L’importanza del filone di indagini di mafia-appalti, ai fini della ricostruzione del movente delle stragi è, d’altronde, posta in rilievo nelle dichiarazioni del collaboratore Giovanni BRUSCA, riportate nella sentenza resa nel proc. pen. n. 27/99 della Corte di Assise di Caltanissetta44.
E’ opportuno riportare integralmente il brano della motivazione della sentenza cennata45, che dà conto sia del fatto che le indagini sugli appalti, avviate da Giovanni FALCONE e che successivamente dovevano essere proseguite da BORSELLINO, in sostanza, puntavano a svelare gli scenari e i soggetti del c.d. “Terzo Livello”, anche attraverso un progetto di infiltrazione mediante la società “REALE Costruzioni” e i contatti fra i Carabinieri del ROS e Vito CIANCIMINO, sia del fatto che tale movente lega, in buona sostanza, le due stragi del 1992.
“”””Il BRUSCA, confermando le circostanze indicate dal SIINO e di cui si è già detto nella Parte prima con riferimento alla presentazione di quest’ultimo collaborante, ha dichiarato quanto segue:
“ Salvatore Riina sponsorizzava l’impresa Reale, “Fai finta che e’ la mia”, era l’anello di congiunzione che doveva andare a fare …con i politici.
Cioe’, dovevamo… scalzare il Filippo Salamone, imprenditore di Agrigento, che era in quel momento il politico piu’… cioe’, l’imprenditore piu’ attaccato ai politici, che gestiva tutta la Sicilia, quindi si doveva andare a scalzare questo… questo… questo gruppo imprenditoriale per farci entrare l’impresa Reale, che era un’impresa morta, che tutto in una volta spunta. E io inizialmente non capivo perche’ Salvatore Riina, perche’ Salvatore Riina non (c’e’ andato)… non gli e’ interessato mai l’appalto, non si e’ interessato mai di appalti, ma la sponsorizzava come se fosse sua. Pero’ poi, da ragionamenti miei con Pino Lipari, questa doveva funzionare da collettore con i politici e siamo nel ’91 – fine ’91, a questo periodo.
L’impresa Reale e’ rappresentata da Benni D’Agostino, Reale e… (da) Agostino Catalano. Vedete chi e’ Agostino Catalano e tirate le somme, pero’ queste sono mie…
P.M. dott. DI MATTEO: – Intanto ci riferisca bene il fatto, signor Brusca.
BRUSCA GIOVANNI: – E allora…
P.M. dott. DI MATTEO: – Cos’e’ quest’impresa Reale, quando nasce, in che cosa si manifesta l’interessamento di Riina e chi c’e’ dietro questa impresa?
BRUSCA GIOVANNI: – E allora, noi decidiamo il famoso tavolo rotondo dove si devono spartire i lavori della Sicilia.
44 V. la nota n. 5.
45 Particolarmente alle pagg. 65 e segg. della sentenza.

In quell’occasione si deve scalzare l'”Impresem” e ci deve andare persona pulita.
A un dato punto noi decidiamo che dovevamo fare una tangente alla tangente per i politici, il famoso 080.
Questo ne parliamo in commissione, pero’ senza spiegare qual era il motivo di portare l’impresa avanti, per potere elargire alla cassa generale e per la prima volta si era fatta la cassa generale di “Cosa Nostra”, pero’ questo progetto non e’ andato avanti.
Salvatore Riina mi dice: “Fai finta che questa impresa e’ mia” e questa impresa, che era un’impresa fallita, tutta in una volta spunta di botto e comincia a lavorare. Cioe’, comincia a lavorare, comincia a fare associazione, comincia… tranquillamente senza nessun tipo di problema.
Cioe’, doveva servire l’impresa da collettore con i politici. Stop.
Poi ci sono stati problemi con Angelo… problemi relativo, Angelo Siino, che Angelo Siino fino a quel momento era l’anello di congiunzione fra imprenditori come Salamone e cose varie, lo abbiamo scalzato, con il mio consenso, perche’ Angelo Siino… e’ nominato “il ministro” ma non e’ nessuno perche’ prendeva solo ordini da me, come ha… mi ha confermato al confronto, lui non faceva altro quello che gli dicevo io, a un dato punto, quando Angelo Siino viene scalzato da questi rapporti, lui si sente tirato e viene a sfogare da me. Io, siccome non gli ho mai parlato di “Cosa Nostra”, non gli ho parlato quali erano i nostri progetti a posteriori… cioe’ posteriori, gli dico: “Angelo, fatti i fatti tuoi, vai avanti”, perche’ lui si era un po’ adirato, si era un po’ sentito scalzare perche’ lui si doveva interessare di lavori (sino a cinq)… sino a 5 miliardi, di piu’ non si doveva interessare, perche’ si doveva interessare poi l’ingegnere Bini che rappre… rappresentava il Buscemi, da parte di… di Pino Lipari, che significa Salvatore Riina, c’era Benni D’Agostino, e Angelo Siino scalpitava perche’ non era in mezzo a tutte queste… queste decisioni. E siccome io, conoscendo Angelo Siino che era un po’ vanitoso, un po’, cosi’… esuberante e rischiando di fare brutta figura, io d’accordo di eliminarlo, cioe’ da questo… da questa spartizione, ci dico: “Quando – e gli dicevo – quando tu hai bisogno non ti preoccupare che ci… ti aiuto io”. Lui si interessava di questi lavoretti cosi’, piccoli, marginali, faceva da colluttore… cioe’, da collettore tra “Cosa Nostra” e imprenditori, cioe’ per la tangente, non per la… quelli politici, ma per la tangente, cioe’ per la messa a posto. Pero’, a un certo livello, Angelo Siino veniva scalzato. Gli avevo fatto prendere una soddisfazione quando gesti’ i primi quattro lavori della “Sirap” e poi gli altri li doveva mettere a disposizione del tavolino, che poi… che era, la “Sirap” era una cosa che avevo in… no inventato, cioe’ che ero venuto a conoscenza e lo… la portai avanti io. Dopodiche’ Angelo Siino si doveva mettere di lato, si doveva interessare solo di un certo tipo di lavoro. Quando Angelo Siino viene arrestato, io… prima di fare questo, cioe’ sempre avendo in mente ad Angelo Siino, se io davo ascolto ad Angelo Siino, io dovevo fare una guerra al giorno. Lui aveva contrasti con Nino Buscemi, aveva contrasti con tutti e allora io cercavo di… di ridimensionarlo sempre come meglio potevo. Quando poi… poi fu lui fu arrestato e siccome per motivi di appalti e problemi c’erano sempre discussioni, ho preferito cominciare a non interessarmi piu’, non volevo piu’ sapere degli appalti e cominciai a mollare… a mollare tutto. Poi e’ successo che nel frattempo arriva la sentenza della Cassazione, nel frattempo ci sono stati gli eventi: l’omicidio Lima, tutto quello che e’ successo, di questo fatto io non ne so piu’ niente, cioe’ non seguo piu’ questo passo perche’ non mi interessa piu’, non ne voglio sapere piu’ niente. Tanto e’ vero che io mi comincio a scaricare di tutto, perche’ dopo l’arresto di Angelo Siino la tangente dell'”Impresem” la continuo a prendere io tramite Carmelo Milioto; poi Carmelo Milioto lo faccio spostare pure, che era un amico mio e di Angelo Siino e lo faccio mettere a contatto con Antonino Di Caro direttamente e quindi mi comincio ad alleggerire di questa posizione. E che poi, nel ’92, quando succede l’omicidio del dottor… la strage del dottore Falcone prima, perche’ quelli che avevano interessi (?), a quella di Borsellino poi, per me il quadro ce l’ho chiaro. Cioe’, l’impresa Reale a mio avviso era l’impresa infiltrata, fra virgolette, che doveva funzionare… cioe’, dovevano andare a prendere il posto di Siino, per quello che dice il capitano De Donno in quest’aula. Per me il quadro e’ questo, poi fate voi, io non… queste sono mie solo deduzioni, per carita’ di Dio.

P.M. dott. DI MATTEO: – Senta, signor Brusca, su questo argomento io vorrei fare un poco d’ordine con alcune domande. La prego di seguire le mie domande intanto, perche’ altrimenti rischiamo di non capire bene alcune cose.
BRUSCA GIOVANNI: – No, per carita’.
P.M. dott. DI MATTEO: – Allora, innanzitutto, seppure sinteticamente, lei ci dovrebbe dire, per quella che e’ la sua conoscenza, intanto ancor prima dell’arresto di Angelo Siino, in che modo, se si interessava, “Cosa Nostra” si interessava della gestione degli appalti e di quali appalti in Sicilia. Perche’ altrimenti noi rischiamo di dare per scontate molte cose che in realta’ in (quest’aula non)… BRUSCA GIOVANNI: – No, io sono andato in modo… (sono andato) molto sintetico, pero’ possiamo approfondirle come vogliamo.
Allora, Angelo Siino nasce prima con l’amministrazione…
P.M. dott. DI MATTEO: – Sa perche’ le faccio queste domande? Perche’ mi e’ sembrato di capire, mi corregga se sbaglio, che lei in qualche modo… siccome stavamo parlando della strage di via d’Amelio, che e’ oggetto di questo processo, lei ritiene che in qualche modo ci sia un collegamento con queste vicende legate agli appalti?
BRUSCA GIOVANNI: – Per me si’.
P.M. dott. DI MATTEO: – E allora e’ necessario approfondire, perche’ dobbiamo capire fino a che punto…
BRUSCA GIOVANNI: – E allora, l’impresa… cioe’, Angelo Siino nasce con i lavori dell’Amministrazione provinciale. I lavori dell’Amministrazione provinciale sono di 2, 3, 4 miliardi, 5 miliardi. Di lavori grossi ce ne sono uno – due, che sarebbe la San Mauro Castelverde e poi… un altro, non mi ricordo. C’era la San Cipirello, Corleone Partinico che poi si e’ arenata, questa strada non si e’ fatta piu’, pero’ nel frattempo i lavori di Angelo Siino cioe’… cresceva, il ruolo di Angelo Siino cresceva in “Cosa Nostra”. Pero’ cresceva sempre nell’ambito di lavori di 2, 3, 4, 5 miliardi. Cresceva nella provincia palermitana, cresceva nel trapanese, nel nisseno, perche’ tanti altri uomini d’onore avevano… erano venuti a conoscenza della… della persona di Angelo Siino che riusciva a fare aggiudicare queste imprese, cioe’ questi lavori a chi chiedeva la cortesia, quindi Angelo Siino si metteva in moto. Ad un dato punto c’e’ l’esigenza di fare pagare il pizzo, che questi non pagavano, all'”Impresem”, che era il gruppo imprenditoriale piu’ forte in Sicilia.
Per capire, i Rendo di una volta, i Costanzo di una volta, cioe’ quelli che prendevano… si spartivano tutto quello che spuntava in Sicilia, cioe’ i lavori di 30, 40, 50, 60, 70 miliardi, 80 miliardi, 100 miliardi e senza bisogno di andare a fare troppi discorsi o troppa… caciara, perche’ per un lavoro di 3 miliardi – 2 miliardi si dovevano girare 50 imprese, 100 imprese, 80 imprese, “Ritirati, ritirati, ritirati”, “Fammi la busta di appoggio”. Non so se sono stato chiaro. Invece a quei livelli bastavano 7, 8, 9, 10 imprese, 15 imprese di un certo livello, si mettevano d’accordo fra di loro, i contatti con i politici e… o perche’ venivano finanziati o perche’ gia’ erano finanziati ed era un potere non indifferente. E c’erano i poteri a livello regionale e nazionale, perche’ da qui si facevano i collegamenti con il potere regionale che nazionale.
P.M. dott. DI MATTEO: – Quindi, mi faccia capire, in questa fase “Cosa Nostra” interveniva anche per cercare di orientare la politica per gli appalti, per la indizione degli appalti?
BRUSCA GIOVANNI: – Stavo arrivando a questo.
P.M. dott. DI MATTEO: – E poi per l’aggiudicazione degli appalti?
BRUSCA GIOVANNI: – Perfetto. Allora, io, come lavori grossi, sono io che vengo a conoscenza del… dell’ente “Sirap” e che tramite l’onorevole Lima riesco a fare finanziare e... li porto a bordo, a che prima non ci credeva nessuno, a che tutti… tutti ci vengono l’acquolina in bocca, perche’ i lavori “Sirap” non sono lavori da 2, 3, 4 miliardi, ma bensi’ sono lavori da 30, 40, 50 e con la prospettiva di un grosso… un grosso business nel futuro.
Ma inizialmente sono quattro i lavori, poi ne vengono finanziati altri due, poi altri due, era una cosa a lungo andare. A un dato punto, quando questi lavori cominciano a spuntare, spunta l’interesse sia di “Cosa Nostra”, alcuni uomini, ma spunta anche l’interesse di Nicolo… cioe’ di Nicolosi, l’interesse di Salamone, che prima, quando ha visto finanziati questi lavori, ha cercato di ostacolarmi, cioe’ di ostacolarci, tramite l’onorevole Nicolosi, tant’e’ vero che io lo mandai a minacciare, una volta sola, no due volte per come qualcuno racconta, una sola volta. Quando io lo mandai a minacciare, dicendo che fino ad ora noi non l’abbiamo mai disturbato e questo e’ stato Giovanni Brusca, non e’ stato nessuno, lo mandai a minacciare dicendogli che fino ad ora nessuno lo aveva disturbato, che gentilmente mi lasci stare, che io non voglio essere disturbato. Con chi ci strumentalizzava? Ci strumentalizzava con i suoi uomini all’interno della Regione, uno che si chiama Pignatone, uno dei funzionari ed altri, per… ci contrastava l’iter burocratico.

