Matteo Messina Denaro voleva uccidere la nonna materna della figlia Lorenza: la considerava la causa dei contrasti familiari

 

Matteo Messina Denaro avrebbe progettato l’omicidio della nonna materna di sua figlia Lorenza. Il boss di Castelvetrano voleva, infatti, uccidere Filippina Polizzi, madre della sua ex compagna Franca Alagna. Novità che emerge dal provvedimento con cui i giudici del Riesame hanno rigettato l’istanza di scarcerazione dell’amante del capomafia, la maestra Laura Bonafede, arrestata il 13 aprile scorso per favoreggiamento aggravato e procurata inosservanza della pena. Alla base del progetto vi sarebbero i contrasti nati con la sua ex compagna e madre dell’unica figlia dell’ormai ex latitante. Proprio Filippina Polizzi sarebbe stata considerata dal boss la causa di quei contrasti che portarono la figlia Lorenza a lasciare la casa dei Messina Denaro in cui aveva abitato con la madre.

Come sottolineano i giudici del Riesame, il piano di morte (che comunque non è mai stato realizzato) viene svelato in un messaggio datato 15 dicembre del 2022 tra l’allora latitante e Laura Bonafede. “La Bonafede lasciava intendere – scrivono i magistrati – che questi (Messina Denaro ndr) avesse manifestato il proprio intento omicidiario ai danni di Filippina Polizzi, madre di Franca Alagna e ritenuta la vera artefice delle frizioni familiari”. La maestra, in un biglietto di risposta a una precedente comunicazione con il capomafia, dice a Messina Denaro: “al punto 35 mi dici che porterai Quella a salutare Uomo“, dove “quella” è Filippina Polizzi e “Uomo” è il boss Leonardo Bonafede, padre della maestra deceduto anni fa. Una frase che lascia intendere la volontà del boss di spedire la donna nel mondo dei morti.
Sempre secondo quanto sostiene il tribunale del Riesame la relazione tra Laura Bonafede e Matteo Messina Denaro risalirebbe al 1996. Solo circa 16 amni fa, però, la donna sarebbe stata coinvolta dal capomafia nella gestione dei propri interessi. I due avrebbero convissuto (insieme a Martina Gentile, figlia della maestra e indagata per gli stessi reati della madre) fino “all’aprile del 2015”. “Da aprile del 2017 – aggiungono i magistrati – la convivenza si sarebbe trasformata in mera frequentazione, anche quest’ultima sarebbe stata bruscamente arrestata nel dicembre del 2017 probabilmente a seguito delle perquisizioni disposte dai giudici”. Per il Riesame Laura Bonafede “ha contribuito in modo fattivo al mantenimento in vita della peculiare rete di comunicazione di Matteo Messina Denaro, affidando la consegna dei propri scritti ai ‘tramiti‘, ideando ella stessa nuovi nomi in codice con cui fare riferimento a terzi soggetti o servendosi di nomi già pensati da boss e distruggendo i messaggi da lui ricevuti in vantaggio dell’ex latitante”.


Messina Denaro voleva uccidere la nonna di sua figlia Lorenza: così nel pizzino con l’amante aveva svelato il piano

Voleva uccidere la nonna di sua figlia Lorenza Matteo Messina Denaro, convinto che quella donna, Filippina Polizzi, fosse la responsabile delle tensioni che avevano portato all’allontanamento del boss latitante con la ragazza. Un vero e proprio piano di morte emerso da un pizzino ritrovato dagli inquirenti che risale al 15 dicembre 2022 tra lo stragista di Cosa Nostra e Laura Bonafede, la maestra e amante del boss che per questa vicenda si è vista rigettare dal Tribunale del Riesame la richiesta di scarcerazione. Sono i giudici a mettere nero su bianco le intenzioni di Messina Denaro, attraverso le indagini su Laura Bonafede che avrebbe «lasciato intendere» come il boss «avesse manifestato il proprio intendo omicidiario ai danni di Filippina Polizzi, madre di Franca Alagna e ritenuta l’artefice delle frizioni famigliari». La vicenda si inserisce nelle liti e poi nella rottura del rapporto con l’ex compagna del boss, Franca Alagna, dietro cui secondo Messina Denaro c’era sua madre. Dopo quello strappo, Lorenza Alagna decise di lasciare la casa del boss dove aveva vissuto con sua madre.

