Le nuove tecnologie offrono loro la possibilità di lucrare senza un’interazione faccia a faccia, riducendo così il rischio di essere scoperti dalle forze dell’ordine.
Le piattaforme online, in particolare, sono utilizzate come ambiti in cui operare per i futuri profitti in ogni parte del globo. Grazie all’ausilio di eccellenti professionisti al loro soldo sono ora in grado di modellare la loro strategia di operatività sulla base della profilazione online delle loro potenzialità economiche.
La tecnologia funge, per esempio, anche da moltiplicatore di guadagni per le attività di riciclaggio, giacché consente la commercializzazione di prodotti e il reimpiego del denaro ripulito su vasta scala massimizzando la portata e i profitti.
In rete per i criminali è molto più facile nascondere i guadagni. Si possono, ad esempio, utilizzare portafogli digitali.
Le mafie per interposte persone possono riuscire a offrire servizi bancari virtuali e un rapido accesso ai finanziamenti e alle valute virtuali.
Oggi, sono sempre più frequenti reti criminali che operano con criptovalute. A differenza delle organizzazioni criminali tradizionali, i membri di un’organizzazione criminale che opera online potrebbero non essersi mai incontrati “de visu”. Abbiamo fortunatamente mezzi adeguati per le forze dell’ordine impegnate a contrastare i crimini informatici di matrice economica, poiché i movimenti online lasciano tracce digitali e consentono agli investigatori di trovare indizi e prove.
Gli investigatori, se adeguatamente formati, sono in grado di scoprire informazioni su identità, ruoli, strutture, luoghi e risorse criminali dall’attività online dei sospettati. Un’altra preziosa fonte di prove digitali sono proprio le transazioni finanziarie effettuate dai membri criminali che operano online.
Una sfida importante per le forze dell’ordine impegnate in indagini economiche in rete è la capacità di individuare quelle movimentazioni di denaro sospette spesso segnalate anche da organismi di controllo.
Le indagini economiche informatiche offrono agli investigatori un punto di partenza, come la movimentazione di denaro sospetta e/o l’account o la piattaforma web utilizzata a fini di realizzare profitti.
Le forze dell’ordine, tuttavia, dovranno diventare più abili nell’uso delle tecnologie digitali per combattere efficacemente questi crimini. Gli investimenti in attrezzature e formazione sono fondamentali per lo sviluppo di nuovi e più efficaci strumenti investigativi. È necessario inoltre modificare il quadro legislativo esistente per promuovere lo scambio d’informazioni e la cooperazione tra le forze dell’ordine e la magistratura con il settore privato. Vi è inoltre un’evidente necessità di sviluppare indagini internazionali poiché gli autori, le vittime e le piattaforme online coinvolte, hanno spesso sede in paesi diversi.
La recessione economica sulla scia della crisi dovuta al Covid-19 potrebbe anche avere conseguenze pericolose nel panorama delle operazioni criminose in ambito digitale.
Le mafie potrebbero avere accesso a un bacino più ampio d’individui in difficoltà economiche e potenzialmente sempre più inclini ad accettare qualsiasi tipo di opportunità di guadagno o di finanziamento.
Gli informatici, gli esperti di tecnologia e persino i professionisti hanno spesso la precedenza sui giuristi, il che significa che gli studi e gli interventi sulla tecnologia e sulla sicurezza spesso coinvolgono “molta” tecnologia ma “pochissima” teoria di costruzione delle norme, in special modo quelle penali.
La criminalità organizzata è una forma di criminalità particolarmente sensibile alla digitalizzazione per le sue caratteristiche uniche per cui occorrerà anche definire le frontiere di una nuova tecnica di costruzione delle norme operanti in questo settore e questo anche allo scopo di impedire le infiltrazioni della criminalità organizzata nell’economia e nella finanza mondiali.
La cooperazione di polizia e giudiziaria in ambito internazionale saranno determinanti. Vincenzo Musacchio 9
Lotta alla cyber-mafia. La nuova frontiera della criminalità organizzata
Intervista al prof. Vincenzo Musacchio, criminologo e docente di strategie di lotta alla criminalità organizzata transnazionale associato al RIACS di Newark
Professore, le nuove mafie sono in grado influire sulla cyber security?
La criminalità organizzata già da tempo sfrutta il cyberspazio. C’è una proliferazione di fenomeni criminosi che si sviluppano nel mondo di Internet. Le nuove modalità di azione dimostrano che i cyber criminali sono sempre più sofisticati ed in grado di fare rete con la criminalità organizzata contemporanea. L’assenza di confini geografici garantisce loro l’anonimato nonché la rapidità e l’economicità delle loro condotte, favorendo la realizzazione di scenari che possono influire sulla sicurezza nazionale.
Quali sono i soggetti maggiormente a rischio?
