La verità di Lucia Borsellino: così Crocetta mi ha tradito

 

20 Luglio 2015 LA REPUBBLICA 

PALERMO. Il trolley preparato in fretta per quella che non era una fuga ma un ritiro per pensare è di nuovo pronto. Torna a Palermo, all’indomani di quell’anniversario, il 19 luglio, il giorno in cui le uccisero il padre. E parla, Lucia Borsellino. Del clima di “diffidenza e ostilità” che l’ha circondata. Del “coacervo di interessi” intorno alla sanità, delle trame di un “governo parallelo”. Accusa il presidente di averle taciuto quel che accadeva “alle sue spalle”. Di aver “minimizzato” l’arresto di Tutino”. Risponde alla quantità di voci, ipotesi, congetture e false notizie circolate non dopo le sue dimissioni del 2 luglio, passate quasi sotto silenzio, ma alla pubblicazione, giovedì scorso, dell’intercettazione che ha dato corpo ai sospetti. Tiene a dire che fino all’ultimo ha svolto appieno il suo “ruolo di assessore”, tra mille insidie e difficoltà.

Partiamo dalle insidie?
“No, partiamo da quello che nonostante tutto siamo riusciti a fare”.

È importante?
“Lo è, eccome”.

Allora cosa intende con quel che siete riusciti a fare? Pensa di aver avuto dei successi?
“No, guardi, non sono successi miei, ma dati di fatto inoppugnabili. Sono in atti pubblici consegnati all’Assemblea regionale. Sono dati avallati dalla Corte dei conti e riconosciuti anche dalla Banca d’Italia: stiamo proseguendo nel programma di riqualificazione della spesa sanitaria. E per la seconda volta il bilancio si è chiuso in equilibrio, anzi con un avanzo di gestione”.

Insomma la prima industria dell’Isola, la sanità, con i suoi 9 miliardi di spesa, più della metà dell’intero bilancio, e con 7 decimi che finiscono in stipendi, non è più un disastro inarrestabile?
“Non lo è, siamo riusciti a ridurre i ricoveri impropri e a mettere in piedi la rimodulazione della rete sanitaria con il sì di tutti i sindaci ad eccezione di quelli della provincia di Enna. Abbiamo ridotto la spesa farmaceutica con indici più marcati rispetto alla media nazionale. Certo c’è molto ancora da fare in termini di miglioramento dei servizi e degli standard qualitativi”.

Sì, però lei ha dovuto gettare la spugna, perché?
“Per oppormi a quel coacervo di interessi che c’è dietro alla sanità era necessario un solido fronte comune che nei fatti non c’è stato”.

Non lascia per quell’intercettazione pubblicata da l’Espresso nella quale il dottore Tutino auspica una brutta fine per lei, analogamente a quella riservata a suo padre?
“No, ho cominciato a maturare questa decisione da alcuni mesi”.

Sapeva di quella intercettazione?
“No, assolutamente. Quello che avevo da dire sul clima di diffidenza e ostilità l’ho già riferito agli organi inquirenti”.

Quindi la percezione di un clima di ostilità non è una scoperta recente?
“Fin dal primo giorno ho avuto ben chiaro che nei miei confronti c’era un clima di ostilità e di diffidenza”.

Diffidenza perché?
“Io ho lavorato da dirigente generale, capo del dipartimento attività sanitaria, con il precedente governo. E poi nel novembre 2012 sono diventata assessore. Ecco: sembrava che dovessi dimostrare sempre una qualche forma di lealtà a questo esecutivo. Sembrava di essere continuamente sotto esame “.

Superava le prove?
“Le prove le superavo, ma la lealtà non è cieca. Va guadagnata giorno per giorno sul campo con i fatti e i comportamenti. La lealtà al governo e al Parlamento siciliano, istituzionalmente, l’ho garantita fino all’ultimo, ma cieca non sono mai stata”.

E quando ha tenuto gli occhi aperti che è successo?
“Forse non mi sono spiegata bene: io gli occhi non li ho mai chiusi. Per esempio ho bloccato l’affidamento a un privato della Banca dei tessuti proposta dall’ospedale Villa Sofia (quello in cui era primario il dottor Tutino, ndr). Una procedura che andava contro le norme: bisognava fare un bando di evidenza pubblica come prevede lo Stato e l’Unione europea”.

