Il personale della Direzione Investigativa Antimafia e i Carabinieri del Comando Provinciale di Monza, con il supporto del Nucleo Investigativo Centrale della Polizia Penitenziaria, hanno dato esecuzione, su delega della D.D.A. di Milano, a un’ordinanza di applicazione di misure cautelari personali nei confronti di diciotto soggetti (sette in carcere, quattro agli arresti domiciliari, tre con obbligo di dimora e quattro con obbligo di presentazione alla Polizia giudiziaria), indagati, a vario titolo, per associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, all’estorsione ed al compimento di numerosi reati economico – finanziari, i cui proventi erano destinati ad agevolare le attività della ‘ndrangheta ed in particolare della cosca Morabito – Palamara – Bruzzaniti.
L’indagine, che ha avuto inizio dall’anno 2019, protraendosi anche nel periodo della pandemia, ha visto coinvolti 68 soggetti, divisi in due sodalizi criminali che, sebbene “operativamente separati per materia” (da un lato il compimento dei reati economico – finanziari, dall’altro, il traffico di droga e le estorsioni), erano entrambi diretti da un medico calabrese, collaboratore di alcune RSA milanesi, già condannato in via definitiva per traffico di sostanze stupefacenti e, soprattutto, figlio dello storico capo della citata cosca, attualmente detenuto in regime di 41-bis a seguito di condanna irrevocabile per associazione mafiosa.
Il primo dei due gruppi, che ha visto la partecipazione di professionisti ed imprenditori, titolari nel centro di Milano di diverse società di consulenza e portatori del necessario “Know how” tecnico- giuridico, è risultato dedito alla creazione di un sistema di società “cartiere”, di fatto non operative ed unicamente dedite all’emissione di false fatture, volte a fornire una “copertura cartolare” ad inesistenti acquisti di beni e di servizi, all’unico scopo di creare, a favore di terzi clienti, la disponibilità “in nero” di ingenti somme di denaro contante.
Questi ultimi, infatti, a fronte del bonifico effettuato a pagamento della falsa fattura, ottenevano, al termine di diversi “passaggi” coinvolgenti conti correnti “on line” radicati su banche europee ed extracomunitarie, ingenti somme di denaro, così sottratte a ogni forma di controllo e monitoraggio da parte delle Autorità.
Nel corso delle attività investigative, è stato possibile sequestrare circa 50.000 euro in contanti, provento delle suddette F.O.I., nonchè ricostruire altre consegne di denaro gestite dall’organizzazione.
Messa in atto anche la creazione e la vendita di false polizze fideiussorie, formalmente emesse da uno dei più grossi gruppi bancari nazionali, a favore di imprese e ditte individuali che mai le avrebbero legalmente ottenute, in quanto prive della necessaria solidità patrimoniale e/o dei necessari requisiti di onorabilità.
In particolare, tali “false” polizze servivano al consapevole acquirente per garantire, nei confronti di inconsapevoli “terzi”, il rispetto di obblighi derivanti da reciproci rapporti contrattuali.
In un caso, le false fideiussioni sono state create a favore di imprese operanti nel settore dei giochi e delle scommesse (che mai avrebbero potuto ottenerle legalmente, in quanto colpite da interdittiva antimafia emessa al termine di indagini riguardanti anche il reato di associazione mafiosa), allo scopo di garantire l’adempimento degli obblighi economici conseguenti al contratto stipulato con il concessionario dello Stato.
Tra i reati commessi anche la commercializzazione di falsi crediti d’imposta “Ricerca & Sviluppo” ceduti a terze società che, consapevoli della loro natura fittizia, li hanno utilizzati per compensare il pagamento di imposte e di contributi previdenziali.
Tali crediti erano creati da un’altra organizzazione criminale con sede nella provincia di Napoli e composta da professionisti (commercialisti, periti ed ingegneri), alcuni dei quali già condannati per analogo reato.
Non meno grave l’organizzazione di truffe aggravate ai danni dello Stato, dirette al conseguimento di finanziamenti ed erogazioni previste dalle norme Covid 19.
Le indagini hanno, da un lato, accertato l’effettiva percezione di tali somme, dall’altro evitato, tramite la tempestiva attivazione delle competenti Autorità, l’indebita erogazione di somme e di benefici economici (nella forma del finanziamento garantito e del credito d’imposta) per circa 2 milioni di euro, per i quali era già stata depositata la prevista documentazione artatamente predisposta.