Si parte dal semplice cittadino-consumatore fino a giungere alle imprese e alla pubblica amministrazione. Si utilizza il dark web e il deep web e li si concludono affari di ogni tipo dalla vendita di droga, alle estorsioni, fino all’usura.
Perché l’Italia è sopra la media mondiale per numero di attacchi hacker?
Sicuramente perché la maggiore esposizione delle persone su Internet, a livello globale, ha sviluppato anche nuove tipologie di reato. Tale tendenza si è ulteriormente acuita con l’incremento dell’impiego delle piattaforme digitali in corso di pandemia. Ciò ha determinato, ovviamente, un incremento degli attacchi hacker ovunque e maggiormente in Italia, poiché noi siamo tra i Paesi europei che maggiormente usano Internet.
Quali sono le tipologie di reato più diffuse?
La modalità di attacco cyber più diffuso e preoccupante, in termini numerici e di introiti economici per gli hackers criminali, è quello del ransomware, un tipo di attacco realizzato con l’inserimento di un virus nel computer che esegue la crittografia dei dati e di cui minaccia la vendita nel dark web in caso di mancato pagamento di un riscatto, che colpisce le aziende italiane indipendentemente dalle dimensioni. I reati informatici più comuni sono l’hacking; la diffusione di virus informatici; lo spamming; il cyber-stalking; il cyber-terrorismo; la diffamazione e l’ingiuria tramite strumenti informatici; il phishing; la distribuzione di materiale pedopornografico e la vendita online di sostanze stupefacenti.
Come è possibile che simili condotte criminose possano mettere a rischio la sicurezza nazionale?
Internet, l’intelligenza artificiale e la cibernetica sono utilizzati sempre di più a scopi militari. Molte guerre già si combattono con “armamenti 4.0”. Queste nuove armi possono essere usate in modo silente per attaccare un altro Stato causando ingenti danni e mettendo a rischio la stessa sicurezza nazionale. La parte più drammatica di quanto appena detto riguarda la quasi impossibilità di attribuire con certezza un attacco ad una specifica nazione, in quanto il cyberspazio come abbiamo detto non ha confini geografici e i metodi per offuscare le tracce sono innumerevoli.
Il fenomeno della cd. cyber-mafia, invece, deve preoccuparci?
Direi assolutamente di sì. Le nuove mafie hanno già assoldato i migliori hacker per impegnarli a pieno regime in tutte le loro attività illegali su Internet. Pensare che non approfittino degli immensi affari che possono essere realizzati nel cyberspazio è un gravissimo errore di valutazione. Le cyber-mafie saranno la nuova frontiera criminale del terzo millennio. Useranno il mondo virtuale anche per porre in essere attività di proselitismo funzionali alla loro sopravvivenza.
Cos’è il metaverso? Può essere utilizzato per scopi criminali?
Il metaverso potrebbe diventare la più grande conquista del decennio del mondo tecnologico contemporaneo. Come diretta evoluzione di Internet, questo nuovo universo tutto digitale, ci consentirebbe di accedere a tutto ciò che si riesca a immaginare. Un universo parallelo legato a un visore o a un paio di occhiali smart. Parliamo di una vera e propria rivoluzione. Il metaverso è già utilizzato dalle organizzazioni criminali perché è un ambiente ideale per il riciclaggio di denaro. Oggi, quindi, dobbiamo adeguare gli strumenti tecnologici alle nuove sfide della criminalità organizzata e dobbiamo aumentare le nostre capacità di penetrare internet e quei settori attualmente ancora semi sconosciuti.
Come porre rimedio a questi nuovi pericoli da lei delineati?
Le autorità statali incontrano non poche difficoltà nello svolgimento delle indagini per individuare i responsabili materiali e i mandanti di attacchi cibernetici poiché si tratta di attività transnazionali che sono compiute in (e da) Stati poco collaborativi. Uno dei problemi maggiori è quello della repressione dei reati informatici. In primis la ricerca dei responsabili e della loro punibilità perché operano da Stati che, di solito, non collaborano ai fini dello svolgimento delle indagini, della raccolta delle prove digitali e della consegna dei criminali.
Come siamo messi a livello di cooperazione internazionale?
Molto male direi. Ad oggi l’unica fonte giuridica a livello internazionale sulla cooperazione giudiziaria tra Stati è costituita dalla Convenzione del Consiglio d’Europa del 2001 sul crimine informatico, firmata a Budapest, alla quale hanno aderito 66 Paesi nel mondo, fra cui il nostro Paese, il Giappone, l’Australia e gli Stati Uniti.
Ciò ha permesso di modificare il nostro codice penale e quello procedura penale con disposizioni relative alla criminalità informatica. Nel 2021 poi è stato approvato il secondo protocollo addizionale alla Convenzione sulla criminalità informatica che rafforza la cooperazione internazionale e la divulgazione delle prove elettroniche.
