I paradisi del riciclaggio per la ‘ndrangheta

 

«In Svizzera, diverse cosche calabresi avevano studi di consulenza». E poi c’erano «faccendieri capaci di procurare fideiussioni false per avere entrature con i dirigenti bancari» e «ottenere linee di credito collegate a fideiussioni falsamente predisposte». Il paradiso del riciclaggio raccontato da uno che ci ha trascorso la propria seconda vita. Gennaro Puliceè stato un killer di ‘ndrangheta: ha iniziato ancora minorenne per vendicare l’omicidio di suo padre. Uccide, sale nella scala gerarchica, diventa un uomo d’affari. Frequenta commercialisti e colletti bianchi prima di trasferirsi in Svizzera grazie – così racconta ai magistrati dopo il pentimento – al pagamento di una mazzetta a un funzionario di origini calabresi. Uno studio in centro a Lugano un bar di sua proprietà e affari in mezza Europa, «leciti e illeciti». Fino all’arresto che dà il via alla terza vita, quella da collaboratore di giustizia. 

Il pentito, Pulice compare davanti ai magistrati della Dda di Catanzaro che indagano sugli affari finanziari delle cosche del Crotonese. Fa subito i nomi di due professionisti in contatto con le cosche cutresi: uno è residente a Torino «ma stabilmente dimorante a Lamone»; l’altro è emiliano: Paolo Signifredi, cassiere del clan Grande Aracri e pentito capace di rivelare i movimenti economici della cosca. 
È passato molto tempo da quando Pulice faceva parlare le pallottole per la cosca “Cannizzaro-Daponte”: ora risponde con terminologia da avvocato d’affari. Dice ai pm antimafia che è la persona giusta a cui chiedere informazioni: «Ho personalmente gestito alcune operazioni di riciclaggio su canali bancari esteri. Premetto che la normativa italiana sul riciclaggio non permette di reinvestire grossi capitali illeciti in attività bancarie, per cui le cosche calabresi utilizzano spesso società e/o banche situate all’estero e massivamente in Svizzera e Germania».
Nel “paradiso” svizzero il pentito ha – tra il 2013 e il 2015 – uno studio di consulenza legale e commerciale, la “Pulice Consulting”. Nascosto in piena vista, l’ex killer di ‘ndrangheta dice di aver interagito con due banche e di aver aperto assieme a un socio uno studio anche a Lubiana, in Slovenia. Era Lugano, però, il cuore degli affari. Assieme a un altro socio, Alessandro Silvio Silverio (anche lui diventato collaboratore di giustizia, ndr), Pulice avrebbe «organizzato diverse operazioni di riciclaggio, reimpiego di capitali, frodi.
Posso citare i casi del Como Calcio, del Botev Plovdiv e del Viren Sundaski (in realtà la squadra si chiama Vihren Sandanski, ndr)».
È il calcio il nuovo terminale degli interessi finanziari di Pulice. Il pentito ne aveva già parlato in passato, senza fare il nome delle società di cui si sarebbe interessato. In tutti i casi, dice, «trattasi di squadre di calcio che abbisognavano di fideiussioni e di linee di credito per l’iscrizione al relativo campionato. Le fideussioni di cui vi sto parlando erano false: in pratica si predispone una documentazione a garanzia, che viene mostrata al funzionario di banca estero, compiacente, che attiva la corrispondente linea di credito, garantita». Botev e Vihren sono due società di calcio bulgare «che – parla sempre Pulice – avevamo rilevato (…). Anche in questo caso, l’iscrizione al campionato e comunque la disponibilità bancaria afferente le due società, venne amplificata per il tramite dell’utilizzo di fideiussioni false». Pulice fa il nome della società che avrebbe emesso la fideiussione e dei due referenti, entrambi non indagati nell’inchiesta Glicine-Acheronte.
«La linea di credito falsamente attivata – spiega – era in capo ad una banca bulgara il cui funzionario era compiacente all’operazione.
Quando parlo di funzionari compiacenti, intendo riferirmi a dirigenti bancari che ricevono materialmente la fideiussione falsa ed omettono i dovuti controlli sul documento. A quel punto si ottiene un’apertura di credito, legata a un collaterale falso che, per come evidente, permette ulteriori operazioni bancarie di reimpiego».  
Il collaboratore di giustizia parla agli inquirenti di un’altra operazione che avrebbe osservato da molto vicino mettendo a disposizione una società «sedente a Bellinzona» e i conti di una banca di Chiasso.
Si tratterebbe «di un cosiddetto “svuotamento di conti” effettuato tra Spagna, Germania e Svizzera» per conto di una famiglia di facoltosi industriali della Catalogna. «Questi – racconta Pulice – avevano la necessità di sottrarre al fisco spagnolo la cifra di 45 milioni di euro» e «tramite di un faccendiere russo che so chiamarsi Jordi», si misero «in contatto con il mio socio Alessandro Silvio Silverio. Posso anche aggiungere che il contatto tra Jordi e Silverio venne mediato da un hacker informatico» che, a detta di Pulice, sarebbe stato «detenuto per qualche tempo in Liguria insieme al mio socio». 
Breve digressione: si tratta di un hacker bolognese (non indagato nell’inchiesta) che, dopo aver trascorso diversi anni in carcere, si è trasferito negli Stati Uniti e offre le proprie conoscenze alle grandi aziende che cercano di proteggersi dagli attacchi ai dati sensibili. Ha cambiato vita, scritto un libro nel 2021 e in quello stesso anno si è confessato in un’intervista al Corriere della Sera. La sua è una storia interessante: inizia tutto con la richiesta di un prestito.
«A 26 anni – racconta al Corsera – volevo aprire un’azienda. Mi rivolsi a una banca per chiedere un prestito ma nessuno voleva concedermelo, perché non possedevo nulla. Così, violai i sistemi di Camera di commercio e catasto, facendo risultare intestati a mio nome 200 milioni di lire. Riuscii a ottenere il prestito». Suona simile alla creazione di fideiussioni false di cui parla Pulice. C’è un altro passaggio da tenere a mente negli esordi dell’hacker: «Vivevo a Roma e conobbi un uomo che in passato aveva lavorato per i servizi di informazione. Cominciò a commissionarmi operazioni di spionaggio industriale, in cui ero incaricato di raccogliere informazioni su aziende rivali, affidamenti di appalti, dirigenti». L’hacker ora ha messo un punto sul suo passato, ma i Servizi torneranno nella storia raccontata da Pulice.
Torniamo ora alla maxi evasione commissionata dagli industriali spagnoli al pentito. Per Pulice fu l’hacker «a indirizzare il russo Jordi verso di noi
Quando si mise in contatto con Alessandro e con me, al fine di legittimare la fuoriuscita dei soldi dai conti spagnoli sino in Svizzera io ho personalmente redatto delle fatture di consulenza per il tramite dello studio di Lugano, sia utilizzando come società emittente la “Capex”, sia la “Pulice Consulting”.
L’operazione era così congegnata: i 45 milioni dalla Spagna sarebbero transitati, in prima battuta in Germania, presso la Deutsche Bank: con questo primo passaggio di denaro, si faceva apparire come la famiglia (gli industriali catalani, ndr) investisse nell’acquisto di prodotti derivati.
L’operazione era fittizia in quanto i funzionari della Deutsche Bank, conniventi e pagati, sapevano che la destinazione finale del danaro era la Svizzera».
In un’operazione come questa, ossia «quando dalla Spagna, come in un qualsiasi paese estero, appartenente alla Comunità europea, parte un bonifico di svariati milioni di euro, scattano dei controlli». Secondo Pulice i controlli interbancari tra Spagna e Germania sarebbero stati «elusi anche grazie all’intervento di personale dei Servizi segreti italiani, di cui non so fornire il nome, per come già specificato in precedenti altri interrogatori».
Non è il primo riferimento ai Servizi segreti (e non sarà l’ultimo) nelle storie che legano settori dei clan di ‘ndrangheta a movimenti finanziari transnazionali. I nomi dei presunti agenti infedeli, però, non emergono da questo verbale. 

«Per noi una commissione del 4% da usare in investimenti a Lucerna»

La storia di Pulice è molto precisa: i dirigenti bancari tedeschi con il finto investimento in prodotti derivati realizzano una fideiussione da utilizzare in Svizzera.
È una garanzia bancaria con la quale si aprono linee di credito «che dovevano permettere il prelevamento del denaro in contanti».
Chi ci guadagna? Tutti. «In prima battuta la famiglia spagnola, che ottiene la fuoriuscita del denaro dalla Spagna fino in Svizzera, dove l’utilizzo del contante, almeno fino a qualche anno fa era consentito senza alcun controllo; in seconda battuta, io, il mio socio Alessandro, i funzionari della Banca (…). Nel caso di specie, io e i miei soci, dovevamo guadagnare la percentuale del 4%,escluse le spese per l’operazione, che avevamo in animo di reinvestire in ulteriori attività edili che avevamo a Lucerna». C’è un buco alla fine del racconto.
Il pentito non sa dire nulla sul buon esito dell’operazione: «Sono stato arrestato e so che su questa vicenda procedono anche altre Autorità, come la Procura federale svizzera». Prima dell’arresto, Pulice e i suoi soci avrebbero lavorato per ampliare il loro business: «Avevamo acquistato una società panamense e una statunitense.
Con queste società avevamo in animo di implementare la capacità di “spostare” fondi da un paese estero ad un altro, per conto di gruppi industriali (come quello spagnolo, ndr), sempre mediante l’utilizzo di fideiussioni ad hoc che, grazie alla compiacenza di funzionari bancari esteri permette la costituzione di linee di credito, ove poi prelevare in contante in paesi con minori controlli come la Svizzera, Panama o Cipro». “Nostra patria è il mondo intero”: viene in mente il testo di una vecchia canzone anarchica che diceva di ribellione e di libertà. Anche sulle strade della finanza criminale non esistono confini, ma l’unico scopo è fare soldi. Segno dei tempi. 


 


Riciclaggio e autoriciclaggio: la Cassazione precisa il rapporto tra i due reati



La Mafia in Germania: il pm Giuseppe Lombardo


21.12.2023 La banca clandestina con sportelli in tutta Italia: trasferiva soldi in Cina senza seguire i canali ufficiali e riciclava denaro

 

Indagine di procura e Guardia di Finanza di Brescia: indagate 21 persone e 10 società per associazione a delinquere con finalità di riciclaggio
Una banca clandestina, con sportelli in tutta Italia, capace di assicurare liquidità infinita. Anche e soprattutto per coprire operazioni illecite, a partire dalle frodi fiscali.
E’ quella finita nel mirino della procura della Repubblica di Brescia insieme a 31 persone (21 fisiche, 10 giuridiche) iscritte nel registro degli indagati nell’ambito dell’operazione condotta dallo Scico e dal nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di Finanza di Brescia.


15.12.2023 Riciclaggio e autoriciclaggio, GdF arresta 8 persone

 

Per delega dei Procuratori della Repubblica di Cagliari e Napoli, si comunica che militari dei Nuclei di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Cagliari e Napoli, in collaborazione con il Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata, hanno dato esecuzione a ordinanze di custodia cautelare e decreti di sequestro preventivo emessi dai G.I.P. dei Tribunali di Napoli e Cagliari, su richiesta delle locali Procure della Repubblica, nei confronti di 8 soggetti gravemente indiziati dei reati di associazione per delinquere, riciclaggio, autoriciclaggio e intestazione fittizia di beni, aggravati dalla transnazionalità. I provvedimenti costituiscono l’epilogo di complesse indagini eseguite nell’ambito di una Squadra Investigativa Comune – coordinata da Eurojust – che hanno permesso di ipotizzare l’esistenza di un sodalizio promosso e diretto fra gli altri da un soggetto campano incensurato, residente stabilmente in Germania col proprio nucleo familiare il quale, attraverso una ditta estera intestata alla consorte e con la collaborazione della figlia, avrebbe effettuato plurime e articolate operazioni di riciclaggio di proventi di attività delittuose, in particolare attraverso compravendite di autovetture di lusso (Ferrari, Porsche, Lamborghini, Audi, ecc.) intestate fittiziamente, e per il cui utilizzo avrebbe stipulato fittizi contratti di noleggio a lungo termine con soggetti facoltosi o con pregiudicati della criminalità organizzata campana.
In tal modo, secondo l’ipotesi investigativa, accolta allo stato dai Giudici per le Indagini Preliminari di Napoli e Cagliari, si offriva ai clienti della ditta tedesca un vero e proprio servizio di “schermatura” volto a dissimulare la titolarità di beni di elevato valore e ad eludere l’applicazione di sequestri e di misure di prevenzione.
Per il procacciamento della clientela i promotori del sodalizio si avvalevano anche dell’intermediazione dei titolari di una società di Marano di Napoli (in realtà una sede secondaria della ditta tedesca), uno dei quali già condannato in via definitiva per associazione a delinquere di stampo camorristico.
Le investigazioni hanno preso le mosse da una pregressa indagine della Squadra Mobile di Cagliari nei confronti di un gruppo criminale capeggiato da soggetti sardi e campani dedito alla commercializzazione in Sardegna di tonnellate di droga (hashish) proveniente dalla Campania, che ha condotto alla pronuncia di sentenze definitive di condanna degli associati e alla confisca dei proventi del traffico con l’aggressione di beni per oltre 20 milioni di euro, eseguita dai finanzieri del capoluogo sardo.
I successivi accertamenti sul riciclaggio delle eingenti somme derivanti dal traffico di stupefacenti mediante l’acquisto di auto e moto di lusso intestate fittiziamente a terzi, corroborati anche da indagini della Polizia doganale di Stoccarda, hanno ora dato luogo all’adozione di misure restrittive per otto indagati (sei tradotti in carcere e due agli arresti domiciliari), al sequestro preventivo della ditta tedesca coinvolta nell’illecita attività e del relativo complesso aziendale costituito da 9 immobili, 132 veicoli e disponibilità finanziarie per un valore complessivo di oltre 4,2 milioni di euro.
I provvedimenti in corso di esecuzione sono misure cautelari disposte in sede di indagini preliminari, avverso cui sono ammessi mezzi di impugnazione, e i relativi destinatari sono da ritenersi innocenti fino a sentenza definitiva.