In uno di questi casi, proprio per sfruttare una specifica norma diretta a favorire la capitalizzazione delle società nel periodo della pandemia, erano stati creati, attraverso bilanci contraffatti, fittizi aumenti di capitale sociale, impiegando, anche grazie alla compiacenza di periti e pubblici ufficiali, titoli esteri di dubbio ed incerto valore ed aventi caratteristiche tecniche difformi da quelle previste dalla legge.
L’organizzazione avrebbe reinvestito il provento dei reati sopra indicati ed in particolare di quelli commessi a danno dello Stato, nella creazione, congiuntamente ad altri soggetti anch’essi indiziati di appartenere alla ‘ndrangheta, di nuove società commerciali che avrebbero operato in settori quali quello edile – sfruttando i benefici dell’Ecobonus -, della raccolta e del riciclaggio dei rifiuti, del commercio di carburante e della grande distribuzione.
Il secondo dei due gruppi criminali si è reso responsabile di più delitti di importazione, acquisto, trasporto e cessione sul mercato del Nord Italia (Milano, Torino e altre province) ed in Calabria, di centinaia di chili di sostanze stupefacenti (cocaina, eroina, marijuana e hashish) oltre a gestire un’attività di recupero crediti mediante le tipiche modalità utilizzate dalle organizzazioni mafiose anche ricorrendo, quando necessario, all’uso di armi.
Allo scopo, il sodalizio disponeva di basi logistiche e operative, ove i sodali potevano incontrarsi e custodire lo stupefacente, quale un magazzino in Paderno Dugnano; telefoni cellulari, intestati a terze persone, cambiati con frequenza e utilizzati per le comunicazioni inerenti l’attività illecita;autovetture impiegate per il trasporto dello stupefacente, spesso appositamente noleggiate a tal fine o messe a disposizione da uno degli indagati.
L’indagine ha consentito di ricostruire anche i canali di approvvigionamento esteri e, in occasione di una delle cessioni intercettate, è stato possibile arrestare in flagranza il corriere e sottoporre a sequestro 5 kilogrammi di eroina, inizialmente destinata al mercato calabrese.
Sono state documentate innumerevoli compravendite di stupefacente, per un totale di 50 kg di eroina, 150 kg marijuana e circa 50 kg di hashish, provenienti anche dalla Spagna, dall’Austria e dall’Albania ed è stata, altresì, verificata l’apertura di un canale di vendita di cocaina proveniente dal Perù e dal Brasile e destinata ai membri di una nota famiglia di ‘ndrangheta.
Sono tuttora in corso, nelle provincie di Milano, Monza Brianza, Pavia, Varese, Novara, Alessandria, Messina e Foggia, perquisizioni in abitazioni ed aziende risultate nella disponibilità dei soggetti coinvolti, anche con il supporto di unità cinofile anti-valuta della Guardia di Finanza. Ufficio stampa Carabinieri
Milano, l’operazione contro la ‘ndrangheta che ha portato all’arresto di Giovanni Morabito
‘Ndrangheta: arresti per droga ed estorsioni, tra gli affari Covid, Ecobonus e rifiuti
L’indagine della Dda di Milano che ha portato a un’ordinanza nei confronti di 18 persone indagate, a vario titolo, per associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, all’estorsione e al compimento di reati economico – finanziari, i cui proventi, erano destinati ad agevolare le attività dell’ndrangheta ed in particolare della cosca Morabito -Palamara -Bruzzaniti, è iniziata nel 2019 e proseguita anche nel periodo della pandemia.
L’ndagine, della Dia e dei carabinieri di Monza, ha coinvolto 68 persone divise in due gruppi che, “sebbene operativamente separati per materia (da un lato il compimento dei reati economico-finanziari, dall’altro, il traffico di droga e le estorsioni)”, erano entrambi diretti – secondo l’inchiesta dei pm Sara Ombra e Paolo Biondolillo, da un medico calabrese, collaboratore di alcune Rsa milanesi, già condannato in via definitiva per traffico di sostanze stupefacenti e, soprattutto, figlio dello storico capo della cosca calabrese, attualmente detenuto in regime di 41-bis a seguito di condanna irrevocabile per associazione mafiosa.
