rese nel corso delle indagini ed appare evidente lo sforzo dello Scarantino per superare le originarie incongruenze, imprecisioni e contraddizioni di un racconto che, comunque, è doveroso sottolinearlo, non è mai mutato nella sua struttura iniziale, perché lo Scarantino pur nella notevole variabilità delle dichiarazioni riguardanti i singoli soggetti chiamati in correità, ha sempre confermato la sua partecipazione ad una riunione preparatoria a casa di Calascibetta, ha confermato l’incarico di reperimento di un’auto di piccola cilindrata, ha confermato il riempimento della 126 nella carrozzeria di Orofino, lo spostamento di questa verso piazza Leoni, la visita al bar Baldalamenti nella mattina di sabato di Gaetano Scotto. In particolare lo Scarantino ha dichiarato che una mattina aveva accompagnato il cognato Salvatore Profeta presso la villa di Giuseppe Calascibetta e successivamente, su incarico del Profeta, era tornato indietro, aveva prelevato Renzino Tinnirello e lo aveva portato sempre alla villa di Calascibetta . Quando era entrato nella villa, chiusa da un cancello verde che si apriva con telecomando, aveva notato che all’interno dello spiazzo era posteggiata una 126 bianca ed aveva successivamente saputo che si trattava dell’auto con la quale era arrivato Totò Riina. Nella villa aveva notato la presenza di diverse persone: all’esterno erano rimasti lo stesso Scarantino, Natale Gambino, Nino Gambino, Cosimo Vernengo, Tanino Murana, Giuseppe La Mattina e Peppuccio Calascibetta, il quale entrava ed usciva dal salone sito a pianoterra dove si trovavano gli altri, mentre all’interno lo Scarantino aveva visto, seduti intorno al tavolo posto al centro del salone, Totò Riina, Salvatore Biondino, Pietro Aglieri, Carlo Greco, Salvatore Cancemi, Salvatore Profeta, Renzino Tinnirello, Francesco Tagliavia, Giuseppe Graviano, Di Matteo, Brusca, La Barbera, Raffaele Ganci ed un tale Salemi o Salerno. Lo Scarantino era entrato alcune volte all’interno del salone per prendere dell’acqua ed aveva avuto modo di sentire alcune parole pronunciate da Riina quali “a stù curnutu s’ha a fare saltare ‘nda l’aria ….”, e da Raffaele Ganci quali “Ca se si ammazza a chistu succede un bordello “. La riunione si era svolta nella mattinata di un giorno compreso tra il 5 e l’8 luglio del 1992 ed aveva avuto una durata di circa due ore, due ore e mezza. Lo Scarantino, a giustificazione del fatto di non avere parlato della partecipazione alla riunione dei collaboratori di giustizia Di Matteo, La Barbera e Cancemi nonché di Brusca Giovanni e Raffaele Ganci nei primi verbali di interrogatorio, adduceva le ragioni già espresse e sopra riportate e cioè il timore di non essere creduto per i primi e la paura di ritorsioni nei confronti dei suoi familiari per i secondi. (Da Sentenza “Borsellino Bis”)