Da quella minaccia in poi tutto si e’ risolto in maniera molto brillante, tutto ando’ a liscio… tutto ando’ liscio. Quando tutto ando’ liscio, l'”Impresem”… Filippo Salamone tramite Angelo Siino gli dice: “Guardi – dice – io non voglio i lavori ma li voglio gestire”, nel senso… anche per problemi di immagine, nel senso che diventava merce di scambio con altre imprese del Nord per i passaggi, per… cioe’, diventa un fatto importante, non indifferente. Allora io gli mando a dire: “Si’, io ti do questo, ma tu cosa mi dai?”, cioe’ io voglio entrare all’ASI, io voglio entrare all’Assemblea regionale, io voglio entrare a tu… in questi… in questi enti dove non c’ero mai potuto entrare.Di questo fatto ne informo sempre a Salvatore Riina e di questi fatti ne e’ a conoscenza anche Pino Lipari. Pino Lipari ne parlava con Salvatore Riina, a Pino Lipari aveva anche i sui… aveva anche lui gli imprenditori di un certo livello e che non riusciva a entrare nella… nella gestione. Con questo sistema siamo riusciti ad entrare nella gestione. Parlando con Pino Lipari abbiamo detto… con Pino Lipari e con Salvatore Riina, sempre in separata sede, di fare la famosa 080, di fare una tangente alla tangente politica… su tutti i lavori a questi livelli, no ai livelli dei 3, 4 miliardi, 5 miliardi.
Che so, li… dovevano pagare i politici, gli dovevano dare il 4%, gli dovevamo togliere lo 080… dovevano dare il 3% meno lo 080. Questo fatto… questo fatto fu portato avanti. Nel frattempo Angelo Siino era molto discusso, Angelo Siino era additato come mafioso, Angelo Siino era la persona… negativa e d’altronde non era… non era neanche tanto una bugia, era vero che Angelo Siino era additato, era controllato, era gia’ tramite… tramite i giornali veniva segnalato. Mi ricordo in una rivista che segnalavano li… lui e Farinella; c’e’ stato l’onorevole Violante che e’ venuto a San Giuseppe Jato e… non diceva Angelo Siino ma diceva benissimo: “I lavori vengono spartiti da questo paese” e si va a vedere la registrazione quando e’ venuto a San Giuseppe Jato. Quindi, da qui io dico Angelo Siino e’ sotto… sotto controllo. Ma sia per questo e per carattere suo e per problemi tra me e lui, senza che lui se ne accorgesse, io cercavo di scalzarlo, sia perche’ mi creava contrasti sempre con uomini d’onore, mi creava problemi con altri… con altri personaggi, d’accordo con Pino Lipari e con Salvatore Riina cerchiamo di (scansare) Angelo Siino e gli diciamo di non di uscire completamente ma di dargli quelle… sempre (al)l’Amministrazione provinciale e lavori di un certo tipo, tutto il resto li doveva lasciare a… all’ingegnere Bini, l’ingegnere Bini che sarebbe il… il Buscemi, Antonino Buscemi…
P.M. dott. DI MATTEO: – Scusi, se puo’ spiegare bene questo rapporto tra l’ingegnere Bini e Antonino Buscemi e ancor prima vorrei capire se questo Antonino Buscemi ha a che fare con quel Salvatore Buscemi…
BRUSCA GIOVANNI: – Fratello.
P.M. dott. DI MATTEO: – …capomandamento di cui ha parlato stamattina.
BRUSCA GIOVANNI: – Fratello. Fratello di Salvatore… fratello di Salvatore Buscemi. L’ingegnere Bini era il responsabile della “Calcestruzzi S.p.a.” gruppo Ferruzzi, Giovanni Bini, che doveva andare a prendere il posto di Angelo Siino che fino a quel momento aveva creato, che io avevo creato dietro le quinte. Angelo Siino viene messo di lato e lo prende Bini. Tant’e’ vero che io gli dico Angelo Siino doveva presentare a Filippo Salamone a Bini, (sono io). Angelo Siino se ne va in… in tilt, dico: “Statti calmo, stai tranquillo”. Tanto e’ vero che poi mi fa ascoltare a Giovanni Micciche’ che questo fatto lui non… cioe’, Filippo Salamone non lo avevano accettato e mi porta Giovanni Micciche’ nell’impresa della “Siciliana Molinari”. Io lo ascolto pero’ non gli do ne’ conto e ne’ ragione, perche’ io sapevo come andavano i fatti, non e’ che avevo bisogno di Angelo Siino, che non sapeva come andavano i fatti.

Richiesta di archiviazione “mandanti occulti bis” foglio n. 22 di 45
E poi spunta l’impresa Reale che mi sponsorizza… mi sponsorizza Salvatore Riina, nel senso: “Fai finta che e’ mia”, che assieme a Bini doveva andare a gestire quei lavori di un certo livello, cioe’ sarebbe Benni D’Agostino doveva diventare il titolare dell’impresa Reale, scalzare l'”Impresem” e doveva entrare l’impresa Reale. Non so se sono stato chiaro. E ci doveva fare da collettore con il mondo politico regionale e nazionale, oltre i lavori che ci dovevano servire a chi servivano.
P.M. dott. DI MATTEO: – Quando Riina le dice di questa impresa Reale?
BRUSCA GIOVANNI: – Eh… dunque, fine ’90, inizio ’91, meta’ ’91.
P.M. dott. DI MATTEO: – Prima o dopo l’arresto di Angelo Siino?
BRUSCA GIOVANNI: – Prima, tanto e’ vero che Angelo Siino con l’impresa Reale fanno pure un’associazione per il lavoro di Piana… di Piana degli Albanesi, un lavoro di… del… dell’ARS, l’ARS o e… non mi ricordo, comunque un lavoro che si aggiudica… sono quattro lavori di un certo livello e uno di questi era la conduttura d’acqua Piana degli Albanesi, nel mio territorio, cioe’ (Piana), mandamento di San Giuseppe Jato e c’e’ l’impresa Reale associata con Angelo Siino. Questo lavoro poi doveva andare… doveva… inizialmente era 7 miliardi, ma doveva crescere nel tempo. E siamo andati a vedere questi quattro lavori che mi sembra la l’ASI e… comunque, un ente… un ente… sono quattro lavori, si parla di… comunque, una cosa del genere. Si va a vedere qual e’ il lavoro appaltato… sono questi quattro lavori, si aggiudicano e si avanti.
Pero’, guarda caso, che Siino viene indagato, l’impresa Reale non viene indagata, l’impresa Reale viene indagata e arrestata perche’ ne parlo io, poi ne parlano gli altri e la Procura di Palermo fa il mandato di cattura e viene arrestata… il Benni D’Agostino e tutto il resto, ma solo per mafia e appalti.
P.M. dott. DI MATTEO: – E questo quando pero’?
BRUSCA GIOVANNI: – E… ’97, quando io comincio a collaborare.
P.M. dott. DI MATTEO: – Ma la… questa impresa Reale, se ce lo puo’ fare capire attraverso fatti in termini piu’ espliciti, in realta’ chi era, da chi era materialmente gestita? Al di la’ delle figure, diciamo, di facciata.
BRUSCA GIOVANNI: – Io… dottor Di Matteo, lei mi deve scusare, prima di andare oltre, io gli posso pure dire, pero’ voglio che prima lei faccia degli accertamenti e poi vede. Mi deve… non mi deve mettere in difficolta’ per tanti motivi.
P.M. dott. DI MATTEO: – Quindi, in questa sede, a questa domanda, per questa domanda si avvale della facolta’ di non rispondere?
BRUSCA GIOVANNI: – Non mi avvalgo della fac… aspetti, no perche’ non voglio rispondere, perche’ diventa cosi’ delicata che prima io di fare un’affermazione sarebbe giusto che fate delle indagini e poi vedete, se poi io vengo qua e… e ve la… ve la confermo. Io vi dico chi sono gli… le persone che rappresentano la Reale: Benni D’Agostino, la Reale e quello… la persona piu’ importante e’ Agostino Catalano.
P.M. dott. DI MATTEO: – Lei ha parlato poc’anzi, in riferimento a Buscemi Antonino…
BRUSCA GIOVANNI: – Si’.
P.M. dott. DI MATTEO: – … ha fatto anche un riferimento al gruppo Ferruzzi – Gardini.
BRUSCA GIOVANNI: – Si’.
P.M. dott. DI MATTEO: – Volevo capire qual e’ il collegamento tra Buscemi e questo gruppo Ferruzzi -Gardini o eventualmente, piu’ in generale, tra “Cosa Nostra” e questo gruppo.
BRUSCA GIOVANNI: – No, il gruppo in se’ per se’, per quelle che sono le mie conoscenze, e’ poco, ma e’ l’immagine, l’immagine pulita, e’ l’immagine che puo’ andare a trattare con ambienti politici non indifferente, ma no perche’ ha interessi “Cosa Nostra” nell’appalto. L’appalto poi se lo prende chi ha tipo le esigenze particolari, tipo l’avevo io, tipo Bernardo Provenzano, pero’ il vero punto cruciale e’ il contatto con il… la politica, cioe’ il mondo politico. Cioe’, e’ rappresentato da Bini, e rappresentava il gruppo Gardini, cioe’ il gruppo Ferruzzi. Cioe’, non e’ che era Angelo Siino il dita… cioe’, additato mafioso. Non so se sono stato chiaro, se… E’ tutta un’altra cosa diversa. Benni D’Agostino fino a quel momento non e’ che era additato il mafioso, era una persona pulita del… della Palermo bene, cioe’ dell’imprenditore bene. Quindi, sta… si stava creando l’anello di congiunzione con le persone pulite. E con Bini ci parlava Antonino Buscemi, ci parlava… e ci parlavamo noi, non e’ che c’ho parlato io mai de… anche se l’ho visto una volta, pero’ se c’era un bisogno, (dico): “Dobbiamo fare questo, abbiamo bisogno di questo, abbiamo bisogno di quest’altro”, il Bini era in condizioni di potere rappresentare il tutto.