Nello specifico il Protocollo, ratificato anche dall’Italia, obbliga i Paesi firmatari a creare canali specifici per una cooperazione rapida e diretta tra le autorità statali, nonché tra queste ultime e i prestatori di servizi online stabiliti nel territorio di un altro Stato aderente per ottenere informazioni sugli abbonati e dati relativi al traffico. Sarà possibile avere le informazioni necessarie per identificare o contattare il dichiarante di un nome di dominio, in possesso o sotto il controllo del fornitore; e agire in tempi rapidi e prestabiliti per ottenere prove elettroniche in caso di emergenza e sarà possibile svolgere indagini congiunte con squadre investigative di altri Paesi. È importante che ora i ventidue Stati firmatari adottino le disposizioni attuative (regolamentari o legislative) e formati di richiesta standardizzati. Alle luce degli ultimi sviluppi bellici credo che occorrerà prendere in considerazione la correlazione tra perpetrazione di reati informatici sponsorizzati dagli Stati e guerra cibernetica. Oggi esistono anche le guerre cibernetiche e queste andranno disciplinate al più presto a livello globale.
Corrisponde al vero che esiste anche uno scenario dell’informazione in cui ora stanno entrando anche le organizzazioni di stampo mafioso?
Sì, ed è relativo alle attività criminali che possono essere compiute dalle mafie nel cyber spazio e in particolare nello spazio di informazione che riguarda più direttamente la c.d. mistificazione dell’informazione. Il riferimento è all’interesse strategico che porta le nuove mafie a disporre di piattaforme digitali, fra cui i social media, che rappresentano mezzi innovativi e sofisticati attraverso cui sviluppare varie strategie criminali. Con internet oggi è possibile manipolare la narrazione dei fatti ed incidere sull’opinione pubblica. Le mafie moderne creano consenso anche mediante simili modalità.
A che punto è l’Italia e quali strumenti abbiamo attualmente a disposizione?
In Italia dal 2021 è operativa l’Agenzia Nazionale per la Cyber Sicurezza che ha costituito un perimetro cibernetico a difesa delle infrastrutture critiche e strategiche del Paese. Tuttavia siamo molto indietro per quanto concerne le indagini della digital forensics e cioè l’individuazione e la raccolta dei dati informatici; l’acquisizione e la duplicazione dei dati informatici mediante copia forense; l’analisi, la valutazione della copia forense e la redazione di metodologie utilizzate con relativi risultati. L’utilizzo dei trojan ad esempio è ai minimi termini ed invece sarebbe utilissimo soprattutto per affrontare le nuove sfide che derivano dall’impiego delle nuove tecnologie sul campo di battaglia digitale data la natura transnazionale del crimine informatico. Naturalmente, per combattere il crimine informatico occorre studiarlo, occorre capire da dove partono fisicamente gli attacchi, essendo quasi sempre di natura transazionale, e quali sono le motivazioni. Non va trascurato il fatto che si tratta di attacchi che possono venire sia da attori non statali, come le cyber-gang, che operano per motivi economici, etici e politici (come nel caso del cyber terrorismo) sia da organizzazioni criminali di stampo mafioso. Peraltro, molto spesso i primi operano con il beneplacito, la sponsorizzazione o addirittura sotto il controllo (diretto o indiretto) delle seconde.
Rafforzare lo strumento investigativo delle intercettazioni per i delitti di mafia e corruzione
Partendo dall’annuncio dell’attuale ministro della Giustizia Carlo Nordio in merito a “una profonda revisione” del sistema intercettazioni, ritengo che sul tema occorrano alcuni approfondimenti. Il primo interrogativo che mi porrei è: per i delitti di mafia e di corruzione le terremo così come sono o le modificheremo? Ricordo che vi sono anche reati spia che sottintendono l’esistenza di condotte mafiose e corruttive. Si tratta di un campo davvero molto delicato e complesso che coinvolge tutti i sistemi investigativi antimafia.
Siamo nell’era tecnologica e digitale, nelle indagini e nei processi confluiscono un’immensità di informazioni incomparabilmente più ampie e articolate rispetto al passato. In un contesto simile, mi sento di sottolineare la necessità di un rigoroso rafforzamento degli strumenti e delle tecniche di indagine che coinvolgono i delitti di mafia e i cd. reati spia. È fuor di dubbio che occorra porre dei limiti alle intercettazioni, ma sempre bilanciando il rispetto della persona e le indagini speciali antimafia.
Da giurista mi sento di rimarcare che oggi le mafie parlano un nuovo linguaggio che non è più quello della violenza e dell’intimidazione (ovviamente sempre utilizzati come “extrema ratio”) ma quello della corruzione e dei delitti di matrice economica. Le mafie operano nei mercati globali e hanno interessi eterogenei. Questo per dire che privare i delitti di corruzione dello strumento delle intercettazioni significa indebolire la lotta alle mafie. La maggior parte delle indagini antimafia nascono proprio da fenomeni di corruzione e da delitti di matrice economica. Dalle indagini di mafia emergono sempre più di frequente elementi importanti per individuare gravi condotte di corruzione.
