mentre sul collarino della bottiglia è addirittura raffigurata una pistola, sotto la scritta “Stop!”.

Ma c’è anche il vino Syrah “Il Padrino” prodotto nella Santa Maria Valley California da Paul Late “For those who dare to feel” (per quelli che osano sentirsi). Su internet – continua la Coldiretti – è poi possibile acquistare il libro di ricette “The mafia cookbook” o comprare caramelle sul portale www.candymafia.com.

Una galleria degli orrori che colpisce il vero Made in Italy realizzato grazie all’impegno di centinaia di migliaia di imprenditori onesti che tutti i giorni lavorano per offrire prodotti di altissima qualità come al Villaggio della Coldiretti di Palermo dove nel weekend è possibile toccare con mano i primati dell’agroalimentare nazionale tra le aziende agricole, le imprese di eccellenza di filiera Italia e i cuochi contadini.

Al gravissimo danno di immagine del Mafia Marketing si aggiunge la beffa dello sfruttamento economico del Made in Italy in una situazione in cui la contraffazione e la falsificazione dei prodotti alimentari italiani solo nell’agroalimentare ha ormai superato i 120 miliardi di euro, quasi il doppio delle esportazioni, e che costa all’Italia trecentomila posti di lavoro, secondo una analisi della Coldiretti. Si tratta di danni economici e di immagine soprattutto nei mercati emergenti dove – rileva la Coldiretti – spesso il falso è più diffuso del vero e condiziona quindi negativamente le aspettative dei consumatori.

“Lo sfruttamento di nomi che richiamano la mafia è un business che provoca un pesante danno di immagine al Made in Italy sfruttando – conclude Ettore Prandini Presidente della COLDIRETTI – gli stereotipi legati alle organizzazioni mafiose, banalizzando fin quasi a normalizzarlo, un fenomeno che ha portato dolore e lutti lungo tutto il Paese”.


TG 24 Sky 25.12.2022 – Coldiretti: boom di prodotti “mafia style” all’estero. Ne parla anche il Guardian


Da “Baciamo le mani” a “Cosa nostra”: almeno 300 ristoranti hanno un nome che ricorda la mafia

baciamo le mani

 

Sono quasi trecento i ristoranti che nel mondo si richiamano nel nome alla mafia, da “Baciamo le mani” a “Cosa nostra” fino agli improbabili Felafel Mafia, Nasi goreng Mafia e Karaoke Bar Mafia, sfruttando a tavola gli episodi, i personaggi e le forme di criminalità organizzata più dolorose e odiose e danneggiando l’immagine del nostro Paese. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti condotta sulla banca dati del sito web Tripadvisor dove sono recensiti i locali di tutto il mondo, presentata al Villaggio contadino di Palermo, da piazza del teatro Politeama a piazza Castelnuovo con la protesta dei giovani agricoltori della Coldiretti e l’allestimento della prima mostra dei prodotti mafia style scovati in tutto il globo. In Spagna è possibile mangiare da “El padrino”, da “La dolce vita del padrino” e da “Baciamo le mani” – spiega la Coldiretti in una nota -, e anche nella martoriata Ucraina c’è una catena di locali “Mafia” dove servono pizza e altri piatti della cucina internazionale e persino un “Karaoke bar mafia”. Il richiamo a Cosa nostra è, infatti, assolutamente trasversale a culture e piatti di tutto il mondo e se negli Stati Uniti troviamo i locali “Felafel mafia” e “Sushi mafia”, in Germania ci sono i “Burger mafia”, in Indonesia “Nasi goreng mafia”, in Egitto “Mafia pizza” e in Brasile “Al Capone Pizza di Mafia”. In Austria c’è anche il ristorante “Mafiosi”, in Finlandia si mangia da “Don Corleone” e in Francia da “Cosa nostra”. E non mancano divagazione sul tema, se è vero che in Russia c’è un ristorante chiamato “Camorra”.

Nella classifica dei Paesi con più locali ispirati al “mafia sounding” si piazza la Spagna con 63 ristoranti, grazie soprattutto alla catena “La Mafia se sienta a la mesa” diffusa in tutto il territorio nazionale che fa mangiare i clienti sotto i murales dei gangsters più sanguinari da Vito Cascio Ferro a Lucky Luciano, fino ad Al Capone, mentre al secondo – rileva Coldiretti – si piazza l’Ucraina (38 tra ristoranti, bar e pizzerie) davanti al Brasile (28). Seguono Indonesia (23), Russia (19), India (16), Giappone (15), Polonia (11), Usa (8), Portogallo e Australia che chiudono la top ten con a pari merito con 5 casi. Ma attività che richiamano Cosa Nostra si trovano ormai dappertutto, dalla Germania alla Thailandia, dal Messico alla Corea del Sud, da Panama alla Moldavia, fino a Giordania, Malesia, Sri Lanka, Taiwan, Vietnam e Canada, solo per citarne alcuni. Un fenomeno odioso che – sottolinea Coldiretti – nasce in molti casi dall’ignoranza o dalla scarsa sensibilità verso il dolore provocato dalla criminalità organizzata al quale andrebbe posta fine una volta per tutte. Nel caso della catena di ristoranti spagnola “La mafia se sienta a la mesa” l’Unione europea, su richiesta dell’Italia, ha addirittura annullato la concessione del marchio in quanto contrario all’ordine pubblico e al buon costume, anche se i locali sono ancora aperti in tutto la Spagna. “L’Unione europea deve fermare l’utilizzo commerciale di marchi infami che sfruttano gli stereotipi legati alle organizzazioni mafiose e rischiano di penalizzare l’immagine dell’intero agroalimentare tricolore in un momento in cui le esportazioni hanno raggiunto il record storico contribuendo alla ripresa del Sistema Paese”, ha affermato il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini.​