21.6.2023 Guardia di Finanza: riciclaggio e autoriciclaggio, oltre 1.500 interventi nel 2022 e primi 5 mesi 2023

Nel 2022 e nei primi cinque mesi del 2023, la Guardia di Finanza ha eseguito oltre 1,5 milioni di interventi ispettivi e oltre 99.000 a indagini per contrastare gli illeciti economico-finanziari e le infiltrazioni della criminalità nell’economia: un impegno “a tutto campo” a tutela di famiglie e imprese, destinato ad intensificarsi ulteriormente per garantire la corretta destinazione delle risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Lo ha annunciato oggi il comando generale nel giorno in cui la Guardia di Finanza compie 249 anni.
In materia di riciclaggio e autoriciclaggio sono stati eseguiti 1.572 interventi, che hanno portato alla denuncia di 5.066 persone, di cui 379 tratte in arresto, e al sequestro di beni per un valore di oltre 1,7 miliardi. A circa 43 milioni ammontano, invece, i sequestri per usura.
Sono state analizzate oltre 240.000 segnalazioni di operazioni sospette, di cui quasi 750 attinenti al finanziamento del terrorismo. Ai confini terrestri e marittimi sono stati eseguiti oltre 23.400 controlli sulla circolazione della valuta con la scoperta di illecite movimentazioni per oltre 247 milioni e l’accertamento di 10.494 violazioni.
Ammontano a oltre 4,9 milioni i sequestri di valuta, titoli, certificati e valori bollati contraffatti eseguiti nei confronti di 284 soggetti, di cui 27 tratti in arresto.
In materia di reati fallimentari e del codice della crisi d’impresa i beni sequestrati ammontano a 538 milioni su un totale di patrimoni distratti di oltre 4,5 miliardi. Dal 23 febbraio 2022, in conseguenza della crisi russo-ucraina e della conseguente escalation militare, il corpo, quale membro del comitato di sicurezza finanziaria, ha avviato mirati accertamenti economico-patrimoniali sugli individui e sulle entità listate nei provvedimenti restrittivi emanati dall’Unione europea.
Ad oggi, sono state eseguite misure di congelamento nei confronti di 28 soggetti, aventi ad oggetto fabbricati, autoveicoli, imbarcazioni, aeromobili, terreni, opere d’arte e quote societarie per un valore complessivo di circa 2 miliardi di euro.
Nell’ambito del contrasto al crimine organizzato sono state concluse 164 indagini che hanno permesso di denunciare all’autorità giudiziaria 1.154 soggetti di cui 493 colpiti da provvedimenti restrittivi della libertà personale. In applicazione della normativa antimafia, sono stati sottoposti ad accertamenti patrimoniali 17.783 soggetti, conclusi con l’applicazione di provvedimenti di sequestro e confisca per un totale di circa 3,4 miliardi di euro. Ammonta, invece, ad oltre 3,9 miliardi di euro il valore dei beni mobili, immobili, aziende, quote societarie e disponibilità finanziarie proposti all’Autorità Giudiziaria per l’applicazione delle misure ablatorie.
Le attività investigative e di analisi sui crediti d’imposta agevolativi in materia edilizia ed energetica hanno permesso di sequestrare crediti inesistenti per un ammontare di circa 5,4 miliardi. Sono stati individuati 8.924 evasori totali, ossia esercenti attività d’impresa o di lavoro autonomo completamente sconosciuti al fisco (molti dei quali operanti attraverso piattaforme di commercio elettronico), e 45.041 lavoratori in “nero” o irregolari. Scoperti, inoltre, 1.246 casi di evasione fiscale internazionale, principalmente riconducibili a stabili organizzazioni occulte, a manipolazioni dei prezzi di trasferimento, a residenze fiscali fittizie e all’illecita detenzione di capitali oltreconfine. I soggetti denunciati per reati tributari sono 19.712, di cui 438 tratti in arresto.
Il valore dei beni sequestrati quale profitto dell’evasione e delle frodi fiscali è di 4,8 miliardi.
Sono state avanzate 2.568 proposte di cessazione della partita Iva e di cancellazione dalla banca dati Vies nei confronti di soggetti economici connotati da profili di pericolosità fiscale.
I 4.884 interventi in materia di accise hanno permesso di sequestrare oltre 2.000 tonnellate di prodotti energetici e di accertare oltre 383.000 tonnellate consumate in frode.
Quasi 83.000 sono, invece, i controlli doganali sulle merci introdotte sul territorio nazionale in evasione d’imposta, contraffatte o in violazione delle norme sulla sicurezza.
Le attività di contrasto al contrabbando hanno portato al sequestro di 596 tonnellate di tabacchi lavorati esteri e alla denuncia di 895 soggetti, di cui 170 tratti in arresto.
I controlli e le indagini contro il gioco illegale hanno permesso di scoprire 389 punti clandestini di raccolta scommesse e di verbalizzare 9.302 soggetti, di cui 465 denunciati all’autorità giudiziaria.



Antiriciclaggio, pubblicato il rapporto annuale

Nel 2023 la UIF ha pubblicato la revisione integrale degli indicatori di anomalia con l’obiettivo di far confluire in un atto normativo unico e organico le casistiche rilevanti per agevolare tutti i destinatari nella valutazione dei profili di sospetto di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo. Lo ha ricordato l’UIF nel rapporto annuale per il 2022 con cui ha specificato che sono state introdotte nuove metodologie per la selezione e la classificazione delle segnalazioni. Anche grazie a questi nuovi strumenti si è stati in grado di fronteggiare l’incremento del flusso segnaletico, registrando solo un modesto incremento delle giacenze, peraltro in via di progressiva riduzione. Gli esiti investigativi e i riscontri della DNA confermano l’efficacia dell’attività svolta.
L’UIF ha pubblicato il rapporto annuale per il 2022. Il rapporto evidenza come le segnalazioni di operazioni sospette (SOS) ricevute dall’Unità sono state 155.426 (+11,4% rispetto al 2021). La tendenza crescente del flusso segnaletico non è stata spesso accompagnata da un miglioramento dei suoi contenuti informativi.
L’UIF, nel costante impegno a favorire la qualità della collaborazione attiva, ha elaborato e condiviso con i segnalanti nuovi criteri di valutazione granulare delle segnalazioni connotate da un basso livello di rischio riciclaggio e il dettaglio dei relativi esiti, in base alla presenza o meno di sufficienti elementi a supporto del sospetto.
Sono state introdotte nuove metodologie per la selezione e la classificazione delle segnalazioni. Anche grazie a questi nuovi strumenti si è stati in grado di fronteggiare l’incremento del flusso segnaletico, registrando solo un modesto incremento delle giacenze, peraltro in via di progressiva riduzione. Gli esiti investigativi e i riscontri della DNA confermano l’efficacia dell’attività svolta.
Nel 2023 la UIF ha pubblicato la revisione integrale degli indicatori di anomalia con l’obiettivo di far confluire in un atto normativo unico e organico le casistiche rilevanti per agevolare tutti i destinatari nella valutazione dei profili di sospetto di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo.
Nello specifico è stato evidenziato che sono pervenute, soprattutto dalle Pubbliche amministrazioni, le prime segnalazioni collegate all’attuazione del PNRR.
Le SOS hanno spesso evidenziato la presenza di reti di imprese indebitamente beneficiarie di finanziamenti agevolati o per cui si è registrato un utilizzo distorto delle risorse stanziate, frequentemente destinate all’estero e la presenza di professionisti con ruoli di facilitatori. Le fattispecie anomale di matrice fiscale continuano a rappresentare circa un quinto del flusso segnaletico complessivo, con un peso di oltre il 25% delle frodi nelle fatturazioni; significativa è anche la percentuale di segnalazioni relative alle anomale cessioni di crediti di imposta ai sensi del decreto Rilancio. Oltre il 18% delle SOS ricevute è risultato collegato alla criminalità organizzata. Le SOS riguardanti il finanziamento del terrorismo sono state 342, in diminuzione del 41% rispetto al 2021.
Le comunicazioni oggettive e i dati SARA rilevano una ripresa delle operazioni in contanti. L’uso del contante resta complessivamente su livelli inferiori a quelli pre-pandemia, indicando una possibile modifica strutturale delle abitudini di pagamento. L’analisi strategica della UIF si è concentrata sullo studio di indicatori di opacità delle imprese italiane, sull’individuazione di imprese potenzialmente funzionali agli interessi della criminalità organizzata e sull’approfondimento dei flussi commerciali internazionali, anche al fine di individuare triangolazioni anomale con la Russia. L’attività ispettiva e di controllo cartolare della UIF si è mantenuta sui livelli del 2021.
Con riferimento alle sanzioni internazionali collegate all’attacco militare russo nei confronti dell’Ucraina, la UIF ha raccolto i dati sui depositi di cittadini russi e bielorussi e le comunicazioni sull’esistenza di beni e disponibilità economiche sottoposti a vincoli di congelamento.
Gli scambi informativi con le FIU estere sono risultati sostanzialmente in linea con l’anno precedente, mantenendo un significativo rilievo per gli approfondimenti finanziari delle segnalazioni di operazioni sospette e per la collaborazione a livello nazionale. In ambito europeo, le segnalazioni cross-border ricevute continuano a registrare una crescita elevata, con un aumento di oltre il 200% rispetto al 2021.
L’istituzione dell’Autorità Antiriciclaggio europea (AMLA) è finalizzata a realizzare un’azione antiriciclaggio sempre più coordinata ed efficace all’interno dell’Unione europea. La UIF è impegnata ad assicurare una fattiva partecipazione al nuovo assetto istituzionale sovranazionale e a porre le premesse per il necessario coordinamento con la nuova Autorità. L’Unità ha continuato a fornire contributi ai gruppi di lavoro avviati dalla Piattaforma delle FIU europee per uniformare gli schemi e i contenuti delle segnalazioni cross-border e accrescere in tal modo la loro fruibilità, preparando il terreno per la futura azione dell’AMLA nell’ambito del “Meccanismo” di coordinamento delle FIU.

 


Antiriciclaggio

Normativa internazionale

La cornice normativa internazionale in materia di antiriciclaggio è costituita da un’articolazione di fonti rappresentata da standard internazionali, norme europee e convenzioni internazionali.

