la verità è quella che ho detto nel processo di primo grado”. La ritrattazione della ritrattazione, secondo Scarantino, fu determinata dapprima da una serie di segnali e successivamente da precise indicazioni di un tale Antonio (nipote di Pietro Scotto) che conobbe a Padova quando era in regime di protezione con la sua famiglia.
Racconta Scarantino: “Conobbi Antonio, detto Tonino, in un bar dove andavo a giocare la schedina e parlavamo di pallone. Lui diceva che era catanese, io che ero messinese, ma in realtà eravamo tutti e due di Palermo. Lui, tra una chiacchiera e l’altra, parlava dei pentiti e diceva, ‘sono morti che camminano’. Quella frase mi colpì tanto”. E aggiunge: “Ho chiesto di essere trasferito anche perché una cosa simile mi era già successa quando stavo sotto protezione a Roma dove incontrai un certo Franchino, fratello di Salvatore Tomaselli (condannato a otto anni e mezzo nel processo di primo grado per la strage di via D’Amelio, n.d.r.) proprio a pochi metri da casa mia, dove abitavo con mia moglie e i miei figli. A un certo punto, a Padova, cominciai a vedere Tonino anche davanti alla scuola dei bambini e davanti casa, spesso mi chiedeva come stavano, come crescevano. Così un giorno andai a Modena da mio fratello e gli dissi che volevo ritrattare, lui doveva diffondere la voce a Palermo. E così fece”.
Quindi Scarantino racconta del giorno in cui Tonino gli svelò che lui sapeva tutto: “’Ancora non l’hai capito – mi disse – io lo so che tu sei Scarantino, so tutto quello che fai. Cerca di ritrattare, devi dire che sono stati la polizia e i magistrati che ti hanno fatto fare quelle dichiarazioni. Tu puoi uscirne fuori, ti facciamo dare l’infermità mentale, c’è una nuova legge, ti fissiamo un appuntamento con gli avvocati Petronio e Scozzola. Era il maggio 1998”. Scarantino riferisce ancora che in luglio andò a Palermo per fare vedere che era sua volontà ritrattare tutto: “Intanto mia moglie con me era spenta e i miei bambini erano diventati tristi. Nell’ultimo colloquio di gennaio mia moglie mi ha chiesto il divorzio e mi ha restituito la fede”. L’ex “pentito” tornato “pentito” spiega ancora che precedentemente la moglie con i figli erano andati a vivere in Germania dove abitano altri parenti della famiglia: “Io invece ho sempre detto che volevo stare in carcere per motivi di sicurezza”. A Scarantino il sostituto procuratore generale chiede se il fratello Rosario avesse avuto una parte nella ritrattazione: “Sì – risponde – Rosario mi disse di rimangiarmi tutto. In cambio della ritrattazione ottenni che mi liquidassero le mie proprietà che erano state sottratte dalla mafia in seguito alle mie dichiarazioni nel processo di primo grado. I miei parenti erano contenti della mia scelta, ma ormai anche con mia madre e i miei fratelli i rapporti si sono raffreddati e ognuno va per la sua strada”.