Chi fu il mandante dell’omicidio Borsellino, ora qualcuno indagherà sui magistrati di Palermo del 1992?

 

Lucia Borsellino e l’avvocato Fabio Trizzino, che è suo marito e da anni è l’avvocato della famiglia, sono stati ascoltati ieri in commissione Antimafia, in Parlamento. Lucia è la figlia del magistrato trucidato nel luglio del 1992 in un attentato nel quale persero la vita anche 5 agenti della sua scorta. La testimonianza della famiglia Borsellino fa venire i brividi.

Avanza l’ipotesi che esistano pesanti responsabilità nella Procura di Palermo – quella dell’epoca – nell’omicidio di Paolo Borsellino. Fabio Trizzino ha riferito di fatti, circostanze, ricordi, testimonianze. In particolare delle testimonianze offerte dalla moglie del magistrato, la signora Agnese Piraino. La frase più terrificante che la signora riferì, attribuendola al marito, che l’aveva pronunciata pochi giorni prima della sua morte, è questa: “Mi uccideranno ma non sarà una vendetta della mafia. La mafia non si vendica. Forse saranno mafiosi quelli che materialmente mi uccideranno ma quelli che avranno voluto la mia morte saranno i miei colleghi e altri”.

Non esistono molte possibilità di interpretazione di queste parole. Sono chiarissime. Borsellino immagina che alcuni magistrati della procura di Palermo avessero deciso di eliminarlo e avessero assegnato alla mafial’incarico di eseguire la sentenza. Prima di morire, avverte: i mandanti sono in Procura. Dopo l’uccisione di Borsellino iniziarono i misteri. In particolare esponenti della polizia, probabilmente appoggiati da alcuni magistrati, avviarono un depistaggio – attraverso le deposizioni di un falso pentito, Vincenzo Scarantino – che portò le indagini lontane dalla verità e in questo modo ottennero che la verità non fosse mai scoperta.

Il depistaggio Scarantino – nonostante gli avvertimenti inascoltati di Ilda Boccassini – resse per diversi anni, anche perché vari giovani magistrati non si accorsero della messinscena. Così le indagini si bloccarono. O addirittura furono sviate. Tanto da finire per diventare uno dei punti di partenza di un altro clamoroso depistaggio, quello realizzato col processo “Trattativa Stato Mafia”, che indirizzò i sospetti di collusione con la mafia verso i Ros dei carabinieri e il senatore dell’Utri, il ministro Mannino, il senatore Mancino e altri. Poi tutti assolti.

Ad aiutare il depistaggio fu un fatto curioso: la testimonianza della signora Agnese ebbe una discreta diffusione. Diciamo che l’opinione pubblica ne fu informata. Ma dalla dichiarazione furono espunte le parole “i miei colleghi e“. Restò solo la parola “altri”. E questo fece spazio all’ipotesi che Borsellino si riferisse alla politica o ai servizi segreti. Invece lui era stato molto preciso a indicare la Procura di Palermo che aveva definito “un nido di vipere”.

Perché quella testimonianza fu stravolta e da chi? Sicuramente dai giornalisti, ma questo semplicemente ci conferma il livello non eccelso del giornalismo anti-mafia. Ma anche da alcuni magistrati. Ora un po’ c’è da riflettere. Spesso si parla dei “misteri della prima Repubblica”. È vero, ce ne sono molti. Forse però il più grande è questo dell’omicidio Borsellino. Sicuramente è questo il vero mistero che le forze della cosiddetta anti-mafia non hanno mai voluto scoprire. Anche perché scoprirlo avrebbe ribaltato molte idee che si sono radicate nell’opinione pubblica sulla magistratura italiana.

Vogliamo provare ora a indagare? È tardi, ma qualcosa si può ancora scoprire. Molti dei protagonisti della Procura di Palermo 1992 non ci sono più. A partire dal capo: il dottor Giammanco. Che era in pessimi rapporti con Borsellino e Falcone. Ma molti di loro sono ancora vivi, alcuni sono sulla breccia, sono anche abbastanza potenti. Vogliamo cominciare a indagare? Se la commissione anti-mafia, usando tutti i suoi poteri, facesse dei passi in questa direzione, forse, per la prima volta, si potrebbe pensare che la commissione antimafia ha una sua utili.

Lucia Borsellino e l’avvocato Fabio Trizzino, che è suo marito e da anni è l’avvocato dellp
cominciare a indagare? Se la commissione anti-mafia, usando tutti i suoi poteri, facesse dei passi in questa direzione, forse, per la prima volta, si potrebbe pensare che la commissione antimafia ha una sua utili.

Piero Sansonetti UNITÁ 28.9.2023