29 novembre 1997 CASELLI e TINEBRA fanne pace da VIGNA

Armistizio dopo le frizioni sul caso De Donno hanno fatto la pace, e l’annunciano in pompa magna, nella sede della Direzione nazionale antimafia, sotto la supervisione di Piero Luigi Vigna che li aveva convocati per vedere di metterli d’accordo. Dopo tre ore di riunione Gian Carlo Caselli, procuratore di Palermo, e Giovanni Tinebra, procuratore di Caltanissetta, si mostrano a giornalisti e televisioni per dire che tra i loro uffici non ci sono contrasti, che le rispettive inchieste vanno avanti senza interferenze, e che ciascuno nutre per l’altro la «massima fiducia e stima». Nel giro di un pomeriggio dunque, lo scontro alimentato dal contrasto tra la Procura di Palermo e il. Ros dei carabineri, improvvisamente sfuma fino a svanire. Anzi, a sentire i protagonisti non c’è mai stato. Tinebra parla di «pseudoguerra», Vigna se la prende coi giornali che avrebbero alimentato «questa fantomatica guerra tra Procure». Dichiarazioni che servono a tranquillizzare tutti e ad impostare il lavoro futuro, ma che non bastano a cancellare quanto c’è stato – tra i due uffici giudiziari siciliani, e tra quello palermitano e l’Arma – nelle settimane scorse. Quando arriva alla riunione convocata da Vigna, il pm nisseno Luca Tescaroli, reduce da un altro interrogatorio del neo-pentito Angelo Siino (uno dei pomi della discordia) non riesce a dire che sono tutte invenzioni. I giornalisti gli chiedono se il contrasto tra Caltanissetta e Palermo è destinato a soluzione, e lui risponde: «Col tempo si risolverà». Il che significa che esiste, che i protagonisti ne sono perfettamente consapevoli, e che di questo si deve parlare nell’ufficio del superprocuratore. Fino alle otto di sera, intorno allo stesso tavolo, Vigna, Caselli, Tinebra, i sostituti procuratori nazio- nali Grasso, Petralia e Maritati, e quelli nisseni Giordano e Tescaroli, discutono del caso Siino-De Donno-Lo Forte. Si scambiano opinioni e carte, atti delle due Procure passano da una mano all’altra, si chiariscono problemi derivanti dagli omissis che comparivano nei fascicoli trasmessi in precedenza. Da tutto questo viene fuori la tregua, e alla fine Vigna, ai giornalisti fatti salire nell’antico palazzo di via Giulia, dice che si è trattato di «una riunione di coordinamento delle indagini, che non ha ovviamente riguardato materie riservate alla Procura di Caltanissetta in base all’articolo 11 del codice di procedura penale». Si tratta della norma sulle inda¬ gini che coinvolgono un magistrato, indagato o parte lesa che sia, che deve svolgere la Procura del distretto giudiziario più vicino a quello dove quel magistratro lavora. Ed è la norma che ha fatto alzare la febbre tra Palermo e Caltanissetta, quando in alcuni interrogatori di Siino è comparso il nome del procuratore aggiunto Lo Forte. Tinebra è arrivato a un passo dall’inquisire i suoi colleghi palermitano per violazione di quell’articolo 11, e le frizioni si sono accumulate insieme a quelle tra Palermo e il Ros dei carabinieri. Fino a ieri, quando durante la riunione Vigna ha rilevato «uno spirito di collaborazione piena da parte di Caltanissetta, e piena apertura nel dare notizie da parte di Palermo. E’ un compito difficile, con le indagini che si intersercano tra di loro, e sono stati superati anche questi problemi». Caselli e Tinebra confermano le parole di Vigna, e le rispettive indagini andranno avanti. Quelle di Palermo sui «sistemi criminali» – nel cui ambito rientrano gli accertamenti sui comportamenti di alcuni carabinieri – e quelle di Caltanissetta su Lo Forte e altri giudici palermitani indagati per corruzione. «E’ un’indagine non facile che condurremo fino in fondo, lasciateci lavorare in silenzio e in tranquilhtà», precisa Tinebra. A molti, ieri pomeriggio, è tornata in mente lapaciata dell’89 tra Giovanni Falcone e l’allora Alto commissario Sica, più di forma che di sostanza. Stavolta i protagonisti assicurano che la sostanza corrisponde alla forma. Anche se mancava uno dei contendenti, l’Arma dei carabinieri. Quella resta una questione aperta, ma Caselli assicura: «Non c’è alcuna frizione tra noi e l’Arma, non ci sono problemi di nessun tipo». Giovanni Bianconi Il procuratore antimafia: superati i problemi, c’è spirito di collaborazione LA STAMPA