alla presenza di Arnaldo La Barbera presso la casa di reclusione di Pianosa, lo Scarantino, oltre a fornire una prima motivazione del suo pentimento esponendo la volontà di ricostruirsi una vita insieme alla moglie ed ai figli, ha sentito la necessità di avvertire di essere molto emozionato e teso per avere appreso che l’autorità giudiziaria aveva disposto la sua custodia in strutture extra carcerarie e dovendo il giorno successivo incontrarsi dopo tempo con la moglie con la speranza che la stessa potesse comprendere e condividere le ragioni della sua scelta. Nel contesto di tale interrogatorio lo Scarantino ha apportato solo poche correzioni alle dichiarazioni precedentemente rese, precisando che le persone che avevano partecipato alla riunione di cui non ricordava il nome erano circa tre o quattro, che non si trattava di persone del quartiere della Guadagna, che erano persone mai viste prima e non più incontrate in epoca successiva alla strage, che non si trattava di persone giovani e che non era in grado di descriverle avendole viste sedute intorno al tavolo e per poco tempo, anche se avrebbe potuto riconoscerle in fotografia e che il nome di queste persone gli era stato detto da Giuseppe La Mattina e Natale Gambino. Con riferimento al Pietro Salemi indicato già nelle prime dichiarazioni ha ribadito di non essere certo del cognome, indicatogli sempre dal la Mattina, e di ricordare soltanto che lo stesso era un tipo molto robusto, con i capelli all’indietro ed all’apparente età di circa 48 anni. Per quanto attiene alla bombola che avrebbe dovuto reperire dopo la riunione ha precisato di ricordare che la sigla identificativa conteneva una “C” una “L” ed una “K” ribadendo che l’Aglieri gli aveva scritto su un bigliettino la sigla della bombola. In relazione alla autovettura introdotta all’interno della carrozzeria di Orofino da Cosimo Vernengo, ha precisato inoltre che si trattava di una jeep di marca Suzuki. Infine con riguardo alla consegna della fiat 126 ha precisato di avere ricordato che in occasione della consegna da parte del Candura egli si trovava insieme a Totò Tomasello, suo socio nel traffico di sostanze stupefacenti. Al termine dell’interrogatorio in oggetto lo Scarantino ha operato ulteriori riconoscimenti fotografici e in particolare ha riconosciuto nella foto n. 5 l’immagine di Calascibetta Giuseppe, in sembianze certamente più simili a quelle che lo stesso Calascibetta ha ancora oggi, come la Corte ha potuto direttamente costatare. Ancora una volta (foto 7, 13) lo Scarantino è incorso in grosse incertezze nel riconoscimento dei Graviano ed ha sottolineato in particolare che gli stessi si somigliano un pò tutti, cosa questa che è apparsa evidente anche alla Corte anche dall’analisi delle foto, e che in particolare la foto n. 13 (Graviano Giuseppe) da lui non riconosciuta, era una fotocopia non chiara che ritraeva un soggetto che a giudizio dello Scarantino appariva di circa 50 anni, età questa ampiamente superiore a quella di Graviano Giuseppe.