La mia esperienza di studi e di ricerche in materia mi conferma quanto sia più difficile penetrare la segretezza degli accordi corruttivi che quella di un summit di boss mafiosi. Capita frequentemente, ormai, di dover prendere atto che un incontro con finalità illegali tra componenti della pubblica amministrazione e imprenditori sia talmente blindato da far invidia alla segretezza dei movimenti che siamo abituati a considerare ossessiva per i mafiosi di alto livello. In alcuni casi, gli investigatori hanno dovuto ricorrere a tecniche sofisticatissime al fine di ottenere materiale probatorio idoneo. Personalmente difendo anche le captazioni più invasive come il trojan.
Sul versante della corruzione, credo siano indispensabili proprio le intercettazioni di ultima generazione. Concordo con il mio amico Franco Roberti quando dice che occorrono parametri rigorosi sulle garanzie e che quindi andrebbero rafforzate le funzioni del giudice ma non ridimensionando le intercettazioni come strumento investigativo. Le intercettazioni avranno una funzione importante anche sui controlli preventivi riguardanti le risorse finanziarie destinate al nostro Paese (Next Generation, Pnrr), per provare a impedire che finiscano nelle mani delle mafie o nei mille rigagnoli della corruzione.
Le intercettazioni e i collaboratori di giustizia sono oggi i due strumenti investigativi tra i più efficaci per combattere le nuove mafie e cioè quelle organizzazioni strutturali operanti nel tessuto economico-finanziario e sociale.
Il mafioso oggi opera utilizzando la corruzione, controlla imprese che operano nell’economia legale, gestisce i circuiti del riciclaggio, opera nei mercati economici e finanziari globali. Le intercettazioni proprio per tali motivi sono uno strumento investigativo che andrebbe utilizzato ad ampio spettro d’azione.
Oggi utilizzarle solo per i delitti di mafia escludendo la corruzione significa allentare le maglie della repressione penale nei confronti della criminalità organizzata di stampo mafioso. Una simil mafia senza gli idonei strumenti di lotta è destinata a vincere con facilità la “guerra” nei confronti dello Stato. Vincenzo Musacchio 23
Law and trojan: contro il crimine servono le armi tecnologiche
Le tecniche d’indagine sono cambiate nel tempo. Oggi lo scenario è diverso dal passato poiché la tecnologia e l’informatica sono entrate in modo pervasivo nella vita delle persone. Esistono nuovissime tecniche di sorveglianza elettronica e teleinformatica. Le intercettazioni sono diventate uno strumento investigativo molto efficace. Personalmente ritengo importanti anche i trojan che sembra abbiano avuto un ruolo considerevole proprio nella cattura di Matteo Messina Denaro.
Le strategie di ricerca dei grandi latitanti appartenenti alle mafie, ad esempio, costituiscono un settore che ha bisogno di continui aggiornamenti investigativo-tecnologici.
La ricerca di un latitante e cioè di chi si sottrae volontariamente all’esecuzione di un mandato, di un ordine di cattura, di arresto o di carcerazione, ha bisogno di tempo, di formazione continua, d’investimenti economici e di nuove tecnologie.
I mafiosi sono criminali in grado di finanziare la loro latitanza grazie ai potenti mezzi economici e finanziari di cui sono dotati. Per questo è importantissimo riuscire sviluppare una rete investigativa permanente investendo soprattutto sulle moderne tecnologie d’indagine. Sono spesso decisivi l’analisi e lo scambio tra le forze di polizia di dati e informazioni associati a criminali ad alto rischio. Fornire capacità di sviluppo e formazione in materia d’indagini antimafia.
Espandere l’uso degli strumenti e dei servizi per migliorare la cooperazione internazionale giudiziaria e di polizia. La cattura di un latitante è il coronamento di un impegno continuo e costante che ha una peculiarità: è un puzzle.
Bisogna essere attenti a tutto e preparati minuziosamente e agire con intelligenza e metodo per non correre il rischio di commettere errori che possano compromettere il risultato finale. Il latitante appartenente alle mafie ha sempre reti di riferimento che possono favorirlo determinando un rallentamento delle attività investigative. I sistemi di intercettazione più moderni sono al momento irrinunciabili. La ricerca di un latitante ha oggi caratteristiche diverse rispetto al passato. I nuovi mafiosi si muovono con lo smartphone e con il computer. Hanno bisogno di espatriare e di comunicare, per cui temono in modo particolare i sistemi d’intercettazione più sofisticati. La criminalità organizzata contemporanea non ha più confini, ha necessità di relazioni spaziali, temporali e virtuali.