Le raccomandazioni del GAFI

Gli International Standards on Combating Money Laundering and the Financing of Terrorism & Proliferation, elaborati dal GAFI e compendiati in quaranta Raccomandazioni, rappresentano i principi fondamentali in materia di prevenzione e contrasto del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo che i paesi sono chiamati a recepire nel contesto dei rispettivi ordinamenti giuridici, amministrativi e finanziari.
Le Raccomandazioni, interamente riviste nel 2012 e regolarmente aggiornate, sono accompagnate da “Note Interpretative” e da un “Glossario” di definizioni che ne formano parte integrante. Le Raccomandazioni definiscono un quadro globale e coerente di misure per combattere il riciclaggio e il finanziamento del terrorismo. Esse tengono altresì conto dell’esperienza maturata nell’applicazione degli standard nel corso degli anni, delle criticità riscontrate nelle valutazioni dei sistemi antiriciclaggio nazionali e dell’evoluzione dei rischi. In particolare, nelle Raccomandazioni viene adottato un approccio basato sul rischio (risk-based approach): la considerazione del rischio informa infatti l’assetto regolamentare, l’azione delle Autorità, la compliance dei soggetti obbligati. Fondamento di tale approccio è lo svolgimento di una accurata valutazione del rischio (risk assessment) nazionale su base periodica. Tra gli elementi degni di nota introdotti con la revisione del 2012 rilevano anche l’ampliamento dell’ambito dei reati-presupposto del riciclaggio, che include anche le violazioni fiscali, e l’affinamento degli obblighi preventivi di adeguata verifica della clientela, volto a chiarirne le modalità di adattamento alle caratteristiche del rischio e a rafforzarne l’intensità nei casi di maggiore esposizione.
Nel corpo delle Raccomandazioni sono compendiati anche gli standard per il contrasto al finanziamento del terrorismo, introdotti nel 2001, oltre a misure specifiche per fronteggiare il finanziamento della proliferazione delle armi di distruzione di massa, in conformità alle Risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.
Tra i temi fondamentali delle Raccomandazioni figura anche il ruolo delle Financial Intelligence Unit (FIU) a livello nazionale e l’importanza dei meccanismi della collaborazione internazionale tra queste. Le regole, ispirate agli standard del Gruppo Egmont, e alla definizione di (FIU) elaborata in tale ambito, precisano alcuni aspetti dell’attività di analisi finanziaria e del perimetro delle informazioni (“finanziarie”, “amministrative” e “investigative”) che devono essere disponibili. Viene previsto, tra l’altro, un obbligo generale per le FIU di prestare la più ampia collaborazione possibile nei confronti delle controparti estere, limitando la possibilità di rifiuto a pochi casi tassativi. Vengono precisati i requisiti delle richieste e le modalità possibili per l’utilizzo delle informazioni scambiate, subordinando al previo consenso della controparte ogni eventuale uso ulteriore.

Normativa europea

Le regole dell’Unione Europea in materia di prevenzione e contrasto del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo hanno recepito, nel tempo, l’evoluzione dei principi internazionali, con l’obiettivo di realizzare un ambiente normativo armonizzato tra gli Stati membri.
L’impegno antiriciclaggio europeo risale ai primi anni ’90 e si è riflesso, nel corso del tempo, in cinque Direttive e diversi altri provvedimenti.
La quinta Direttiva UE/2018/843, attualmente in vigore, apporta al quadro normativo dell’Unione modifiche mirate su alcune materie specifiche, completando le previsioni introdotte dalla quarta Direttiva UE/2015/849.
La quarta e la quinta Direttiva antiriciclaggio potenziano il sistema di prevenzione degli Stati membri in coerenza con le linee tracciate dalle Raccomandazioni del GAFI del 2012 e valorizzano l’approccio basato sul rischio (risk-based approach), criterio fondamentale per la gradazione delle misure preventive e dei controlli.
Nella quarta Direttiva viene confermata la centralità del ruolo delle Financial Intelligence Unit (FIU) attraverso una disciplina più articolata che ne rafforza le prerogative e ne amplia le funzioni, con riferimento anche ai reati presupposto del riciclaggio. Le disposizioni enfatizzano i requisiti fondamentali di autonomia e indipendenza e adeguano la stessa definizione di FIU, precisandone i compiti di ricezione di segnalazioni di operazioni sospette e altre comunicazioni utili per gli approfondimenti, analisi (più selettiva e mirata ai casi di effettivo rischio) e disseminazione. Anche le regole sulla collaborazione internazionale sono state riviste e ampliate, prevedendo tra l’altro che il riscontro a richieste di FIU estere avvenga esercitando i medesimi poteri disponibili per l’analisi domestica, a prescindere da eventuali differenze nelle legislazioni degli Stati membri e nella definizione dei reati presupposto.
La quarta Direttiva, inoltre, introduce un obbligo di “scambio automatico” di segnalazioni di operazioni sospette che presentano caratteristiche transfrontaliere: le FIU sono tenute a inoltrare prontamente alle controparti europee interessate le segnalazioni che “riguardano un altro Stato membro” (segnalazioni di operazioni sospette “cross-border“).
Nella quarta Direttiva l’approccio basato sul rischio per la definizione dei presidi di prevenzione e contrasto prevede lo svolgimento di valutazioni su diversi livelli tra loro complementari. L’analisi effettuata in ciascuno degli Stati membri attraverso appositi national risk assessment viene affiancata da un esercizio a livello sovranazionale, coordinato dalla Commissione europea. Il Supranational risk assesment mira a individuare e valutare i rischi determinati dalle interrelazioni di minacce e vulnerabilità presenti in diversi Stati membri e da questi singolarmente non osservabili. La prima relazione sulla valutazione sovranazionale dei rischi è stata pubblicata nel giugno del 2017. Essa delinea una vasta mappatura dei rischi per campo di attività e un elenco dei metodi di riciclaggio maggiormente utilizzati. A corredo, la Commissione ha formulato specifiche Raccomandazioni agli Stati membri indicando le misure e le iniziative da intraprendere per la mitigazione dei rischi.
La quinta Direttiva antiriciclaggio amplia l’ambito dei soggetti obbligati, includendovi operatori in valute virtuali; prevede regole più dettagliate per l’adeguata verifica, a fronte soprattutto dei rischi connessi all’uso di carte prepagate e a controparti di paesi ad alto rischio; estende le misure di trasparenza della titolarità effettiva di società e trust prevedendo l’istituzione di registri nazionali ampiamente accessibili e interconnessi; rafforza i poteri delle FIU per l’analisi domestica e la collaborazione. Viene attribuita alla Commissione europea il compito di valutare l’efficacia della cooperazione tra le FIU dell’Unione e proporre l’istituzione di un “Meccanismo di coordinamento e supporto”.
In ottemperanza alle previsioni della quarta e della quinta Direttiva antiriciclaggio, il 24 luglio 2019 la Commissione ha approvato e pubblicato quattro Rapporti sul sistema antiriciclaggio.

  • La nuova Valutazione sovranazionale dei rischi riesamina i rischi individuati nel primo esercizio per valutarne la persistenza alla luce delle raccomandazioni formulate e delle misure applicate dagli Stati membri; la valutazione individua inoltre nuovi fattori di rischio di portata sovranazionale.
  • Il Rapporto sulle caratteristiche delle attività e della collaborazione delle FIU e sul “Meccanismo europeo di supporto e coordinamento”. L’analisi si articola su quattro temi principali: 1) collaborazione tra FIU europee e FIU di paesi terzi; 2) collaborazione tra FIU dell’Unione; 3) compiti del meccanismo europeo; 4) possibile ruolo delle FIU e del meccanismo nello svolgimento di controlli. L’azione del meccanismo dovrebbe sviluppare le competenze già attribuite alla Piattaforma delle FIU dell’Unione, concentrandosi sulle aree di criticità individuate e sulle conclusioni e proposte formulate nel Mapping exercise (Mapping Exercise and Gap Analysis on FIU’s Powers and Obstacles for Obtaining and Exchanging Information).
  • Il Rapporto sulla interconnessione dei registri nazionali dei conti bancari è volto a individuare soluzioni per l’accesso integrato in ogni Paese membro alle informazioni contenute nei diversi registri per l’individuazione di rapporti finanziari nell’intera Unione.

Ulteriori fonti normative europee contribuiscono a delineare un quadro organico di misure antiriciclaggio.
Il Regolamento UE/2018/1672 amplia le misure volte al monitoraggio del trasporto transfrontaliero al seguito di denaro contante, nonché alla condivisione e all’utilizzo delle relative informazioni. Nella nuova disciplina le autorità competenti (di regola le Dogane) sono tenute a trasmettere alla FIU del rispettivo paese con cadenza quindicinale le dichiarazioni (elative al trasporto di valori di importo pari o superiore a 10.000 euro; la dichiarazione riguarda sia il contante tradizionale sia strumenti ulteriori quali carte di pagamento e altri mezzi idonei a incorporare valore liquido. Oltre alle dichiarazioni, vanno trasmesse alla FIU le informazioni relative a casi di sospetto di riciclaggio o finanziamento del terrorismo riscontrati dalle autorità doganali, senza limiti di soglia, nonché a ipotesi di violazione dell’obbligo di dichiarazione emerse nel corso dei controlli.
La Direttiva UE/2019/1153 concernente scambi informativi tra le FIU, Organi investigativi nazionali e Europol, prevede che le FIU possano rendere disponibili proprie informazioni a organi investigativi e debbano avere il potere di acquisire informazioni investigative da autorità di polizia.
Le modifiche al regolamento UE/2010/1093 concernente l’European Banking Authority (EBA), pur confermando la competenza nazionale nei controlli antiriciclaggio, affidano all’EBA nuove competenze per lo svolgimento di valutazioni sulle autorità di vigilanza nazionali; l’esercizio di azioni di enforcement e sanzione; l’applicazione di poteri di binding mediation; l’esercizio di poteri sostitutivi in caso di inerzia dei supervisori nazionali; l’elaborazione di linee guida per favorire i controlli e sviluppare la collaborazione. L’EBA viene abilitata ad acquisire dalle competenti autorità nazionali di controllo le informazioni necessarie per i nuovi compiti. È altresì prevista la necessità di un coordinamento stretto tra l’EBA e le FIU, nel rispetto dello status di queste ultime.

Normativa nazionale

La cornice legislativa antiriciclaggio è oggi rappresentata dal decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, da ultimo modificato dal D.Lgs. 4 ottobre 2019, n. 125,  e dalle relative disposizioni di attuazione emanate dal Ministro dell’economia e delle finanze, dall’Unità di Informazione Finanziaria per l’Italia e dalle Autorità di vigilanza di settore, sulla base delle competenze indicate nella sezione “Ordinamento italiano“.
Le fonti normative vigenti per l’osservanza degli obblighi previsti in materia di prevenzione e contrasto del riciclaggio sono indicate altresì nella sezione “Adempimenti degli operatori”, distinte per tipologia di adempimento.   Per gli strumenti di ausilio nella rilevazione delle operazioni sospette di riciclaggio e finanziamento del terrorismo si rinvia alla sezione “Indicatori e schemi di anomalia“.


Dove le mafie riciclano in silenzio

 

Dieci anni dopo la strage di Duisburg – che il giorno di Ferragosto del 2007 lasciò stesi davanti a un ristorante italiano sei calabresi nell’ambito della faida di San Luca partita nel ’91 – la Germania non ha ancora capito che le mafie non sono solo “coppola e lupara”.
In realtà non lo sono mai state, ma la Germania sembra navigare ancora nella scia della famosa copertina del settimanale Der Spiegel del luglio 1977: un piatto di spaghetti in bianco, con una P38 adagiata sopra a mo’ di condimento. Il titolo era «Italia, Paese delle vacanze». Lo strillo di copertina voleva essere ironicamente stridente: «Sequestri, estorsioni, rapine». Sai le risate.
La generalizzazione rispondeva all’immagine riflessa che per i tedeschi lo specchio (der spiegel appunto, nella lingua di Goethe) restituiva dell’Italia. Stereotipi con i quali parte del popolo tedesco continua oggi a dipingere l’Italia intera non capendo, paradossalmente, che l’assenza di sequestri, estorsioni, coppole e lupare non significa che la mafia non infiltri la società e l’economia. Stereotipo per stereotipo, un bel piatto di misto di crauti e spaghetti con sopra un codice di diritto e una laurea, potrebbe descrivere su qualunque settimanale italiano e tedesco l’evoluzione delle mafie che non sparano, non sequestrano e non estorcono. Semplicemente perché non ne hanno bisogno per fare affari.
Persino il fatto che non si spari più non vuol dire che le mafie non continuino a riempire gli spazi. Hanno provato a spiegarlo, agli italiani e ai tedeschi, Franco Roberti e Francesco Curcio, rispettivamente capo e sostituto della Procura nazionale antimafia. Nell’ultima relazione scrivono che «l’ultimo grande omicidio di ’ndrangheta, non a caso, risale al 2008, anno in cui venne ucciso Rocco Molè, capo dell’omonima e potente famiglia del cosiddetto mandamento tirrenico e, complessivamente, le vicende di Duisburg e dintorni appaiono davvero il ricordo di un passato remoto». SOLE 24  ORE 8.8.2017