Il primo gruppo creava società ‘cartiere’ specializzate nell’emettere false fatture, volte a fornire una copertura all’inesistenti acquisti di beni e di servizi, all’unico scopo di creare, a favore di terzi, la disponibilità ‘in nero’ di ingenti somme di denaro, così sottratte a ogni forma di controllo e monitoraggio. Nel corso delle attività, è stato possibile sequestrare circa 50.000 euro in contanti, e ricostruire la vendita di false polizze fideiussorie, formalmente emesse da uno dei più grossi gruppi bancari nazionali, a favore di imprese e ditte individuali – in un caso a a favore di imprese operanti nel settore dei giochi e delle scommesse – che mai le avrebbero ottenere in quanto prive della necessaria solidità patrimoniale.
Non solo: il gruppo era specializzato nella commercializzazione di falsi crediti d’imposta a società che, consapevoli della loro natura illegale, li hanno utilizzati per compensare il pagamento di imposte e di contributi previdenziali. I crediti erano creati da un’altra organizzazione criminale con sede in provincia di Napoli e composta da professionisti (commercialisti, periti ed ingegneri), alcuni dei quali già condannati per lo stesso reato.
L’indagine ha permesso anche di ricostruire “l’organizzazione di truffe aggravate ai danni dello Stato, dirette al conseguimento di finanziamenti ed erogazioni previste dalle norme Covid 19” per circa 2 milioni di euro.
“Proprio per sfruttare una specifica norma diretta a favorire la capitalizzazione delle società nel periodo della pandemia, erano stati creati, attraverso bilanci contraffatti, fittizi aumenti di capitale sociale, impiegando, anche grazie alla compiacenza di periti e pubblici ufficiali, titoli esteri di dubbio ed incerto valore ed aventi caratteristiche tecniche difformi da quelle previste dalla legge”. Soldi reinvestiti in nuove società commerciali che hanno sfruttato i benefici dell’Ecobonus, della raccolta e del riciclaggio dei rifiuti, del commercio di carburante e della grande distribuzione.
Il secondo dei due gruppi criminali, invece, si è reso responsabile di più acquisti, trasporti e cessioni nel Nord Italia (Milano, Torino e altre province) e in Calabria, di centinaia di chili di droga (cocaina, eroina, marijuana e hashish) oltre a gestire un’attività di recupero crediti mediante le tipiche modalità utilizzate dalle organizzazioni mafiose anche ricorrendo, quando necessario, all’uso di armi. Il gruppo disponeva di basi logistiche e operative, come un magazzino a Paderno Dugnano, telefoni intestati a estranei e auto noleggiate.
In un caso è stato possibile arrestare in flagranza il corriere e sequestrare 5 chili di eroina, destinata al mercato calabrese. Sono state documentate compravendite per un totale di 50 chili di eroina, 150 di marijuana e circa 50 di hashish, provenienti anche dalla Spagna, dall’Austria e dall’Albania ed è stata verificata l’apertura di un canale di vendita di cocaina proveniente dal Perù e dal Brasile e destinata a una nota famiglia di ‘ndrangheta. 24 Ottobre 2023 LA SICILIA
Milano, arrestato Giovanni Morabito, il medico figlio del boss di ‘ndrangheta: lucrava su fondi Covid ed ecobonus
Il 59enne lavorava in una Rsa milanese benché già condannato per droga. È figlio di Peppe Morabito, storico capomafia di Africo. Era al vertice di un’organizzazione, 18 arresti
Era Giovanni Morabito, 59 anni, medico in una Rsa milanese benché già condannato per droga, e figlio del boss 89enne Peppe Morabito, detto ‘u tiradritto, storico capomafia di Africo in provincia di Reggio Calabria, alla guida dell’organizzazione che lucrava sui fondi Covid e sul bonus 110 per le ristrutturazioni.
Morabito è stato catturato all’alba di martedì 24 ottobre in un’inchiesta antimafia coordinata dalla Dda di Milano e dai magistrati Alessandra Dolci, Paola Biondolillo e Sara Ombra. Ad eseguire i sette arresti in carcere, i quattro ai domiciliari, le tre misure dell’obbligo di dimora e le quattro dell’obbligo di firma sono stati i carabinieri di Monza, gli investigatori della Direzione investigativa antimafia di Milano e gli agenti della polizia penitenziaria.