P.M. dott. DI MATTEO: – E chi era il contatto tra “Cosa Nostra” diciamo militare e questo ingegnere Bini? Chi e’ che aveva i rapporti in “Cosa Nostra” con questo ingegnere Bini diretti? BRUSCA GIOVANNI: – Ma… Pino Lipari e Nino Buscemi. Bastano loro due per avere contatti con tutti, perche’ poi tutti andavano da Salvatore Riina e Salvatore Riina creava le condizioni per potere andare avanti.
P.M. dott. DI MATTEO: – Senta, signor Brusca, adesso, veda se mi vuole rispondere in questa sede pubblica, veda… Lei poc’anzi ha fatto un’affermazione prima di queste domande e di queste risposte: che lei deduceva una possibilita’ di collegamento tra l’omicidio del dottor Borsellino, la strage del dottor Borsellino e degli agenti della sua scorta e queste vicende relative alla gestione degli appalti.
BRUSCA GIOVANNI: – Non e’ che il dottor Borsellino, il dottor Falcone avevano interesse negli appalti, nella maniera piu’ categorica46, ma attraverso questo canale… noi di “Cosa Nostra” volevamo raggiungere questo canale, chi dall’altro lato, dottor Di Matteo, chi stava indagando prima, a cominciare da Taibbi, da Taibbi poi su Siino e su Siino si crea… si voleva creare il cosiddetto terzo livello o tutto il resto, l’impresa Reale doveva funzionare da questo… da questo… cioe’, chi stava pilotando dietro le quinte l’impresa Reale era per infiltrarsi nel… nel… in “Cosa Nostra” con questa impresa, dopo avere arrestato Siino.
PRESIDENTE: – Vuole essere piu’ chiaro su questo punto? Cerchi di dare ulteriori chiarimenti. BRUSCA GIOVANNI: – Signor Presidente, io… io non… no non vorrei andare oltre per… per… qua c’e’ stato il capitano De Donno che ha parlato di imprese infiltrate per il mondo degli appalti… contatti con il figlio di Ciancimino, per creare una struttura, per andarsi ad infiltrare e poi fare un’operazione a grande stile. Quindi, da parte dei… dei Carabinieri, De Donno, non so chi dietro di lui, se era su… solo lui, per me avevano costruito, d’accordo con Ciancimino, l’impresa infiltrata. Ora, che succedeva tra Ciancimino e De Donno questo lo sanno loro e Dio; se… se lo vogliono dire, non lo so. Pero’, cosa arrivava a Salvatore Riina? Cioe’, nelle richieste che arrivavano dall’altro lato cosa succedeva? Signor Presidente, io non voglio andare oltre perche’ non e’ competenza mia. Io Le dico solo quello che ho saputo, con le mie esternazioni, cosa hanno detto a Firenze e cosa hanno detto qua. Perche’ fino ad ora nessuno ha venuto di sua spontanea volonta’ a deporre sapendo questi fatti.
P.M. dott. DI MATTEO: – Signor Brusca, nel ’92, a me interessa questo, non quello che eventualmente lei ha potuto apprendere dalla conoscenza legittima di atti processuali dopo.
BRUSCA GIOVANNI: – No, no atti processuali, io l’ho… l’ho… l’ho ascoltato. Non e’…


P.M. dott. DI MATTEO:Nel ’92, a voi o comunque in “Cosa Nostra” risultava che in qualche modo il dottor Borsellino gestisse o volesse fare delle indagini in tema di mafia e appalti?
BRUSCA GIOVANNI: – Ma noi abbiamo saputo che il dottor Borsellino, dopo la morte del dottor Falcone, voleva vedere sia perche’ era stato ucciso e voleva continuare quello che il dottor Falcone stava facendo.
P.M. dott. DI MATTEO: – Quindi, questo, lei dice, lo apprendete e ci dira’ come eventualmente… BRUSCA GIOVANNI: – No, questo io lo apprendo…
P.M. dott. DI MATTEO: – … tra Capaci e via d’Amelio, tra…
BRUSCA intende dire che “cosa nostra” seguiva le inchieste giudiziarie condotte nel settore dei pubblici appalti, con particolare attenzione e disponeva inoltre di “talpe” per modulare i suoi interventi, a seconda delle necessità, ancor prima che fossero emessi i provvedimenti giudiziari.
BRUSCA GIOVANNI: – No, tra Capaci e via d’Amelio, credo che e’ saputo e risaputo da tutti che il dottor Borsellino vuole sapere… vuole sapere, vuole scoprire chi ha ucciso, perche’ ha ucciso il dottor… il dottor Giovanni Falcone e riuscire a capirlo attraverso le indagini che stava facendo, su che cosa stava lavorando. Non so se sono stato …chiaro.
P.M. dott. DI MATTEO: – Eh, ma in quel momento a voi come vi arriva questa…? Cioe’, voi da che cosa percepite che il dottor Borsellino si volesse occupare di queste cose, di queste indagini sulla morte del suo amico e…?
BRUSCA GIOVANNI: – No, questo… aspetti, io con Salvatore Riina di questo qua non ne ho mai parlato, io lo apprendo dal… come un normale cittadino, come tutti gli altri, che lui vuole andare avanti, lo dice pubblicamente, lo grida, cioe’ lo esterna… dottor Di Matteo, non e’ che c’e’ bisogno che te lo devono venire a dire a confida… in confidenza.

(omissis)
…” P.M. dott. DI MATTEO: – Abbiamo gia’ accennato al fatto che nell’indagine cosiddetta “mafia e appalti” ad un certo punto viene arrestato Angelo Siino.
BRUSCA GIOVANNI: – Si’, meta’ ’91.
P.M. dott. DI MATTEO: – Meta’ ’91. Innanzitutto, lei poc’anzi ha detto che in qualche modo – mi corregga se ho capito male – si e’ voluta indirizzare l’Autorita’ inquirente proprio verso Angelo Siino, come principale gestore per conto di “Cosa Nostra” degli appalti; in che modo questo?
BRUSCA GIOVANNI: – No, Angelo Siino e’ stato… Da parte delle Autorita’ non era chiaro, pero’ da parte di molti esponenti politici indirizzavano San Giuseppe Jato come il punto di… nevralgico della spartizione degli affa… cioe’ degli appalti. E dicendo San Giuseppe Jato automaticamente, chi conosce i fatti, si capiva che era Angelo Siino. Non so se sono stato chiaro.
Be’, chi non era a conoscenza dei fatti dava piu’ importanza ai piccoli lavori che ai grossi lavori, e chi all’interno aveva attirato l’attenzione su Siino come l’anello di congiunzione politica, imprenditori… imprenditori e mafia, pensando che Siino chissa’ chi era, ma Siino era uno che viveva tra mafia e l’imprenditoria bassa, bassa no per… cioe’, per quel tipo di lavori che facevano. E quindi, da li’ si spunta la figura di Angelo Siino, dopodiche’ si deve eliminare Siino e ci deve essere un altro che prende il posto di Siino.
P.M. dott. DI MATTEO: – Ma chi sarebbero stati questi soggetti – se mi vuole rispondere – che voi ritenevate essere stati coloro i quali avevano, diciamo, sovraesposto la figura del Siino?
BRUSCA GIOVANNI: – No, la figura del Siino non l’aveva esposto… non l’aveva sovraesposto nessuno, perche’ lui era consapevole di quello che stava facendo, perche’ gli era stato detto inizialmente; lui era consapevole di quello che faceva, lui guadagnava i soldi con quello che stava facendo, lui non sapeva che prima o poi avrebbe preso la buccia di banana, perche’ era discusso da tutti e da tutto, c’erano le gelosie, non e’ che proprio si doveva essere il… il Padre Eterno. Era troppo chiacchierato, troppo discusso, dottor Di Matteo, era troppo esposto, cioe’ troppo… troppo chiacchierato; lo sapevano tutti, cani e gatti. Cioe’, piu’ basso era il… il ceto di questa categoria piu’ era chiacchierato, piu’ andia… alzavamo il tiro meno si era chiacchierato””””.
Omissis
“””””Il BRUSCA, pertanto, da prospettive diverse da quelle del SIINO e quindi in modo autonomo, ha fornito un quadro sostanzialmente conforme dell’evoluzione dei rapporti creati da COSA NOSTRA con ambienti politici ed imprenditoriali per la gestione dei pubblici appalti. Dopo una fase in cui l’organizzazione mafiosa si era occupata solo della riscossione delle tangenti pagate dagli imprenditori che si aggiudicavano gli appalti alle “famiglie” che controllavano il territorio in cui venivano realizzati i lavori, lasciando salvo qualche eccezione che fossero i politici ad individuare le imprese da favorire nella fase dell’assegnazione dell’appalto, il SIINO era stato incaricato da lui di gestire per conto di COSA NOSTRA gli appalti indetti dall’Amministrazione provinciale di Palermo, di cui uno dei primi e più cospicui era stato quello riguardante la realizzazione del tratto stradale per SAN Mauro Castelverde. Da allora il SIINO si era occupato della gestione di tali appalti anche nell’ambito delle altre province, prendendo contatti con gli esponenti di vertice di COSA NOSTRA interessati in quei territori. Un momento cruciale era stato costituito dalla gestione degli appalti indetti dalla SIRAP, di importo ben più consistente di quelli della Provincia e rispetto ai quali COSA NOSTRA era sino ad allora rimasta estranea alla fase dell’aggiudicazione. Allorché il BRUSCA aveva iniziato ad interessarsi di tali lavori tramite il SIINO, si erano registrate delle resistenze da parte di alcuni politici, come il Presidente pro tempore della Regione Sicilia Rino NICOLOSI, che sino ad allora aveva controllato tale gestione con l’intervento dell’imprenditore agrigentino SALAMONE Filippo, titolare dell’IMPRESEM. Per superare gli intralci burocratici con i quali si voleva impedire a COSA NOSTRA di gestire tali appalti, il BRUSCA era dovuto ricorrere al messaggio intimidatorio, che era stato recepito, sicché si era raggiunto un accordo sulla base del quale il SALOMONE avrebbe continuato a gestire formalmente i rapporti con gli altri imprenditori mentre le decisioni sull’aggiudicazione dei lavori sarebbero state prese dal SIINO per conto di COSA NOSTRA. Da quel momento quell’associazione aveva anche esteso il proprio controllo sulla gestione degli appalti da quelli indetti dalla Provincia a tutti gli altri di ben maggiore importo indetti dalla Regione e da altri enti pubblici, lasciando al SALAMONE la cura dei rapporti con gli imprenditori ed i politici a livello regionale e nazionale ma riservando a sé il momento decisionale. In quello stesso tempo, intorno al 1988-89, era stata introdotta a carico degli imprenditori una quota tangentizia dello 0,80% sull’importo dei lavori, che veniva prelevata dalla quota spettante ai politici e che veniva versata in una cassa centrale dell’organizzazione controllata dal RIINA. Era però presto subentrata la volontà di creare dei rapporti diretti tra i gruppi imprenditoriali di livello nazionale ed alcuni esponenti politici nazionali, approfittando del controllo del sistema degli appalti per creare un’occasione di contatti in cui COSA NOSTRA avrebbe potuto dialogare da una posizione di forza. Tale progetto prevedeva, quindi, l’accantonamento del SIINO, che con il consenso del BRUSCA venne relegato ad occuparsi degli appalti banditi dalla Provincia, solitamente di importo limitato e per i quali, quindi, non vi era interesse né degli imprenditori né dei politici nazionali. Della gestione degli appalti di maggiore consistenza venne, invece, incaricato l’ingegnere BINI Giovanni, amministratore della Calcestruzzi S.p.A. del gruppo FERRUZZI – GARDINI, legato a BUSCEMI Antonino, fratello di Salvatore, dal quale aveva rilevato come prestanome l’impresa di calcestruzzi per sottrarla ai procedimenti di sequestro e confisca in corso a carico dei fratelli BUSCEMI nell’ambito delle misure di prevenzione a carattere patrimoniale. Con il BINI tenevano contatti lo stesso BUSCEMI Antonino e LIPARI Pino, uomo di fiducia del RIINA, che quindi trasmettevano la volontà di COSA NOSTRA ai suoi massimi livelli. Intorno al 1991, infine, il RIINA aveva detto al BRUSCA di considerare l’impresa di costruzioni REALE come una sua impresa, cosa che il all’inizio lo aveva sorpreso perché il RIINA non aveva mai voluto interessarsi direttamente di imprese ed anzi era ironico nei confronti di quegli “uomini d’onore” che lo facevano, ma aveva poi compreso che tramite la REALE il RIINA voleva creare un “tavolo rotondo” di trattativa con i politici. La predetta impresa, che era stata in precedenza sull’orlo del fallimento, era stata salvata ed era adesso controllata da CATALANO Agostino e D’AGOSTINO “Benni”, persone formalmente incensurate ma contigue alla loro organizzazione. Tale impresa avrebbe dovuto sostituire l’IMPRESEM di SALAMONE nel ruolo di cerniera con i gruppi imprenditoriali nazionali, aggiudicandosi anche in associazione con loro gli appalti di maggiore importo, e tale progetto era stato coltivato sino a quando nel 1997, a seguito della sua collaborazione, erano stati tratti in arresto il D’AGOSTINO ed il CATALANO nell’ambito di una nuova inchiesta su mafia ed appalti.
Il BRUSCA ha anche spiegato che da parte di COSA NOSTRA si era seguita con attenzione l’inchiesta del R.O.S. che aveva dato luogo all’informativa del 1991 e che essi erano riusciti a venire in possesso di una copia della medesima, constatando che non vi erano coinvolti i personaggi di maggiore rilievo e che non si era approdati alla conoscenza degli effettivi livelli di interessi messi in gioco, sicché, mancando un pericolo immediato, si era deciso di rinviare un intervento di COSA NOSTRA alla fase del dibattimento per “aggiustare” il processo.
Anche il SIINO, oltre a riferire sull’impresa REALE quanto già ricordato nella Parte prima della motivazione allorché si è trattato della sua collaborazione, ha chiarito che la quota di quell’impresa intestata a D’AGOSTINO “Benni” era in realtà di BUSCEMI Antonino e che vi erano altre quote del CATALANO e dell’ingegnere BINI controllate da COSA NOSTRA. Ha inoltre confermato di aver avuto alcune pagine dell’informativa del R.O.S. già nel febbraio del 1991, consegnategli dal maresciallo LOMBARDO, e che dopo una ventina di giorni l’Onorevole LIMA gli aveva messo a disposizione l’intero rapporto, consentendogli di constatare che a lui era stato attribuito anche il ruolo del SALAMONE. Già allora, parlandone con LIMA, BRUSCA Giovanni e LIPARI aveva saputo che il BUSCEMI non aveva nulla da temere dall’inchiesta, e, infatti, era poi stato arrestato insieme al SIINO un geometra BUSCEMI che nulla aveva a che vedere con loro.