 

Il riciclaggio fa rima con evasione

Nel contesto del riciclaggio di denaro sporco, una segnalazione su cinque è correlata all’evasione fiscale: il 20,2% delle segnalazioni ricevute nel 2022 dall’Unità di informazione finanziaria (Uif) della Banca d’Italia ha portato “all’attenzione dell’Unità condotte evasive ovvero rappresentative di qualsivoglia strategia operativa orientata alla sottrazione dagli obblighi erariali”, si legge nella relazione annuale della Uif (si veda ItaliaOggi del 05/07/2023). Un fenomeno che ha registrato una crescita significativa, dato che l’incisività delle segnalazioni è aumentata al 20,2%, rispetto al 16,8% del 2021.
A livello numerico, delle segnalazioni totali ricevute dall’Uif da parte dei soggetti segnalanti (155.426), 31.396 sono relative al riciclaggio di fondi provenienti dall’evasione fiscale. Inoltre, all’interno del gruppo legato all’evasione fiscale, vi è un’incidenza del 25% relativa a presunte frodi nelle fatturazioni; di queste, quindi, 7.849 riguardano fatture false e frodi fiscali relative all’Iva, che hanno registrato un lieve calo come altri fenomeni tradizionali (come i movimenti di fondi tra persone fisiche e giuridiche collegate e l’utilizzo di relazioni personali al posto di quelle aziendali).
Frodi sulle cessioni di crediti. Tra i fenomeni in crescita da osservare, indica l’Uif, c’è quello delle “anomale modificazioni soggettive delle obbligazioni tributarie”, relative alle cessioni di crediti d’imposta ex DL 34/2020 (decreto Rilancio), la cui percentuale si attesta al 9,0% del flusso complessivo riferito all’evasione fiscale, quindi, 2.825 casi legati a frodi di cessione dei crediti dei bonus edilizi. Gran parte delle segnalazioni pervenute nell’anno relative a anomalie nelle cessioni di crediti d’imposta ha evidenziato tipologie operative già ampiamente approfondite dall’Uif, i cui esiti noti e in gran parte standardizzati hanno permesso di affiancare ai modelli di analisi consolidati nuovi approcci metodologici. Un esempio è l’utilizzo di analisi aggregate di “terzo livello”. Questa procedura consente di considerare come un gruppo segnalazioni altrimenti poco significative, spesso caratterizzate da molteplici operazioni di importo ridotto, dall’ampio numero di soggetti coinvolti e dalla distribuzione geografica.
La dinamica delle frodi.
Un approfondimento specifico ha riguardato 62 segnalazioni di operazioni sospette (principalmente bonifici) accomunate da ricorrenze soggettive tali da far presumere una connessione con lo stesso perimetro operativo le cui controparti sono state modellate come nodi della rete. La rete era composta da 1.600 entità (persone fisiche e non), a cui si è potuto attribuire un’operatività di oltre 270 milioni di euro. È emersa una significativa correlazione, in termini di importi e tempistiche, tra l’incasso dei corrispettivi per le cessioni di crediti e il trasferimento dei fondi accreditati su conti all’estero, con una netta prevalenza di paesi asiatici (Cina, Hong Kong) e in secondo piano dell’Europa dell’Est (Slovenia, Bulgaria), anche se questi ultimi, dall’esperienza analitica dell’Uif, spesso fungono da semplice punto di transito per fondi che vengono in ultima istanza inviati in Cina.
Lo spostamento di risorse finanziarie oltre confine.
Questo si è rivelato un modus operandi comune non solo per i soggetti che cedono i crediti d’imposta, ma anche per quelli definiti “collettori”, che non agiscono come controparti dirette dell’intermediario che riceve la cessione, ma fungono solo da hub per il trasferimento dei fondi provenienti dai cedenti.
Questi ultimi sono generalmente imprese di recente costituzione, spesso già cessate o in procinto di chiudere, che operano in settori diversificati e difficilmente compatibili con la generazione di crediti fiscali e talvolta rappresentano l’ultimo anello della catena dei trasferimenti, essendo beneficiare del ritorno in Italia delle somme originariamente trasferite all’estero. Per quanto riguarda i “collettori”, le prove raccolte dimostrano frequenti scambi finanziari con soggetti che presentano corrispondenze nei dati anagrafici della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo (Dna) o con banche situate in paradisi fiscali che offrono, tra le altre cose, servizi legati alle criptovalute. ITALIA OGGI 18.8.2023



Come le mafie 5.0 riescono a riciclare fiumi di miliardi. Le nuove mafie sono molto potenti economicamente e variano i loro affari, passando dall’illecito al lecito, mediante un apparato complesso di riciclaggio che coinvolge Stati, banche, imprese e professionisti a livello nazionale e transnazionale. 

 

Siamo di fronte a una mafia «5.0», tecnologicamente molto avanzata. In un simile scenario, non ci possiamo meravigliare che un imprenditore di Palmi, sia indagato dalla Dda di Reggio Calabria perché ritenuto la mente economico-finanziaria di clan della ‘ndrangheta, della camorra e della mafia siciliana che volevano riciclare centotrentasei miliardi di euro.
Sembrerebbe addirittura che l’imprenditore avesse già trentasei miliardi di contanti pronti a essere ripuliti come sembrerebbe sia scritto nella trascrizione di un’intercettazione contenuta in un’informativa della Squadra mobile reggina depositata agli atti del processo “Eyphemos” contro le cosche di Sant’Eufemia d’Aspromonte.
Secondo gli inquirenti l’imprenditore colluso avrebbe gestito un fondo di oltre cinquecento miliardi.
Per l’accusa, il referente delle cosche – indicato come un soggetto in rapporti stretti con la ‘ndrangheta – si stava organizzando per spostare in paesi extraeuropei un’ingente somma di denaro depositata in diversi istituti bancari di vari paesi, anche europei, ma soprattutto in paradisi fiscali da “lista nera” che, comunque, non potevano risultare, a eventuali controlli, giacché nascosti su conti speciali offshore. Questo è il vero volto delle nuove mafie: avvezzi a forme d’imprenditoria avanzate nei territori più produttivi, capaci di entrare in possesso d’imprese in crisi e riuscire a “aggredire” i finanziamenti previsti dal Mise e dal Mef, ma anche di riuscire ad avviare affari nella Santa Sede e con molti Stati europei ed extraeuropei. Non dimentichiamoci che le mafie hanno compreso immediatamente che la loro economia criminale è contro le leggi degli Stati ma non è affatto contro i mercati globalizzati.
Le mafie sanno che i “paradisi fiscali” sono assolutamente “neutrali”, per cui sono indifferenti all’origine dei capitali e accolgono i loro denari senza particolari problemi. Dobbiamo comprendere che siamo di fronte a mafie che sfruttano sistemi che richiedono l’attività di specialisti in grado di organizzare il percorso dei soldi sporchi e di seguirli fino al capolinea ripulendoli perfettamente per poi ricollocarli nelle economia legali. Come sosteneva Pino Arlacchi, già ai tempi del Pool di Palermo, il riciclaggio rappresenta un ponte fra criminalità e società civile che offre ai mafiosi gli strumenti per essere accolti e integrati nel sistema, arrivando a sedere nei consigli di amministrazione e a contribuire all’assunzione di decisioni economiche e sociali rilevanti. Inutile fare finta di non sapere, è sotto gli occhi di tutti come l’economia finanziaria senza regole e globalizzata abbia favorito le mafie, dimostrandosi oggi più confacente alle strategie di occultamento della ricchezza e del suo riciclaggio da parte della criminalità rispetto a tutte le epoche precedenti.
Essenziale in questo processo criminale per il riciclaggio è l’attuale andamento permissivo dei circuiti bancari e finanziari.
Le mafie di oggi accumulano immense quantità di denaro con la droga, poi riciclano queste somme e infine le reinvestono nell’economia e nella finanza legali.  
Il riciclaggio può essere inquadrato sotto una duplice valenza: “reato scopo”, cioè fine a se stesso, o “reato mezzo”, cioè utile alla realizzazione di altri reati.
A seguito di quanto appena scritto, sarà bene adeguarsi a combattere con nuovi strumenti transnazionali il riciclaggio dei proventi di reato rafforzando e rendendo operativa la confisca degli strumenti e dei proventi o dei beni il cui valore corrisponde a tali proventi.Questo non può non presupporre la massima cooperazione internazionale tra gli Stati con nuove forme di assistenza investigativa e giudiziaria che coinvolgano la raccolta di elementi di prova, la trasmissione ad altro Stato d’informazioni, anche senza richiesta, l’adozione di tecniche investigative comuni, e l’eliminazione del segreto bancario. Dovranno giocoforza essere rinforzati anche gli strumenti penali e procedurali che riguardano il sequestro di conti bancari e di beni di provenienza sospetta. Tutte le misure di confisca dei proventi di reato vanno rese possibili all’estero da parte dello Stato richiesto su domanda di uno Stato richiedente. Questo è soltanto un punto di partenza per provare a sconfiggere il riciclaggio di denaro sporco che sta inquinando sempre di più proprio le economie legali dei singoli Stati mettendo in crisi il futuro delle prossime generazioni. IN TERRIS VINCENZO MUSACCHIO 1.12.2020


Imprenditori di Palmi indagato: “Pronto a riciclare 136 miliardi“. 


Un imprenditore di Palmi, Roberto Recordare, è indagato dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria perché ritenuto la mente economica-finanziaria di clan di ‘ndrangheta, camorra e mafia che volevano riciclare 136 miliardi di euro di cui “36 miliardi che erano già pronti, cash” come è scritto nella trascrizione di una intercettazione contenuta in una informativa della squadra mobile reggina depositata agli atti del processo “Eyphemos” contro le cosche di Sant’Eufemia d’Aspromonte. La notizia è riportata dal quotidiano “Domani” e l’ANSA ha potuto visionare l’informativa allegata agli atti del processo in cui si parla di Recordare. Secondo l’informativa, Recordare avrebbe gestito un fondo di 500 miliardi di euro. Una cifra difficilmente credibile: paragonabile a quella di colossi mondiali dell’asset management come Morgan Stanley, Generali Investment o Shroeder. RAI NEWS


Un’operazione di maxiriciclaggio da 136 miliardi di euro, di cui “36 miliardi già pronti, cash”.

