Lucia Borsellino in commissione Antimafia: “Ci hanno spacciato una bugia per verità”. E conferma le accuse a Giammanco

 

 
 

«Ci è stata data una menzogna come verità e dopo 31 anni non possiamo vederci negato il diritto di porre domande né accetteremo verità che non siano sostenute da rigore e ricostruzioni che non hanno riscontri» tuona Lucia Borsellino nel corso dell’audizione in Commissione parlamentare di inchiesta sulle mafie.
La figlia maggiore di
Paolo Borsellino parla anche «a nome di Fiammetta e Manfredi(gli altri due figli del magistrato ucciso in via D’Amelio, ndr)», sottolineando come ci sia stato e ci sia ancora «un buio istituzionale che avvolge la sottrazione dell’agenda rossa, di cui hanno pesantemente risentito le indagini: sarebbe stata una fonte inoppugnabile di informazioni.
Non ci è dato sapere come mai non fu fatto l’esame del Dna sulla borsa di nostro padre, integra sebbene bruciacchiata».

 

La figlia del giudice davanti alla presidente Chiara Colosimo mette in fila tutti i buchi neri, le presunte omissioni, le mancanze nelle indagini delle procure siciliane dove non sono state rispettate le più elementari regole investigative.
«Solo dopo vent’anni sono stati fatti prelievi salivari, ma dopo 20 anni sono esami inutili e non abbiamo ricevuto neanche l’esito».
Ci sono stati «silenzi che non hanno aiutato apparati investigativi a risalire alla verità e ai mandanti ancora occulti e corresponsabili morali della strage di via D’Amelio».
Lucia Borsellino ha puntato l’indice contro «l’assoluto mancato coordinamento tra le procure di Palermo e di Caltanissetta, come nella vicenda Scarantino; la mancata citazione del procuratore Pietro Giammanco come persona informata sui fatti; la sottrazione del traffico telefonico di mio padre, che ci avrebbe consentito di risalire alla rete di contatti degli ultimi giorni e di comprendere le ultime confidenze a mia madre e arrivare a responsabilità istituzioni di omissioni».

Come nell’audizione del legale della famiglia Fabio Trizzino (che è anche marito di Lucia Borsellino, ndr), nel mirino finisce l’allora procuratore di Palermo Pietro Giammanco.
Trizzino nella seduta della commissione del 2 ottobre aveva detto che «Paolo Borsellino era convinto che il procuratore Giammanco fosse un infedele voleva farlo arrestare.
Disse a Maria Falcone e Alfredo Morvillo di stare calmi perché stava scoprendo cose tremende e aveva detto al maresciallo Canale che voleva far arrestare Giammanco, e per questo incontra segretamente Mori e De Donno.
Una circostanza di cui è al corrente il senatore Scarpinato, allora magistrato della procura palermitana.
Borsellino viene a sapere di circostanze talmente gravi che lo hanno rafforzato nel convincimento che quel capo era un infedele».
Sul punto durante l’audizione di Lucia Borsellino, Scarpinato ha sottolineato come ci siano imprecisioni nella ricostruzione di Trizzino.
L’ex magistrato ora componente della commissione nazionale antimafia chiede se fosse a conoscenza delle azioni che lui stesso aveva messo in campo per isolare Giammanco.
«Le do atto che è stato lei a sollecitare la lettera con cui si chiedeva l’allontanamento del procuratore Pietro Giammanco dalla procura di Palermo.
Ne sono a conoscenza e gliene do atto.
Ma il problema è che non è mai stata richiesta una deposizione di Giammanco come persona informata sui fatti nelle stragi».
In avvio di seduta la commissione ha concluso l’audizione del legale dei Borsellino, Fabio Trizzino con le domande dello stesso Scarpinato che la presidente ad un certo punto ha interrotto rivolgendosi a Scarpinato: «Senatore, chiedo scusa, sono venti minuti che lei interviene, ma non siamo in un’aula di un tribunale e questo non è il contro esame di un testimone – ha detto Colosimo – Qui si fanno domande che servono per ricostruire la storia e non per legittimare o meno alcune posizioni. Le chiedo di stare nei tempi».

LA REPUBBLICA 6.10.2023