L’ex agente sotto copertura: “Ho fatto anche il boss, da donna mi accettavano”

 

Cinzia Nicolini cosa significa essere un’infiltrata? Come si agisce?

“Sono stata un’agente cosiddetto undercover all’inizio della mia carriera, per 4 anni, e ho svolto diverse missioni in Italia e all’estero soprattutto in azioni di contrasto allo spaccio di stupefacenti.
Il mio ruolo era quello di insinuarmi con una falsa identità nel tessuto criminale allo scopo di disvelare un reato”.

Lei ha affermato di aver sempre dovuto fare i conti con la paura, lo ha ammesso senza quindi voler passare per una super donna che non guarda in faccia a nessuno? Un’ammissione di debolezza?

“Assolutamente no, anzi. La paura è una grande alleata ed essere una donna o un uomo coraggioso per me non significa non provare paura bensì riuscire a controllarla.
Io ne ho fatto una compagna di vita, un’alleata che in tante situazioni mi ha permesso di evitare i pericoli e di non fare scelte avventate”.

Si è mai trovata in situazioni che non aveva previsto? Come le ha fronteggiate?

“Sì, durante le operazioni quasi sempre succedeva qualcosa che non rientrava nel copione che avevamo previsto e allora lì bisognava giocare di fantasia. Senza farsi prendere dal panico, sapendo che non ero sola perché potevo contare sulla mia squadra, la mia seconda famiglia.

Ancona, 24 settembre 2023 – IL RESTO DEL CARLINO

 


Cinzia Nicolini, ex agente undercover: «La paura mia alleata»

«Ci sono stati momenti di terrore, ma la paura mi ha sempre aiutato a evitare i pericoli, o ad affrontarli nel modo giusto, con molta freddezza, tanta fantasia e con il sostegno dei miei compagni di squadra». A parlare è Cinzia Nicolini, anconetana, già Capo di Gabinetto della Questura di Ancona, dal 2021 a riposo dopo 37 anni in Polizia di Stato di cui 4 passati come agente sotto copertura in importanti missioni, in Italia e all’estero, di contrasto al traffico di droga e dei reati legati alla pedopornografia. Lei, unica donna nelle Marche e tra le pochissime in Italia ad aver esercitato una esperienza da “undercover”.
La Nicolini si è raccontata a Jesi venerdì sera, in occasione del convegno organizzato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi dal titolo “Contrastare le organizzazioni criminali operando sotto copertura”. Con lei, tra il pubblico, c’era la figlia. «Non raccontavo niente a casa della mia attività, ma certo questo mestiere mi induriva tanto», ha raccontato l’ex poliziotta, e infatti, ha ribattuto a tono la figlia “quanti no, regole e disciplina riportava mamma poi a casa».
A sorpresa tra il pubblico due dei 5 poliziotti che formavano la “squadretta” in cui Cinzia operava sotto copertura: «È la mia seconda famiglia», ha riferito con orgoglio presentando al pubblico Peppe e Giovanni.
Il primo, Peppe, in diverse esperienze sotto copertura si spacciava per ‘body guard’ o autista della Nicolini. Il secondo, Giovanni di solito era quello che ascoltava le trattative criminali grazie alle microspie nascoste nel reggiseno della poliziotta. E se mancavano le microspie, o non funzionavano, le comunicazioni tra i colleghi in prima fila e quelli di supporto avvenivano nel cuore della notte, «tramite un telefonino smontato che era nascosto in un luogo sicuro, e che poi si rimontava per chiamare all’ora convenuta».
«Quanto a me – ha poi aggiunto la Nicolini – mi è capitato talvolta di interpretare il ruolo del boss. Tra boss maschi, non ho avuto mai nessun problema ad essere accettata dai criminali anche di alto rango nonostante fossi una donna.
A quei livelli non conta il sesso, e nemmeno se sei mingherlina e con il volto gentile.
Conta se sei un capo criminale. E se pensano che tu lo sia, ti rispettano.
Ho corso dei rischi? Certamente, un agente di copertura non è usato per contrastare il piccolo traffico di piazza ma per scompaginare organizzazioni criminali, e a quei livelli c’è un codice d’onore … non mi sono mai trovata con un capo che mi abbia messo le mani addosso».

Tra le operazioni dei 4 anni da undercover, due in particolare quelle che più hanno segnato l’ex dirigente di Ps.

Una in Ungheria, tra i grandi boss della malavita, riuniti in un albergo di Budapest per contrattare grossi affari legati alla droga. “C’erano piste di cocaina sui tavoli da paura. La usavano tutti, ce la offrirono ma inventai la scusa che per concludere buoni affari volevamo rimanere lucidi».