Dalle dichiarazioni del BRUSCA e del SIINO risulta, quindi, confermato l’interesse strategico che rivestiva per COSA NOSTRA la gestione degli appalti pubblici e la particolare attenzione con cui essa seguiva le inchieste giudiziarie condotte in tale settore, inchieste di cui essa veniva a conoscenza prima del tempo debito, sicché poteva modulare i suoi interventi, a seconda delle necessità, ancor prima che fossero emessi i provvedimenti giudiziari. Occorre poi ricordare che l’organizzazione mafiosa in esame era a conoscenza del fatto che FALCONE si interessava a tale settore e che aveva compreso il fondamentale passaggio del sodalizio criminale da un ruolo meramente parassitario, di riscossione delle tangenti, ad un ruolo attivo di compartecipazione nelle imprese che si aggiudicavano gli appalti anche in associazione con l’imprenditoria nazionale.

Significative al riguardo le indicazioni del SIINO, che ha dichiarato: “.. Ma perche’ praticamente il dottore Falcone… io leggevo quello che il dottore Falcone mandava a dire tramite i giornali, e ad un certo punto, praticamente… e poi sentivo anche gli ambienti di “Cosa Nostra”, gli ambienti imprenditoriali e praticamente tutti dicevano che sapevano che il… “Cosa Nostra” aveva fatto votare per i socialisti. E poi debbo dire che una volta Falcone fece un preciso riferimento a livello di giornale quando la Ferruzzi fu quotata in borsa, disse che… l’indomani usci’ un articolo sul “Giornale di Sicilia” che aveva ragionevoli motivi da pensare che da un certo momento quel… la mafia era stata quotata in borsa. Lui ben sapeva, secondo me, il… che questo gruppo appoggiava Gardini” (cfr. dich. del 27.2.1999, p. 83).
Ed ancora lo stesso SIINO ha riferito che COSA NOSTRA sapeva che anche BORSELLINO aveva espresso sui giornali la conoscenza su quel fenomeno e la convinzione che uno dei motivi dell’attentato a FALCONE risiedesse proprio nell’acquisita consapevolezza da parte sua di quel collegamento perverso. Il collaborante ha anche riferito che durante la sua permanenza dall’ottobre del 1992 nel carcere di Termini Imerese, ove erano detenuti anche BRUSCA Bernardo, CALO’ e MONTALTO Salvatore, quest’ultimo gli aveva detto in relazione alle interviste rilasciate da BORSELLINO su quell’argomento “chi glielo ha portato a parlare di queste cose?”. Appare, pertanto, esatto ritenere che se le indagini condotte dal R.O.S. in materia di mafia ed appalti non avevano ancora avuto all’epoca uno sviluppo tale da rappresentare un pericolo immediato per gli interessi strategici di COSA NOSTRA, tuttavia l’interesse mostrato anche pubblicamente da BORSELLINO per quel settore di indagini, unitamente all’incarico che egli ricopriva nell’Ufficio titolare dell’inchiesta ed ancor più la prospettiva dell’incarico alla Procura nazionale per la quale veniva autorevolmente proposta la sua candidatura anche pubblicamente, costituivano un complesso di circostanze che facevano apparire a COSA NOSTRA quanto mai opportuna la realizzazione dell’attentato a quel magistrato subito dopo quello a FALCONE.”””””.
Identica è la rappresentazione del collaboratore di giustizia SIINO
circa la rilevanza strategica del settore degli appalti nella considerazione di Giovanni
FALCONE:
A dire del Siino, le indagini promosse dal giudice Falcone nel settore della gestione illecita degli appalti, verso cui aveva mostrato un “crescendo di interessi”, avevano portato alla sua eliminazione. Difatti, in Cosa Nostra, e, in particolare, da parte di Pino Lipari e Antonino Buscemi, era cresciuta la consapevolezza che il dr. Falcone avesse compreso la rilevanza strategica del settore appalti e che intendesse approfondirne gli aspetti: “questo sa tutte cose, questo ci vuole consumare”

Dunque, fra il 1990 e il 1992 maturano eventi per così dire epocali sul versante dei rapporti fra mafia e sistema degli appalti. Innanzitutto, l’interesse investigativo rivolto prima a soggetti determinati come TAIBBI, poi a SIINO e ad alcuni appalti che furono oggetto del primo rapporto del ROS, come la strada San Mauro Castelverde-Ganci, quindi gli appalti della SIRAP, e via via tutti gli altri snodi. Su questo versante, il conflitto fra gli interessi economici di “cosa nostra” e il tentativo di far luce, attraverso gli appalti, sugli intrecci fra politica e mafia, diventa sempre più acuto e sintomi di tale conflitto sono, per un verso, le modifiche degli accordi illeciti (accentramento dei grandi appalti su poche imprese, fra cui RENDO, COSTANZO, e pochi altri, accentramento che rendeva meno difficoltosi i contatti fra imprese per pilotare le aggiudicazioni, la sostituzione di SIINO con BINI, il tentativo di far subentrare l’impresa “REALE Costruzioni” all’IMPRESEM, la saldatura di interessi fra BUSCEMI e il Gruppo FERRUZZI, che assicurava a “cosa nostra” spazi più ampi di intervento e al Gruppo settentrionale la possibilità di svolgere attività in Sicilia attraverso un etichetta non coinvolta in indagini) e per altro verso gli strumenti investigativi sempre più sofisticati, fra cui il progetto di infiltrazione dei Carabinieri nell’impresa “REALE Costruzioni”, il cui ruolo RIINA voleva potenziare nell’ambito di un progetto imprenditoriale che avrebbe dovuto sostituire l’IMPRESEM di Filippo SALAMONE, in vista di incrementare i guadagni e di trovare nuovi agganci politici per consolidare il proprio potere. Infine, gioca un ruolo importante nella strategia stragista anche la consapevolezza, da parte di “cosa nostra”, del grado di conoscenza che gli apparati dello Stato hanno raggiunto sul crinale degli interessi economici, donde la riflessione di BRUSCA e anche di SIINO sull’appello che Giovanni FALCONE aveva pubblicamente lanciato, circa il fatto che “la mafia è(ra) entrata
48 La frase è tratta dalla trascrizione, a pag. 74, del verbale di udienza del 17.11.1999 del procedimento di cui alla precedente nota.

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in borsa”49, per dire che società quotate in borsa come appunto quelle del Gruppo FERRUZZI erano state attratte nell’alveo delle relazioni con “cosa nostra” (attraverso BINI e BUSCEMI, come si è detto). Il grumo di interessi che riguarda gli appalti si arricchisce della componente politica, nel senso che proprio nel periodo in questione (fra la fine del 1991 e i primi del 1992), va maturando la decisione di “cosa nostra” di punire per così dire i vecchi referenti come Salvo LIMA, accusati di non essere più in grado di svolgere utili mediazioni per la mafia, con la possibilità di tessere altre relazioni con pezzi della politica non ancora intaccati dalle indagini sugli appalti50. In altra importante indagine svolta da quest’Ufficio51, il grumo di interessi di cui si è detto si manifestò attraverso talune fughe di notizie che in qualche modo riguardarono sia le determinazioni della Procura dell’epoca (che, a fronte di una molteplicità di soggetti a vario titolo implicati nel primo rapporto del ROS, fra cui Antonino BUSCEMI, ritenne di esercitare l’azione penale solo a carico di alcuni), sia il contenuto dello stesso rapporto dei Carabinieri. Rimase insoluto il contrasto fra la versione di BRUSCA (che attribuisce ad alcuni sottufficiali dell’Arma l’iniziativa della rivelazione di segreti, al m.llo LOMBARDO, ad es.), e la versione di SIINO (secondo cui fonte dell’illecita rivelazione sarebbe stata la linea che dal procuratore GIAMMANCO, attraverso Pino LIPARI sarebbe giunta a Salvo LIMA)52. E, dopo la strage di Capaci, il dottor BORSELLINO cerca di capire le dinamiche della strage “attraverso le indagini che stava facendo”, -come dice ancora BRUSCA-, fra cui sicuramente il settore delle connessioni fra mafia e appalti costituiva una tematica di particolare pregnanza per i detti fini.
D’altra parte un’eco in qualche misura reale del tentativo di infiltrazione, è possibile rinvenirla nei verbali di dichiarazioni di Vito CIANCIMINO
49 Cfr. le dichiarazioni di SIINO riportate nella sentenza del 7.4.2000 della Corte di Assise di Appello di Caltanissetta, pagg. 862-863.
50 Il riferimento di BRUSCA è agli on.li NICOLOSI e MANNINO.
51 Il riferimento è ai proc. pen. n. 2108/97 R.G.N.R. e 2285/97 R.G.N.R. che diedero luogo al caso DE DONNO – LO FORTE-SIINO.
52 Cfr. più ampiamente le richieste di archiviazione e la memoria del P.M. in data 2.12.1998, nei proc. pen. 2108/97 R.G.N.R. e 2285/97 R.G.N.R., nonché il decreto di archiviazione del G.U.P. di Caltanissetta dott.ssa LOFORTI.

