18 Maggio 2013 LA STAMPA
L’hanno cercata inutilmente per anni, hanno visionato centinaia di foto e di video, hanno ascoltato decine e decine di testimoni, hanno inquisito un ufficiale dei carabinieri, poi prosciolto, sospettato di essersene impossessato. E anche oggi, a distanza di oltre vent’anni, l’agenda rossa di Paolo Borsellino – il diario in cui il giudice era solito annotare spunti investigativi, riflessioni e appunti scomparso subito dopo la strage di via D’Amelio – continua ad essere al centro di misteri e polemiche.L’ultima «novità» riguarda un filmato girato sul luogo dell’agguato dai vigili del fuoco, di cui finora nessuno si sarebbe accorto.
In un frame si vede infatti un quaderno di colore rosso che potrebbe assomigliare all’agenda da cui Borsellino non si separava mai. «Se fosse vero, sarebbe pazzesco» commenta in mattinata il procuratore di Caltanissetta Sergio Lari, dopo avere visto il fermo immagine pubblicato dal quotidiano La Repubblica. Il titolare dell’ufficio che coordina le inchieste sulla strage di via D’Amelio cerca tuttavia di smorzare i facili entusiasmi sollevando alcuni dubbi. Una cautela confermata dagli accertamenti svolti nel giro di poche ore: «Il fotogramma – spiega Lari in una nota diffusa nel pomeriggio – è stato depositato nel processo “Borsellino Bis”, e nel procedimento “Agenda Rossa”, a carico dell’allora capitano dei carabinieri Giovanni Arcangioli. L’oggetto somigliante ad una agenda è in realtà di minore spessore rispetto all’agenda rossa del dott. Borsellino». Poi una precisazione: «l’oggetto non si trova – come si afferma nell’articolo del quotidiano – accanto al corpo di Borsellino, bensì accanto alla salma dell’ agente di scorta Emanuela Loi».
Per il magistrato, «vi sono pertanto molte ragioni per prendere quantomeno con il beneficio di inventario la notizia» anche se la Procura di Caltanissetta la «verificherà approfonditamente per scongiurare che il mistero della scomparsa dell’agenda rossa si infittisca ulteriormente a discapito dell’ accertamento della verità’.
Anche i figli di Paolo Borsellino, «fermo restando il dato processualmente acquisito sull’agenda rossa trafugata in via D’Amelio», evitano polemiche e si «affidano al lavoro e all’impegno che stanno profondendo gli organi inquirenti». Ma cosa contiene il video girato dai vigili del fuoco e agli atti di due processi? Nel filmato, visionato anche dell’ANSA, appare la presunta agenda rossa per terra – apparentemente intatta – accanto al cadavere carbonizzato di una vittima che non è Borsellino. In un’altra sequenza, più nitida, un uomo di cui si vedono solo la scarpa scura e il pantalone chiaro scansa più volte con il piede un cartone che si trova accanto al quaderno, forse nell’intento di coprirlo.
Tra i primi a commentare questo “ritrovamento”, almeno visivo, è stato il presidente del Senato Pietro Grasso: «Come sapete – ha detto la seconda carica dello Stato – sono uno che tiene sempre ad accertare la verità. La verità e la giustizia. Quindi qualsiasi passo avanti si può fare, per me è un fatto positivo comunque». Il presidente del Senato si dice intanto disponibile ad essere ascoltato come teste nell’ambito dell’inchiesta Stato-mafia: «Dopo aver ascoltato tanta gente nella mia vita non posso che essere disponibile a mia volta ad essere ascoltato dai magistrati. Naturalmente valuterò le prerogative che mi dà il mio ruolo di farmi ascoltare nei palazzi del Senato, magari nella Sala della Costituzione: consultarla, ogni tanto, non fa male…»
L’agenda rossa di Borsellino, ritenuto un possibile elemento chiave per ricostruire il movente dell’attentato al magistrato, torna dunque ancora alla ribalta. Proprio martedì scorso, nell’ udienza del processo quater per la strage di via D’Amelio, era stato interrogato in aula il colonnello dei carabinieri Giovanni Arcangioli, immortalato mentre porta via dal luogo dell’ esplosione la borsa del giudice, poi ricomparsa nell’auto investita dal tritolo. L’ufficiale, allora in servizio al nucleo operativo di Palermo, era stato a lungo sospettato di essere il responsabile della scomparsa del diario prima di essere definitivamente prosciolto. «Vivo in un incubo da 8 anni. La mia vita e quella della mia famiglia è stata distrutta», si era sfogato il teste, rispondendo alle domande.