L’indagine è iniziata nel 2019 e coinvolge uomini della potente cosca Morabito-Palamara-Bruzzaniti attivi in Lombardia. Nell’inchiesta sono stati individuati due diversi filoni: uno si occupava di droga, mentre il secondo lavorava soprattutto sulle operazioni finanziarie e sulle truffe ai danni dello Stato grazie a professionisti che si erano messi a disposizione della cosca. Il sistema spaziava dalle false fatture ottenute attraverso società cartiere, fino alla creazione di false polizze fideiussorie e alla commercializzazione di falsi crediti di imposta «Ricerca e sviluppo» che venivano poi ceduti a terzi.
Gli inquirenti hanno però documentato anche l’organizzazione di una truffa aggravata ai danni dello Stato grazie all’erogazione dei fondi di sostegno all’imprese durante la pandemia Covid. Un giro da 2 milioni di euro. Soldi che sono poi stati reinvestiti attraverso altre società che operavano nel campo edile, sempre considerate vicine ad affiliati alla ndrangheta, che sfruttavano i benefici dell’ecobonus. 24.10,2023 CORRIERE DELLA SERA
Lotta alla ‘Ndrangheta: 18 arresti in tutta la Lombardia
L’indagine, che ha avuto inizio dell’anno 2019, protraendosi anche nel periodo della pandemia, ha visto coinvolti 68 soggetti
L’indagine, che ha avuto inizio dell’anno 2019, protraendosi anche nel periodo della pandemia, ha visto coinvolti 68 soggetti
Maxi operazione della Dia e dei Carabinieri di Monza che ha permesso di spiccare 18 ordinanze di misure cautelari ei confronti di altrettanti soggetti legati alle cosche Morabito-Palamara-Bruzzanti.
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Maxi operazione della Dia e dei Carabinieri di Monza
Alle prime luci dell’alba, il personale della Direzione Investigativa Antimafia e i Carabinieri del Comando Provinciale di Monza, con il supporto del Nucleo Investigativo Centrale della Polizia Penitenziaria, hanno dato esecuzione, su delega della D.D.A. di Milano, a un’ordinanza di applicazione di misure cautelari personali nei confronti di diciotto soggetti (sette in carcere, quattro agli arresti domiciliari, tre con obbligo di dimora e quattro con obbligo di presentazione alla Polizia giudiziaria), indagati, a vario titolo, per associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, all’estorsione ed al compimento di numerosi reati economico – finanziari, i cui proventi erano destinati ad agevolare le attività dell’ndrangheta ed in particolare della cosca MORABITO – PALAMARA – BRUZZANITI.
L’indagine, che ha avuto inizio dell’anno 2019, protraendosi anche nel periodo della pandemia, ha visto coinvolti 68 soggetti, divisi in due sodalizi criminali che, sebbene “operativamente separati per materia” (da un lato il compimento dei reati economico – finanziari, dall’altro, il traffico di droga e le estorsioni), erano entrambi diretti da un medico calabrese, collaboratore di alcune RSA milanesi, già condannato in via definitiva per traffico di sostanze stupefacenti e, soprattutto, figlio dello storico capo della citata cosca, attualmente detenuto in regime di 41-bis a seguito di condanna irrevocabile per associazione mafiosa.