Mafia: agribusiness da 24,5 mld, da pecore a ristoranti

Dall’agricoltura all’allevamento, dalla distribuzione alimentare alla ristorazione, il volume d’affari complessivo annuale dell’agromafia è salito a 24,5 miliardi di euro. E’ quanto afferma la Coldiretti nel commentare il sequestro di un gregge di 550 pecore da parte della polizia a Gela. La criminalità organizzata in agricoltura – sottolinea la Coldiretti – opera attraverso furti di attrezzature e mezzi agricoli, racket, abigeato, estorsioni, o con il cosiddetto pizzo anche sotto forma di imposizione di manodopera o di servizi di trasporto o di guardiania alle aziende agricole, danneggiamento delle colture, aggressioni, usura, macellazioni clandestine, truffe nei confronti dell’Unione europea e caporalato.  Le mafie – denuncia la Coldiretti (www.coldiretti.it) – condizionano anche il mercato della compravendita di terreni e della commercializzazione degli alimenti stabilendo i prezzi dei raccolti, gestendo i trasporti e lo smistamento, il controllo di intere catene di supermercati, l’esportazione del nostro vero o falso Made in Italy, la creazione all’estero di centrali di produzione dell’Italian sounding e lo sviluppo ex novo di reti di smercio al minuto. In questo modo la malavita si appropria – sottolinea la Coldiretti – di vasti comparti dell’agroalimentare e dei guadagni che ne derivano, distruggendo la concorrenza e il libero mercato legale e soffocando l’imprenditoria onesta, ma anche compromettendo in modo gravissimo la qualità e la sicurezza dei prodotti, con l’effetto indiretto di minare profondamente l’immagine dei prodotti italiani e il valore del marchio Made in Italy. Gli ottimi risultati dell’attività di contrasto confermano la necessità di tenere alta la guardia e di stringere le maglie ancora larghe della legislazione con la riforma dei reati in materia agroalimentare” ha affermato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che  “le agromafie vanno perseguite con un sistema punitivo più adeguato con l’approvazione delle proposte di riforma dei reati alimentari presentate dall’apposita commissione presieduta da Giancarlo Caselli, presidente del comitato scientifico dell’Osservatorio Agromafie promosso dalla Coldiretti”. Coldiretti 16.12.2019


Mafia: dai campi ai supermarket business da 24,5 mld

Dai campi ai supermercati l’agroalimentare è diventato un settore prioritario dio investimento della malavita con un business criminale che ha superato i 24,5 miliardi di euro. E’ quanto afferma la Coldiretti in riferimento al sequestro di un patrimonio di 150 milioni di euro nel settore della grande distribuzione alimentare effettuato dal Tribunale di Palermo, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia (Dda). La malavita comprende la strategicità del settore in tempo di crisi economica perché – sottolinea la Coldiretti – consente di infiltrarsi in modo capillare nella società civile e condizionare la via quotidiana della persone. Non solo si appropriano di vasti comparti dell’agroalimentare e dei guadagni che ne derivano, distruggendo la concorrenza e il libero mercato legale e soffocando l’imprenditoria onesta, ma – continua la Coldiretti – compromettono in modo gravissimo la qualità e la sicurezza dei prodotti, con l’effetto indiretto di minare profondamente l’immagine dei prodotti italiani ed il valore del marchio Made in Italy. Con i classici strumenti dell’estorsione e dell’intimidazione le agromafie impongono l’utilizzo di specifiche ditte di trasporti, o la vendita di determinati prodotti agli esercizi commerciali, che a volte, approfittando della mancanza di liquidità, arrivano a rilevare direttamente grazie – continua la Coldiretti – alle disponibilità di capitali. Un fenomeno che minaccia di aggravarsi ulteriormente per gli effetti della pandemia Covid che potrebbe spingere le imprese a rischio a ricorrere all’usura per trovare i finanziamenti necessari. “Gli ottimi risultati dell’attività di contrasto confermano la necessità di tenere alta la guardia e di stringere le maglie ancora larghe della legislazione con la riforma dei reati in materia agroalimentare” afferma il Presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che “l’innovazione tecnologica e i nuovi sistemi di produzione e distribuzione globali rendono ancora più pericolose le frodi agroalimentari che per questo vanno perseguite con un sistema punitivo più adeguato con l’approvazione delle proposte di riforma dei reati alimentari presentate da Giancarlo Caselli, presidente del comitato scientifico dell’Osservatorio Agromafie”. COLDIRETTI 18.2.2021


RISTORANTI : “La mafia” come marchio?