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alla Procura di Palermo, acquisiti agli atti, che possono sintetizzarsi in due grandi aree tematiche: a) nell’analisi –deduzione, secondo la quale la strage di Capaci, unitamente all’omicidio LIMA sia da attribuirsi ad un movente politico esterno concepito da un “architetto”53 e teso a sconvolgere il Parlamento per determinare le condizioni per far eleggere un presidente della Repubblica diverso dal sen. ANDREOTTI, mentre la strage di via D’Amelio aveva come obiettivo di impedire al dott. BORSELLINO di rivestire la carica di procuratore nazionale antimafia54; b) nei contatti con i Carabinieri del ROS, inizialmente originati dal tentativo di indurre il CIANCIMINO ad una collaborazione e successivamente incanalati55 ad una sorta di trattativa, avvenuta a ridosso delle stragi, fra i Carabinieri e, tramite un intermediario che potrebbe individuarsi nella persona del dottor CINA’, -ma non è escluso che vi abbiano preso parte altri soggetti- i vertici dell’epoca di “cosa nostra”. Detta trattativa sarebbe stata tesa a consentire la cattura di latitanti, da un lato, e al buon trattamento dei familiari degli stessi, dall’altro lato, ma non sarebbe andata in porto ed anzi si sarebbe tortuosamente sviluppata ora sul filo dell’interesse personale del CIANCIMINO di avere dei vantaggi processuali, ora su quello dello studio di alcune mappe della città di Palermo, studio focalizzato a fornire elementi per la cattura di qualche personaggio importante di “cosa nostra”. I Carabinieri hanno sempre respinto la tesi della trattativa56, affermando che si tentò di porre soltanto
“un tentativo di dialogo inerente alla possibilità che lo stesso fornisse informazioni sullo scenario complessivo di “cosa nostra”,
in un momento drammatico per la storia del nostro Paese, quale quello successivo alle stragi del 199257. Mentre, l’esistenza di una trattativa è affermata con certezza
53 Di cui però il CIANCIMINO non rivelò mai il nome.
54 Cfr. il verbale del 5.8.1997 al P.M. di Palermo.
55 V. il verbale del 17.3.1993 al P.M. di Palermo dott. INGROIA.
56 V. il verbale del Gen. MORI del 23.9.1997 nel proc. pen. 490/94 mod.44.
57 Infatti per il Gen. MORI (verbale di cui alla nota precedente), il primo contatto con Vito CIANCIMINO risale al 5.8.1992.

Richiesta di archiviazione “mandanti occulti bis” foglio n. 30 di 45
anche dal collaboratore di giustizia Salvatore CANCEMI58. Al riguardo, è sufficiente richiamare quanto a suo tempo scritto da quest’Ufficio in seno alla richiesta di archiviazione nel proc. pen. n. 1370/98 R.G.N.R. (dei cosiddetti “mandanti occulti” “1”):
“Il collaborante ha, poi, solo recentemente riferito di una riunione, tenutasi verosimilmente dopo la c.d. “strage di Capaci”, alla presenza di Raffaele GANCI, di Salvatore BIONDINO, di lui stesso e di Salvatore RIINA, nel corso della quale quest’ultimo rappresentava che si accingeva ad inoltrare alcune richieste, che esponeva, nell’occasione, tenendo in mano un pezzo di carta59 nel quale aveva annotato sei o sette punti (abolizione ergastolo, intervento sulla legge concernente i collaboratori di giustizia, sequestro dei beni, liberazione per alcuni uomini d’onore, ecc… ”.
L’asserita trattativa si concluse, comunque, con l’arresto del CIANCIMINO ed è comunque materia non strettamente pertinente all’analisi dei moventi delle stragi del 1992, anche se riguardano la materia di questo procedimento gli interrogativi di quando sarebbero iniziate queste trattative (prima o dopo la strage di Via D’Amelio?), di chi vi abbia preso parte (solo CIANCIMINO o chi altri della zona grigia dei sostenitori della mafia?), e di quali contenuti avesse, in entrambe le direzioni, per così dire, dallo Stato alla mafia e ritorno. Sul tema delle trattative, già BRUSCA aveva avvertito che un conto sono i contatti fra DE DONNO e CIANCIMINO, un altro i contatti fra CIANCIMINO e il primo intermediario, e fra questi ed altri intermediari fino a RIINA, differenziazione che è plasticamente sintetizzata nella domanda: “ma cosa arriva a RIINA?”60, quasi a sottolineare il pericolo se non la certezza che nei vari passaggi intermedi i termini della trattativa fossero stati trasformati, modificati o arricchiti o che un discorso mirato al pentimento di CIANCIMINO e circoscritto fra lo stesso e i Carabinieri possa essere stato strumentalizzato dai vertici dell’organizzazione criminale per una sorta di trattativa a più ampio raggio, o comunque per veicolare le richieste di “cosa nostra”. Più da recente, sono state acquisite altre dichiarazioni di Giovanni BRUSCA, nel
58 A pag. 9 della richiesta di archiviazione del 19.2.2001, nel proc. pen. 1370/98 R.G.N.R. Le dichiarazioni di CANCEMI sono a pag. 4 del verbale riassuntivo del 23.4.1998 e da pag. 48 a pag. 50 della relativa trascrizione.
59 Potrebbe essere il famoso papello.

Richiesta di archiviazione “mandanti occulti bis” foglio n. 31 di 45
verbale del 12.10.2001, secondo cui, invece, le cosiddette trattative, sarebbero state il leit-motiv che legava tutti i fatti stragisti (del 1992, come del 1993). A tal proposito, è illuminante un brano di tale verbale:
A.D.R. in merito alle notizie degli organi di stampa, di cui mi si chiede, diffuse sul finire del mese di settembre di quest’anno, relative a presunte novità investigative sul filone dei cosiddetti mandanti esterni delle stragi Falcone e Borsellino, faccio presente di avere preso personalmente conoscenza di dette notizie da alcuni telegiornali nazionali.
Devo precisare che, nell’estate scorsa, dopo avere testimoniato ai processi Borsellino bis e ter, celebrati a Caltanissetta, venivo interrogato dal dottor CHELAZZI della Direzione Nazionale Antimafia, che mi chiedeva dei chiarimenti in relazione ad un altro procedimento ed io ne ho approfittato per completare il quadro precedentemente fornito in quelle sedi. Il dottor CHELAZZI, più precisamente, mi ha interrogato nell’ambito delle attività di indagine sul senatore INZERILLO. Al dottor CHELAZZI, in particolare, riferivo che le trattative esistenti tra lo Stato e Cosa Nostra erano state la causa determinante dell’accelerazione del progetto di eliminazione del dottor BORSELLINO.
In particolare BRUSCA, riferiva di un discorso fatto da RIINA, sintetizzabile nella frase “diamo un altro colpetto”, alludendo alla possibilità di eseguire qualche attentato clamoroso (nella specie, si stava organizzando l’attentato, poi, fortunatamente non attuato, all’attuale procuratore di Palermo, dott. GRASSO), per riaprire le trattative interrotte dopo l’arresto di CIANCIMINO.
Nel verbale del 27.4.2002, BRUSCA è ancora più analitico e chiaro. In estrema sintesi, egli dice:
– che già dal 1989 vi era un progetto investigativo dei Carabinieri che nasce in un certo modo e nel tempo prende corpo diversamente61;
– che Riina disse: “si sono fatti sotto”, prima delle stragi alludendo alla trattativa con il confidente Paolo BELLINI attraverso GIOÈ, cioè la trattativa che mirava a mitigare in qualche modo la situazione carceraria di alcuni boss in cambio del ritrovamento di alcuni beni d’interesse culturale; a cavallo delle stragi del 1992, alludendo al contatto tra i carabinieri e CIANCIMINO;
60 Cfr. sempre il cennato brano della sentenza resa nel proc. pen. n. 27/99 della Corte di Assise di Caltanissetta.
61 Il riferimento è all’infiltrazione attraverso la società “REALE Costruzioni”.

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– che a “cosa nostra” interessavano soprattutto: 1) l’abolizione dell’ergastolo, 2) la revisione della legge sui pentiti, 3) la modifica della legge La Torre-Rognoni, 4) la revisione del maxiprocesso;
– che gli obiettivi di “cosa nostra” erano l’on. LIMA “che ci aveva preso in giro” e il giudice FALCONE “che non riusciamo a bloccare”;
– quando a Radio Radicale sente le dichiarazioni di De DONNO al processo di Firenze, riesce ad illuminare altre zone d’ombra attraverso deduzioni e ipotesi;
– che, quando i carabinieri parlano con CIANCIMINO, il famoso “cosa volete, per finirla?”, gli stessi carabinieri si rendono conto che la strategia investigativa che avevano messo in campo sortisce come conseguenza indiretta le stragi;
– che dopo FALCONE, doveva essere attuato il progetto di uccidere l’on. MANNINO, però tale progetto viene accantonato e si attua invece quello di uccidere Paolo BORSELLINO, in questo senso la strage di via D’Amelio è segnata, secondo BRUSCA, da un’accelerazione;
– che a Riina giunge una speranza, sintetizzata da BRUSCA in questo modo: “no, ti posso dare qualcosa”, e Salvatore Riina dice, a me mi dice: “Mi vogliono dare qualche cosa, è poco”,
– che a RIINA arrivò un messaggio, “per noi darti qualche cosa, abbiamo bisogno di togliere questo ostacolo”, e cioè che BORSELLINO era un ostacolo o perché intendeva andare avanti nelle indagini (su mafia-appalti) oppure era venuto a conoscenza di qualche cosa (sulla strage di Capaci) oppure che intendeva proseguire nella linea di rigore della repressione contro “cosa nostra”;
– che all’interno della DC, una parte aveva l’obiettivo di distruggere la corrente andreottiana e fare emergere la sinistra; dopo l’arresto di SIINO e la sua collaborazione, cioè dopo le stragi, se fosse stato attuato il progetto investigativo dei carabinieri che intendeva colpire al cuore mafia e appalti, sarebbe stata azzerata l’altra parte della DC, non ancora attinta dalle indagini del 1989-9062;
62 Su questo specifico punto delle dichiarazioni di BRUSCA, sembra esservi una coincidenza fra la lotta di potere all’interno della Democrazia Cristiana, com’è rappresentata dallo stesso collaboratore, e le risultanze investigative precedenti al pentimento di SIINO.

