Quando l’ho ritrovata china sulla bara di Paolo non ho provato soltanto pietà e disagio, mi sono vergognato perché non ho potuto far nulla per esaudire l’invocazione di quella donna».
Onorevole Galloni, lei si è vergognato davanti ad Agnese Borsellino anche perché l’organismo che presiede non ha mai dimostrato di amare molto suo marito né Giovanni Falcone? Questa e una visione falsa delle cose.
Per Borsellino e Falcone il Consiglio ha fatto i salti mortali. Ma si deve capire che noi, per legge, dobbiamo gestire le carriere dei magistrati in base ai titoli formali. Non possiamo nominare capo di stato maggiore un sergente, anche se si è distinto sul campo di battaglia. Se questi criteri non vanno più bene, i politici li modifichino per legge, ma non pretendano di imporci la nomina di magistrati che noi non possiamo nominare.
Lei è un politico da quarant’anni, onorevole Galloni, deve capire che le stiamo chiedendo com’è potuto accadere che il Csm sia stato di fatto complice di scelte che hanno provocato la sconfìtta dello Stato contro Cosa nostra.
Personalmente sono convinto che a suo tempo la nomina di Antonino Meli a capo della Procura di Palermo sia stata un errore, ma nessuno può negare che egli avesse più titoli formali di Falcone.
E qui è la chiave di quella che è stata la chiamata la stagione dei veleni: c’è un conflitto profondo nella magistratura tra chi pensa che siano più efficaci i metodi tradizionali e chi invece ritiene che l’unico metodo per combattere la mafia sia quello del pool di magistrati inventato da Rocco Chinnici.