SCARANTINO messo a confronto con tre boss (Salvatore Cancemi, Gioacchino La Barbera e Santino Di Matteo) chiamati in causa dallo stesso pentito, secondo cui avrebbero partecipato a un summit per l’eliminazione di Paolo Borsellino. I tre lo smentiscono e sostengono che lo SCARANTINO sia personaggio «totalmente estraneo a Cosa Nostra». Il verbale d’esordio dello SCARANTINO era stato firmato il 24 giugno del 1994, sei mesi prima, e risulta già pieno di annotazioni a margine da parte del poliziotto incaricato della sua tutela, il quale dirà però di aver scritto sotto richiesta dello stesso pentito che aveva difficoltà a leggere i verbali. Confronti tra lo Scarantino ed i nominati Cancemi, La Barbera e Di Matteo riescono a fugare completamente, in un senso o in un altro, i dubbi e le perplessità suscitate dalla chiamata in correità dei predetti collaboratori di giustizia poiché se è vero che da detti confronti, originariamente non depositati nel presente procedimento, bensì nel parallelo procedimento ter per la strage di via D’Amelio, emerge una posizione di sostanziale debolezza dello Scarantino di fronte alle precise repliche e contestazioni mosse dai nominati collaboratori di giustizia in relazione alle conoscenze da parte dello Scarantino delle regole e dei fatti di cosa nostra nonché in relazione a specifiche circostanze richiamate dallo Scarantino, come ad esempio gli incontri e le occasioni di conoscenza avuti con i suddetti collaboratori di giustizia, i loro tratti somatici, ed i rapporti avuti con altri personaggi dell’organizzazione mafiosa, è pur vero che non poteva escludersi neppure dopo la esecuzione dei suddetti confronti la eventualità che il La Barbera, il Di Matteo ed il Cancemi, pur avendo ammesso la loro responsabilità in ordine a fatti delittuosi altrettanto gravi (strage di Capaci) potessero avere qualche ragione per negare la partecipazione alla successiva strage di via D’Amelio, ipotesi questa peraltro che col passare del tempo è apparsa via via meno assurda allorchè il Di Matteo ha rallentato la sua collaborazione dopo il sequestro del figlio, allorchè sono emersi i coinvolgimenti dello stesso e del La Barbera nei fatti delittuosi ascritti al Di Maggio Baldassare dopo che lo stesso era divenuto collaboratore di giustizia e soprattutto allorchè, in base alle dichiarazioni di nuovi collaboratori di giustizia, il Cancemi aveva dovuto ammettere la sua diretta partecipazione all’esecuzione della strage di via D’Amelio, ancora negata all’epoca dei confronti, sia pure con un ruolo ben diverso da quello attribuitogli dallo Scarantino. (Da Sentenza “Borsellino Bis”)