Occorrono perciò strumenti normativi adeguati per far fronte al livello tecnologico raggiunto dalle nuove mafie. Mi riferisco non solo dei latitanti ma anche della ricerca dei beni mafiosi occultati. I trojan, da molti ritenuti pericolosi perché lesivi della privacy, sono molto utili proprio nella lotta alle nuove mafie. Premettendo che il loro uso debba essere tassativamente determinato dalla legge, credo che a temerli debbano essere i criminali non certo le persone oneste. Nell’epoca di Internet, dei computer e degli smartphone, occorre fare la lotta al crimine organizzato anche tramite l’informatica. Nelle indagini sulla mafia e nei delitti contro la pubblica amministrazione, in particolare quelli di matrice corruttiva, l’utilizzo dei trojan è stato sempre determinante. Questa nuova misura d’intercettazione serve a rendere le indagini più efficaci, consentendo agli investigatori di trovare più facilmente prove e indizi di colpevolezza. Siamo di fronte ad uno strumento il cui impiego è necessario se si vuole davvero cambiare pagina nella lotta contro le mafie e i delitti di corruzione. Precisiamo che l’Italia lo utilizza al minimo delle sue potenzialità investigative. Non ci possiamo permettere di non combattere il crimine organizzato con le stesse armi tecnologiche utilizzate dalle mafie.
I nuovi mezzi informatici sono utili per scovare e conoscere anche la rete di sostegno delle latitanze. Oltre ai mafiosi colpiscono anche quell’area grigia della società civile che spesso s’integra con le mafie. Le mafie stanno cambiando il proprio dna utilizzando al massimo le nuove tecnologie. Questo dimostra un attivismo particolarmente pericoloso che non può più esser trascurato. Vincenzo Musacchio 6
Musacchio: ”Le nuove mafie potrebbero già utilizzare l’intelligenza artificiale per riciclare il denaro sporco”
Secondo il criminologo italiano Vincenzo Musacchio – intervenuto al Web-Meeting EU-Lex “Digital economy, money laundering and artificial intelligence” organizzato dall’Ufficio pubblicazioni della Commissione Europea il 21 aprile 2023 – le mafie moderne potrebbero già essere in grado di utilizzare l’intelligenza artificiale per il riciclaggio di denaro sporco. “Dobbiamo prendere immediatamente coscienza dei repentini cambiamenti nel mondo della tecnologia e della capacità delle nuove mafie di adeguarsi in fretta a questi mutamenti”. Musacchio ha affermato nel suo intervento di non essere a conoscenza di casi giudiziari di criminalità organizzata che utilizza l’intelligenza artificiale per il riciclaggio di denaro in Europa, ma qualcosa si sta muovendo in America Latina (i narcos investono moltissimo denaro sulle nuove tecnologie) e in Giappone (la Yakuza ha già sperimentato un modello di Machine Learning) e questo è un segnale che non possiamo sottovalutare”. “È soltanto una questione di tempo e l’intelligenza artificiale sarà sfruttata dalle mafie 4.0 per molteplici scopi criminali”. “Dobbiamo dotare gli Stati membri dell’Unione europea degli strumenti idonei per far fronte alle nuovissime evoluzioni della criminalità organizzata”. “Se l’intelligenza artificiale può essere usata per scopi delittuosi, però vuol dire che può essere utilizzata anche per combattere il crimine”. “In futuro dovremo essere in grado di monitorare efficacemente i mercati finanziari digitali”. “Non posso dirlo con prove alla mano ma ho il sentore che le mafie più moderne stiano già sviluppando sistemi basati sull’intelligenza artificiale per manipolare i mercati dove riciclare i proventi del crimine”. “L’intelligenza artificiale può avere “grandi vantaggi per i mafiosi” proprio perché sono “sommersi” di denaro che hanno bisogno di ripulire per poterlo utilizzare”. “L’Unione europea in questo momento non è in grado di contrapporre difese all’altezza dell’uso improprio dell’intelligenza artificiale e delle criptovalute”. “Gli organi europei esistenti dovranno obbligatoriamente essere migliorati colmando le evidenti lacune esistenti nel quadro normativo degli Stati membri che finora hanno consentito ai mafiosi di riciclare denaro sporco utilizzando anche le nuove tecnologie”. AMDuemila 22 Aprile 2023
Vincenzo Musacchio, docente di strategie di lotta alla criminalità organizzata transnazionale, associato al Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies (RIACS) di Newark (USA). Ricercatore indipendente e membro dell’Alta Scuola di Studi Strategici sulla Criminalità Organizzata del Royal United Services Institute di Londra. Nella sua carriera è stato allievo di Giuliano Vassalli, amico e collaboratore di Antonino Caponnetto, magistrato italiano conosciuto per aver guidato il Pool antimafia con Falcone e Borsellino nella seconda metà degli anni ottanta. Autore di numerosi saggi e di una monografia pubblicata in cinquantaquattro Stati scritta con Franco Roberti dal titolo “La lotta alle nuove mafie combattuta a livello transnazionale”. È considerato il maggior esperto europeo di mafia albanese e i suoi lavori di approfondimento in materia sono stati utilizzati anche da commissioni legislative in ambito europeo.
