La Camera penale chiede l’intervento del Csm, del ministro della Giustizia e del pg presso la Corte di Cassazione affinché sia valutata “la necessità che i pm Anna Maria Palma e Nino Di Matteo continuino a sostenere l’accusa nel processo e a svolgere indagini sulla ritrattazione” di Scarantino.
Il giorno dopo il procuratore capo di Caltanissetta Giovanni Tenebra accoglie la richiesta della Palma e di De Matteo di essere sollevati dalle indagini sui retroscena della ritrattazione di Scarantino e affida il fascicolo processuale ai sostituti Salvatore Leopardi e Roberto Condorelli. I due pm continuano, invece, a sostenere l’accusa nel processo bis per la strage di via D’Amelio.
Il giorno successivo (23 ottobre), Scarantino torna ad accusare i pm di averlo manovrato. Parla di dichiarazioni non verbalizzate, audiocassette di interrogatori “messe da parte” perché “non gradite”, persino la confidenza, fattagli, a suo dire, da magistrati di Caltanissetta, che le sue rivelazioni avevano “provocato la caduta del governo Berlusconi”.
Il 29 ottobre, nel corso di un’udienza del processo d’appello sulla strage, l’avv. Scozzola, difensore di Scotto, chiede la trascrizione del primo interrogatorio da “pentito” di Vincenzo Scarantino e la trascrizione delle bobine del confronto tra lo stesso ex “pentito” e il collaborante Salvatore Cancemi. Il legale ha ipotizzato una manomissione dei verbali redatti dal gruppo investigativo che indaga sulle stragi. La presunta manipolazione riguarderebbe alcune dichiarazioni rese da Scarantino il 24 giugno del 1994 e la “cancellazione misteriosa” di 40 secondi di registrazione del confronto con Cancemi. Nell’interrogatorio Scarantino, parlando di Gaetano Scotto, lo indica come un “picciotto”. L’ex “pentito” chiarisce poi che intendeva indicare un “picciotto di 40 anni che era anche atletico, ma in effetti volevo dire un cristiano”. La difesa, invece, sostiene che nel verbale è stata lasciata appositamente la definizione “picciotto” che in dialetto indicherebbe una persona di non più di 25 anni. Il 13 novembre, nel corso di un’udienza del processo d’Appello per la strage l’avv. Fabio Passalacqua, nuovo difensore di Scarantino, deposita alcuni documenti che erano in possesso del suo cliente.
I legali Giuseppe Scozzola e Paolo Petronio, difensori degli imputati Pietro Scotto e Salvatore Profeta, diramano una nota nella quale sostengono che il processo avrebbe assunto “connotazioni a dir poco sconvolgenti”.
Tra i documenti prodotti dal legale, secondo Scozzola e Petronio, ci sarebbero “numerose annotazioni su verbali da correggere, vari appunti su discrasie da sanare, foto di imputati e verbali diversi o nuovi rispetto a quelli depositati ed in possesso delle difese nei due tronconi del processo. Le annotazioni sono scritte in stampatello e non pare proprio possano attribuirsi allo Scarantino, in quanto pressoché analfabeta”.