L’altra fu l’operazione “Faccia d’angelo” del gennaio 1996 a San Benedetto del Tronto dove furono individuati alcuni appartenenti ad una compagine criminosa dedica al traffico delle sostanze stupefacenti. «Faccia d’angelo – ha raccontato Cinzia Nicolini – era un giovane, incensurato, occhi azzurri capelli biondi, mai nemmeno una multa sul suo conto.
Era un insospettabile. Girava con grandi auto e abiti firmati, aveva contatti con la ndrangheta e fu difficilissimo individuarlo e conquistarne la fiducia.
Quando ci riuscii, dopo vari incontri, mi presentai con i soldi, e lui con la droga per lo scambio; a quel punto scattò l’arresto.
Io feci finta di fuggire, quando mi vide in questura mi disse ‘ma sei stata arrestata anche tu?’.
Tirai fuori il tesserino da poliziotta e fu solo a questo punto che lui capì chi fossi realmente. Non parlò mai, passò anni in carcere che lo cambiarono profondamente.
Fu lui a cercarmi dal carcere, e a sorpresa iniziò a collaborare aiutandoci a individuare molti trafficanti. Aveva voglia di cambiare vita, e lo fece completamente. Ora è una persona diversa, con un buon lavoro, ha scontato la sua pena, ed ha una bella storia di rinascita da raccontare».
Per operazioni di questo livello, si è ricordato, occorre una organizzazione molto severa e accurata, preparazione tecnica e volontà ferrea. È vero, c’è sempre qualcosa che scompagina il percorso di una missione, «piani che saltano all’aria, imprevisti di tutti i tipi», ha detto la Nicolini, ma di sicuro non può mancare mai l’appoggio di un “gancio”, di un informatore a conoscenza dei fatti criminali, di un collaboratore di giustizia che consente alle forze dell’ordine di capire come muoversi sotto false identità per andare verso il giusto bersaglio.
Informatori, microspie, telefonini rimontati nel cuore della notte. Sembra una spy story, ma attenzione… «L’agente undercover, sotto copertura, è un infiltrato a servizio dello Stato, non è una spia né un provocatore. L’agente provocatore, ovvero colui che scatena un crimine per poi segnalarlo alle autorità, è una figura illegittima e proibita dalla Corte di Strasburgo. Invece un undercover è un agente con un ruolo molto ben definito dalla legge: la sua azione si colloca all’interno di un procedimento penale già avviato e su reati che sono stati già consumati o che sono in corso d’opera», ha chiarito l’ex dirigente di Polizia.
Un “undercover”, ad esempio, non ha licenza di uccidere. Può omettere o ritardare atti come ad esempio può emettere un verbale di arresto ritardato. Può commettere reati espressione di operazioni di Polizia come ad esempio trattare l’acquisto di sostanza stupefacente o comprarla, addirittura, se questo serve a identificare una organizzazione criminale. Può usufruire di identità e documenti faldi per lavorare sotto copertura.
«Mai portato un’arma durante le mie attività sotto copertura, avevo paura di trovarmi in situazioni che poi sarebbero diventate pericolose», ha raccontato ancora la Nicolini. «Perché ho iniziato? Mi fu proposto un corso, a formarci vennero agenti americani della Dea Drug Enforcement Administration. Fu molto duro, e passai. L’ho fatto perché ci credevo, anche ora che sono in pensione mi sento poliziotta fino al midollo. Perché ho smesso? Fisicamente e psicologicamente sono stati 4 anni che mi hanno messo a dura prova. Non ce l’avrei fatta senza le mie due famiglie, i colleghi e i miei cari». 23 Settembre 2023 CENTROPAGINA


«La mia esperienza sotto copertura»: Cinzia Nicolini prima poliziotta marchigiana infiltrata nelle organizzazioni criminali

Importante appuntamento quello di oggi pomeriggio alle ore 17 nella sala convegni di Palazzo Bisaccioni in piazza Colocci dove la Fondazione Carisj ospiterà la dottoressa Cinzia Nicolini, già dirigente della Polizia di Stato in forza alla Questura di Ancona. L’incontro, dal titolo “Contrastare la criminalità organizzata operando sotto copertura” sarà aperto dal presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi ingegner Paolo Morosetti.
A coordinare i lavori dell’incontro – promosso da Fondazione Carisj e accreditato all’Ordine dei Giornalisti – sarà il giornalista professionista Claudio Sargenti. Protagonista, la dottoressa Nicolini che racconterà la sua esperienza di vita professionale come dirigente donna della Polizia di Stato infiltrata nelle organizzazioni criminali in Italia e all’Estero. Cinzia Nicolini è la prima donna marchigiana ad aver svolto questo ruolo così delicato e impegnativo. Sarà intervistata dal giornalista Rai Giovanni Pasimeni.

Talita Frezzi

 

Infiltrati di Stato