Nelle ore successive alla Strage di Via D’Amelio venne eseguita un’ispezione a casa del dottor Borsellino. L’episodio è trattato in un capitolo del libro “OLTRE LA TRATTATIVA” di Vincenzo Zurlo che riprende quanto contenuto in una sentenza che in calce si linka:
“Un dato emerso nel corso di un altro processo, quello a carico del generale Mario Mori e del colonnello Mauro Obinu per il mancato arresto di Bernardo Provenzano.
Nel corso del dibattimento, conclusosi con un’assoluzione dei due imputati (poi confermata in secondo grado), il colonnello Sinico ed il colonnello Ierfone vengono ascoltati come testi e riferiscono dei rapporti di Paolo Borsellino e della sua famiglia con il Ros dei carabinieri.
In particolare si soffermano sull’ispezione fatta a casa del giudice nel giorno della sua morte.
Per l’occasione viene delegato il procuratore Aliquò che si avvale della Polizia di Stato.
La vedova Borsellino, Agnese Piraino, però blocca le operazioni perché “pretende” la contestuale presenza del Ros. Quello stesso Ros che, invece, non godeva della fiducia del procuratore capo Giammanco di cui Aliquò era un fedelissimo.
Non solo, la vedova dell’eroe di via d’Amelio esorterà il dottor Cardella, applicato a Caltanissetta nel pool Falcone e Borsellino, di avvalersi della squadra speciale del Ros per le indagini.
Per dirla con le parole di Sinico, fermate agli atti del processo, Borsellino «evidentemente aveva anche trasmesso ai suoi familiari» la fiducia nel Ros che egli stesso nutriva.
Una fiducia incondizionata. Che spinge Agnese Borsellino a suggerire al magistrato Cardella di appoggiarsi al Ros per indagare sulla strage di via D’Amelio.
La circostanza la spiega bene il colonnello Felice Ierfone (*) nell’udienza del 24 febbraio 2012: «Ricordo che conobbi il dottor Cardella per la prima volta, io non lo conoscevo, perché il Dottor Cardella venne una sera in ufficio da noi a Palermo, dopo avere sentito la signora Agnese Borsellino.
Ci fece vedere il verbale, l’aveva scritto a mano se non ricordo male questo verbale, ci disse che era stato dalla signora Borsellino e che voleva da noi collaborazione perché la signora Borsellino gli aveva detto che il marito, il Procuratore Borsellino si fidava degli ufficiali del raggruppamento operativo speciale. E quindi ci chiese di aiutarlo nelle indagini e noi ovviamente gli abbiamo dato massima disponibilità in questo senso fummo… Dopo ovviamente sviluppammo delle attività che ci vennero conferite dalla Dda di Caltanissetta che riguardavano diciamo la famosa pista dei mandanti esterni alle stragi di via D’Amelio e di Capaci”».
Nel corso del dibattimento, conclusosi con un’assoluzione dei due imputati (poi confermata in secondo grado), il colonnello Sinico ed il colonnello Ierfone vengono ascoltati come testi e riferiscono dei rapporti di Paolo Borsellino e della sua famiglia con il Ros dei carabinieri.
In particolare si soffermano sull’ispezione fatta a casa del giudice nel giorno della sua morte.
Per l’occasione viene delegato il procuratore Aliquò che si avvale della Polizia di Stato.
La vedova Borsellino, Agnese Piraino, però blocca le operazioni perché “pretende” la contestuale presenza del Ros. Quello stesso Ros che, invece, non godeva della fiducia del procuratore capo Giammanco di cui Aliquò era un fedelissimo.
Non solo, la vedova dell’eroe di via d’Amelio esorterà il dottor Cardella, applicato a Caltanissetta nel pool Falcone e Borsellino, di avvalersi della squadra speciale del Ros per le indagini.
Per dirla con le parole di Sinico, fermate agli atti del processo, Borsellino «evidentemente aveva anche trasmesso ai suoi familiari» la fiducia nel Ros che egli stesso nutriva.
Una fiducia incondizionata. Che spinge Agnese Borsellino a suggerire al magistrato Cardella di appoggiarsi al Ros per indagare sulla strage di via D’Amelio.
La circostanza la spiega bene il colonnello Felice Ierfone (*) nell’udienza del 24 febbraio 2012: «Ricordo che conobbi il dottor Cardella per la prima volta, io non lo conoscevo, perché il Dottor Cardella venne una sera in ufficio da noi a Palermo, dopo avere sentito la signora Agnese Borsellino.
Ci fece vedere il verbale, l’aveva scritto a mano se non ricordo male questo verbale, ci disse che era stato dalla signora Borsellino e che voleva da noi collaborazione perché la signora Borsellino gli aveva detto che il marito, il Procuratore Borsellino si fidava degli ufficiali del raggruppamento operativo speciale. E quindi ci chiese di aiutarlo nelle indagini e noi ovviamente gli abbiamo dato massima disponibilità in questo senso fummo… Dopo ovviamente sviluppammo delle attività che ci vennero conferite dalla Dda di Caltanissetta che riguardavano diciamo la famosa pista dei mandanti esterni alle stragi di via D’Amelio e di Capaci”».
Circostanza questa mai smentita dal procuratore Cardella. Logicamente il dr Cardella venne sentito al processo Mori Obinu.
Indipendente da come la si possa pensare, indipendente dalle opinioni personali, ci sono dati incontrovertibili. A meno che non si pensi che i vari testi si possano essere messi d’ accordo, il che è , praticamente, impossibile o farebbe parte delle convinzioni complottiste.
Da pag 165 del seguente link
Felice Ierfone (*)
Oltre la trattativa. Le verità nascoste sulla morte di Paolo Borsellino tra depistaggi e bugie di
Un viaggio attraverso venticinque anni d’inchieste, processi, clamorosi colpi di scena e mistificazioni giudiziarie dopo la stagione delle stragi. Un viaggio che si legge come un romanzo ma che ha l’accuratezza e la precisione di un reportage giornalistico per scandagliare le piste alternative alla (assai) presunta trattativa che sono state troppo presto abbandonate dagli investigatori. Perché fu ucciso Paolo Borsellino? Che cosa c’entra l’esplosiva indagine su mafia e appalti su cui stavano lavorando in gran segreto prima Giovanni Falcone e poi il giudice ammazzato in via D’Amelio, e che fu poi insabbiata? Questa è la storia degli eroi che volevano arrestare i sanguinari boss corleonesi Riina e Provenzano durante le pagine più buie della nostra Repubblica.)