«Risponderò davanti ad un giudice, poi vedrai che succederà. Ho fatto il mio lavoro con dignità e professionalità assoluta e con i miei metodi, non quelli dei burocrati».
È tarda sera quando arriva il whatsapp al Giornale di Pasquale Striano (nel tondo), il tenente della Finanza finito nell’inchiesta della Procura di Perugia sul presunto dossieraggio contro politici, imprenditori e vip partito dalle denunce del ministro della Difesa Guido Crosetto. Assieme al pm Antonio Laudati (vicino alla pensione) avrebbero sfruttato le banche dati della Dna con migliaia di accessi per ottenere notizie riservate e informazioni su centinaia di persone. Dati che Striano avrebbe conservato in un diario, aggiornato a fine 2022.
Difficilissimo arrivare a lui, più facile far parlare chi lo conosce(va): «Prima di fare lo sbirro era un pescatore, come il padre». «Di dati a strascico?», è la battuta che fa sorridere il nostro interlocutore. A chiunque si chiedano informazioni sul tenente della Guardia di Finanza la risposta è quasi sempre la stessa: «Non è da lui, c’è altro sotto». Nato a Ercolano, un’infanzia felice e umile, non certo florida. Gli studi a Bologna, il trasferimento a Roma, il matrimonio con la sarda Daniela in regime di separazione dei beni, la casa comprata il 29 marzo 1993 a Ciampino con un mutuo (estinto il 13 novembre 1999) e poi venduta, poi il periodo in affitto tra Tuscolana e Anagnina «in affitto agevolato in una palazzina destinata al social per gli sbirri», ricorda un vicino di casa. I due si separano, i tre gemelli nati (e finiti sui giornali per la particolarità) vanno in affidamento congiunto. Poi il secondo matrimonio con Francesca, coetanea e di Ercolano pure lei, l’acquisto per circa 100mila euro nel 2021 di una casa sul lungomare di Anzio, scovato da Franco Bechis su Open.
Maneggiare informazioni vale molti soldi. Sennò cosa può portare un supersbirro con un’esperienza trentennale a commettere i reati che il procuratore capo di Perugia Raffaele Cantone gli contesta? «Non ho mai conosciuto un poliziotto che non avesse problemi economico», ci dice un ex investigatore a riposo che ha incrociato Striano in un paio di inchieste e che non ha sue notizie da anni. «La vicenda mi pare un po’ più grave del semplice ufficiale che sbircia nelle banche dati», sottolinea Gioacchino Genchi, anche lui travolto (ingiustamente) dall’accusa di gestire un archivio illegale.
Fatta eccezione per la passionaccia per il sindacato Silf che fonda nel 2019, Striano è una formichina operosa che non ama i riflettori e ha un’ammirazione (dicono) per i whistleblowers e per chi alla «militarità» preferisce i «signornò», come testimoniano alcuni suoi articoli che una manina ci indica. Non ci sono tante sue foto in giro per il web, c’è un profilo Linkedin abbandonato, rintracciamo due suoi libri sulla criminologia, il lavoro sotto copertura e il modo di condurre gli interrogatori che gli diedero un po’ di fama tra i colleghi intorno al 2006-2008, molti anni prima di sbarcare alla Dia a occuparsi delle Sos, le Segnalazioni di operazioni sospette, cruciali nella lotta all’evasione, al riciclaggio e nella caccia ai boss, vero core business del corpo interforze oggi guidato dal generale Michele Carbone che del follow the money di Giovanni Falcone ne ha fatto il mantra investigativo. Alla Dia Striano ci arriva nel 2015, era nello stesso ufficio Sos del colonnello Omar Pace, che l’11 aprile 2016 si è sparato davanti alla sua scrivania. Era l’anima dell’inchiesta Breakfast, curata dal pm Giuseppe Lombardo della Procura di Reggio Calabria, sfiorita dopo essere finita sui giornali e in un libro di Marco Lillo. Paci e Striano indagavano sull’ex ministro dell’Interno Claudio Scajola, sul filone dei presunti rapporti tra Lega e ‘ndrangheta tramite il cassiere Francesco Belsito e sulla presunta Spectre mafio-massonico-affaristica che avrebbe dovuto gestire un mega riciclaggio internazionale e la latitanza dell’ex Forza Italia Amedeo Matacena, «sulla cui morte a Dubai indaga la magistratura anche per colpa di un conflitto sul testamento», ci rivela l’avvocato Candido Bonaventura. Pace venne forse pedinato e sicuramente cazziato dai suoi prima dell’insano gesto. «Dalla morte di quell’investigatore, capace di decriptare gli archivi di Matacena e Scajola, Striano è molto cambiato», assicura chi ha lavorato con lui alle indagini, in un pool subito dopo smantellato.
«È sbagliato parlare di accessi abusivi, è tutto tracciato», ci ricorda invece Cleto Iafrate, militare che da anni si batte contro i suicidi in divisa. Al Giornale è lui a ricordarci i pessimi trascorsi tra Finanza e Crosetto: «In questo Paese so che se qualcuno dice qualcosa sulla Gdf rischia di pagarla, le parole dell’allora sottosegretario alla Difesa nel 2011». Mai presagio fu più azzeccato…
IL GIORNALE 10 marzo 2024