È l’affare a cui stava lavorando Roberto Recordare, imprenditore indagato per riciclaggio dalla procura antimafia di Reggio Calabria. Per i magistrati è lui la mente economico-finanziaria di un cartello di clan calabresi, siciliani e campani, che grazie a lui avrebbe riciclato miliardi. A svelarlo un’informativa depositata agli atti del processo “Euphemos”, nel febbraio scorso è costato i domiciliari al consigliere regionale appena eletto Domenico Creazzo, riportata oggi dal quotidiano Domani. Ma le carte dell’inchiesta che Repubblica ha avuto modo di leggere vanno oltre, svelano che Recordare per i clan aveva gestito fondi per 500 miliardi e si poteva permettere il lusso di “buttare nel cestino un bond da 100 miliardi”.  Numeri da capogiro, superiori alla somma delle manovre finanziarie annuali degli Stati di mezza Unione Europea.
Non è la prima volta che Recordare inciampa in un’inchiesta della procura antimafia di Reggio Calabria. In passato, la sua voce era stata intercettata dagli investigatori che lavoravano sui contatti del clan Gullace fra Calabria e Liguria, dove il consulente viene pizzicato – emerge dalle intercettazioni – mentre organizza un incontro d’affari con Sofio, arrestato come braccio destro di Carmelo Gullace nell’operazione Alchemia, ma assolto nel processo che ne è scaturito.
Da quell’inchiesta, apparentemente Recordare non è stato neanche sfiorato, sebbene dalle intercettazioni pare si sia prodigato per tentare di “aggiustare” la posizione processuale di Candeloro Gagliostro, che contro l’arresto ha fatto ricorso fino in Cassazione. Ma la procura evidentemente su di lui ha continuato a lavorare. Ufficialmente imprenditore attivo nel settore dell’informatica, in realtà – spiegano le indagini – è un professionista che i soldi sa farli girare fino a far perdere qualsiasi traccia della loro reale origine, muovendosi con disinvoltura fra Germania, Turchia, Malesia, Afghanistan, Dubai, Tagikistan. E che si muove in mondo di professionisti che fanno abitualmente la medesima cosa.  
Nel portafoglio clienti di Recordare, per quel che fino adesso è stato rivelato, non c’erano politici, ma un cartello mafioso che mette insieme il clan Parrello-Gagliostro di Palmi e lo storico casato degli Alvaro di Sinopoli,  imprenditori catanesi in passato finiti tra le maglie di un’operazione antimafia e i camorristi del clan Iarunese di Casal di Principe, tutti rappresentati da 12 faccendieri, metà italiani e metà stranieri.  
Una rete finanziaria mondiale al servizio delle mafie, secondo gli investigatori, in grado di far fondi per 500 miliardi di euro, tutti nascosti su conti fantasma perché privi di iban, ma “rientranti nel patrimonio degli istituti bancari”, accessibili e monetizzabili tramite chiavi elettroniche  in mano a Recordare e tutti intestati a prestanome, alcuni dei quali deceduti. Uno si chiamava Dimitri Verchtl, nato in Russia e deceduto nell’87 a Oslo, ma fino a qualche tempo fa attivissimo nello spostare soldi da un conto all’altro in tutto il mondo. In realtà era proprio Recordare a vestire identità fittizie per far girare il denaro nel labirinto finanziario che aveva strutturato.  Alla base della rete, un conto madre alla Banca nazionale di Danimarca. Ad alimentarli, soldi sporchi – ipotizzano gli investigatori – “riciclati nel tempo, presumibilmente provento di traffici illeciti quali il traffico di armi e stupefacenti, senza escludere i proventi di estorsioni, usura e altre condotte delittuose”.  
E che si trattasse di affari illeciti, Recordare lo sapeva perfettamente. Lo “confessa” lui stesso, intercettato, quando racconta di aver dovuto buttare in un cestino dell’aeroporto di Roma la busta contenente i codici di accesso, certificati bancari e documenti relativi a prodotti finanziari del valore di cento miliardi di euro. “Ho detto ‘va, dopo che mi lasciano torno e la prendo’. Se la prendevano diventava… perché avevo il bond da trentasei miliardi”. Un’atra intercettazione, captata in ambientale, mostra l’assoluta nonchalance dell’imprenditore, che senza mezzi termini chiede ad un ingegnere, considerato di fiducia, di far passare sui propri conti un bonifico da 30milioni di euro e la disponibilità a farli sparire subito dopo.  
A Recordare però piace giocare con il fuoco. Ha capito di avere il fiato sul collo degli investigatori, anzi che ci sono addirittura “tre servizi segreti che ci stanno addosso”. Ma si sentiva convinto di poterne uscire indenne, anche grazie ad una rete di contatti e relazioni che andavano dal “governo della Malesia e la Banca Centrale” a tecnici di grandi istituti bancari come la Deutsche bank, disponibili ad operazioni delicatissime e che in pochi al mondo hanno chiavi e competenze per fare. Uno “specializzato abilitato a operare nel dodicesimo livello”, dunque in grado di far arrivare un flusso di capitali su una banca malese, per poi girarli su un conto del Tagikistan. Giravolte finanziarie di cui Recordare era esperto e che sperava di aver reso invisibili. Ma non lo sono state per la procura antimafia di Reggio Calabria. LA REPUBBLICA 27.11.2020


Le risate dopo l’autobomba che uccise la giornalista Daphne Caruana Galizia 

“Questi non si spaventano di niente, se ogni tanto ne vede saltare qualcuno in aria, questa non faceva niente”. Sono alcune delle intercettazioni della squadra mobile reggina dell’imprenditore Roberto Recordare. Il riferimento “lei”, secondo gli investigatori, è rivolto al sostituto procuratore della Dda reggina Giulia Pantano, titolare dell’inchiesta Alchemia, di cui Recordare stava parlando con alcuni interlocutori. In un’altra intercettazione, l’imprenditore di Palma parla dei suoi interessi a Malta e, riferendosi all’autobomba che uccise la giornalista Daphne Caruana Galizia, ride e afferma: “Stavano ancora raccogliendo i cocci di quella a Malta”.

 


Il riciclaggio tra economia e finanza

Come le nuove organizzazioni mafiose riciclano i loro profitti illeciti

 

Lultima relazione dellUnità di Informazione Finanziaria (UIF) della Banca dItalia segnala un rilevante aumento di operazioni finanziarie sospette. La maggior parte di esse è nel nord dellItalia, ma il fenomeno ha ormai assunto una valenza internazionale. Abbiamo approfondito il tema con il criminologo Vincenzo Musacchio.

Professore, ci spiega in breve cos’è il riciclaggio? Il riciclaggio è una condotta illegale per ripulire” il denaro sporco attraverso attività legali. Chi ricicla deve evitare di essere scoperto così mimetizza il denaro sporco come se fosse un profitto ottenuto legalmente. I mafiosi non possono detenere grandi somme di denaro senza spiegarne l’origine altrimenti rischiano la confisca dei beni. Ciò significa che devono trovare qualsiasi stratagemma per eludere i controlli da parte delle forze dell’ordine e della magistratura: il riciclaggio è uno degli strumenti adeguato a questo scopo.

In questo settore si parla anche di autoriciclaggio, di cosa si tratta? Lo commette chi ricicla ed è al tempo stesso l’autore del delitto dal quale proviene il denaro o il bene illecito (es. il mafioso che con i soldi delle estorsioni acquista un immobile). Si punisce chi occulta i beni provenienti da azioni criminali che lui stesso ha commesso. Lo scopo del reato resta quello di dissimulare e ripulire i proventi o i beni ottenuti illegalmente. 

È di questi giorni lultima relazione dellUnità di Informazione Finanziaria della Banca dItalia sulle operazioni bancarie sospette, che dati ci consegna? Nel secondo semestre 2021 lUIF ha ricevuto 69.401 segnalazioni di operazioni sospette. Un aumento del 15% rispetto al secondo semestre del 2020. In tutto il 2021 le segnalazioni di operazioni sospette sono state 139.524 con un aumento del 23% rispetto al 2020. Lorgano di controllo della Banca dItalia ha adottato dieci provvedimenti di sospensione di operazioni sospette, per un valore di quasi quattro milioni di euro. In aumento anche le transazioni sospette nell’ambito della collaborazione tra autorità giudiziarie italiane e straniere. Questi dati ci confermano, se ce ne fosse bisogno, che il riciclaggio di denaro è un problema diffuso nel settore bancario e finanziario ed è molto difficile da stanare poiché sta assumendo sempre più dimensione transnazionale. Occorrono nuove tecnologie antiriciclaggio e sanzioni più severe.

Il riciclaggio, quindi, non è soltanto un problema italiano? Il riciclaggio di denaro è un problema mondiale e colpisce circa tre trilioni di euro ogni anno, oscillando dal 2% al 7% del PIL globale. Nella classifica stilata nel Rapporto Global Money Laundering Risks 2021” si può osservare come a livello mondiale Haiti sia lo Stato con il più alto rischio di circolazione di riciclaggio di denaro e finanziamento al terrorismo con un indice di 8,49, mentre, il Paese più affidabile è Andorra con un indice di 2,73. Sono più di cento gli istituti bancari internazionali con flussi di denaro sospetti, per oltre duemila miliardi di dollari, in centosettanta Paesi nel mondo. Dati molto preoccupanti che confermano la transnazionalità di questo crimine.

Quali sono i metodi più usati dalle mafie per riciclare? Le mafie più moderne per ripulire i loro soldi sporchi usano istituzioni bancarie e finanziarie e tutte quelle attività ad alto reddito,facendo sembrare che il denaro provenga da attività legali.
Molte organizzazioni criminali utilizzano società di comodo. È il modo con cui, ad esempio, i trafficanti di droga possono detenere denaro in conti bancari senza destare sospetti.  
Le attività più comuni coinvolte nel riciclaggio di denaro sono sempre quelle che muovono grandi quantità di denaro, come catene di alberghi e ristoranti, complessi turistici, discoteche, enti di beneficenza. Larte o i preziosi sono altri settori dove c’è riciclaggio. Le nuove mafie riciclano anche nel settore immobiliare, nei casinò, nelle banche, nel commercio, negli investimenti finanziari, attraverso attività in contanti e persino nel mondo virtuale (Internet).

Come funziona il riciclaggio nel settore immobiliare? Gli affari del settore immobiliare muovono ingenti somme di denaro e si servono sistemi finanziari legittimi come banche e società di mutui. I mafiosi acquistano spesso un immobile utilizzando denaro contante proveniente da attività illegali e poi lo vendono rapidamente, depositando il ricavato su un conto bancario pulito. Usano spesso una testa di legno per acquistare la proprietà o si servono di società di comodo per compiere l’acquisto. Una volta che hanno venduto l’immobile, risalire all’origine dei fondi di acquisto diventa più difficile e il gioco è fatto.

Corrisponde al vero che si ricicla anche nei casinò? I casinò hanno una pessima reputazione come luoghi per riciclare fondi illegali. Reputazione giustificata se si pensa che gestiscano grandi quantità di contante.  
Le mafie possono facilmente ripulire il denaro sporco mentre giocano. Pagano le fiches del casinò con i loro proventi illegali, giocano un po’ e poi incassano. Il risultato è che entrano con soldi sporchi ed escono con denaro pulito mascherato da vincite. 

Com’è coinvolto il settore bancario nelle attività di riciclaggio? Molte indagini della magistratura italiana (per tutte vedasi lOperazione Thomas” in Calabria) ci hanno mostrato come le mafie siano in grado di possedere un proprio istituto bancario o finanziario che utilizzano per ripulire i fondi illegali anche su larga scala.
Se un riciclatore di denaro possiede una banca, una società di mutui o una di compravendita di azioni, può trasferire il denaro attraverso la propria organizzazione a un altro istituto finanziario abbastanza facilmente. Questi trasferimenti spesso avvengono sotto forma di cambi di valuta molto difficili da rilevare da parte delle altre istituzioni finanziarie coinvolte e dalle agenzie di regolamentazione e controllo.

Si ricicla anche nel settore del commercio? Assolutamente sì. Si dissimulano i proventi di reato spostando i profitti mediante transazioni commerciali. Questo può includere: sovra e sotto fatturazione di beni e servizi, emissioni di fattura multipla, spedizioni in eccesso e in difetto o beni e servizi e prestazioni erroneamente descritte. Le aziende possono portare a termine queste operazioni alterando i prezzi e le quantità dimportazioni ed esportazioni e far sembrare i profitti più grandi di quanto in realtà non sia. In buona sostanza siamo di fronte ad una pratica illegale che prevede il coinvolgimento di chi emette la falsa fattura e di chi la riceve.

La diversificazione dei proventi illeciti può essere considerata una tecnica di riciclaggio? Sicuramente è un modo di allontanare il denaro dalle sue origini illegali sottoponendolo a numerose transazioni e in varie forme. I contanti ad esempio possono diventare oro, preziosi, quadri, immobili, bitcoin e così via. Questa differenziazione può portare il denaro illecito a fare il giro del mondo. La transnazionalità delle operazioni rende ancora più difficile l’applicazione delle normative antiriciclaggio, poiché sono coinvolte più giurisdizioni e leggi diverse. 

Lutilizzo di imprese fantoccio” può essere un mezzo per riciclare? Rivendite di auto, lavanderie a gettoni, autolavaggi, discoteche, pizzerie sono le preferite dai riciclatori di denaro perché fanno cassa contante.  Queste società, di fatto mafiose, ma, di diritto legali, sono lideale per riciclare fondi illegali. Non sarà facile dimostrare quanti soldi passano effettivamente in simili aziende ogni giorno. 

Ci spiega cosa è lo smurfing” e come lo si utilizza per riciclare il denaro sporco? La pratica dello smurfing prevede che da un soggetto siano eseguite una serie di operazioni di versamento e di cambio con una certa regolarità, che mostrano legami tra di loro e che sono riconducibili allintenzione di mantenersi sotto la soglia fissata per far scattare la segnalazione e il controllo previsto dalle leggi sul riciclaggio di denaro.  Una specie di destrutturazione dei capitali illecitamente conseguiti.  In pratica divido grandi quantità di denaro in porzioni più piccole e le deposito in molti conti diversi, rendendo quasi impossibile rilevare i fondi illegali. Posso destinare il denaro anche in paradisi fiscali allestero se non voglio che rientri come profitto allinterno dellorganizzazione criminale.

Che ruolo hanno le cripto valute e le-commerce nelle attività di riciclaggio? Il riciclaggio online è senza dubbio un ottimo settore per ripulire i capitali illeciti mafiosi. A differenza di quanto si sia portati a credere, le nuove mafie fanno sempre più ricorso a pagamenti effettuati con cripto valute quali i bitcoin e più recentemente i “monero” che non consentono il tracciamento e sfuggono al monitoraggio bancario.  
Il commercio elettronico invece può essere utilizzato per nascondere la provenienza illecita dei capitali utilizzati per le transazioni.  
Sono due settori che offrono molte garanzie di anonimato e pochi rischi di essere scoperti.  Saranno il futuro mercato dove graviteranno tanti soldi delle mafie.