Il pizzino

Nel biglietto citato dai giudici, a proposito di una precedente comunicazione tra Messina Denaro e Laura Bonafede, si legge: «Al punto 35 mi dici che porterai Quella a salutare Uomo». Secondo i giudici, con il termine “Quella” veniva indicata Franca Polizzi, mentre con “Uomo” si faceva riferimento al boss Leonardo Bonafede, padre della maestra morto diversi anni fa. Per quanto in codice, per i giudici quel biglietto conteneva un’indicazione forte e chiara di voler uccidere Filippina Polizzi facendole così raggiungere il boss deceduto. Messina Denaro e sua figlia 26enne si sarebbero avvicinati solo dopo l’arresto lo scorso 16 gennaio. Diventata da poco madre, lo scorso 10 maggio Lorenza Alagna ha fatto visita a suo padre nel carcere dell’Aquila, dove è rinchiuso al 41 bis. OPEN 15.6.2023


La relazione con Messina Denaro, pizzini e nomi in codice: perché Laura Bonafede resta in carcere

 

Depositate le motivazione del provvedimento con cui è stata respinta la richiesta di scarcerazione presentata dai legali di Laura Bonafade, la maestra arrestata lo scorso aprile vicina a Matteo Messina Denaro.

 
Laura Bonafede e Matteo Messina Denaro due giorni prima dell’arresto

Laura Bonafede e Matteo Messina Denaro due giorni prima dell’arresto

La maestra Laura Bonafede – il tribunale del riesame di Palermo non ha dubbi – era un pezzo molto importante del sistema che ruotava attorno a Matteo Messina Denaro, il capomafia arrestato lo scorso gennaio dopo una latitanza lunga trenta anni.

La maestra, figlia dello storico boss di Campobello di Mazara Leonardo Bonafede, è stata arrestata ad aprile. L’indagine che ha portato all’arresto è stata coordinata dal procuratore di Palermo Maurizio de Lucia, dall’aggiunto Paolo Guido e dal pm Gianluca De Leo.

Laura Bonafede sarebbe stata vicina a Matteo Messina Denaro per anni e farebbe parte della rete di complici che ha protetto il capomafia durante la latitanza. Secondo i giudici che hanno detto no alla scarcerazione era “parte attiva e garante stabile e fidata”.

Nel motivare la loro decisione di lasciare in carcere Bonafede i magistrati fanno riferimento, tra le altre cose, a una notizia inedita: secondo quanto emerso da uno dei messaggi che il boss e la maestra si scambiavano, Messina Denaro avrebbe avuto intenzione di uccidere Filippina Polizzi, ovvero la nonna di Lorenza Alagna, sua figlia. Perché avrebbe voluto compiere il delitto? Riteneva che dietro i contrasti tra la ragazza e la sua famiglia ci fosse proprio lei.

Alla fine Polizzi fu risparmiata e i giudici non spiegano perché, ma spiegano che il piano è emerso proprio dal rapporto tra il boss e la maestra.
Ma sono diversi i pizzini che vengono fuori dal provvedimento dei giudici palermitani su Laura Bonafede. Nelle carte si parla di “tramiti”, si capisce che la donna ideava “ella stessa – si legge nel provvedimento – nuovi nomi in codice con cui fare riferimento a terzi soggetti ovvero servendosi di nomi già pensati dal suo destinatario – e ancora, in parte, non decodificati dagli inquirenti -, distruggendo i messaggi ricevuti da Messina Denaro e tanto non solo per non esporre se stessa all’attenzione degli inquirenti, ma altresì per favorire l’elusione delle investigazioni dell’autorità e la sottrazione all’esecuzione della pena a vantaggio dell’allora latitante”.

Ci sono soggetti allo stato ancora non identificati, in un messaggio la maestra si diceva dispiaciuta di dover distruggere i “bei pensieri” e le “bellissime parole” ricevute dal suo corrispondente. I giudici scrivono anche come fosse evidente, sebbene il carteggio inerisse in parte al vissuto personale e alla sfera intima dei due interlocutori, fosse in realtà “anche vettore di informazioni, considerazioni e notizie relative sia all’associazione mafiosa e agli intenti e alle azioni criminali di Messina Denaro, sia a episodi di vita quotidiana involgenti le forze dell’ordine o soggetti vicini al boss”.

Laura Bonafede sarebbe a conoscenza anche di altri covi dell’ex latitante, compreso uno che chiama “tugurio”, un luogo (che non conosciamo) in cui avrebbero trascorso del tempo insieme ed erano felici.

L’inizio della relazione tra i due risalirebbe al 1996 ma solo a partire dal 2007 la donna sarebbe stata coinvolta dal capomafia nella gestione dei propri interessi. Poi nell’aprile del 2015 la convivenza sarebbe stata interrotta, dal 2017 si sarebbe trasformata in mera frequentazione, anche quest’ultima sarebbe stata bruscamente arrestata nel dicembre dello stesso anno probabilmente a seguito delle perquisizioni disposte dai giudici (“Non dimenticherò mai quel giorno di dicembre 2017, quando non ho visto Margot, mille pensieri si accavallarono nella mente”).

Per i giudici, quindi, Bonafede è stata “per lungo tempo parte integrante della salda rete di supporto intessuta tra sodali ed estranei all’associazione per favorire la latitanza di Messina Denaro e tanto anche in ragione dei propri legami familiari”. Tanto impone l’applicazione della più severa misura cautelare coercitiva. Susanna Picone FANPAGE 15.6.2023