Depistaggio Via D’Amelio, ex prefetto Rossi

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Momenti di tensione durante il processo per il presunto depistaggio sulle indagini per la strage di Via D’Amelio, nel quale persero la vita il magistrato Paolo Borsellino e cinque agenti di scorta. L’udienza, tenutasi nel tribunale di Caltanissetta, vede come imputati l’ex ispettore di polizia Fabrizio Mattei, Mario Bo, ex funzionario e oggi dirigente della polizia a Gorizia (non presente in aula) e l’agente di polizia Michele Ribaudo, accusati di aver imbeccato il falso pentito Vincenzo Scarantino per fornire una falsa ricostruzione della strage.
A deporre al processo c’è stato anche il prefetto Luigi Rossi, 88 anni, vicecapo della Polizia dal novembre 1988 all’agosto 1994. Rossi, rispondendo alle domande del pm Gabriele Paci, ha smentito qualsiasi pressione sull’allora dirigente della Squadra mobile di Palermo Arnaldo La Barbera, per l’immediata chiusura delle indagini finalizzate a trovare i responsabili dell’attentato mafioso.

Il prefetto è stato ascoltato dapprima per 20 minuti, poi riconvocato per chiarimenti su una relazione a lui consegnata dall’allora vicequestore aggiunto Rino Germanà, che nel 1992 scampò a un attentato di Cosa nostra.
Alle domande del procuratore aggiunto, Rossi ha ribadito: “Fu il capo della Polizia Parisi a chiedere una relazione e io convocai Germanà. La mia era un’attività delegata. Germanà mi portò una relazione e io la passai a Parisi. Poi se lui in quella relazione ha scritto cose interessanti o riguardanti atti di polizia giudiziaria, questo non lo ricordo. Lo chieda a Germanà e lui glielo dirà”.
Paci lo ha rassicurato: “Facciamo le domande per cercare di sollecitare i ricordi”.

Ma l’appunto del pm ha indispettito il prefetto: “Signor procuratore, i ricordi miei sono di 27 anni fa. Quindi, lei mi deve considerare persona che può ricordare alcune cose. Lei crea confusione nel ricordo e quindi io dico quel che riesco a dire. Poi lei, se mi vuole incriminare per falsa testimonianza, proceda pure. Lei ha la legittimità di chiedere che io sono un falso testimone. Io sono a disposizione della giustizia. Le sue domande sono insidiose. Ritengo che lei debba avere più rispetto dei miei 88 anni, altrimenti mi rifiuterò di rispondere“.
Rossi è stato poi tranquillizzato dallo stesso pm e dal presidente Francesco D’Arrigo. Qualche minuto dopo, si è rivelato necessario un confronto tra Rossi e Germanà per alcune incongruenze nelle deposizioni.