Quali possono essere secondo lei le misure, preventive e repressive, da adottare contro il riciclaggio di denaro sporco? Direi che il primo passo da fare sia quello di considerare il riciclaggio di denaro un delitto gravissimo poiché vede uniti in un rapporto simbiotico mafie e colletti bianchi.  
Occorrerebbe trovare soluzioni per impedire ai criminali di utilizzare le istituzioni bancarie e finanziarie per riciclare i loro fondi illegali. Incidere sulleliminazione del segreto bancario e sui cd. paradisi fiscali. Rafforzare al massimo il sistema della segnalazione di operazioni sospette.  
Bisogna potenziare gli organi utilizzati per rintracciare i fondi illegali e la possibilità di confiscare i proventi delle organizzazioni criminali. È indispensabile ostacolare il riciclaggio internazionale, attraverso la formazione degli operatori e lideazione di strumenti legislativi e tecnologici sempre più efficaci ed efficienti, da parte dellintera comunità internazionale.  
In tal senso larmonizzazione delle legislazioni e la cooperazione tra gli Stati giocheranno un ruolo decisivo. Per quanto riguarda laspetto sanzionatorio, occorre inasprire sia le pene detentive sia quelle pecuniarie.   Negli Stati Uniti, ad esempio, le multe per la violazione delle normative antiriciclaggio sono pesantissime. Se si è presi a riciclare denaro, i colpevoli possono arrivare a pagare una multa di 500 mila dollari o il doppio della quantità di denaro riciclato. Chi ricicla denaro sporco, per le mafie o i terroristi, finisce in galera con pene che possono arrivare fino a trentacinque anni di reclusione.

Vincenzo Musacchio, criminologo forense, giurista, associato al Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies (RIACS) di Newark (USA).

 

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COLLEGAMENTI UTILI

IL MONDO SOMMERSO DEL RICICLAGGIO DI DENARO  

 

In virtù del momento storico che stiamo vivendo, dalle gravi ripercussioni economiche e sociali, un fenomeno sicuramente da tenere sotto osservazione, nella sua componente locale e internazionale, è quello del riciclaggio di denaro sporco da parte delle organizzazioni criminali. Esso è un processo complesso per il quale si tende a nascondere le origini e le proprietà dei profitti illeciti, con una serie di tecniche e strategie volte a ripulire l’identità criminale dei proventi, attraverso fonti e circuiti finanziari apparentemente leciti. In altre parole, in un’ottica più generica, il denaro sporco verrebbe riciclato o pulito all’interno del circuito dell’economia legale, attraverso mezzi legittimi, facendolo sembrare esso stesso una risorsa lecita. Le organizzazioni criminali, dalle caratteristiche sempre più internazionali, sono con gli anni diventate sempre più competenti in tema di pulizia del denaro attraverso forme sempre più sofisticate tese a sfruttare eventuali buchi normativi oppure legislazioni notoriamente lassiste esistenti in alcuni paesi che diventerebbero, di conseguenza, dei rifugi sicuri per tutti coloro che cercano di nascondere le loro ricchezze illecite. In questo senso, quelli che sono i proventi derivanti dal traffico di droga, dalla corruzione, dal contrabbando illegale di armi, dal traffico degli esseri umani ed ecc…, sarebbero quindi continuamente soggetti ad attività di riciclaggio volte a nascondere la propria natura e proprietà illecita.
Il motivo dell’utilizzo di questo sistema deriva da tanti fattori tra cui quello di ridurre alcuni svantaggi competitivi derivanti dalla stessa liquidità sporca: “la libertà di allocazione di questa risorsa è ridotta a causa della disponibilità di scoperta e di conseguente incriminazione che deriva dalla sua movimentazione e spesa. Da qui nasce il fenomeno del riciclaggio”[1].

Come rivela il rapporto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 2019, la nostra nazione si trova all’interno di un indice di rischio molto significativo per quanto riguarda questo fenomeno e, purtroppo, i picchi si collocano al centro-sud. Nonostante ciò, le zone del nord non ne sono esenti in quanto la nuova mafia 4.0 (nello specifico la “Ndrangheta” e “Cosa Nostra”) in maniera più incisiva della precedente, può contare su un sistema economico, finanziario e sociale in grado di investire denaro sporco in molti settori strategici situati proprio nel settentrione.
Recentissima è la notizia di possibili forme di riciclaggio di denaro sporco, a Milano, dall’ammontare di un miliardo di euro:  
“Una cifra mai vista e mai denunciata prima che comprende riciclaggio mafioso, finanziamento al terrorismo, evasione e corruzione. In tempi di covid molto passa in secondo piano, non questi movimenti di denaro che rappresentano oggi un vero alert che dovrà essere tenuto in grande considerazione dalla procura”[2]
In un mondo globalizzato come quello attuale, costernato da una serie di rivoluzioni dal punto di vista della tecnologia, dei trasporti e delle comunicazioni, si può ben intuire quanto sia diventata ancora più difficile la lotta contro questo grande nemico nonostante, parallelamente, si stiano studiando dei sistemi tecnologici sempre più proattivi tesi a rilevare il maggior numero possibile di fattori anomali. Quella che è la lotta al riciclaggio assume quindi le caratteristiche della complessità, dinamicità e della prevenzione prima ancora della repressione. Difatti tra le novità più significative derivanti direttamente dalla recente IV direttiva antiriciclaggio, recepita in Italia con i decreti legislativi n.90 e 92 del 25 maggio 2017, si evidenzia il ruolo cardine dell’analisi dei rischi ossia “quel nuovo approccio diretto a identificare e valutare i rischi di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo insiti nell’esercizio delle attività finanziarie e professionali svolte dai destinatari della normativa antiriciclaggio che diviene, infatti, la linea guida per orientare tanto il comportamento dei soggetti obbligati quanto l’azione di controllo svolta dalle autorità, facilitando una migliore allocazione delle risorse nella lotta al riciclaggio verso gli ambiti che presentano maggiori vulnerabilità”[3].
All’interno di questa attività preventiva non deve essere dimenticato ovviamente il ruolo della cooperazione anche con altre autorità o giurisdizioni. Come ben si può intuire la lotta contro il cosiddetto “money laundering” non è per niente semplice: è un fenomeno purtroppo molto esteso che non si limita a diffondersi solo all’interno dei confini nazionali (si pensi ad esempio quanto la criminalità organizzata sia diventata globale e collabori alcune volte anche con diverse organizzazioni terroristiche).
“Il riciclaggio assume oggi connotati di organizzazione sempre più marcati e sfruttando sempre più i Paesi off-shore e i servizi di professionisti compiacenti. In considerazione di questo, il complesso mondo del riciclaggio di denaro è legato alle fonti di arricchimento della criminalità organizzata e del terrorismo. Notoriamente, il traffico di droga, il contrabbando di petrolio e il traffico di armi e di diamanti sono considerate fonti di introiti da dover necessariamente riciclare: i diversi metodi di riciclaggio sono quindi più che funzionali per occultare le origini del denaro illecito”[4].
Lo stesso David Gentili, presidente della Commissione antimafia di Milano, ha sottolineato quanto in questo momento sia necessario controllare attentamente tutti quei cambi degli assetti societari nelle aziende che investono nella ristorazione, nell’alberghiero e quelle che hanno in gestione appalti importanti. La liquidità, continua, di mafiosi o evasori fa gola a molti in questo periodo.
Le modalità attraverso le quali è possibile ripulire il denaro sporco sono molteplici e seppure molte di loro non richiedono l’assistenza del settore finanziario, la realtà è che grosse somme di denaro passano invisibilmente e inevitabilmente all’interno di quest’ultimo per essere riciclate.
In generale, è possibile inquadrare la maggior parte delle operazioni di pulizia del denaro sporco in quattro elementi caratterizzanti: 

  • L’occultamento delle vere identità e proprietà;
  • Il continuo mutamento delle caratteristiche del denaro;
  • Il processo di oscuramento di tutte quelle tracce lasciate dalla procedura di pulizia;
  • Il monitoraggio e il controllo, da parte dell’organizzazione, del denaro oggetto di riciclaggio;

Non per niente si cerca costantemente di cambiare i paradigmi di riferimento, soprattutto da parte delle autorità, per cercare di anticipare o di andare di pari passo all’evoluzione dei modus operandi studiati e messi in pratica dalle differenti organizzazioni criminali. Tutto questo perché la struttura, la posizione geografica e gli obiettivi della singola composizione mafiosa o terroristica influisce molto sulle strategie da esse impiegate.

Partendo dalla forma più semplice, è possibile scomporre la catena del riciclaggio di denaro in tre fasi: 

  1. Posizionamento o Smurfing: essa presuppone un team di collaboratori che effettua una moltitudine di versamenti di basso importo, in diversi periodi, tramite degli istituti bancari. Generalmente il conto bancario viene intestato ad alcune società o imprese di facciata, ben strutturate, in modo tale da nascondere la provenienza dei proventi illeciti. Per quanto riguarda l’importo dei versamenti si può sostenere che generalmente è tarato a un livello tale da non superare le soglie di rischio stabilite dalle banche, garantendo così che non vengano effettuati ulteriori controlli di due diligence.
  2. Stratificazione o Layering: il ricavato proveniente dall’attività di smurfing viene utilizzato per acquistare e vendere ripetutamente dei beni legittimi. In altre parole, si realizzano dei veri e propri “strati” di transazioni finanziarie volte a rendere sempre più difficile la ricostruzione del flusso del denaro e quindi anche della sua origine. L’utilizzo di terze parti economiche, spesso ignare rispetto a quelli che sono i fini perseguiti dalle organizzazioni criminali, diventano quindi dei mezzi inconsapevoli attraverso i quali è possibile ulteriormente far apparire i proventi illeciti come legittimi.
  3. Integrazione: ultima fase per la quale è possibile reintrodurre la ricchezza ripulita all’interno dell’economia reale e legale. Non di rado si investe il contante all’interno di aziende che hanno un’alta percentuale di vendite in contanti come i casinò, discoteche ed ecc…             

Per quanto riguarda le tecniche utilizzate dalle organizzazioni criminali, oltre che essere molte e variegate rispetto a quelle che sono le strutture e i fini delle stesse, sono sempre in continua evoluzione considerato il fatto che sono strettamente correlate a quelle opportunità che, di volta in volta, si presentano ai malviventi.

Si analizzano quelle più comuni:

  • L’acquisto di biglietti vincenti: il vero proprietario del biglietto fortunato viene convinto, attraverso un incentivo economico, a concedere lo stesso a una persona “apparentemente pulita”, legata in qualche modo all’organizzazione criminale, che riscuoterà successivamente la vincita. Non di rado inoltre vengono acquistate, all’interno dei centri di scommessa, tutte le possibili combinazioni vincenti ottenendo in questo modo un sicuro lavaggio del denaro (anche se a volte ciò comporta delle perdite economiche).
  • L’uso dei casinò: spesso si comprano una grossa quantità di fiches che verranno utilizzate in diversi modi ovvero una piccola porzione verrà impiegata per giocare mentre l’altra sarà adoperata per dimostrare, attraverso vari passaggi e certificazioni fasulle, delle vincite che, in realtà, non ci sono mai state. In aggiunta, non sono mancate delle volte in cui l’organizzazione criminale avesse acquistato una parte o l’intero casinò per certificarsi autonomamente delle vincite fantasma.
  • Rimborsi fiscali: la ditta direttamente o indirettamente collegata all’organizzazione criminale dichiara al fisco una cifra più alta rispetto a quella dovuta richiedendo, successivamente, il rimborso.
  • L’utilizzo dei paradisi fiscali: dopo aver depositato dei soldi in qualche banca situata in un paradiso fiscale, si chiedono dei prestiti a qualche istituto bancario di un altro Stato che, come garanzia, potrà avvalersi della liquidità depositata all’estero.
  • La fondazione di società di copertura: quell’insieme delle attività economiche che, seppur piccole, sono in grado di generare un flusso costante di valuta per le piccole transazioni, non risultando sospette. Sia che si tratti di società di arte, di sport, di ristorazione ed ecc…, la mera logica del guadagno è spesso sostituita dall’importanza del flusso di cassa.
  • Beni e servizi fantasma: generalmente due società di appartenenza delle organizzazioni criminali fatturano, l’una dall’altra, l’avvenuta cessione di beni o prestazioni di servizi del tutto fantasma.
  • Acquisti e vendite di beni immobili: si può acquistare qualunque bene immobile in pessime condizioni, attraverso dei contanti e ad un prezzo conveniente per poi rivenderlo al miglior acquirente, ad una cifra più alta, dopo averlo ristrutturato.
  • L’uso dell’ IVTS (Informal Value Transfer System): esse permettono dei trasferimenti economici semplici che non avvengono attraverso degli istituti bancari; utilizzate principalmente per effettuare dei versamenti economici da uno Stato all’altro, nella loro legalità possono nascondere quindi operazioni illegali come il riciclaggio di denaro.                              

