Ieri, alle 14, nella sede di Palazzo San Macuto, la commissione parlamentare Antimafia presieduta da Chiara Colosimo ha nuovamente sentito la figlia di Paolo Borsellino, Lucia Borsellino e Fabio Trizzino, legale di Lucia, Manfredi e Fiammetta Borsellino.
Il legale ha fornito alla commissione una sua personale, e per certi versi ‘molto discutibile’, versione dei fatti e dovrà essere ascoltato ancora in data da definirsi.
“Borsellino voleva arrestare l’allora procuratore di Palermo, Pietro Giammanco“ ha detto Trizzino: “Borsellino organizzò un incontro segreto con il generale dei carabinieri Mori ed il capitano De Donno, il 25 giugno del 1992, perché aveva scoperto qualcosa di tremendo sul conto del suo capo. Si parla di contrasti e circostanze talmente gravi che lo hanno convinto che quel suo capo era un infedele”. Quell’incontro avvenne alla caserma Carini; episodio già al centro di molteplici processi e indagini. “Fu un incontro rapido e lui andò dritto al punto: voleva approfondire l’inchiesta su appalti mafia aggiungendo ‘voi dovete riferire solo a me'”. In passato, il contenuto di quell’incontro è stato messo in discussione da alcuni testimoni. Il maresciallo Carmelo Canale, stretto collaboratore di Borsellino, ha dichiarato di aver organizzato l’appuntamento presso la caserma Carini su richiesta del magistrato. Secondo Canale, Borsellino desiderava discutere con Mori e De Donno del cosiddetto Corvo 2, un anonimo che raccontava di un presunto incontro segreto tra l’ex ministro Calogero Mannino e Totò Riina. Tale anonimo era stato anche rivendicato dalla Falange Armata. L’avvocato ha parlato anche dell’accelerazione della strage di via d’Amelio: “A chiedere a Riina di accelerare la morte di Borsellino è la famiglia di Passo di Rigano che faceva capo ai Buscemi, che nell’archiviazione del dossier mafia-appalti vengono liquidati con tre parole“. Per Trizzino chi decise la strategia stragista fu Salvatore Riina e nessun altro: “Chi decise la strategia di attacco fu Totò Riina che costituì la super ‘cosa’ che vedeva coinvolti gli uomini che misero a punto le stragi tra cui Matteo Messina Denaro. Riina se ne assunse in proprio la responsabilità di via D’Amelio, si comportò da vero dittatore”.
Un dittatore la cui leadership era compromessa, ha detto Trizzino: questo, sempre secondo il legale è il motivo per cui Riina richiama a Palermo i componenti della ‘missione romana’, cioè quell’operazione messa in atto per uccidere Giovanni Falcone a Roma. Inoltre sempre secondo il legale in campo vi sono stati gli uomini della mafia nell’esecuzione delle stragi “perché raramente Cosa nostra affida ad altri l’esecuzione di una strage”.
L’avvocato Trizzino ha infine chiesto alla commissione Antimafia di acquisire “le annotazioni del diario di Giovanni Falcone, che non sono 14 ma 39″.