Un gruppo dedicato ai reati finanziari
Il primo dei due gruppi, che ha visto la partecipazione di professionisti ed imprenditori, titolari nel centro di Milano di diverse società di consulenza e portatori del necessario “Know how” tecnico- giuridico, è risultato dedito alla commissione dei seguenti illeciti economico-finanziari:
• la creazione di un sistema di società “cartiere”, di fatto non operative ed unicamente dedite all’emissione di false fatture, volte a fornire una “copertura cartolare” ad inesistenti acquisti di beni e di servizi, all’unico scopo di creare, a favore di terzi clienti, la disponibilità “in nero” di ingenti somme di denaro contante. Questi ultimi, infatti, a fronte del bonifico effettuato a pagamento della falsa fattura, ottenevano, al termine di diversi “passaggi” coinvolgenti conti correnti “on line” radicati su banche europee ed extracomunitarie, ingenti somme di denaro, così sottratte a ogni forma di controllo e monitoraggio da parte delle Autorità. Nel corso delle attività investigative, è stato possibile sequestrare circa 50.000 euro in contanti, provento delle suddette F.O.I., nonché ricostruire altre consegne di denaro
gestite dall’organizzazione;
• la creazione e la vendita di false polizze fideiussorie, formalmente emesse da uno dei più grossi gruppi bancari nazionali, a favore di imprese e ditte individuali che mai le avrebbero legalmente ottenute, in quanto prive della necessaria solidità patrimoniale e/o dei necessari requisiti di onorabilità. In particolare, tali “false” polizze servivano al consapevole acquirente per garantire, nei confronti di inconsapevoli “terzi”, il rispetto di obblighi derivanti da reciproci rapporti contrattuali. In un caso, le
false fideiussioni sono state create a favore di imprese operanti nel settore dei giochi e delle scommesse (che mai avrebbero potuto ottenerle legalmente, in quanto colpite da interdittiva antimafia emessa al termine di indagini riguardanti anche il reato di associazione mafiosa), allo scopo di garantire l’adempimento degli obblighi economici conseguenti al contratto stipulato con il concessionario dello Stato;
• la commercializzazione di falsi crediti d’imposta “Ricerca & Sviluppo” ceduti a terze società che, consapevoli della loro natura fittizia, li hanno utilizzati per compensare il pagamento di imposte e di contributi previdenziali. Tali crediti erano creati da un’altra organizzazione criminale con sede nella provincia di Napoli e composta da professionisti (commercialisti, periti ed ingegneri), alcuni dei quali già condannati per analogo reato;
• l’organizzazione di truffe aggravate ai danni dello Stato, dirette al conseguimento di finanziamenti ed erogazioni previste dalle norme COVID 19. Le indagini hanno, da un lato, accertato l’effettiva percezione di tali somme, dall’altro evitato, tramite la tempestiva attivazione delle competenti Autorità, l’indebita erogazione di somme e di benefici economici (nella forma del finanziamento garantito e del credito d’imposta) per circa 2 milioni di euro, per i quali era già stata depositata la prevista documentazione artatamente predisposta. In uno di questi casi, proprio per sfruttare una specifica norma diretta a favorire la capitalizzazione delle società nel periodo della pandemia, erano stati creati, attraverso bilanci contraffatti, fittizi aumenti di capitale sociale, impiegando, anche grazie alla compiacenza di periti e pubblici ufficiali, titoli esteri di dubbio ed incerto valore ed aventi caratteristiche tecniche difformi da quelle previste dalla legge.
Denaro reinvestito in nuove società
L’organizzazione avrebbe reinvestito il provento dei reati sopra indicati ed in particolare di quelli commessi a danno dello Stato, nella creazione, congiuntamente ad altri soggetti anch’essi indiziati di appartenere all’ndrangheta, di nuove società commerciali che avrebbero operato in settori quali quello edile – sfruttando i benefici dell’ECOBONUS -, della raccolta e del riciclaggio dei rifiuti, del commercio di carburante e della grande distribuzione.
Il secondo dei due gruppi criminali si è reso responsabile di più delitti di importazione, acquisto, trasporto e cessione sul mercato del Nord Italia (Milano, Torino e altre province) ed in Calabria, di centinaia di chili di sostanze stupefacenti (cocaina, eroina, marijuana e hashish) oltre a gestire un’attività di recupero crediti mediante le tipiche modalità utilizzate dalle organizzazioni mafiose anche ricorrendo, quando necessario, all’uso di armi.
Dove nascondere la droga
Il gruppo disponeva di basi logistiche e operative, dove i sodali potevano incontrarsi e custodire lo stupefacente, come un magazzino a Paderno Dugnano; telefoni cellulari, intestati a terze persone, cambiati con frequenza e utilizzati per le comunicazioni inerenti l’attività illecita; autovetture impiegate per il trasporto dello stupefacente, spesso appositamente noleggiate a tal fine o messe a disposizione da uno degli indagati.
L’indagine ha consentito di ricostruire anche i canali di approvvigionamento esteri e, in occasione di una delle cessioni intercettate, è stato possibile arrestare in flagranza il corriere e sottoporre a sequestro 5 kilogrammi di eroina, inizialmente destinata al mercato calabrese. Sono state documentate innumerevoli compravendite di stupefacente, per un totale di 50 kg di eroina, 150 kg marijuana e circa 50 kg di hashish, provenienti anche dalla Spagna, dall’Austria e dall’Albania ed è stata, altresì, verificata l’apertura di un canale di vendita di cocaina proveniente dal Perù e dal Brasile e destinata ai membri di una nota famiglia di ‘ndrangheta.
