DEPISTAGGIO BORSELLINO / NINO DI MATTEO, L’INTOCCABILE

 

 

27 Dicembre 2020 Andrea Cinquegrani LA VOCE DELLE VOCI

Osa documentare il comportamento di una delle icone antimafia, il pm Nino Di Matteo, soprattutto per quanto riguarda l’inchiesta sulla strage di via D’Amelio, poi la gestione del pentito taroccato Vincenzo Scarantino e quindi la fase del più clamoroso depistaggio giudiziario mai visto in Italia. E viene crocefisso da Antimafia Duemila, il sito ormai diventato la cassa di risonanza di tutta la Kasta dei magistrati di casa nostra.
L’autore di cotanto scempio è uno dei pochi giornalisti di razza rimasti sul campo, Enrico Deaglio, fresco autore di “Patria 2010-2020”, edito da Feltrinelli.
Non c’è bisogno di raccontare chi sia Deaglio, storico reporter e scrittore di sinistra, quella vera, quella che fino a qualche decennio fa esisteva, ed era forza militante.
Ora viene accusato di lesa maestà, per aver osato ricostruire, in modo dettagliato e ‘storico’, la stagione delle false inchieste e dei depistaggi istituzionali.

DAGLI ALL’UNTORE DEAGLIO

Le frasi utilizzate da Antimafia Duemila si commentano da sole. Eccone alcune, fior tra fiori. Teniamo presente che l’articolo (sic) di cui parliamo è firmato dal direttore, Giorgio Bongiovanni” e che si intitola “Giornalismo sporco – Le false informazioni di Enrico Deaglio”. Un incipit che è già tutto un programma.
“Denigrazioni violenta, fango, bugie e falsità”. Non ha peli sulla lingua, il prode Bongiovanni, che così prosegue nella farneticante invettiva: “Un metodo che viene applicato per screditare quei magistrati che, più di altri, cercano ed hanno cercato le verità scomode ed indicibili su stragi e delitti eccellenti. Attacchi diretti spesso provenienti da ambienti giornalistici e politici e, alle volte, persino dalla magistratura.
Accadeva ieri, ai tempi di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Accade oggi, in particolare, nei confronti del magistrato Nino De Matteo, oggi consigliere togato indipendente al Csm, ma nel recente passato in primissima linea nella ricerca dei mandanti esterni delle stragi, come sostituto procuratore a Caltanissetta, Palermo e alla Procura nazionale antimafia”.
Una sola considerazione.
È una totale bestemmia paragonare le figure di Falcone e Borsellino a quella di Di Matteo. Un oltraggio. Significa calpestare letteralmente e scientemente la memoria dei due eroi trucidati a Capaci e via D’Amelio.
Continua l’autore delle bestemmie: “I protagonisti di questa campagna mediatica di delegittimazione sono sempre gli stessi e ciclicamente tornano a sputare i propri veleni. Dopo gli attacchi del 2012 e del 2014 è il giornalista Enrico Deaglio a prestarsi al gioco sporco. Lo fa nel suo ultimo libro, ‘Patria 2010-2020’, in cui analizza una serie di vicende inerenti il primo decennio del Ventunesimo secolo “.
Prosegue la farneticante analisi firmata Bongiovanni: “Nel calderone di fatti e misfatti, tutt’altro che in buona fede, offre (Deaglio, ndr) ai lettori e al pubblico italiano una serie di informazioni incomplete e mendaci sul lavoro del magistrato (Di Matteo, ndr). Basta leggere alcuni passaggi del libro per comprendere i deliri delle contestazioni. Il consigliere del Csm viene accusato da Deaglio non solo di essere ‘coinvolto’, ma anche di ‘aver gestito il più grande depistaggio mai avvenuto sul delitto Borsellino’”.
Deaglio, quindi, viene accusato di aver semplicemente raccontato un fatto storico: quel depistaggio che è ormai sotto gli occhi di tutti e accertato dalla stessa magistratura. Ma c’è chi non vede, come Buongiovanni: anzi non vuol vedere quella realtà (documentale) che è alla portata (e sotto gli occhi) di tutti.