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– che una parte di “cosa nostra”, BRUSCA stesso, BAGARELLA, GRAVIANO, MESSINA DENARO, BIONDINO volevano continuare la strategia, dopo l’arresto di RIINA, ma PROVENZANO impose un arresto nella continuazione della strategia in Sicilia e, di conseguenza, stabilì di agire al Nord;
– che dopo l’articolo su L’Espresso63, su Paolo BORSELLINO che aveva citato un procedimento di indagine su Vittorio MANGANO, “cosa nostra” manda a dire all’on. BERLUSCONI “guarda che la sinistra sapeva”, nel senso che qualora il Governo dell’epoca, presieduto dall’on. BERLUSCONI, avesse voluto o potuto fare qualche cosa a beneficio di “cosa nostra”, non poteva essere ricattato in quanto appunto “la sinistra sapeva”, cioè a dire l’opposizione aveva avuto conoscenza delle trattative, sul canale CIANCIMINO-DE DONNO (o su altri canali, n.d.r.);
– che quando dice “la sinistra” intende alludere in senso lato a posizioni di sinistra e specificamente ai vertici dell’allora ministero degli Interni, cui era preposto l’on. MANCINO.
L’Ufficio si riserva di esplorare più approfonditamente questa pista in separato procedimento, nei limiti di stretta competenza della Procura nissena, vale a dire nei limiti del complesso movente delle stragi del 1992 e tenendo conto che qualche nucleo di verità è contenuto laddove specificamente si realizza una deviazione di obiettivi da colpire (dall’on. MANNINO al dottor Paolo BORSELLINO). Se fosse vera la tesi secondo cui “la sinistra sapeva”, è d’obbligo l’interrogativo se si tratta della stessa area politica in buona sostanza risparmiata dal primo turno di indagini dei Carabinieri del ROS sugli appalti e, perciò, in qualche misura interessata all’esito della trattativa, non fosse altro che per alleggerire da sé sia
63 In effetti, si tratta dell’articolo che risulta pubblicato dal settimanale milanese nel numero del giorno 8.4.1994, di cui si parla a pag. 12 della richiesta di archiviazione, formulata da quest’Ufficio il 19.2.2001 nel proc. pen. n. 1370/98 R.G.N.R. c. gli on.li BERLUSCONI e DELL’UTRI, richiesta accolta dal G.I.P. con decreto del 3.5.2002, e a pag. 12 del suddetto decreto, ove si afferma testualmente fra l’altro: “Risulta da tale pubblicazione che il magistrato fece specifico riferimento all’esistenza di atti di indagine che accertavano rapporti poco chiari tra Mangano e Dell’Utri, precisando tuttavia di non poter fornire indicazioni specifiche in quanto non si era mai occupato direttamente di quell’inchiesta”. il peso di “cosa nostra”, che iniziava a incalzare, per istituire referenze o per esigere utilità, sia il pericolo che nuove e più approfondite indagini avrebbero fatto emergere complicità e corruttele. Se si è svolta veramente questa trattativa, vi è un nesso tra le richieste di “cosa nostra”64 e le possibili cessioni da parte dello Stato? E queste cessioni potevano anche prevedere un rallentamento alle indagini sugli appalti? Ed infine, questa trattativa ha avuto un risvolto politico? Ed in questo caso, accanto a chi (o spinta da chi) “cosa nostra” ha agito “politicamente”, e i suoi tentativi di dialogo hanno trovato qualche interlocutore nelle istituzioni? Nell’ambito di tali interrogativi, occorre fare completa chiarezza, al di là di ciò che afferma BRUSCA, circa il perché un obiettivo importante nella strategia stragista, come l’omicidio dell’on. MANNINO, viene sospeso e si preferisce invece puntare, per così dire, su Paolo BORSELLINO.
In un’altra indagine  si è acquisita la circostanza, tutta da approfondire nei suoi ulteriori profili, che Paolo BORSELLINO avesse potuto percepire qualche avvisaglia di quel pericolo e l’avesse potuta manifestare sia pure in termini ancora criptici. Ma cosa aveva capito esattamente BORSELLINO? E quali erano i pericoli e chi li correva e perché? E che cosa intendeva fare BORSELLINO concretamente? Se si potesse dare una risposta soddisfacente a questi interrogativi, si arriverebbe a scoprire gran parte delle zone d’ombra che ancora rimangono nel procedimento sui mandanti occulti delle stragi e, specificamente su quella di via D’Amelio. Tuttavia, qualche elemento dal quale è possibile risalire a ciò che BORSELLINO aveva potuto intuire, sussiste ed un’eco tutt’altro che labile è nel verbale del 6.11.2001 del sen. Antonio DI PIETRO, già sentito in dibattimento a suo tempo, il quale ha affermato, circa i suoi rapporti con Paolo BORSELLINO:

“ ADR: nella primavera 1992, in coincidenza con l’apertura delle indagini c.d. “Mani Pulite” a livello non più solo regionale ma nazionale – all’epoca non conoscevo come funzionasse il sistema delle tangenti in Sicilia – io incontrai più volte Paolo Borsellino il quale mi disse che dovevamo assolutamente incontrarci, anche in occasione del funerale di Giovanni FALCONE. Era convinto che vi fosse un sistema unitario, a livello nazionale, di spartizione degli appalti e che questo fosse la chiave interpretativa del sistema delle tangenti. Solo successivamente alla morte di Borsellino nel corso delle susseguenti indagini mi resi conto della estrema fondatezza delle intuizioni del collega Borsellino: diversi imprenditori che in precedenza avevano confessato fatti di corruzione, si erano rifiutati di parlare degli appalti siciliani. Nel 1993, con l’arrivo di CASELLI alla Procura di Palermo, si sviluppò una serie di incontri che portarono agli sviluppi di cui ho già riferito nella suddetta deposizione resa a Caltanissetta”.

Ma questo sistema unitario in che rapporto si pone con il sistema del riciclaggio che Giovanni FALCONE aveva intravisto e che voleva approfondire attraverso i contatti con il giudice svizzero Carla DEL PONTE, già all’epoca dell’attentato all’Addaura?
Sostanzialmente sulla stessa linea le dichiarazioni di Vito Lo Forte, il quale, dopo avere illustrato nei dettagli i traffici di stupefacenti gestiti dalle famiglie Madonia, Galatolo e Fidanzati, facendo anche riferimento al carico di cocaina appartenente ai Madonia ed ai Galatolo trasportata sulla nave “Big Jonh”, ha precisato che il riciclaggio dei relativi introiti avveniva in Svizzera, soprattutto ad opera di Gaetano Scotto e Vincenzo Galatolo, ed ha poi posto specificamente in correlazione il fallito attentato dell’Addaura con il riciclaggio dei proventi del traffico di droga, affermando che parlando con Vito Galatolo, figlio di Vincenzo, con Giuseppe Fidanzati e con Gaetano Scotto aveva appreso che l’attentato era stato organizzato per colpire i magistrati svizzeri che erano venuti in Sicilia per indagare sul riciclaggio.
Interrogativo che ci riporta all’inquietante retroscena di una violenza stragista messa in opera non casualmente, ma in coincidenza con lo svelamento investigativo degli intrecci finanziari di “cosa nostra”, con l’ulteriore corollario del rafforzamento del movente della connessione mafia-appalti nell’ideazione, e realizzazione della strategia stragista.
A proposito del sistema di controllo illecito degli appalti, se dunque, BORSELLINO è convinto dell’unitarietà del sistema, a livello nazionale, di spartizione degli appalti, come chiave interpretativa per venire a capo del sistema delle tangenti e della corruzione organizzata, è in questo settore che certamente va ricercato il milieu dei soggetti, degli interessi economico-finanziari e delle corrispondenti coperture a tutti i livelli, che sarebbero stati definitivamente
Si tratta di una tematica mai approfondita in nessuna inchiesta e che pure meriterebbe di essere sviluppata, partendo dall’ipotesi che i conti svizzeri fossero i terminali tanto delle operazioni di costituzione di fondi neri da parte delle imprese per destinarle a tangenti ai politici, quanto di operazioni di riciclaggio della criminalità organizzata, e che Giovanni FALCONE avesse iniziato a interessarsi di tutto ciò. Al riguardo, si riporta nel testo un interessante passo della motivazione della sentenza del processo per l’attentato all’ADDAURA del 27.3.2000, pag. 236. compromessi dalla penetrante azione investigativa che egli si apprestava a promuovere nel solco di quanto aveva realizzato Giovanni FALCONE.

L’ufficio ha esplorato altre piste, fra cui le conoscenze di un sacerdote palermitano, don RIBAUDO, il quale dichiarò di avere avuto dei contatti con qualche personaggio inserito in “cosa nostra”, secondo cui mentre le responsabilità dell’organizzazione erano in parte chiare per la strage di via D’Amelio, per quanto riguardava la strage di Capaci, bisognava andare molto più in alto67. Tuttavia, le dichiarazioni del sacerdote non sono andate al di là di questo versante, che pure è pieno di suggestioni, fra cui la più misteriosa e però realistica è se le due stragi abbiano matrici e linee di svolgimento totalmente diverse, pur nel quadro dell’unica strategia stragista68.
Nei vari processi, è stato ricostruito l’ultimo periodo di vita di Paolo BORSELLINO, i suoi interessi investigativi per i primi collaboratori di giustizia, da MUTOLO a Leonardo MESSINA, i suoi contatti istituzionali, con il Capo della Polizia e il Ministro degli Interni, le sue missioni all’estero, segnatamente in Germania, sulle tracce dei giovanissimi quanto spietati killers palmesi e agrigentini, nonché sugli autori dell’omicidio del Giudice Saetta. Dovendo qui ricostruire gli ultimi giorni di vita del dott. Paolo BORSELLINO, con specifica correlazione al tema di mafia-appalti, è necessario citare un brano molto significativo del discorso che egli tenne il 25.6.1992 a Palermo in una pubblica manifestazione70, nel corso della quale affermò di essere un testimone privilegiato:
“In questo momento inoltre, oltre che magistrato, io sono testimone. Sono testimone perché, avendo vissuto a lungo la mia esperienza di lavoro accanto a Giovanni Falcone, avendo raccolto, non voglio dire più di ogni altro, perché non voglio imbarcarmi in questa gara che purtroppo vedo fare in questi giorni per ristabilire chi era più amico di Giovanni Falcone, ma avendo raccolto comunque più o meno di altri, come amico di Giovanni Falcone, tante sue confidenze, prima di parlare in pubblico anche delle opinioni, anche delle convinzioni che io mi sono fatte raccogliendo tali confidenze, questi elementi che io porto dentro di me, debbo per prima cosa assemblarli e riferirli all’autorità giudiziaria, che è l’unica in grado di valutare quanto queste cose che io so possono essere utili alla ricostruzione dell’evento che ha posto fine alla vita di Giovanni Falcone, e che soprattutto, nell’immediatezza di questa tragedia, ha fatto pensare a me, e non soltanto a me, che era finita una parte della mia e della nostra vita. Quindi io questa sera debbo astenermi rigidamente – e mi dispiace, se deluderò qualcuno di voi – dal riferire circostanze che probabilmente molti di voi si aspettano che io riferisca, a cominciare da quelle che in questi giorni sono arrivate sui giornali e che riguardano i cosiddetti diari di Giovanni Falcone. Per prima cosa ne parlerò all’autorità giudiziaria, poi – se è il caso – ne parlerò in pubblico. Posso dire soltanto, e qui mi fermo affrontando l’argomento, e per evitare che si possano anche su questo punto innestare speculazioni fuorvianti, che questi appunti che sono stati pubblicati dalla stampa, sul “Sole 24 Ore” dalla giornalista – in questo momento non mi ricordo come si chiama… – Milella, li avevo letti in vita di Giovanni Falcone. Sono proprio appunti di Giovanni Falcone, perché non vorrei che su questo un giorno potessero essere avanzati dei dubbi”.