Ad oggi sono tanti i passi avanti che si stanno facendo per prevenire e monitorare non solo le tecniche che già si conoscono, ma anche scoprire nuovi modus operandi sempre più difficili da identificare. Con l’aumentare delle multe e delle pressioni normative, gli istituti di controllo stanno, passo dopo passo, implementando tutte quelle misure precauzionali utili a identificare il maggior numero possibile di attività sospette. Non meno carente è stato il lavoro svolto dai dipartimenti investigativi antiriciclaggio che, di fronte a operazioni sempre più complesse, stanno ampliando i propri strumenti operativi tanto quanto le loro tecniche investigative. Fondamentale in questo senso sarà il miglioramento di potenti software di link analysis e dell’intelligenza artificiale per supportare il lavoro della prevenzione e dell’analisi. A sostegno di quest’ultima, ma non solo, a sua volta non possono essere non menzionate le tre principali attività investigative, messe in atto da diversi soggetti, impiegate contro il reato di riciclaggio (Articolo 648 bis del codice penale):

  • Le operazioni sotto copertura: condotte da agenti delle forze di polizia, che nel loro nascondere la propria identità, con tutti i rischi del caso, sono bravi a intercalarsi all’interno della realtà mafiosa con lo specifico intento di ottenere delle informazioni utili allo svolgimento delle indagini.
  • Le intercettazioni telefoniche: rappresentano tutte quelle attività legali, svolte dalle forze di polizia su incarico del pubblico ministero, utili a captare o carpire quelle informazioni provenienti dal flusso delle comunicazioni telefoniche, telematiche e informatiche.
  • Tutti quei soggetti, istituti bancari e finanziari che si occupano di controlli, rilevamento di red flags[5] e segnalazioni alle autorità, di possibili forme di riciclaggio: spesso per esempio le attività investigative cominciano proprio dagli avvisi derivanti dai risultati delle ispezioni tributarie.

A ciò, non deve essere messo in secondo piano il lavoro di collaborazione compiuto dai notai, dagli avvocati, dai commercialisti, direttamente con la guardia di finanza o la banca d’Italia, attraverso la cosiddetta  “s.o.s” (segnalazione di operazione sospetta).           
Come visto nelle righe precedenti, tra le conseguenze insite all’interno del tema covid si cela, più che mai, la possibilità del riciclaggio di denaro da parte della criminalità organizzata. Non si dimentichi che la stessa, a differenza dello Stato, possiede un’enorme quantità di denaro liquido, una burocrazia praticamente assente e un sistema di walfare capillare sul tutto il territorio. Nella fattispecie con la sua struttura poggiata sulla divisione organizzativa dei suoi membri, è in grado di occuparsi sia degli affari illeciti, sia del lavaggio del denaro sporco attraverso una rete di consensi, relazioni sociali e rapporti di potere di notevole entità. “Nella propria attività di riciclaggio le organizzazioni mafiose prediligono settori dove possono assumere una posizione dominante o creare un cartello in modo tale da impedire una reale concorrenza ed incrementare la loro influenza e il loro potere (Grasso, Bellavia 2011). Il settore dell’edilizia, la grande distribuzione e la ristorazione sono settori tipicamente caratterizzati dall’infiltrazione mafiosa e sono soggetti ad attività di riciclaggio e all’utilizzo di prestanomi. Lo è pure il settore finanziario e in particolare le imprese finanziarie”[6].

Nelle sue variegate forme, ogni organizzazione mafiosa più delle altre fa uso di specifiche tecniche di riciclaggio. Si analizzano brevemente quelle più comuni: 

  • La mafia cinese è famosa per il Loan Back (prestito a se stessi): in alcune particolari zone dell’Italia non sono mancate delle vere e proprie strategie tese ad accedere a mutui, in capo a dei prestanome, per riuscire a ripulire i proventi derivanti dalla loro attività illecite.
  • La mafia napoletana è abbastanza conosciuta per le sue forme di riciclaggio basate sull’acquisto di voucher o biglietti vincenti.
  • Cosa nostra” e la “N’drangheta” sono più propense a investire in grosse imprese dagli ingenti flussi di liquidità: ristoranti, discoteche, casinò ed ecc…

In generale, qualsiasi sia la sua formazione, è possibile sostenere che la mafia sia “mistificatrice”: in grado di comprendere quelle che sono le principali tendenze, creare dei vuoti, generare dei bisogni per poi proporsi essa stessa come la soluzione ad ogni problema. Soprattutto in questo periodo.

“Per tanto tempo, il riciclaggio è stato ritenuto un’attività di esclusiva pertinenza delle mafie internazionali ma, dalla fine del secolo scorso, esso viene ricondotto con dovizia e costanza anche dalle organizzazioni terroristiche. Difatti, l’utilizzo del circuito finanziario – da parte di quest’ultime – per autofinanziarsi tramite l’utilizzo di capitali leciti sta sostituendo un altrettanto concreto fattore di inquinamento dei mercati e di pericolo per la società civile”[7].
In questo caso, a fianco al fenomeno del “money laundering” si cela un altrettanto complesso meccanismo sommerso definito “money dirtying”. Sebbene entrambi abbiano lo scopo comune di tenere nascosto la provenienza del denaro, vi è una principale differenza da sottolineare: se nel primo caso i proventi rappresentano il frutto delle attività criminose poi successivamente immessi nel circuito economico legale; il secondo, invece, parte dal presupposto che le attività dalle quali provengono i profitti siano lecite e che il suo seguente utilizzo ne rappresenti l’illiceità. In parole semplici, il riciclatore terrorista più che concentrarsi sulla produzione del denaro si dedicherebbe sulle modalità del consumo.  Il suo timbro illegale, nella sua complessità, quindi non è marcato dalla sua origine, ma dalla destinazione ultima.

Si descrivono brevemente, anche in questo caso, quali sono le tre fasi principali del money dirtying: 

  • Collection: raccolta dei proventi ottenuti da attività prevalentemente lecite;
  • Trasmission and dissimulation: trasmissione e occultamento dei proventi con lo scopo principale di nascondere i fini ultimi del percorso del denaro;
  • Use: l’utilizzo delle risorse economiche raccolte per il compimento di attentati terroristici.   

In generale i terroristi raccolgono grosse quantità di denaro in paesi diversi e lassisti dal punto legislativo (Isole Cayman, Barbados, Lussemburgo ed ecc…), rispetto a quello che sarà il paese target oggetto dell’attentato terroristico. Anche in questo caso, la flessibilità offerta dalla globalizzazione e dalle moderne tecnologie informatiche gioca un ruolo determinante (si pensi all’online banking, e-cash, cyber payment ed ecc…). In questo senso, anche in Italia, vengono molto utilizzati i Money transfert: il denaro, spesso spezzettato in piccole quantità, verrebbe spostato in ogni parte del mondo finanziando così ogni attività terroristica o criminale. Che si tratti di nascondere la provenienza illecita del denaro oppure di favorire la realizzazione di attentati terroristici, il punto principale rimane sempre lo stesso la complessità: i soldi seguirebbero tutta una serie di percorsi ben nascosti, all’interno di centri finanziari di notevole opacità, dietro attività commerciali e ragioni economiche fittizie.        

Il tema è così caldo da richiedere un impegno costante anche da parte della Commissione europea: 

“Oggi, grazie a un piano d’azione organico e di ampia portata, rafforziamo ulteriormente le nostre difese per contrastare il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo. Poiché è importante che non vi siano anelli deboli nelle nostre norme e nella loro attuazione, ci impegniamo a realizzare le azioni previste, in modo rapido e coerente, nei prossimi 12 mesi. Con queste misure rafforziamo inoltre il ruolo globale dell’Ue nella definizione di norme internazionali per la lotta contro il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo”. Il piano d’azione si fonda su sei pilastri: applicazione efficace delle norme dell’Ue; un corpus normativo unico; vigilanza a livello dell’Unione; un meccanismo di coordinamento e di sostegno per le unità di informazione finanziaria degli Stati membri; attuare le disposizioni di diritto penale e lo scambio di informazioni a livello unionale; ruolo Ue a livello mondiale”[8].  
In conclusione, i passi avanti che si sono fatti in questi anni in termini di normative, capacità, figure professionali e tecniche investigative, sono stati essenziali per riuscire a limitare un fenomeno sempre in forte espansione. Nonostante ciò, per la complessità del caso, niente deve essere dato per scontato o semplicemente abbandonato a se stesso: la “macchina investigativa” deve assiduamente andare incontro a tutte quelle  opportunità che le organizzazioni criminali tenteranno di sfruttare. In questo senso nuove valutazioni del rischio vanno ricercate e analizzate assieme allo sviluppo di strumenti previsionali intelligenti per quanto riguarda il rilevamento delle anomalie.  
Di fronte a una crisi economica come quella attuale, i controlli (es. documentazione antimafia, whitelist ed ecc…) e le analisi predittive giocheranno un ruolo vitale per il nostro tessuto economico. Non dimentichiamoci che le nostre piccole e medie imprese, seppur siano le più vulnerabili in termini di eventuali proposte criminali, rappresentano il cuore pulsante della nostra nazione.     

Bibliografia

  • Davide Milosa “Milano, uno tsunami di denaro sporco: oltre un miliardo di euro di operazioni sospette in sei anni”,il fatto quotidiano, maggio 2020.
  • Filippo la Rosa, “Il gioco d’azzardo in Italia”, FrancoAngeli, 2016.
  • B., “Commissione UE:nuova strategia contro il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo”, Sir agenzia informazione, maggio 2020.
  • Giorgio Toschi “ Toschi: GDF in prima linea nella prevenzione e repressione del riciclaggio”, convegno sui presidi antiriciclaggio, 11 maggio 2018.
  • Lorenzo Venezia, “Alcuni metodi di riciclaggio di denaro”,Dirittoconsenso, maggio del 2019.
  • Ruggero Buciol, “The money Laundering, la repressione penale del riciclaggio”, Key SRL.
  • Stefano D’auria, “Riciclaggio e terrorismo”, Gnosis.
  • [1] Ruggero Buciol,  “The money Laundering, la repressione penale del riciclaggio”, Key SRL.
  • [2] Davide Milosa “Milano, uno tsunami di denaro sporco: oltre un miliardo di euro di operazioni sospette in sei anni”,il fatto quotidiano, maggio 2020. 
  • [3] Giorgio Toschi “ Toschi: GDF in prima linea nella prevenzione e repressione del riciclaggio”, convegno sui presidi antiriciclaggio, 11 maggio 2018.
  • [4] Lorenzo Venezia, “Alcuni metodi di riciclaggio di denaro”,Dirittoconsenso, maggio del 2019.
  • [5] Intese come l’individuazione di una criticità in atto.
  • [6] Filippo la Rosa, “Il gioco d’azzardo in Italia”, FrancoAngeli, 2016.
  • [7] Stefano D’auria, “Riciclaggio e terrorismo”, Gnosis.
  • [8]  G.B., “Commissione UE:nuova strategia contro il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo”, Sir agenzia informazione, maggio 2020. 

.AICIS 25.2.2020. Angelo Alabiso Criminologo qualificato AICIS


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RICICLAGGIO E AUTORICICLAGGIO

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Parla un professionista

 

da IL MUTAMENTO di Nino Amadore

Il riciclaggio di denaro è quell’insieme di operazioni mirate a dare una parvenza lecita a capitali la cui provenienza è in realtà illecita, rendendone così più difficile l’identificazione e il successivo eventuale recupero.

