Fiammetta Borsellino: “I topi si stanno mangiando i faldoni sui processi delle stragi del ’92”

 

La denuncia della figlia del giudice ucciso dalla mafia: “Come dei cretini non abbiamo saputo riconoscere il depistaggio sulle indagini sulla strage di via D’Amelio”

“I topi si stanno mangiando i faldoni sui processi delle stragi del ’92 che si trovano al Palazzo di giustizia di Caltanissetta”. E’ la denuncia di Fiammetta Borsellino intervenuta ieri al convegno sui ‘Furti di verità’ organizzato a Palermo da Area democratica per la giustizia. “I Furti di verità – ha denunciato la figlia del giudice ucciso in via D’Amelio – evocano il tradimento, lo stesso tradimento che ha sentito mio padre, e il senso di solitudine che ha sentito anche da parte della sua categoria”.

“Noi figli – ha continuato –  il nostro impegno lo abbiamo profuso giornalmente studiando nell’attesa di un giusto percorso di verità che è stato disatteso. Per eseguire gli insegnamenti di mio padre siano scesi in campo pubblicamente- dice – Non ci siano mai tirati indietro neppure quando i pericoli si sono fatti vivi. Rispetto agli accertamenti disciplinari sui magistrati che all’inizio si occuparono delle stragi il Csm non si è mosso. Ad oggi non c’è una restituzione- dice – Io stessa sono stata convocata dalla Procura generale della Cassazione. Ci si chiede un contributo che viene dato a tutti i livelli. Noi siamo sempre stati disponibili, contrariamente a quanto avvenuto da altre parti, ma non vi è mai una restituzione di nulla”.

“Come dei cretini non abbiamo saputo riconoscere il depistaggio sulle indagini sulla strage di via D’Amelio – ha concluso Fiammetta Borsellino -. Non vorrei che questo raccontarci questa storia serva anche per normalizzare. Stiamo attenti, è un atteggiamento inconscio”.

Le parole di Scarpinato

Queato invece il monito di Roberto Scarpinato, Procuratore generale di Palermo, intervenuto al convegno: “Dobbiamo evitare di cadere in un errore: di concentrare l’attenzione su limiti del passato della magistratura e perdere di vista l’obiettivo inderogabile di individuare i mandanti esterni di via D’Amelio. Chi chiese al Boss Riina di anticipare la strage Borsellino? – si chiede Scarpinato – dobbiamo evitare di cadere nello stesso errore. La partita è ancora aperta, come dimostra l’ostinato silenzio di chi sa e tace, come i fratelli Graviano. La strage non è solo una storia del passato ma attraversa il nostro presente”.

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Scarpinato poi rivela: “All’indomani della strage di via D’Amelio l’allora Procuratore di Caltanissetta Giovanni Tinebra chiese a Bruno Contrada, che allora era ai vertici dei Servizi segreti, di aiutarlo nelle indagini, nonostante ci fosse una legge che vietava una collaborazione dei servizi segreti alle indagini. Il Sisde dopo essere stato incaricato dal Procuratore Tinebra – dice Scarpinato – comincia a indirizzare le note alla alla Procura della repubblica, tra cui quella del 10 ottobre ’92 e punta l’attenzione sul collaboratore di giustizia Scarantino”. I “giudici hanno ritenuto che Arnaldo La Barbera (che guidava il gruppo investigativo ‘Falcone e Borsellino’) aveva trovato una fonte segreta che gli aveva rivelato delle notizie che aveva messo in bocca a Scarantino- dice -. La Barbera sapeva quello stesso pomeriggio del 19 luglio del 92 in cui venne ucciso Paolo Borsellino che l’autovettura caricata di esplosivo era una 126 quando invece si seppe ufficialmente solo il 21 luglio”. E conclude: “La mescolanza di notizie vere e false trasse in inganno i magistrati”. PLERMO TODAY