E, ancora, in un altro brano altrettanto significativo, disse senza mezzi termini perché FALCONE era stato colpito a morte nonostante lavorasse ormai fuori di Palermo:
“ma quello che non si può contestare è che Giovanni Falcone in questa sua breve, brevissima esperienza ministeriale lavorò soprattutto per potere al più presto tornare a fare il magistrato. Ed è questo che gli è stato impedito, perché è questo che faceva paura”.
Dunque, dalle parole di Paolo BORSELLINO, testimone privilegiato, si apprende qual era veramente l’obiettivo che Giovanni FALCONE intendeva realizzare, vale a dire introdurre una normativa di sostegno alle investigazioni più penetranti e ritornare poi a svolgere l’attività inquirente in modo ancor più efficace (nella procura nazionale antimafia?) e perché viene trucidato proprio nel Maggio del 1992, cioè a dire quando la gran parte della legislazione era stata o emanata o predisposta e si parlava con concretezza dell’incarico di procuratore nazionale antimafia. Com’è noto, tuttavia, Paolo BORSELLINO non ebbe il tempo di riversare sull’a.g. di Caltanissetta le circostanze di fatto e le eventuali opinioni o ipotesi investigative che aveva elaborato. Né sappiamo a quale grado di concludenza obiettiva fossero arrivate le sue intuizioni e i ragionamenti e su quali argomenti si basassero. Ma è un dato di fatto incontrovertibile che BORSELLINO ebbe un colloquio con i vertici investigativi dei Carabinieri a Palermo lo stesso giorno 25.6.1992 alla Caserma di Piazza Verdi, nel corso del quale si concordò di riprendere il famoso rapporto mafia-appalti, certamente per svilupparlo in maniera più approfondita. La scelta del luogo, la Caserma Carini, sede diversa dall’Ufficio giudiziario, è sintomatica del riserbo che doveva circondare l’incontro, “ad ulteriore dimostrazione della situazione di disagio e tensione che già caratterizzava i suoi rapporti con il Procuratore GIAMMANCO”72. In quell’occasione, BORSELLINO “aveva proposto la costituzione presso il R.O.S. dei Carabinieri di un gruppo coordinato dal DE DONNO che avrebbe dovuto sviluppare le indagini in tema di mafia ed appalti, riferendo direttamente ed esclusivamente a lui”73. Il Gen. MORI ha chiarito che il dottor BORSELLINO era stato informato dal dott. FALCONE circa i risultati delle prime indagini su mafia-appalti e aveva poi appreso notizie circa gli sviluppi delle dichiarazioni del collaboratore LIPERA alla Procura di Catania ove operava il sostituto procuratore dottor Felice LIMA, che aveva sovrainteso ad una parte delle indagini scaturite da dette dichiarazioni. Al riguardo, è opportuno riportare il brano della motivazione della sentenza c.d. “Borsellino ter”74, da cui emerge, sia attraverso le dichiarazioni del senatore DI PIETRO, sia attraverso le dichiarazioni del Capitano DE DONNO e del Gen. MORI, come il filone mafia-appalti abbia costituito un movente della strage di via D’Amelio:
“”””””” Il senatore DI PIETRO ha ricordato che BORSELLINO anche in occasione dei funerali di FALCONE gli aveva manifestato la piena convinzione che le indagini che avessero accertato il ruolo di COSA NOSTRA nella gestione degli appalti e nella spartizione delle relative tangenti pagate dagli imprenditori avrebbero consentito di penetrare nel cuore del sistema di potere e di arricchimento di quell’organizzazione. Ha altresì riferito il teste che mentre a Milano e nella maggior parte del territorio nazionale si stava registrando in misura massiccia il fenomeno della collaborazione con la giustizia di molti degli imprenditori che erano rimasti coinvolti nel circuito tangentizio, ciò non si era verificato in Sicilia e BORSELLINO spiegava tale diversità con la peculiarità del circuito siciliano, in cui l’accordo non si basava solo due poli, quello politico e quello imprenditoriale, ma era tripolare, in quanto COSA NOSTRA interveniva direttamente per gestire ed assicurare il funzionamento del meccanismo e con la sua forza di intimidazione determinava così l’omertà di quegli stessi imprenditori che non avevano, invece, remore a denunciare l’esistenza di quel sistema in relazione agli appalti loro assegnati nel resto d’Italia. Intenzione di BORSELLINO e DI PIETRO era quella di sviluppare di comune intesa delle
72 Il virgolettato riproduce brani della motivazione della sentenza della Corte di Assise di Appello di Caltanissetta nel proc. “Borsellino ter”, del 7.2.2002.
73 Il virgolettato riproduce brani della motivazione della sentenza della Corte di Assise di Appello di Caltanissetta nel proc. “Borsellino ter”, del 7.2.2002.
74 La sentenza della Corte di Assise di Appello di Caltanissetta è del 7.2.2002.

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modalità investigative, fondate anche sulle conoscenze già acquisite, per ottenere anche in Sicilia i risultati conseguiti altrove.
E BORSELLINO stava già traducendo in atto questo progetto, come dimostrano le dichiarazioni rese dai predetti testi MORI e DE DONNO, che hanno riferito di un incontro da loro avuto con BORSELLINO il 25 giugno 1992 presso la Caserma dei Carabinieri Carini di Palermo. Il magistrato, aveva, infatti, chiesto un incontro in sede diversa dall’Ufficio giudiziario, perché voleva mantenere sul medesimo il massimo riserbo – ad ulteriore dimostrazione della situazione di disagio e tensione che già caratterizzava i suoi rapporti con il Procuratore GIAMMANCO – ed in quell’occasione aveva proposto la costituzione presso il R.O.S. dei Carabinieri di un gruppo coordinato dal DE DONNO che avrebbe dovuto sviluppare le indagini in tema di mafia ed appalti, riferendo direttamente ed esclusivamente a BORSELLINO. In quell’incontro non si era andati oltre la formulazione generale della proposta, essendo stata rinviata la definizione concreta dei particolari ad un momento successivo al rientro del magistrato dalla Germania, ove doveva recarsi per ragioni professionali. Quello era però stata l’ultimo incontro dei testi con BORSELLINO. In proposito occorre evidenziare che il magistrato, non potendosi direttamente occupare per ragioni di competenza della strage di Capaci, perseguiva l’intento di incidere su uno degli snodi cruciali del sistema su cui si fondava il potere di COSA NOSTRA, nella speranza di indebolirla definitivamente e di impedirle così di raggiungere gli obiettivi che si era prefissa con la strategia iniziata con l’omicidio LIMA e proseguita con l’attentato a FALCONE. E la scelta da parte di BORSELLINO degli investigatori cui affidare l’inchiesta che maggiormente gli stava a cuore in quel momento non era casuale, poiché il DE DONNO era l’autore delle indagini del R.O.S. che avevano portato alla stesura del rapporto su mafia ed appalti consegnato, come si è detto, a FALCONE nel febbraio del 1991, alla vigilia della sua partenza per Roma. Il DE DONNO ha spiegato come quel rapporto costituiva solo la premessa di una serie di indagini su quel tema, in quanto individuava l’obiettivo da perseguire, e cioè l’accertamento dell’intervento di COSA NOSTRA nella gestione degli appalti pubblici in Sicilia, nonché uno dei personaggi maggiormente coinvolti in tale sistema, e cioè il SIINO. E, pertanto, i limiti di quel rapporto, sottolineati dal SIINO durante la sua collaborazione, erano ben presenti agli investigatori, anche se essi non conoscevano ancora gli altri personaggi coinvolti nel sistema e le loro aspettative erano proprio quelle di poter proseguire le indagini sino alla loro individuazione. Al riguardo il DE DONNO ha manifestato l’insoddisfazione non solo per il ritardo con cui il Procuratore GIAMMANCO, che tenne chiuso nella sua cassaforte il rapporto consegnatogli da FALCONE, consentì ai magistrati del suo Ufficio di conoscerlo e, quindi, di poter adottare le opportune iniziative giudiziarie, ma anche per la scarsa considerazione mostrata a suo avviso dalla Procura per le prospettive di un approfondimento delle indagini, che non si era verificato. Particolarmente gradito doveva, quindi, risultare al DE DONNO il proposito di BORSELLINO di valorizzare le sue conoscenze per far compiere all’indagine quel salto di qualità che sino ad allora non vi era stato, proponendosi quale referente del costituendo gruppo investigativo.
Le precise indicazioni al riguardo provenienti dalle dichiarazioni di BRUSCA e SIINO hanno confermato che ancora una volta l’acume investigativo di BORSELLINO aveva colto nel segno, intuendo ben al di là di quanto ancora era emerso dal primo rapporto del R.OS. quanto fosse strategico per COSA NOSTRA il suo coinvolgimento nella gestione degli appalti””””.
L’Ufficio ha scandagliato il tema dell’eventuale connessione tra le minacce di morte pervenute al dottor BORSELLINO e l’esecuzione della strage. Sul punto, partendo dalle risultanze del dibattimento del proc. “Borsellino ter”, si sono acquisiti una serie di atti e di testimonianze, in particolare di appartenenti all’Arma dei carabinieri, da cui risultava che in alcuni ambienti malavitosi milanesi si era

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diffusa la voce di possibili attentati tanto all’allora sostituto procuratore presso il Tribunale di Milano dott. DI PIETRO, quanto al dott. BORSELLINO. In proposito, si è risaliti agli ufficiali di p.g. che avevano avuto contatti diretti con una fonte, che era in buona sostanza una prostituta milanese. E’ noto che vi furono delle sottovalutazioni circa le misure di protezione assicurate al dottor BORSELLINO e che, per questo, il Prefetto e il Questore di Palermo ebbero in qualche misura a rispondere oggettivamente di tale atteggiamento. Una lettera di minaccia nella quale si parlava di attentati, pervenuta alla Procura di Palermo, non fu comunicata a Paolo BORSELLINO e ciò costituì ennesimo motivo di forte attrito col Procuratore GIAMMANCO75. Tuttavia, l’episodio delle minacce a BORSELLINO e DI PIETRO sta a indicare chi fossero i magistrati inquirenti più esposti in quel momento e perché, cioè a motivo dei loro progetti investigativi sul versante politico-amministrativo ed economico-finanziario.
L’Ufficio veniva a conoscenza che poco prima della strage ed esattamente il 29.6.1992, si era svolto un incontro a casa del dott. Paolo BORSELLINO con il dottor Fabio SALAMONE. Le fonti di questa notizia risalivano al libro del giornalista CARUSO76 il quale citava l’on. VELTRI e il sen. DI PIETRO. Entrambi venivano sentiti e confermavano di avere appreso l’esistenza dell’incontro. La circostanza veniva asseverata da Agnese BORSELLINO, nel corso del verbale del 3.5.2002:
“ R. Ricordo che il giorno del suo onomastico, fra i tanti che vennero a trovare Paolo per gli auguri, vi fu il magistrato di Agrigento Fabio Salamone. Rimasero nello studio in un colloquio riservato per circa tre ore. Ricordo solo che quando lo accompagnò sul pianerottolo gli sentii dire a Paolo: “io ti consiglio di andar via dalla Sicilia”. Nel salotto c’erano altre persone, fra cui Antonio Ingroia e i miei genitori. Antonio si era lamentato perché Paolo non l’aveva fatto entrare nello studio dove era già iniziato il colloquio con Salamone. Nulla so del contenuto di tale colloquio. Poiché le SS.LL. me lo chiedono, posso dire che Salamone non era mai venuto a trovarlo prima, ma non escludo che avesse avuto rapporti professionali e data la differenza di età, può darsi che sia stato uditore di Paolo. La stessa sera dovevamo partecipare ad una cena in casa di Giammanco, ma il giorno prima Giammanco aveva disdetto questa cena, ritengo perché i rapporti con Paolo erano divenuti abbastanza tesi a causa del fatto che Paolo qualche giorno prima aveva avuto una discussione molto accesa con Giammmanco arrivando a battere il pugno sulla scrivania
75 Lo riferisce, nelle dichiarazioni di cui al verbale del 3.5.2002, la Signora Agnese PIRAINO vedova BORSELLINO.
76 Si tratta del libro dal titolo “Da cosa nasce cosa”, Longanesi, 2000, pagg. 702.