In corso altre perquisizioni
Sono tuttora in corso, nelle provincie di Milano, Monza Brianza, Pavia, Varese, Novara, Alessandria, Messina e Foggia, perquisizioni in abitazioni ed aziende risultate nella disponibilità dei soggetti coinvolti, anche con il supporto di unità cinofile anti-valuta della Guardia di Finanza.
L’odierna operazione testimonia il costante impegno dell’Autorità Giudiziaria meneghina che, attraverso l’attività sinergica posta in essere dalla Direzione Investigativa Antimafia e da tutte le Forze di Polizia, è finalizzato al contrasto delle associazioni criminali dedite a gravi reati quali il narcotraffico, le truffe nonché ogni altra forma di criminalità economica-finanziaria.
Frodi fondi Covid ed Ecobonus, arrestato il figlio del boss Morabito
Sono due i filoni di inchiesta, il primo ha portato a scoprire un ampio ventaglio di frodi commerciali e finanziare, l’altro un ingente traffico di sostanze stupefacenti ed estorsioni. Secondo gli inquirenti, le attività illecite erano gestite dal medico Giovanni Morabito collaboratore di alcune Rsa milanesi, già condannato in via definitiva per traffico di sostanze stupefacenti e figlio di Giuseppe Morabito, detto ‘U Tiradrittu’, storico capo Crimine della ‘ndrangheta in Lombardia
C’è anche il medico Giovanni Morabito, figlio dello storico boss di ‘Ndrangheta Giuseppe, tra gli arrestati dell’operazione della Dia scattata questa mattina in Lombardia e in altre regioni, che ha portato ad arresti e perquisizioni nell’ambito di una variegata attività illecita promossa da personaggi ritenuti vicini alla cosca Morabito-Palamara-Bruzzaniti e che vede un ampio numero di indagati in stato di libertà (68) tra i quali molti cosiddetti ‘colletti bianchi’.
L’inchiesta dell’antimafia
Gli investigatori hanno eseguito misure cautelari nei confronti di “diciotto soggetti”, indagati a vario titolo, per “associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, estorsione e numerosi reati economico-finanziari, tra cui anche frodi sui contributi Covid ed Ecobonus i cui proventi erano destinati ad agevolare le attività della ‘ndrangheta, in particolare della cosca Morabito-Palamara-Bruzzaniti”.
Sono due i filoni di inchiesta, il primo ha portato a scoprire un ampio ventaglio di frodi commerciali e finanziare, l’altro un ingente traffico di sostanze stupefacenti. Nel primo primo filone di indagine sono stati denunciati professionisti che facevano consulenze e pratiche per le numerose attività truffaldine, tra i quali commercialisti, tecnici e legali, ma anche imprenditori “titolari nel centro di Milano di diverse società di consulenza e portatori del necessario ‘know how’ tecnico- giuridico”. Si tratta di persone tutte residenti e operanti nel Nord Italia.
Le perquisizioni sono scattate “nelle provincie di Milano, Monza Brianza, Pavia, Varese, Novara, Alessandria, Messina e Foggia – si legge in una nota della Dia – e riguardano abitazioni ed aziende risultate nella disponibilità dei soggetti coinvolti, anche con il supporto di unità cinofile anti-valuta della Guardia di Finanza”.
Il coinvolgimento del figlio del boss
Secondo le accuse, i due filoni delle attività illecite (i reati economico-finanziari e il traffico di droga), erano entrambi diretti dal medico Giovanni Morabito collaboratore di alcune Rsa milanesi, già condannato in via definitiva per traffico di sostanze stupefacenti e figlio di Giuseppe Morabito, detto ‘U Tiradrittu’ (non indagato), storico “capo Crimine” della ‘ndrangheta in Lombardia, detenuto in regime di 41-bis nel carcere di Opera (Milano) per associazione mafiosa.
