Per sei capi di imputazione è intervenuta la prescrizione. Per le accuse ancora perseguibili, truffa e falso, il Tribunale di Reggio Calabria ha invece condannato a nove mesi di carcere (con pena sospesa e non menzione nel casellario giudiziario) l’ex presidente del “Museo della ‘ndrangheta” Claudio La Camera, in qualità di rappresentante legale pro-tempore dell’“Associazione Antigone – Osservatorio sulla ndrangheta”. Al centro del processo c’è il progetto “Criminal economies”, finanziato con circa 100mila euro dalla Regione Calabria per l’organizzazione della “Conferenza internazionale sulla confisca dei beni sequestrati alla criminalità organizzata transnazionale”. Secondo la Procura reggina guidata da Giovanni Bombardieri, quel progetto era una truffaper la quale sono state presentate fatture false dall’associazione antimafia presieduta da La Camera (che invece è stato assolto da un’altra accusa di truffa).ù
Nel 2016 l’ex presidente del Museo aveva ricevuto l’avviso di garanzia da parte dei procuratori aggiunti Giuseppe Lombardo e Gaetano Paci. La fase processuale, poi, è stata seguita anche dal procuratore aggiunto Gerardo Dominijanni e dal pm Andrea Sodani, che al termine del dibattimento aveva chiesto la condanna a un anno e dieci mesi. L’inchiesta però era molto più ampia prima che intervenisse la prescrizione: dalle indagini della Guardia di finanza, infatti, era emersa una truffa da 434mila euro sui finanziamenti che la Regione e la Provincia di Reggio hanno elargito all’associazione. La convinzione dei pm è che l’antimafia in riva allo Stretto fosse diventata un business, grazie ai rapporti tra La Camera e alcuni componenti della giunta regionale guidata all’epoca da Giuseppe Scopelliti.
Al centro delle indagini guidate al colonnello Domenico Napolitano – oggi generale della Guardia di finanza – ci sarebbe stata una gestione “allegra” dei finanziamenti a pioggia che sarebbero dovuti servire all’associazione antimafia per attività di contrasto alla ‘ndrangheta. Con la sentenza del Tribunale si è concluso il processo di primo grado durato quasi cinque anni, durante i quali la maggior parte delle accuse sono cadute in prescrizione. Prescrizione che in Appello è destinata ad abbattere anche i due capi di imputazione per i quali è arrivata la condanna a nove mesi.