Vito Galatolo non la racconta giusta. E se mente a Venezia, come è possibile che dica la verità a Palermo? Il sostituto procuratore di Venezia, Giovanni Zorzi, invece sostiene di avere in mano la prova provata che Galatolo è un finto pentito.

 

La questione non è di poco conto dal momento che il boss di Cosa Nostra arrestato a Mestre, dove viveva assieme alla famiglia, secondo la Procura di Venezia mente sulle rapine alle quali ha partecipato in modo diretto. E, dunque, non è credibile come collaboratore di giustizia. Né qui né a Palermo. Ecco perché il rinvio a giudizio di Galatolo chiesto dal pm veneziano Giovanni Zorzi per un paio di rapine messe a segno tra Mestre e Treviso, apre nuovi scenari, anche a Palermo sulla collaborazione del boss che, tra l’altro, ha svelato di aver organizzato l’attentato al procuratore antimafia Nino Di Matteo.
Peccato che abbia confessato di aver anticipato la somma di 360 mila euro non si ricorda a chi per l’acquisto dell’esplosivo, di cui non si è trovata traccia.
Nonostante questo il pentito per adesso gode dello status di collaboratore di giustizia e, dunque, secondo la Procura di Palermo, è un pentito vero, che dice quel che sa.
Il sostituto procuratore di Venezia, Giovanni Zorzi, invece sostiene di avere in mano la prova provata che Galatolo è un finto pentito. Se ha ragione Zorzi, sarà un terremoto, ma a Palermo, dove gli avvocati che difendono gli uomini che Galatolo ha portato in galera con le sue dichiarazioni, attendono con ansia l’inizio del processo veneziano.
Se il Tribunale lagunare dovesse condannare Galatolo, allora si riaprirebbe l’intera partita relativa ai processi che vedono Galatolo protagonista.
Anzi, diciamo che automaticamente salterebbe per aria tutto e le dichiarazioni del pentito, a Palermo varrebbero meno di niente. Pensare che Vito Galatolo, nominato capomandamento di Resuttano nel 2010, da allora ai vertici di Cosa Nostra, sta per inciampare su due banalissime rapine alle quali lui ammette di aver in qualche modo partecipato, ma solo come “consigliere”. Il fatto è che gli altri dicono invece che lui era il capo e che le rapine le ha organizzate lui.
Perché Galatolo mente? Per due motivi. Il primo è che non vuol far sapere che era costretto a mettere a segno questi colpi per ripianare i debiti di gioco, un vizio che gli costava migliaia di euro al giorno. Il secondo è che evidentemente Galatolo non vuole aprire il capitolo Venezia. E questa è invece la parte che interessa di più il pm veneziano Giovanni Zorzi. Perché Galatolo, che i carabinieri dei Ros tenevano sotto controllo da oltre un anno, a Venezia lavorava per Otello Novello, detto il Cocco cinese. A far da tramite tra i due era stato un altro palermitano il quale risulta essere “terminale” a Venezia dei fratelli Fidanzati, i plenipotenziari per il Nord Italia della droga siciliana fin dai tempi di Felice Maniero.
Seguendolo e intercettandolo i carabinieri avevano visto che Galatolo “attaccava” alle 8 e tornava a casa per l’ora di pranzo, sempre accompagnato da qualcuno del giro di Otello Novello.
Come quel Donato Flauto a casa del quale è stato trovato il cosiddetto “oro di Galatolo”. E cioè un sacchetto di gioielli di cui Galatolo ha chiesto la restituzione dal momento che appartengono “ai familiari e in particolare oggetti ricevuti dalla moglie e dai figli in regalo per le ricorrenze”. E siccome “detti beni non sono di illecita provenienza né di alcuna utilità alle indagini in corso”, il boss mafioso ne chiede la restituzione.
Ma perché mai Galatolo ci tiene così tanto a quei gioielli, lui che è un capoclan che fa parte della ristretta cerchia di mafiosi che ha contatti diretti con la Cupola?
Lui che dichiara di ricevere “dalla mia famiglia mafiosa di Palermo parecchio denaro e anche da un mio socio di Udine circa 7.500 euro al mese più i soldi di cui necessitavo”. E poi, se questi gioielli erano così importanti, perché li aveva nascosti in casa di un uomo di Otello Novello? E perchè Otello Novello, dopo aver assunto Vito Galatolo, ha preso alle sue dipendenze anche il figlio? D’accordo che lavoro ne ha visto che le sue due società di navigazione – la Canal Grande e la Travel Venice – contano una quindicina di motoscafi granturismo il cui valore si aggira sui 250 mila euro cadauno. Ma questa di Venezia è tutta una partita che resta ancora da giocare.
Il pm Zorzi in mano ha ore e ore di intercettazioni – nelle quali peraltro Vito Galatolo non fa mai alcun accenno al famoso esplosivo per Di Matteo né ai 360 mila euro che dice di aver pagato – che raccontano un’altra storia. Su Vito Galatolo, sulla sua permanenza a Venezia e sui contatti con Otello Novello. 26 ottobre 2015 IL GAZZETTINO