Le misure cautelari e le accuse
L’ordinanza di applicazione di misure cautelari personali riguarda diciotto persone: sette in carcere, quattro agli arresti domiciliari, tre con obbligo di dimora e quattro con obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Le indagini sono state eseguite dai Carabinieri del Comando provinciale di Monza con il supporto del Nucleo investigativo centrale della Polizia Penitenziaria e il supporto della Gdf. I reati ipotizzati, tutti avvenuti in contesti ritenuti vicini alla cosca lombarda, vanno dal traffico di sostanze stupefacenti alla creazione di società ‘cartiere’ inesistenti, all’emissione di false fatture e polizze fideiussorie, allo sfruttamento di crediti d’imposta indebiti.
Il traffico di droga
Per la droga, una delle basi logistiche era a Paderno Dugnano (Milano). Nel corso della lunga indagine “è stato possibile arrestare in flagranza un ‘corriere’ e sottoporre a sequestro 5 kilogrammi di eroina, inizialmente destinata al mercato calabrese. Sono state documentate innumerevoli compravendite di stupefacente, per un totale di 50 kg di eroina, 150 kg marijuana e circa 50 kg di hashish, provenienti anche dalla Spagna, dall’Austria e dall’Albania ed è stata verificata l’apertura di un canale di vendita di cocaina proveniente dal Perù e dal Brasile e destinata ai membri di una nota famiglia di ‘ndrangheta”.
Le frodi su fondi Covid ed Ecobonus
Secondo le indagini, il gruppo ha compiuto frodi commerciali, fiscali e finanziarie ai danni dello Stato anche tramite finanziamenti europei. Tra queste anche “l’organizzazione di truffe aggravate ai danni dello Stato, dirette al conseguimento di finanziamenti ed erogazioni previste dalle norme Covid 19. Le indagini hanno, da un lato, accertato l’effettiva percezione di tali somme, dall’altro evitato, tramite la tempestiva attivazione delle competenti autorità, l’indebita erogazione di somme e di benefici economici (nella forma del finanziamento garantito e del credito d’imposta) per circa 2 milioni di euro, per i quali era già stata depositata la prevista documentazione”. L’organizzazione avrebbe anche reinvestito il provento dei reati nella creazione di “nuove società commerciali che avrebbero operato in settori quali quello edile, anche sfruttando i benefici dell’Ecobonus, oppure nel settore della raccolta e del riciclaggio dei rifiuti, del commercio di carburante e della grande distribuzione”.
Ndrangheta, 18 arresti per frodi sul Covid e droga
Arresti e perquisizioni in Lombardia, per un’operazione antimafia che riguarda droga e frodi su rimborsi covid ed ecobonus.
Sul campo Carabinieri, Penitenziaria e Gdf coordinati dalla Dda, direzione distrettuale antimafia di Milano. In esecuzione misure cautelari nei confronti di 18 persone. Tra i reati, a vario titolo, associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, estorsione e numerosi reati economico – finanziari (tra cui anche frodi ai contributi Covid e all’Ecobonus) i cui proventi erano destinati ad agevolare le attività della ‘ndrangheta ed in particolare della cosca Morabito-Palamara-Bruzzaniti.
C’è anche il medico Giovanni Morabito, figlio dello storico boss di ‘Ndrangheta Giuseppe,tra gli arrestati. Secondo le accuse, i vari filoni delle attività illecite erano entrambi diretti dal medico, collaboratore di alcune Rsa milanesi, già condannato in via definitiva per traffico di sostanze stupefacenti e figlio dello storico capo della cosca (non indagato), detenuto in regime di 41 bis nel carcere di Opera (Milano) per associazione mafiosa.
Le perquisizioni sono tuttora in corso nelle provincie di Milano, Monza Brianza, Pavia, Varese, Novara, Alessandria, Messina e Foggia – si legge in una nota della Dia – che riguardano abitazioni ed aziende risultate nella disponibilità dei soggetti coinvolti, anche con il supporto di unità cinofile anti-valuta della Guardia di Finanza.
Sette delle diciotto persone citate nell’ordinanza si trovano in carcere, quattro agli arresti domiciliari, tre hanno obbligo di dimora e quattro l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.
I reati ipotizzati, tutti avvenuti in contesti ritenuti vicini alla cosca lombarda, vanno dal traffico di sostanze stupefacenti alla creazione di società ‘cartiere’ inesistenti, all’emissione di false fatture e polizze fideiussorie, allo sfruttamento di crediti d’imposta indebiti. Per la droga, una delle basi logistiche era a Paderno Dugnano (Milano). Nel corso dell’operazione è stato arrestato in flagranza un ‘corriere’ e sequestrati 5 chili di eroina, inizialmente destinati al mercato calabrese.