La mafia è digitale: così la criminalità prolifera sui social network
Le mafie, estremamente abili a trovare metodi all’avanguardia per pubblicizzarsi e comunicare nel mondo digitale, sono sempre più “influencers” della rete. È quanto spiega il nuovo report della Fondazione Magna Grecia, presieduta da Nino Foti, a cura di Marcello Ravveduto (professore di Digital Public History dell’Università di Salerno), in cui sono stati analizzati di 90 GB di video TikTok, due milioni e mezzo di tweet, 20mila commenti a video YouTube e centinaia fra profili e pagine di Facebook e Instagram.
Per fotografare i nuovi linguaggi delle mafie sui social, il rapporto indaga il materiale postato sulle varie piattaforme da affiliati e supporters delle organizzazioni mafiose, la “mitizzazione” digitale dei vecchi boss del passato da parte di giovani membri della malavita, ma anche l’universo della musica trap e neomelodica popolarissima in rete – che si rifà all’immaginario criminale e spesso agli ambienti mafiosi – nonché le reactions degli utenti di fronte a tali contenuti. Il quadro che emerge è quello di un immaginario che si alimenta in maniera circolare.
In particolare, la relazione inserisce la nozione di “mafie subdigitali“, per rimarcare l’attitudine delle organizzazioni criminali a proliferare online facendo leva, indirettamente, su “stimoli visivi, sonori e comportamentali familiari a chi usa i social”. Pur essendo spesso troppo deboli per essere avvertiti e decodificati a livello conscio, essi sono infatti sufficienti ad influenzare la mentalità di un vasto numero di soggetti grazie al loro appeal. Sulla scia della logica dell‘influencing, proprio grazie a questo approccio, si riesce infatti a diventare virali e dunque famosi, incrementando followers e attraendo il pubblico delle giovani generazioni, propense all’emulazione di modelli considerati “vincenti”. La dimensione è quella dell’”interreale“, in un continuo scambio tra vita reale e virtuale.
Da questo punto di vista, un ruolo d’eccellenza lo giocano giovani artisti che utilizzano il mezzo musicale per lanciare messaggi apertamente criminali o che “strizzano l’occhio” agli ambienti malavitosi. Per quanto riguarda Youtube, il rapporto analizza una vasta gamma di video musicali riferiti a canzoni che inneggiano alla malavita e agli “uomini d’onore”, da cui emerge un disprezzo esplicito per “sbirri” e “infami”. Quasi tutti questi brani sono inseriti nei generi della trap e del neomelodico, come testimoniano i casi celebri dei cantanti Niko Pandetta (nipote del boss Turi Cappello, recluso al 41-bis) e Daniele De Martino, le cui canzoni, secondo il questore di Latina che l’anno scorso bloccò un suo concerto, «veicolano messaggi espliciti contro i collaboratori di giustizia e sono espressione di solidarietà al sistema delle mafie». I video, molto d’impatto e pregni di un’estetica volta all’ostentazione del lusso, celebrano la “legge dell’omertà” e una vita notturna sfrenata.
Musica, immagine e scalata per la celebrità sono elementi inscindibili: i medesimi artisti sono seguitissimi, in particolare, su Instagram e Tik Tok, che si confermano come le principali piattaforme “orientate alla promozione/celebrazione” di uno stile di vita “associabile all’immaginario delle mafie“, con alcune differenze: se Instagram si è consolidato come “il palcoscenico per chi vuole sfoggiare il lusso”, TikTok è diventato “il
regno delle performance autoesaltanti e celebrative”. Dallo studio dei contenuti presenti sul social cinese – in assoluto il più popolare tra i giovanissimi – emergono numerosi filoni molto significativi, portati avanti dai simpatizzanti della cerchia criminale. Vi è, ad esempio, quello commemorativo per gli affiliati morti, quello celebrativo per chi si trova in galera o ha un ruolo di vertice nelle gerarchie del clan, quello “propagandistico” e denigratorio nei confronti dei rivali.
