“Borsellino doveva essere ucciso a Marsala, ma i boss si rifiutarono”

 

Parla Carlo Zichittella, pentito della famiglia mafiosa della città lilibetana ed ex uomo d’onore avversario dei corleonesi, nel processo a carico di Matteo Messina Denaro per le stragi del 1992: “Sarebbero morte troppe persone, i capi marsalesi dissero no e Riina li fece uccidere”

La rivelazione è di Carlo Zichittella, pentito della famiglia mafiosa di Marsala ed ex uomo d’onore avversario dei corleonesi, nel processo a carico di Matteo Messina Denaro per le stragi del 1992: “Paolo Borsellino doveva essere ucciso a Marsala – ha raccontato ieri Zichittella in Tribunale -. Ma i boss si rifiutarono, sarebbero morte troppe persone”.
Borsellino era stato nominato Procuratore della Repubblica a Marsala nel dicembre 1986. Il giudice palermitano doveva essere ucciso “con modalità eclatanti” ma i capi Francesco D’Amico e Francesco Craparotta, interpellati dalla famiglia di Mazara del Vallo, si rifiutarono e per questo furono uccisi. Il motivo del rifiuto a Totò Riina venne giustificato dal clamore che avrebbe generato a Marsala un omicidio così eclatante, tanto da provocare la presenza massiccia di forze di polizia sul territorio. Totò Riina ne ordinò dunque l’esecuzione, commissionando i delitti ad Antonio Patti. 
La morte di D’Amico e Craparotta provocò una violenta guerra di mafia a Marsala, faida ordinata da Riina, all’epoca latitante proprio nella zona di Mazara. Durante una cena il boss corleonese pronunciò il perentorio invito a disfarsi delle “spine”, ossia gli avversari dei corleonesi. In quella occasione decretò lo scioglimento del mandamento mafioso di Marsala per ricondurlo sotto il controllo del mandamento di Mazara del Vallo. La faida determinò la morte di decine di uomini d’onore
Zichittella è stato sentito nel processo in corso davanti alla Corte d’Assise di Caltanissetta (presieduta da Roberta Serio) contro il super latitante Matteo Messina Denaro, già condannato per le stragi del 1993, e qui accusato di essere stato tra i mandanti per quelle di Capaci e di via d’Amelio. In particolare il pentito ha raccontato di aver saputo da Gaetano D’Amico della riunione che si tenne a Mazara del Vallo: “Dovevamo ammazzare Borsellino in collaborazione con quelli di Palermo – ha detto -. La decisione venne proprio da Palermo”. 
Rispondendo alla domanda del procuratore aggiunto Gabriele Paci su cosa si intendesse per “modalità eclatanti” ha aggiunto: “Non c’era un posto giusto dove si poteva fare. Nel tragitto che Borsellino faceva ogni giorno sarebbero morte anche altre decine e decine di persone e allora i marsalesi non ci stavano a questa storia qua e non hanno accettato. Loro dicevano che erano tranquilli lì a Marsala e chiesero di trovare un altro posto con meno clamore. Non ricordo se Borsellino all’epoca dormiva in caserma. Nel tragitto che faceva ogni giorno comunque era impossibile mettere una bomba”.
PALERMO TODAY 14.12.2018