Documentate anche innumerevoli compravendite di stupefacenti, per un totale di 50 chili di eroina, 150 chili di marijuana e circa 50 chili di hashish, provenienti anche da Spagna, Austria e Albania. Verificata infine l’apertura di un canale di vendita di cocaina proveniente dal Perù e dal Brasile e destinata alle cosche. RAI NEWS
‘Ndrangheta, fra gli arrestati della Dia c’è anche il figlio del boss Morabito “u Tiradrittu”
Per il gip milanese il 59enne “sovrintende ed avalla l’organizzazione di tutte le attività illecite e le strategie imprenditoriali del sodalizio mafioso”
C’è anche Giovanni Morabito, medico di 59 anni, tra i destinatari dell’ordinanza di custodia cautelare emessa dalla Dda di Milano nei confronti di 18 persone indagate, a vario titolo, per associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, all’estorsione ed al compimento di numerosi reati economico – finanziari, i cui proventi erano destinati ad agevolare le attività della cosca Morabito – Palamara – Bruzzaniti.Si tratta del figlio di Giuseppe Morabito, detto U’ Tiradrittu, storico esponente della ‘ndrangheta, che dall’indagine dei pm Sara Ombra e Paola Biondolillo – come scrive l’Adnkronos – risulta intrattenere “rapporti costanti, sia telefonicamente sia attraverso incontri di persona” con le famiglie delle cosche di Africo. L’uomo è stato arrestato all’alba nel suo appartamento a Milano
Nell’ordinanza del gip di Milano Domenico Santoro, il 59enne viene indicato, nel capo d’accusa, come colui che “sovrintende ed avalla l’organizzazione di tutte le attività illecite e le strategie imprenditoriali del sodalizio mafioso” occupandosi in prima persona di interessi illeciti “nel settore dei carburanti, dell’intermediazione e gestione dei rifiuti, sia in Lombardia che in Calabria”, di appalti pubblici – intrattenendo rapporti stretti con un funzionario ministeriale ai trasporti (non indagato) -, oltre che “sovraintendere le riunioni con appartenenti ad altre famiglie di ‘ndrangheta o ad altre organizzazioni criminali”. PALERMO TODY 24.10.2023
‘Ndrangheta, latitante arrestato in Val di Susa
E’ stato arrestato a Gravere, in provincia di Torino, il latitante calabrese Luca Mazzaferro, di 46 anni. Mazzaferro deve scontare una pena di 8 anni, 9 mesi e 9 giorni di carcere perché condannato nel processo “Circolo Formato” nato da un’inchiesta della squadra mobile di Reggio Calabria che aveva consentito di disarticolare la cosca omonima di Marina di Gioiosa Ionica..
Irreperibile da settembre scorso, Mazzaferro si nascondeva nel centro della Val di Susa dove ieri mattina è stato localizzato dalla polizia. Grazie alle intercettazioni, il latitante, figlio di Ernesto Mazzaferro, è stato catturato a conclusione di un’attività investigativa coordinata dalla Procura generale diretta da Gerardo Dominijanni e condotta dagli investigatori delle squadre mobili di Reggio Calabria e Torino e della Sezione investigativa del Commissariato di Siderno, con il coordinamento dello Sco.
Al momento dell’arresto, il quarantaseienne era in possesso di documenti falsi, una patente e una carta di identità albanesi). Era ricercato da settembre quando la Cassazione ha reso definitiva la condanna del latitante per i reati di associazione mafiosa, truffa, ricettazione ed altro. Dopo i primi giorni di ricerche nella zona di Marina di Gioiosa Ionica, le indagini avviate su input della Procura generale si sono spostate in Piemonte dove Mazzaferro da tempo aveva stretto solidi legami. La polizia ha prima individuato il Comune dove Mazzaferro si era recato nel momento in cui ha deciso di allontanarsi dalla Locride e, successivamente, l’esatto immobile dove si nascondeva. Il blitz che ha portato alla sua cattura è scattato ieri mattina quando gli uomini del capo della mobile, Alfonso Iadevaia, hanno avuto la certezza della presenza del latitante all’interno dello stabile, ospite di un soggetto anche lui di origine calabrese. Soggetto che è stato denunciato per procurata inosservanza di pena.