Pecunia non olet! Su cosa indagava Paolo Borsellino?

 

Dopo Trattativa Stato-mafia, perorata da alcune frange dell’antimafia, si aprono nuovi scenari d’inchiesta per cercare di capire chi e cosa portò alle stragi del ’92 quando vennero uccisi i magistrati Giovanni Falcone, Francesca Laura Morvillo, Paolo Borsellino, e le rispettive scorte.
Mafia-appalti balza agli onori della cronaca e torna nell’alveo delle inchieste giudiziarie e giornalistiche (che strano, dopo tanti anni di silenzi…).
Spuntano così nuovi testi, nuove narrazioni, si parla del “nido di vipere” (così definiva Paolo Borsellino la Procura di Palermo), si cercano i documenti che erano contenuti nella borsa del giudice quando morì.
Furono portati in Procura? Alla Squadra Mobile? Li aveva Arnaldo La Barbera?
Potremmo continuare così all’infinito, trovando di volta in volta testimoni pronti a dichiarare qualcosa, un ricordo, una notizia appresa de relato.
Eppure, nessuno pare voglia di ricordare le ultime indagini che il giudice stava conducendo.

Mafia-appalti? Non soltanto. Esistono infatti varie piste che potrebbero essere confluenti, ma alle quali nessuno sembra fare caso.

Nei giorni scorsi  il programma tv Le Iene, grazie all’inchiesta di Giulio Golia e Francesca Di Stefano, ha portato a conoscenza dell’opinione pubblica l’interesse della ‘Ndrangheta che potrebbe aver trasformato la Calabria in una nuova “terra dei fuochi”.  
Storie di rifiuti tossici e radioattivi, smaltiti dalla criminalità organizzata calabrese.
Barili e container sotterrati inquinando le falde acquifere, oppure “sepolti” in mare con le “navi a perdere” o direttamente riversati in acqua.
A distanza di molti anni le informative del Sisde offrono lo spaccato di un vasto traffico internazionale gestito dalla ‘Ndrangheta.
Lo smaltimento di rifiuti radioattivi, in cambio di armi.
Solo ‘Ndrangheta?
Per quanto riguarda la ‘Ndrangheta una conferma del traffico e dello smaltimento di questo genere di rifiuti lo troviamo nelle parole intercettate del boss Nicola Romano, che faceva riferimento  ai contenitori che inquinavano le falde acquifere disseminando lutti nei paesi vicini.
Eppure, parole simili le pronunciò anche Totò Riina, quando accennando a qualcosa che se l’ avessero saputo (il riferimento era ai suoi), la sua vita non valeva più nulla.
A cosa faceva riferimento il capo dei capi di Cosa Nostra?
Forse a quello che disse – e si apprestava a meglio chiarire – un collaboratore di giustizia di recente scomparso, il  quale fece anche lui riferimento all’inquinamento di falde acquifere?

E di rifiuti, si era anche interessato il giudice Paolo Borsellino.
A parlarne con Paolo Borsellino – poco prima che il magistrato venisse ucciso nell’attentato di via D’Amelio – fu il pentito Leonardo Messina, ex capocantiere della miniera Pasquasia di Caltanissetta, che raccontò dello stoccaggio di materiale tossico e nucleare nel sito minerario, ma anche di come questi traffici avessero saldato nuove alleanze tra le mafie delle varie regioni.

Pasquasia, un sito minerario gestito dalla società Italkali, rimasto attivo fino al 27 luglio 1992, quando venne improvvisamente chiuso per ragioni economiche.
I costi di gestione, improvvisamente, divennero troppo alti.
Passò qualche anno prima che l’allora deputato siciliano Giuseppe Scozzari, il quale partecipava a Washington a una conferenza sul trattamento del combustibile nucleare esausto, apprendesse che quella miniera in realtà era divenuta uno dei siti europei in cui venivano smaltite scorie radioattive.
Scozzari presentò un’interrogazione parlamentare.
Nessuna risposta!
L’omertà in Sicilia non è solo mafia, o non è solo quella mafia coppola e lupara.
La stessa cosa accadde con l’interrogazione presentata dall’on. Enzo Fragalà, ucciso nel 2010 a colpi di spranga.
Dopo tempo, e dopo che l’allora assessore regionale all’ambiente Ugo Maria Grimaldi ispezionò le gallerie della miniera, dal suo racconto emerse come avesse trovato pozzi e vasche coperte, e venne confermato che Pasquasia era stata scelta per lo stoccaggio di materiale radioattivo.
Si scoprì ciò che si sapeva da anni.
Quello che Leonardo Messina aveva narrato a Paolo Borsellino.
Quello che le voci di paese raccontavano a proposito di gallerie chiuse, di tonnellate di cemento.
Quello che qualche cittadino un po’ curioso aveva già rilevato: Emissioni radioattive superiori al normale!
Da tanti anni erano emersi gli interessi della mafia sui rifiuti e sul loro smaltimento, come nel caso dei termovalorizzatori, quando nel 2007 Giorgio Colaianni affermò di aver saputo del termovalorizzatore agrigentino “solo dopo l’esito della ti,  quando se ne sarebbe parlato prima delle regionali del 2001”
A lui lo aveva detto Leo Sutera, il boss di Sambuca di Sicilia vicino ai Messina Denaro.

Di cave e miniere si interessò Borsellino poco prima di essere ucciso, ma di cave si stava interessando anche il maresciallo Antonino Lombardo, morto “stranamente” suicida all’interno della caserma del comando regionale dei Carabinieri di Palermo.

Storie strane quelle relative al mondo dei rifiuti, specie quelli pericolosi  radioattivi. Storie che non potevano riguardare soltanto il mondo delle coppole e delle lupare.
Ilaria Alpi docet!
Mi tornano in mente le affermazioni di Davide Cafiero: “Ha ragione il padre di Ilaria, Giorgio Alpi, quando dice che la figlia stava indagando sulle malefatte della Cooperazione italiana in Somalia, sui traffici di armi e sulle connivenze dei servizi segreti con strani personaggi in cerca di affari poco puliti nel Corno d’Africa, e ipotizza che qualcosa di estraneo alla semplice rapina potrebbe essere alla base dell’omicidio”. Anche il colonnello Carlini – che incontrò tre volte Ilaria Alpi – disse che lei, a un certo punto, gli aveva chiesto se avesse mai sentito strane storie o voci riguardo a un presunto traffico d’armi e rifiuti tossici, insistendo  sui rifiuti, sul quale puntò maggiormente la sua attenzione, anteponendolo persino al traffico d’armi.
Storie di traffici, di mafie, di pentiti e di uomini dei servizi segreti – ma anche di giudici e giornalisti curiosi e interessati a capire – che dalla Svizzera arrivano fino  Corno d’Africa passando per l’Italia, che andremo ad approfondire (Inshallah, direbbero i musulmani) con i prossimi articoli.
Pecunia non olet!

Gian J. Morici