Tra le varie associazioni mafiose, ad oggi la Camorra sembra essere la maggiore
produttrice di contenuti sulla piattaforma, all’interno della quale utilizza sigle in codice veicolate tramite hashtag. Una delle più celebri è #ES17, che rimanda ad Emanuele Sibillo, capo della paranza dei bambini, ucciso giovanissimo nel 2015. Il 17 è la cifra che corrisponde alla lettera S, nonché il tatuaggio che il baby boss aveva sul petto. Il ragazzo è divenuto vero e proprio oggetto di culto attraverso murales e altarini e, con l’avvento dei social, la sua mitizzazione è stata trasferita nel digitale. Le sue citazioni, spesso ricondivise da ragazze che lo venerano come eroe di romanticismo, sono funzionati ad esaltare il coraggio e lo stile di vita dei giovani affiliati alla Camorra. Oltre alla criminalità campana, sul social spicca l’attività dei Casamonica e di alcune fazioni della mafia foggiana. Il rapporto è stato presentato dalla Fondazione in occasione di una conferenzaalla Camera dei Deputati, dov’è intervenuto anche il Procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri. «Le mafie mutano col mutare sociale, ci somigliano sempre più, vivono tra di noi – ha detto il magistrato a margine dell’incontro -. Per esistere hanno bisogno di pubblicità e, mentre venti o trent’anni fa si facevano vedere in processione a portare i santi, ristrutturavano le chiese o sponsorizzavano le squadre di calcio, oggi i figli dei capimafia si fanno vedere sui social vestiti in modo sfarzoso e luccicante per dimostrare che quello è il potere, quella è la ricchezza». Ciò serve, ha concluso, «perché nuovi garzoni si facciano irretire ed arruolare».
di Stefano Baudino
Che cos’è l’intelligenza artificiale e come viene usata? È il presente e il futuro della tecnologia. Ma come funziona l’intelligenza artificiale e come influisce sulle nostre vite?
L’intelligenza artificiale (IA) è l’abilità di una macchina di mostrare capacità umane quali il ragionamento, l’apprendimento, la pianificazione e la creatività.
L’intelligenza artificiale permette ai sistemi di capire il proprio ambiente, mettersi in relazione con quello che percepisce e risolvere problemi, e agire verso un obiettivo specifico. Il computer riceve i dati (già preparati o raccolti tramite sensori, come una videocamera), li processa e risponde.
I sistemi di IA sono capaci di adattare il proprio comportamento analizzando gli effetti delle azioni precedenti e lavorando in autonomia.
Perché l’intelligenza artificiale è importante?
Alcuni tipi di intelligenza artificiale esistono da più di 50 anni, ma i progressi nella potenza dei computer, la disponibilità di enormi quantità di dati e lo sviluppo di nuovi algoritmi hanno portato a grandi balzi in avanti nella tecnologia negli ultimi anni.
L’IA è centrale per la trasformazione digitale della società ed è diventata una delle priorità dell’UE.
Applicazioni future potrebbero portare grandi cambiamenti, ma non dobbiamo dimenticare che l’intelligenza artificiale è già presente nelle nostre vite.
Scopri di più sui rischi e i vantaggi dell’intelligenza artificiale e su come il Parlamento europeo vuole regolamentare l’IA
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Software: assistenti virtuali, software di analisi di immagini, motori di ricerca, sistemi di riconoscimento facciale e vocale
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Intelligenza incorporata: robot, veicoli autonomi, droni, l’internet delle cose
L’intelligenza artificiale nella vita di tutti i giorni
Ci sono tante applicazioni che utilizzano l’intelligenza artificiale, senza che ce ne accorgiamo.
Shopping in rete e pubblicità
L’intelligenza artificiale è largamente usata per fornire suggerimenti basati, ad esempio, su acquisti precedenti, su ricerche e su altri comportamenti registrati online. L’intelligenza artificiale è anche molto usata nel commercio al dettaglio, per ottimizzare gli inventari e organizzare i rifornimenti e la logistica.
Ricerche online
I motori di ricerca imparano da un grande numero di dati, forniti dagli utenti, per offrire i risultati di ricerca pertinenti
Assistenti digitali personali
I telefoni cellulari usano l’intelligenza artificiale per offrire un prodotto più personalizzato possibile. Gli assistenti virtuali rispondono alle domande, forniscono suggerimenti e aiutano a organizzare l’agenda di tantissimi possessori di smartphone.
Traduzione automatica
I software di traduzione automatica, basati su testi audio o scritti, usano l’intelligenza artificiale per fornire e migliorare le traduzioni. Un altro uso sono i sottotitoli automatici dei video
Case, città e infrastrutture intelligenti
I termostati intelligenti imparano i nostri comportamenti per ottimizzare energia. L’intelligenza artificiale può servire nelle città per migliorare la viabilità e ridurre gli ingorghi.
Veicoli
Anche se le auto a guida autonoma solo ancora rare, le automobili che guidiamo hanno già alcune funzioni di sicurezza che usano l’intelligenza artificiale. L’Unione europea ha ad esempio contribuito a finanziare VI-DAS, i sensori che individuano possibili situazioni pericolose e incidenti
La navigazione è inoltre in gran parte dipendente dall’intelligenza artificiale.
