7 ottobre 2014 ANTONINO GAGLIANO: “la decisione di uccidere il giudice Paolo Borsellino venne presa sin da quando era procuratore a Marsala”

AUDIO deposizione Borsellino Quater 


Al processo ha deposto anche un altro collaboratore di giustizia, Antonino Gagliano, nipote del boss della Noce Raffaele Ganci. Ha spiegato che “la decisione di uccidere il giudice Paolo Borsellino venne presa sin da quando era procuratore a Marsala”, cioè anni prima della strage di via D’Amelio. Poi, la decisione venne “successivamente sospesa”. Secondo Gagliano, “la decisione di far saltare in aria Giovanni Falcone, venne invece assunta dopo la sentenza del maxi processo”.  Il teste ha detto di aver pedinato a lungo, insieme ad altri affiliati, l’auto di Falcone, quando a bordo della quale c’era solo l’autista, per studiarne i percorsi e le mete. Gagliano ha anche aggiunto di aver fatto appostamenti per seguire i movimenti del giudice Borsellino, soprattutto nel fine settimana e per verificare se il magistrato si recasse a messa con la moglie.
Sulla stagione del maxiprocesso, Gagliano rivela che il commercialista palermitano Pietro Di Miceli
“aveva assunto l’impegno che sarebbe intervenuto per aggiustare la sentenza del maxi processo, ancor prima che si esprimesse la Cassazione perchè a Roma aveva delle conoscenze importanti. Il processo andava aggiustato con i soldi – ha spiegato l’ex boss della Noce – In realtà le cose poi andarono diversamente e i boss decisero che Di Miceli doveva morire perchè aveva preso in giro Cosa nostra e non aveva mantenuto gli impegni assunti. Poi, dopo il dietrofront circa la sua eliminazione, ad essere ammazzati dovevano essere i politici”.
Così prosegue il racconto di Gagliano: “Alla fine del ’91, prima delle stragi, Domenico Ganci e Toto’ Riina si assentarono da Palermo per alcuni giorni, perchè dovevano andare a parlare con persone influenti, come ministri, politici e generali. Io e Stefano Ganci, pensavamo che Mimmo dicesse delle fesserie perchè era un megalomane”.