. Il magistrato gliele consegnò personalmente intorno alla metà di luglio del 1991. Viene citata tutta una serie di episodi che testimoniano le difficoltà che Giammanco aveva creato a Falcone nello svolgimento delle indagini all’interno della procura di Palermo. Sono riportati fatti accaduti tra la fine del 1990 e l’inizio del 1991 (Falcone si trasferisce a Roma nel mese di marzo 1991):
- Primi di dicembre 1990: si è lamentato col maggiore Inzolia di non essere stato avvertito del contrasto fra PS e CC a Corleone su Riina.
- 7 dicembre 1990: ha preteso che Rosario Priore gli telefonasse per incontrarsi con me e gli ha chiesto di venire a Palermo anziché andare io da lui.
- Si è rifiutato di telefonare a Giudiceandrea (Roma) per la Gladio, prendendo pretesto dal fatto che il procedimento non era stato assegnato ancora ad alcun sostituto.
- 10 dicembre 1990: sollecitato la definizione di indagini riguardanti la regione al capitano De Donno (procedimento affidato ad Enza Sabatino), assumendo che altrimenti la Regione avrebbe perso finanziamenti. Ovviamente qualche uomo politico gli ha fatto questa sollecitazione ed è altrettanto ovvio che egli prevede un’archiviazione e che solleciti l’ufficiale dei CC in tale previsione.
- 13 dicembre 1990: nella riunione del pool per la requisitoria Mattarella, mi invita in maniera inurbana a non interrompere i colleghi infastidito per il fatto che io e Lo Forte ci eravamo alzati per andare a fumare una sigaretta, rimprovera aspramente il Lo Forte.
- 18 dicembre 1990: dopo che ieri pomeriggio si è deciso di riunire i processi Reina, Mattarella e La Torre, stamattina gli ho ricordato che vi è l’istanza della parte civile nel processo La Torre (Pci) di svolgere indagini sulla Gladio. Ho suggerito, quindi, di richiedere al G.I. di compiere noi le indagini in questione, incompatibili con il vecchio rito, acquisendo copia dell’istanza in questione. Invece, sia egli, sia Pignatone, insistono per richiedere al G.I. soltanto la riunione riservandosi di adottare una decisione soltanto in sede di requisitoria finale. Un modo come un altro per prendere tempo.
- 19 dicembre 1990: altra riunione con lui, con Schiacchitano e con Pignatone. Insistono nella tesi di rinviare tutto alla requisitoria finale e, nonostante io mi opponga, egli sollecita Pignatone a firmare la richiesta di riunione dei processi nei termini di cui sopra.
- Non ha più telefonato a Giudiceandrea e così viene meno la possibilità di incontrare i colleghi romani che si occupano di Gladio.
- Ho appreso per caso che qualche giorno addietro ha assegnato un anonimo su Partinico, riguardante tra gli altri l’On. Avellone, a Pignatone, Teresi e Lo Voi, a mia insaputa (gli ultimi due non fanno parte del pool).
- 10 gennaio 1991: I quotidiani riportano la notizia del proscioglimento da parte del G.I. Grillo dei giornalisti Bolzoni e Lodato, arrestati per ordine di Curti Giardina tre anni addietro con inputazione di peculato. Il G.I. ha rivelato che poteva trattarsi soltanto di rivelazione di segreti di ufficio e che l’imputazione di peculato era cervellotica. Il PM Pignatone aveva sostenuto invece che l’accusa in origine era fondata ma che le modificazioni del codice penale rendevano il reato di peculato non più configurabile. Trattasi di altra manifestazione di furbizia di certuni che, senza averne informato il pool, hanno creduto, con una “ardita” ricostruzione giuridica, di sottrarsi a censura per un’iniziativa (arresto di due giornalisti) assurda e faziosa di cui non può non esser ritenuto responsabile certamente il solo Curti Giardina, procuratore capo dell’epoca.
- 16 gennaio 1991: apprendo oggi che, durante la mia assenza ha telefonato il collega Moscati, sost. Proc. della Rep. a Spoleto, che avrebbe voluto parlare con me per una vicenda di traffico di sostanze stupefacenti nella quale era necessario procedere ad indagini collegate; non trovandomi, il collega ha parlato col capo che, naturalmente, ha disposto tutto ed ha proceduto all’assegnazione della pratica alla collega Principato, naturalmente senza dirmi nulla. Ho appreso quanto sopra solo casualmente telefonando a Moscati.
- 17 gennaio 1991: solo casualmente, avendo assegnato a Scarpinato il fascicolo relativo a Ciccarelli Sabatino, ho appreso che Sciacchitano aveva proceduto alla sua archiviazione senza dirmi nulla. Ho riferito quanto sopra al capo che naturalmente è caduto dalle nuvole. Sul Ciccarelli, uomo d’onore della famiglia di Napoli, il capo mi ha esternato preoccupazioni derivanti dal fatto che teme di contradddirsi con le precedenti, note, prese di posizione della Procura di Palermo in tema di competenza nei processi riguardanti Cosa Nostra.
- 26 gennaio 1991: apprendo oggi, arrivato in ufficio, da Pignatone, alla presenza del capo, che egli e Lo Forte quella stessa mattina si erano recati dal cardinale Pappalardo per sentirlo in ordine a quanto riferito al processo Mattarella da Lazzarini Nara. Protesto per non esser stato preventivamente informato sia con Pignatone sia con il capo, al quale faccio presente che sono prontissimo a qualsiasi diverso mio impegno ma che, se si vuole mantenermi al coordinamento delle indagini antimafia, questo coordinamento deve essere effettivo. Grandi promesse di collaborazione e lealtà per risposta.
- 6 febbraio 1991: oggi apprendo che Giammanco segue personalmente un’indagine affidata da lui stesso a Vittoria Randazzo e riguardante dei CC di Partinico coinvolti in attività illecite. Uno dei CC è stato arrestato a Trapani e l’indagine sembra abbastanza complessa.
- La prima sezione penale della Cassazione, presieduta da Corrado Carnevale, annulla la sentenza della Corte d’assise d’appello di Palermo che nel ’91 aveva condannato all’ergastolo Paolo Alfano, Salvatore Montalto, Salvatore Rotolo e Vincenzo Sinagra. I quattro erano accusati di aver ucciso nel 1982 durante la guerra di mafia i due boss Cesare Manzella e Ignazio Pedone. Gli imputati comunque rimarranno in carcere perche’ condannati all’ ergastolo in altri processi. I giudici della suprema corte, dopo circa tre ore di camera di consiglio, hanno poi dichiarato inammissibile il ricorso del procuratore generale e quelli di altri sette imputati. I magistrati hanno inoltre respinto i ricorsi di altri diciassette accusati tra cui Salvatore Badalamenti e Giuseppe Gambino.