Cyber sicurezza
I sistemi di intelligenza artificiale possono aiutare a riconoscere e combattere gli attacchi e le minacce informatiche. Lo fanno imparando dal continuo flusso di dati, riconoscendo tendenze e ricostruendo come sono avvenuti gli attacchi precedenti.
L’intelligenza artificiale nella lotta alla COVID19
Nel caso dell’epidemia di COVID19, l’intelligenza artificiale viene usata per i controlli della temperatura nei luoghi pubblici. In medicina, è usata per riconoscere le infezioni a partire da immagini delle TAC dei polmoni. L’IA può anche essere usata per fornire i dati sulla progressione dell’epidemia.
Lotta alla disinformazione
Ci sono applicazioni di intelligenza artificiale che sono in grado di individuare fake news e disinformazione, analizzando i contenuti dei social media e identificando le parole e le espressioni sospette, perché sensazionalistiche o allarmanti. Possono così aiutare a capire quali fonti possono essere considerate autorevoli.
Per saperne di più sulla strada scelta dagli eurodeputati per dare forma alla legislazione sui dati in modo da promuovere l’innovazione e garantire la sicurezza allo stesso tempo
Altri esempi dell’uso dell’intelligenza artificiale
L’intelligenza artificiale potrà trasformare praticamente tutti gli aspetti della vita quotidiana e dell’economia. Di seguito, ecco alcuni esempi.
Salute
Alcuni ricercatori stanno studiando come usare l’intelligenza artificiale per analizzare grandi quantità di dati medici e scoprire corrispondenze e modelli per migliorare le diagnosi e la prevenzione.
Alcuni ricercatori hanno sviluppato un programma per rispondere alle chiamate di emergenza che riconosce più velocemente un arresto cardiaco rispetto a un operatore umano. Il progetto cofinanziato dall’UE KConnect sta sviluppando strumenti di ricerca testuale multilingue che permetterebbero di trovare più facilmente le informazioni mediche disponibili più pertinenti.
Trasporti
L’intelligenza artificiale potrebbe migliorare la sicurezza, la velocità e l’efficienza del traffico ferroviario, anche grazie all’uso della guida autonoma.
IA nelle fabbriche
L’IA aiuterebbe i produttori europei a essere più efficienti. L’utilizzo dei robot potrebbe aiutare a riportare le fabbriche in Europa. Inoltre, l’intelligenza artificiale può essere usata per pianificare i canali di vendita o le manutenzioni.
SatisFactory, un progetto di ricerca co-fondato dall’UE, usa sistemi collaborativi e di realtà aumentata per aumentare la soddisfazione dei lavoratori nelle fabbriche intelligenti
Filiera agricola e alimentare
L’IA può essere usata per costruire un sistema alimentare sostenibile in Europa. Minimizzando l’uso di fertilizzanti, pesticidi e irrigazione, aiutando la produttività e riducendo l’impatto ambientale, l’intelligenza artificiale può aiutare a produrre cibo più sano. Un esempio: i robot possono essere usati per rimuovere le erbacce infestanti, riducendo così l’uso di diserbanti.
Molte fattorie nell’UE usano già l’intelligenza artificiale per monitorare i movimenti, la temperatura e l’alimentazione del bestiame.
Amministrazione pubblica e servizi
Usando i dati per elaborare modelli, l’IA può fornire un sistema di allerta per i disastri naturali, riconoscendone i primi segni sulla base di esperienze passate. Permetterebbe così di prevenire e preparare la risposta al disastro. Fonte PARLAMENTO EUROPEO
L’adozione del D.L. 14 giugno 2021, n. 82 ha ridefinito l’architettura nazionale cyber e istituito l’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale (ACN) a tutela degli interessi nazionali nel campo della cybersicurezza.
L’ACN è Autorità nazionale per la cybersicurezza e assicura il coordinamento tra i soggetti pubblici coinvolti nella materia attraverso una struttura che persegue l’eccellenza, dal reclutamento alla formazione continua del personale, al fine di creare e mantenere in Italia quelle competenze – allo stato dell’arte internazionale – necessarie per guidare il Paese nel complesso processo multidimensionale di innalzamento continuo della resilienza cibernetica nazionale.
Per questo l’ACN promuove la realizzazione di azioni comuni volte a garantire la sicurezza e la resilienza cibernetica necessarie allo sviluppo digitale del Paese.
Persegue il conseguimento dell’autonomia strategica nazionale ed europea nel settore del digitale, in sinergia con il sistema produttivo nazionale, nonché attraverso il coinvolgimento del mondo dell’università e della ricerca.
Favorisce specifici percorsi formativi per lo sviluppo della forza lavoro nel settore e sostiene campagne di sensibilizzazione oltre che una diffusa cultura della cybersicurezza.
Promuove la cooperazione e lo sviluppo di azioni e progetti internazionali volti alla realizzazione di un cyberspazio globale sicuro.
La RELAZIONE