Al processo di Caltanissetta, interrogato l’ex ispettore della squadra mobile di Palermo Fabrizio Mattei. “Il nostro compito era di farlo stare tranquillo” “Tutti i giorni mi sveglio ripensando a quel periodo e mi chiedo se avrei potuto fare altro per evitarlo e penso sempre che avrei rifatto la stessa cosa”. Scoppia in un pianto a dirotto Fabrizio Mattei, l’ex ispettore della squadra mobile di Palermo sotto processo per il depistaggio delle indagini sulla strage di Via d’Amelio, è stato sentito oggi dal tribunale di Caltanissetta. Secondo l’accusa, insieme a due colleghi, avrebbe costretto il falso pentito Vincenzo Scarantino a mentire e accusare dell’attentato persone innocenti, inquinando così l’inchiesta. “Dopo la prima volta che ho letto a Scarantino il verbale che aveva reso durante le prime indagini non mi sono più sottratto a questo ‘compito’ perché questa persona non aveva nessuno a cui rivolgersi. Aveva solo noi. Lui dei suoi problemi di vita quotidiana discuteva con noi. C’è stato pure un pò di tornaconto nostro, devo ammetterlo, perché entrare in contrasto con lui significava trascorrere 15 giorni d’inferno”. Il riferimento è al fatto, sostenuto dall’accusa, che a Scarantino, che doveva rendere testimonianza, venivano fatte rileggere le dichiarazioni rese in precedenza. Circostanza che, secondo i pm, dimostrerebbe che il falso pentito veniva imbeccato, fatto “studiare”, insomma, perché non cadesse in contraddizione e confermasse le cose già dichiarate. Mattei nega di avere “dato suggerimenti” al falso pentito. “Non ho mai discusso con Vincenzo Scarantino della sua collaborazione sulla strage di via D’Amelio – dice Mattei – Ero totalmente all’oscuro di qualsiasi cosa, non ci ho mai parlato. E non ricordo neppure se Scarantino voleva entrare in argomento. Lui non mi conosceva, per cui non aveva nessun motivo per parlarmi, non mi aveva mai visto, non sapeva chi ero. Insomma, io non mi ero mai interessato a queste cose”. Il pm Stefano Luciani lo incalza: “Mi faccia capire, lei ha partecipato cinque interrogatori consecutivi con Vincenzo Scarantino, come fa a non sapere?”. Questa la risposta di Mattei: “Io scrivevo ma l’attenzione che prestavo era alla scrittura e non al contenuto”. E il pm Luciani: “Ne prendo atto, ho sempre saputo che per scrivere bisogna comprendere …”. Mattei controreplica: “Si può scrivere una tesi di ingegneria senza capirne niente…”. Il pm ha poi chiesto se l’uffico avesse dato nel 1994 “direttive su come relazionarsi con Scarantino?”, il poliziotto ha risposto: “Lo sa qual era l’indicazione? ‘Andate lì ragazzi, basta che non fate scoppiare casini, fate in modo che vada tutto bene. Non dovete darci fastidio’. Insomma, ci dicevano ‘disturbateci il meno possibile'”. E quando il pm chiede se fossero arrivate “indicazioni di farlo stare tranquillo?”, Mattei risponde: “No, dovevano stare tranquilli quelli di Palermo”. Il magistrato gli ricorda una dichiarazione resa dallo stesso poliziotto al processo ‘Borsellino quater’, aveva detto: “Era un servizio particolare, le direttive erano quelle di far passare 15 giorni in maniera tranquilla, perché più passava il tempo e più Scarantino si lamentava per questa situazione, ma erano le sue rimostranze”. Per il legale di Mattei, l’avvocato Giuseppe Seminara, “non c’è contraddizione tra le due frasi”. La prossima udienza è fissata per il 12 febbraio nell’aula bunker di Caltanissetta. LA REPUBBLICA 5.2.2021