In questo senso è d’uso comune la locuzione di riciclaggio di denaro sporco. Esso è uno dei fenomeni su cui si appoggia la cosiddetta economia sommersa e costituisce dunque un reato per cui vale l’incriminazione per riciclaggio.
L’incriminazione del riciclaggio è considerato uno strumento nella lotta alla criminalità organizzata, la cui attività è caratterizzata da due momenti principali: quello dell’acquisizione di ricchezze mediante atti delittuosi e quello successivo della pulitura, consistente nel far apparire leciti i profitti di provenienza delittuosa. Tale reato è economico, politico e statale.
Denaro sequestrato dalla DEA al cartello messicano della Familia Michoacana.
Il riciclaggio costituisce un “ponte” tra la criminalità e la società civile; si stima che i flussi di denaro illecito in Italia siano mediamente superiori al 10 per cento del prodotto interno lordo (P.I.L.), per cui sono suscettibili di generare gravi distorsioni all’economia legale, alterando le condizioni di concorrenza e i meccanismi di allocazione delle risorse[1].
Tutelare il sistema economico significa, in primo luogo, impedire il reinvestimento nel processo produttivo delle ingenti somme di capitali “sporchi” prodotti dalla criminalità organizzata, intercettandoli nel momento del loro contatto con il sistema bancario e finanziario. Da qui deriva l’importanza strategica della lotta al riciclaggio dei proventi criminali, specialmente nell’attuale momento storico in cui la crisi finanziaria internazionale ha portato la criminalità ad affinare la propria attitudine ad infiltrarsi nel tessuto economico legale, per acquisire a basso prezzo imprese in difficoltà economica e rendere sempre più pervasiva la sua presenza sul territorio.

Fasi del riciclaggio  In pratica, riciclare denaro sporco è l’azione dell’investire i capitali illeciti in attività lecite. Tale operazione si divide sostanzialmente in tre fasi:

  • Introduzione nel mercato(“Placement“): il denaro ricavato dal reato, mediante una serie di operazioni (depositocambio, trasferimento, acquisto, ecc.) viene collocato presso istituzioni e intermediari finanziari oppure direttamente sul mercato con l’acquisto di beni, spesso grazie alla complicità di prestanome: questa fase serve ai criminali per sbarazzarsi del denaro contante;
  • Stratificazione(“Layering“): è la vera e propria fase di “lavaggio” del denaro, che consiste nell’effettuazione di operazioni finanziarie complesse per camuffare l’origine illegale dei capitali;
  • Integrazione(“Integration“): il denaro viene investito nell’economa legale attraverso la consulenza di professionisti specializzati (notai, avvocati, banchieri, ecc.), che spesso trasferiscono i capitali da investire in Paesi in cui vige un rigoroso segreto bancario (i cosiddetti “paradisi fiscali“)[2].

Effetti del riciclaggio Il riciclaggio è in genere vietato dagli ordinamenti giuridici. Infatti, oltre alla deprecabilità delle condotte criminose a monte e il tentativo di mascherarle, esso genera anche inaccettabili distorsioni nel ciclo economico, alterando i normali meccanismi di accumulo della ricchezza e di approvvigionamento delle fonti di finanziamento.

In particolare, il riciclaggio genera fenomeni imprenditoriali che, a causa della facilità di reperimento dei capitali, sono più competitivi della concorrenza. Operando, spesso, nel commercio al dettaglio (settore più idoneo allo scopo criminoso, perché fa largo uso di moneta contante), il riciclatore di denaro riesce a rilevare o comunque mantenere sul mercato attività poco o per nulla remunerative, il cui unico scopo è restare aperte nonostante il passivo finanziario accumulato.

In questo modo egli riesce a praticare condizioni più vantaggiose, oppure a rimanere sul mercato nonostante situazioni di sovraffollamento del settore di riferimento, o ancora a garantire trattamenti lavorativi più appetibili e vantaggiosi.

In tal modo, da un lato la criminalità falsa i naturali meccanismi di concorrenza del mercato tenendo bassi i prezzi e provocando disoccupazione, e dall’altro si garantisce un certo consenso sociale che può sfruttare per perseverare nelle finalità illecite più disparate.

Infine tali attività, poiché illegali, sono anche intrinsecamente instabili e precarie, a tutto discapito anche delle garanzie economiche di coloro che vi prestano la loro attività lavorativa.  Il reato di riciclaggio nell’ordinamento italiano

Delitto di

Riciclaggio

Fonte

Codice penale italiano

Libro II, Titolo XIII, Capo II

Disposizioni

art. 648-bis

Competenza

tribunale collegiale

Procedibilità

d’ufficio

Arresto

facoltativo

Fermo

consentito

Pena

reclusione da 4 a 12 anni e multa da 5 000 a 25 000 euro


Riciclaggio. 
L’articolo 648-bis del codice penale, introdotto dal decreto-legge 59/1978, incrimina chiunque «fuori dai casi del concorso nel reato, sostituisce o trasferisce denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto non colposo, ovvero compie in relazione ad essi operazioni, in modo da ostacolare l’identificazione della loro provenienza delittuosa». Tale condotta è punita con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa da 5 000 a 25 000 euro.
La pena è aumentata quando il fatto è commesso nell’esercizio di un’attività professionale.
La pena è diminuita se il denaro, i beni o le altre utilità provengono da delitto per il quale è stabilita le pena della reclusione inferiore nel massimo a 5 anni.
Ai fini dell’integrazione della condotta criminosa è quindi essenziale che il riciclatore sia estraneo al fatto illecito il cui frutto è il denaro o il bene riciclato e conosca la provenienza delittuosa di ciò che sostituisce o trasferisce.

Il reimpiego  Ulteriore fattispecie rispetto al riciclaggio è quella prevista dall’articolo 648-ter del codice penale, introdotto dalla legge 55/1990. Tale norma punisce «chiunque, fuori dei casi di concorso nel reato e dei casi previsti dagli articoli 648 e 648 bis, impiega in attività economiche o finanziarie denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto». La sanzione penale è la medesima del riciclaggio: reclusione da quattro a dodici anni e multa da 5 000 a 25 000 euro. Anche qui come per l’art 648 bis la multa prevista è stata depenalizzata: è ora prevista la multa da 1032 euro a 15493. A dimostrare l’insidiosità delle condotte appena descritte, si evidenzia come entrambe siano aggravate dalla circostanza della commissione nell’esercizio di un’attività professionale.
Con il termine collaterale si indicano operazioni di ricapitalizzazione che servono a effettuare aumenti di capitale sociale a costo zero, senza alcun acquisto e deposito di garanzie reali a tutela degli azionisti. Periti compiacenti certificano il deposito di garanzie a fronte dell’aumento di capitale e a tutela degli azionisti, che in realtà sono prive di valore legale, quali titoli di debito scaduti o azioni di società inesistenti, o che hanno terminato la loro attività. Chi intende riciclare denaro di provenienza illecita, sottoscrive azioni prive di garanzie, ottenendo il versamento su conti correnti bancari delle società quotate degli aumenti di capitale e dell’eventuale sovrapprezzo raccolto.Il sovrapprezzo è rilevante ad esempio nel caso di “scalate” di una società quotata o di una cordata di investitori su un’altra società, oppure nei casi di privatizzazione di società pubbliche, può arrivare ad essere una maggiorazione del 30% rispetto al valore di mercato del titolo, e in questo senso un’ulteriore opportunità di riciclaggio.
Entrando di diritto nella gestione aziendale in proporzione alle azioni sottoscritte, si assicurano di poter investire tali somme di denaro, come fossero depositate in conti correnti propri. La società ottiene la pubblicazione del bilancio, di coprire delle grosse perdite societarie, o un più agevole accesso al credito, beneficiando di migliori indicatori di bilancio (solvibilità e solidità finanziaria) attraverso un più alto rapporto fra capitale proprio e di terzi.
L’autoriciclaggio è il riciclaggio di denaro di provenienza illecita, compiuto dalla stessa persona che ha ottenuto tale denaro in maniera illecita.
L’articolo 648-ter.1, introdotto dalla legge 186/2014, incrimina chiunque “avendo commesso o concorso a commettere un delitto non colposo, impiega, sostituisce, trasferisce, in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative, il denaro, i beni o le altre utilità provenienti dalla commissione di tale delitto, in modo da ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa.” Tale condotta è punita con la reclusione da 2 a 8 anni e la multa da 5 000 a 25 000 euro.
Nei casi in cui il denaro, i beni o le altre utilità provengono dalla commissione di un delitto non colposo punito con la reclusione inferiore nel massimo a 5 anni, la pena è la reclusione da 1 a 4 anni e la multa da 2 500 a 12 500 euro.
Non sono punibili le condotte per cui il denaro, i beni o le altre utilità ottenute con il crimine vengono destinate alla mera utilizzazione o al godimento personale, purché non ci sia stata l’intenzione in tal modo di occultare i frutti del reato.
La pena è aumentata quando i fatti sono commessi nell’esercizio di un’attività bancaria o finanziaria o di altra attività professionale.
La pena è diminuita fino alla metà per chi si sia efficacemente adoperato per evitare che le condotte siano portate a conseguenze ulteriori o per assicurare le prove del reato e l’individuazione dei beni, del denaro e delle altre utilità provenienti dal delitto.

Confisca L’articolo 648-quater del codice penale, introdotto dal decreto legislativo 231/2007, dispone che in caso di condanna o patteggiamento i beni che costituiscono il prodotto o il profitto dei reati di riciclaggio, reimpiego e autoriciclaggio siano sempre sottoposti a confisca su ordine del giudice.
Il Pubblico Ministero può compiere ogni attività di indagine che si renda necessaria circa i beni, il denaro o le altre utilità da sottoporre a confisca.

Il Registro unico informatico  normativa italiana relativa all’antiriciclaggio (D.Lgs. n. 56 del 20 febbraio 2004 e decreto n. 141 del 3 febbraio 2006) prevede, tra l’altro, che i dottori commercialisti, i revisori contabili, società di revisione, consulenti del lavororagionieri e periti commercialiavvocatinotai che forniscono prestazioni professionali avente a oggetto mezzi di pagamento, beni o utilità di valore superiore a € 12.500 debbano conservare un Archivio Unico Informatico antiriciclaggio (D.M. n. 141), nel quale registrare le anagrafiche dei clienti e dei soggetti nei confronti dei quali effettuano le prestazioni previste dalla legge antiriciclaggio. Le modalità operative per la tenuta del registro antiriciclaggio e i vari adempienti consequenziali sono state definite con il provvedimento Uic del 24 febbraio 2006.
Inoltre la legge prevede che gli operatori che si occupano di recupero di crediti per conto terzi, custodia e trasporto di denaro contante, di titoli o valori a mezzo di guardie particolari giurate, trasporto di denaro contante e di titoli o valori senza l’impiego di guardie particolari giurate, agenzia di affari in mediazione immobiliare, commercio di cose antiche, esercizio di case d’asta o gallerie d’arte, attività di commercio, comprese l’esportazione e l’importazione, di oro per finalità industriali o di investimento, fabbricazione, mediazione e commercio, comprese l’esportazione e l’importazione, di oggetti preziosi, gestione di case da gioco, fabbricazione di oggetti preziosi da parte di imprese artigiane, mediazione creditizia, agenzie in attività finanziaria che forniscono prestazioni professionali avente a oggetto mezzi di pagamento, beni o utilità di valore superiore a € 12.500 sono tenuti a registrare le anagrafiche dei clienti e dei soggetti nei confronti dei quali effettuano le prestazioni previste dalla legge antiriciclaggio nel suddetto Archivio Unico Informatico (DM n. 143). Le modalità operative per la tenuta del registro antiriciclaggio e i vari adempienti consequenziali, sono state definite con il provvedimento Uic del 24 febbraio 2006.

La normativa europea anti-riciclaggio

Un’importante azione contro il riciclaggio è stata svolta dall’Unione europea, da ultimo con la direttiva 2005/60/CE tradotta nel decreto legislativo 231/2007 del 16 novembre 2007. Tale norma, oltre ad importanti aspetti definitori, conferma la tendenza a limitare l’uso del contante come strumento essenziale nella lotta al riciclaggio, aumentando il numero dei soggetti obbligati ad adempimenti e comunicazioni alle autorità in caso di operazioni sospette.

Il reimpiego

Delitto di

Impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita

Fonte

Codice penale italiano

Libro II, Titolo XIII, Capo II

Disposizioni

art. 648-ter

Competenza

tribunale collegiale

Procedibilità

d’ufficio

Arresto

facoltativo

Fermo

consentito

Pena

reclusione da 4 a 12 anni e multa da 5 000 a 25 000 euro

 

Autoriciclaggio

Delitto di

Autoriciclaggio

Fonte

Codice penale italiano

Libro II, Titolo XIII, Capo II

Disposizioni

art. 648-ter.1

Competenza

tribunale collegiale

Procedibilità

d’ufficio

Arresto

*(comma 1) facoltativo;

  • (comma 2) non consentito

Fermo

consentito

Pena