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di Giammanco. La causa di tale tensione era stato il fatto che, avendo Paolo saputo casualmente dall’on. Andò, incontrato nella sala vip dell’aeroporto a Roma, mentre eravamo in attesa dell’aereo per Palermo provenendo da Giovinazzo, vicino Bari dove avevamo partecipato ad un convegno di Magistratura Indipendente, che era arrivato un anonimo che parlava di un attentato contro di lui e chiese spiegazioni a Giammanco del perché non fosse stato informato di tale anonimo. Fu per questo che Giammanco disdisse la cena. Però la cena ebbe luogo ugualmente, ma a casa di Anna Palma dove assieme a Paolo e a me, c’erano il Prefetto Iovine, la dottoressa Principato e Giammanco. In quella occasione ricordo che Paolo si chiuse nel mutismo più assoluto. Ricordo di avere incontrato l’on. Veltri a Palermo al centro Borsellino in un’occasione pubblica, ma non ricordo di avere parlato con l’on. Veltri del magistrato Salamone”.
Nel verbale del giorno 8.10.2002, il dott. Fabio SALAMONE dà la
seguente ricostruzione del colloquio con Paolo BORSELLINO
“ Lo andai a trovare a casa sua. Era un primo pomeriggio. C’erano altre persone, oltre alla moglie, Agnese. C’era Antonio Ingroia. Io e Paolo ci siamo chiusi nello studio con una porta a soffietto. Il colloquio sarà durato un’oretta circa. Ricordo che parlammo ancora una volta del fatto che Martelli e Scotti, avendolo indicato come probabile Procuratore Nazionale Antimafia, avevano sovraesposto la sua posizione. Lui si sentiva più protetto a Palermo. Parlammo ancora della mia situazione, che lui riteneva a rischio e mi invitò a venire a Palermo. Io obiettai che l’attività imprenditoriale di mio fratello rendeva inopportuno questo trasferimento, con Tangentopoli che era scoppiata. Borsellino mi disse che allo stato non gli risultava nulla a carico di mio fratello ed in ogni caso riteneva sufficiente che io non mi occupassi delle tematiche in cui poteva essere coinvolto lo stesso mio fratello, data la dimensione della Procura di Palermo. Borsellino comunque insistette perché io andassi via da Agrigento. All’epoca della visita a Borsellino, io stesso stavo maturando la decisione di allontanarmi da Agrigento”.
Nessun altro era presente al colloquio; in un’altra stanza si trovavano alcuni congiunti di Paolo BORSELLINO e il magistrato Antonio INGROIA, il quale pure è stato sentito dall’Ufficio, in data 23.10.2002, nel tentativo di esplorare se fosse mai stato a conoscenza di circostanze utili all’esatta ricostruzione del colloquio intercorso fra BORSELLINO e SALAMONE; tuttavia il dottor INGROIA non era in possesso di utili elementi in proposito. Il colloquio è in sé un fatto di una certa importanza, nell’economia dell’odierno procedimento, per più di una ragione: a) perché si svolge qualche settimana prima dell’esecuzione della strage e dopo soli 4 giorni dall’incontro che Paolo BORSELLINO aveva tenuto con i responsabili del Reparto anticrimine dei carabinieri alla caserma di Piazza Verdi; b) perché non vi era stata, in precedenza, un’assidua consuetudine di frequentazioni fra i due magistrati; c) perché il fratello del dottor SALAMONE, l’imprenditore Filippo, che costituiva il fattore o uno dei fattori della sovraesposizione del magistrato Fabio, -com’è stato ammesso da quest’ultimo- era tra gli imprenditori implicati nel filone mafia-appalti, come definitivamente sveleranno le varie indagini espletate a Palermo. La

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ricostruzione del colloquio è ormai affidata alla sola memoria del dottor SALAMONE, il quale peraltro è stato molto dettagliato. Rimane, tuttavia, un seppur labile contrasto fra quanto può desumersi dalla dichiarazione di Agnese BORSELLINO, nel punto in cui riporta la frase del marito, rivolta a Fabio SALAMONE: “io ti consiglio di andar via dalla Sicilia” e la versione fornita dal magistrato SALAMONE circa il colloquio con Paolo, dove si coglie soltanto l’opportunità di questi di volersi allontanare da Agrigento, condivisa da BORSELLINO, e l’invito di Paolo BORSELLINO a venire anche alla Procura di Palermo, non ravvisando alcuna incompatibilità ambientale rispetto alla posizione del fratello imprenditore, su cui “non gli risultava nulla”77. Orbene, detta ultima affermazione desta qualche perplessità, giacché non appare possibile, per i trascorsi contatti con il Gen. MORI, con il dott. LIMA e per la capacità complessiva di analisi e collegamento dei fatti, che Paolo BORSELLINO non avesse compreso il ruolo centrale nella gestione degli appalti pubblici in Sicilia, svolto da Filippo SALAMONE, ruolo peraltro già delineato a quell’epoca dal collaboratore di giustizia Giuseppe LIPERA78. E ancora, la durata (circa tre ore, per Agnese BORSELLINO, un’ora circa per Fabio SALAMONE) e le modalità riservate del colloquio (nello studio di Paolo BORSELLINO) in cui non fu ammesso nessun altro, nemmeno il dottor INGROIA, collega di entrambi, dimostrano in qualche modo che l’incontro aveva avuto un carattere riservato. Tuttavia, dalla compiuta indagine, non sono emersi elementi di fatto tali da poter utilmente orientare successivi eventuali approfondimenti.
Si è tenuto conto del contributo fornito dai più recenti collaboratori di giustizia, anche se non vi è stato ancora il tempo di sondare il dichiarante Giuseppe LIPARI. Antonino GIUFFRÈ, collaboratore di giustizia facente parte dei vertici di “cosa nostra” in quanto capomandamento di Caccamo, ha aperto uno squarcio significativo sui moventi delle stragi e sulle modalità attraverso le quali si pervenne,
77 Cfr. sempre il verbale del giorno 8.10.2002.
78 Cfr. dichiarazioni del 15.6.1992 rese da LIPERA al dott. LIMA alla presenza del cap. DE DONNO.

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all’esterno di “cosa nostra”, se non proprio ad un vero e proprio input quantomeno ad un placet circa la deliberazione o quantomeno circa gli effetti che le stragi avrebbero comportato nel mondo degli interessi ruotanti attorno a “cosa nostra”. Inizialmente nel verbale del 9.10.2002, redatto come atto congiunto dalle aa.gg. di Palermo e di Caltanissetta, GIUFFRÉ specificava in che cosa si sarebbero sostanziate tali “consultazioni” con le entità esterne a “cosa nostra”:
“ A.D.R. A proposito delle “consultazioni” – di cui ho gia detto – effettuate al fine di sondare e percepire i possibili riverberi di operazioni particolarmente forti od eclatanti, ritengo che anche alla vigilia delle stragi di Capaci e di Via D’Amelio siano state fatte consultazioni di tale genere. Oltre alle “consultazioni” veniva altresì messa in atto una attività di propaganda negativa volta a discreditare ed isolare la vittima designata”.
Successivamente, nelle dichiarazioni del 25.11.2002 ai PP.MM. di Caltanissetta, GIUFFRÈ è più analitico e dettagliato:
“ D. Lei ha parlato di consiglieri di cosa nostra? Le risulta che furono contattati specificamente per le stragi? In che modo e chi, in particolare fu contatto? Quale fu la risposta?
R. Non posso andare al di là di questo discorso. Nel nostro ambiente e nell’ambiente circostante a noi, Falcone e tutti coloro che si erano comportati con la mano pesante nei confronti di cosa nostra, erano soggetti a critiche, questo avveniva nel campo legale. Quanti avvocati si lamentavano di Falcone! Per es., – omissis -, oggi defunto, che assisteva – omissis -, asseriva che non si poteva più lavorare e che non appena avesse finito l’assistenza di – omissis -, avrebbe lasciato. Nel settore imprenditoriale, avveniva la stessa cosa, e il discorso era più sentito, perché le attività inquirenti andavano ad intaccare gli appalti. C’era un legame ben stretto, anche con la politica attraverso gli imprenditori. – omissis – era molto addentrato nella categoria degli imprenditori, assieme a – omissis -, – omissis – e ad altre persone. – omissis – era persona di fiducia di Provenzano e anche di Riina. Anche – omissis – era a contatto con – omissis -, – omissis -. Se io ricordo bene – omissis – era in contatto con i vertici di queste imprese. – omissis – era più vicino a Provenzano, che si circondava di molte persone particolarmente qualificate. Altre persone operano nella zona di – omissis -, segnatamente – omissis -, i parenti di – omissis -, – omissis -”.
Le cennate dichiarazioni non fanno altro che convalidare l’ipotesi che il filone di indagini mafia-appalti abbia potuto costituire un valido movente delle stragi o, quantomeno, abbia potuto agire da catalizzatore di interessi convergenti all’esecuzione delle stragi79. Naturalmente, sarà oggetto di separato approfondimento l’esplorazione della tematica indicata dal collaboratore di giustizia Antonino GIUFFRE’.
79 Cfr. quanto è esposto a pag. 11, 12, 14, 16 e 17 di questa richiesta.

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Per completezza, va detto che l’Ufficio ha esplorato anche il tema dell’eventuale coinvolgimento dei servizi nella preparazione, esecuzione della strage di Capaci80. In particolare, partendo dall’acquisizione di un foglio di carta, ritrovato nei luoghi della strage di Capaci, con l’annotazione “guasto fare assistenza, settore n. 2” e l’indicazione di un numero di cellulare appartenuto al dottor Lorenzo NARRACCI, all’epoca funzionario del SISDE di Palermo, si è esplorata la pista di eventuali collegamenti fra il funzionario dei servizi e soggetti implicati nella strage. L’analisi del traffico cellulare delegata al Gruppo Falcone Borsellino non dava significativi risultati81. Mentre, con ogni probabilità, il foglio di carta in questione fu smarrito sui luoghi, durante il sopralluogo, dal segretario PELLEGRINO, al quale era stato dato dal segretario del SISDE Michele FESTA82.
Altre circostanze sono all’esame dell’ufficio per ulteriori approfondimenti in altro procedimento penale, segnatamente gli asseriti rapporti fra una società di copertura del SISDE avente sede presso il Castello Utveggio e soggetti direttamente o indirettamente implicati nella strage di Via D’Amelio, mentre, alla luce delle successive acquisizioni, gli elementi di correlazione a suo tempo indicati dalla nota della D.I.A. del 30.7.1999, fra la Tecnofin group s.p.a., la CO.GE. s.p.a., la Tunnedil s.c.a.r.l., nonché fra i familiari RAPPA e la Sicilia Televisiva s.p.a., Rete quattro s.p.a. e R.T.I. s.p.a. non hanno presentato elementi utili allo sviluppo delle indagini.
In conclusione, il materiale probatorio raccolto, pur confermando l’ipotesi investigativa secondo la quale l’illecita gestione degli appalti costituisce uno dei moventi dell’esecuzione della strage di Capaci e dell’accelerazione della strage di via D’Amelio, non consente, però, allo stato degli atti, di affermare, senza tuttavia escluderlo, che gli indagati abbiano in qualche modo contribuito alla deliberazione di attualizzare e accelerare il progetto stragista, o abbiano quanto meno agevolato o
80 Sono atti transitati in copia nell’odierno fascicolo e che si trovano nel Faldone n. 1.
81 V. gli esiti della C.N.R. del 5.6.1997 n. Cat. Q.2.2/97 Gruppo Falcone–Borsellino, acquisita in copia.
82 V. la copia del verbale di assunzioni di informazioni del FESTA del 26.5.1997.

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favorito la deliberazione medesima, ispirandola o rafforzandola. Infatti, vi è una carenza probatoria circa il ruolo che gli indagati, pur operanti nel mondo degli appalti, abbiano in qualche modo svolto nel tradurre in fatti e condotte specifiche e idonee il movente, né è stata raggiunta una prova sufficiente per la trasmigrazione dell’incarto in giudizio, sul contribuito di ciascuno alla deliberazione, organizzazione, esecuzione del progetto stragista. In sostanza, gli elementi a disposizione di questo Ufficio, allo scadere del termine per il compimento delle indagini preliminari, non