TRE GIGLI IMMACOLATI

Non è certo finita, la farneticazione continua: “E’ un fatto noto che lo stesso Di Matteo non ha ricevuto alcun avviso di garanzia dalla procura di Messina, impegnata nelle indagini sul depistaggio contro i magistrati che al tempo indagarono sulla strage di via D’Amelio. Quella stessa Procura che ha chiesto l’archiviazione nei confronti dei magistrati Anna Palma e Carmelo Petralia, accusati di calunnia aggravata, in quanto ‘le indagini non hanno consentito di individuare alcuna condotta posta in essere né dai magistrati indagati, né da altre figure appartenenti alla magistratura che abbiano posto in essere reali e consapevoli condotte volte ad inquinare le dichiarazioni, certamente false, rese da Vincenzo Scarantino’. Una richiesta di archiviazione, su cui dovrà decidere il Gip dopo l’opposizione delle parti civili e della famiglia Borsellino, che mette in evidenza quelle vicende ricostruite nel corso del processo per il depistaggio in corso a Caltanissetta, contro i funzionari di polizia Bo, Mattei e Ribaudo”.
Lasciamo ancora spazio ai pensieri in libertà firmati Bongiovanni.
Scrive il Vate: Lo abbiamo già detto in altre occasioni: è ovvio che i tasselli sulla strage di via D’Amelio vanno messi al loro giusto posto, ma il depistaggio non rappresenta altro che un pezzo del puzzle che riempie i buchi neri sulle indagini ma non può rappresentare la chiave di risoluzione per capire o comprendere le verità nascoste nella loro interezza.
In questo puzzle Nino Di Matteo non ha nulla a che fare con la vestizione del ‘pupo’ Vincenzo Scarantino. E’ un fatto noto che si occupò solo marginalmente delle indagini poi scaturite nel ‘Borsellino bis’, dove entrò a dibattimento già avviato”.

I DISTINGUO DEL VATE

“Per questo motivo – argomenta il neo profeta dei processi Borsellino – è più che mai necessario effettuare dei distinguo sull’operato vari magistrati e giudici che si sono occupati della strage di via D’Amelio. E se le parole hanno un peso, affermare che un magistrato ha avuto un ruolo del depistaggio significa dire che lo stesso ha collaborato con quei mandanti esterni che hanno voluto la morte di Paolo Borsellino. Tra questi non vi è certamente il pm Di Matteo, che in più occasioni ha chiarito con fatti e carte alla mano come fu valutata la vicenda Scarantino”.
Con ogni probabilità il solerte Bongiovanni non ha letto la penosa verbalizzazione resa dal suo idolo Di Matteo in occasione del processo di Messina che vede alla sbarra i tre poliziotti accusati di aver vestito e addobbato il ‘pupazzo’ Scarantino.
Così come non avrà letto l’altra testimonianza resa del pm Anna Maria Palma che per primo – insieme a Carmelo Petralia – ha ‘gestito’ quel pentito taroccato. E quella, altrettanto penosa, dello stesso Petralia.
Un vero tris d’assi. E a poco vale sostenere che Di Matteo è entrato in scena solo in un secondo momento, alcuni mesi dopo: non ha forse poi condiviso con i due colleghi tutto il seguito processuale?
E poi. Non ha mai letto, il sempre solerte Bongiovanni, una delle tante parole di fuoco pronunciate dalla figlia di Paolo, Fiammetta Borsellino, durissime contro i tre magistrati, allo stesso modo, senza operare alcun distinguo rispetto a quell’icona antimafia che risponde al nome di Nino Di Matteo?
Potete leggere tre inchieste della Voce dedicate ai pm cliccando sui link in basso. Per ricostruire la verità storica di quello scientifico depistaggio che non è solo parte di un puzzle, ma ne rappresenta una parte fondamentale. Perché si tratta – ricordiamolo bene – di un Depistaggio di Stato.