E questo è alla base dei giudizi, diciamo così, poco lusinghieri sul suo conto del dottor Tutino?
“Su questo ci sono indagini, lasci che siano altri a occuparsene, non io e non lei”.

Sì, ma lei se ne è andata, perché?
“La mia lettera di dimissioni è chiara ed esaustiva. Ho lavorato con entusiasmo, valorizzando gente che come me crede nella possibilità di rilancio della sanità siciliana. Tanta gente, accanto ad altri che non fanno nulla o guardano al passato”.

Ecco, parliamo di questi?
“Ho deciso di interrompere definitivamente questa esperienza quando ho avvertito la grande distanza che vi era tra me e le reazioni pubblicamente rese dal presidente di fronte all’arresto del dottor Tutino, volte a minimizzare quanto accaduto”.

C’è la questione delle nomine dei dirigenti delle Asp, Tutino aveva un elenco che sottopose al presidente a sua insaputa?
“Diciamo che c’erano cose di cui io, l’assessore, non ero a conoscenza”.

Un governo parallelo della sanità siciliana?
“Non posso spingermi a tanto, ma quel che viene fuori non mi pare smentisca questa affermazione”.

Lei con il presidente parlava di tutto e non di questo?
“La domanda può essere ribaltata: diciamo che, alla luce di quanto emerge, era il presidente che non mi parlava di tutto “.

Gli disse che avrebbe voluto lasciare?
“Glielo comunicai la sera prima”.

Molti le rimproverano di avere accettato. Proprio per quei rischi di cui si è resa conto.
“Ho accettato di fare l’assessore perché sentivo di volere dare il mio contributo al servizio esclusivo della collettività pur sapendo che il mio cognome poteva essere oggetto di speculazioni. È tutto qui”.

Era prevedibile, non crede?
“Io ho dato il mio tempo e le mie competenze. Poi ho visto altro. Le dirò, anzi, che questa vicenda insegna che fin quando la Sicilia non si emanciperà dai simboli non potrà avere un futuro roseo davanti a sé”.

Eppure Tutino dice di essere stato suo amico.
“Io gli amici li conto sulla punta delle dita, do un valore all’amicizia. Nel mio ambito professionale ho conosciuto quasi per intero il mondo della sanità. No, con lui amici proprio no”.

E il presidente?
“Io sono stata leale con lui”.

E lui?
“Lui non mi ha detto tutto”.

Eppure vi incontravate spesso. Parlaste anche di Tutino e delle sue dichiarazioni alla Procura?
“No, di quello non potevo certo parlargli. C’era un’indagine in corso. Ma sotto il profilo istituzionale non gli ho taciuto proprio nulla. Al contrario ho appreso dai giornali che lui sapeva che il dottor Tutino parlava male di me e questo lui non me lo ha mai detto”.

Crocetta sembra uno che prende di petto le questioni. Lei invece sostiene che tergiversava, prendeva tempo, eludeva il problema?
“Lui, è vero, prende di petto le situazioni. Ma certe cose, ho l’impressione che con me non le abbia discusse”.

C’erano degli argomenti off limit, c’erano intoccabili?
“Io mi confrontavo con il presidente, con la giunta e con il Parlamento per ciò che non potevo risolvere nell’ambito della mia autonomia di delega. Ho avuto l’impressione che anche altro avvenisse dietro le mie spalle”.

Insisto, le nomine?
“Anche su questo credo ci siano indagini, non ne parlo”.

Il suo entusiasmo pare ormai spento. Davvero la sanità e la Sicilia sono irredimibili?
“No, è un torto a tanta gente che lavora onestamente e con impegno, pensarla così”.

Cosa manca allora per governare e bene questa sanità?
“Basterebbe governare senza tenere conto degli interessi personali e del consenso a tutti i costi. Tenendo a mente non la visione di pochi ma della collettività”.

Ha mai temuto per la sua incolumità?
“No, e non mi interessa”.

Dicono già che qualcuno pensa di candidarla alla Regione. Ne ha sentito parlare?
“No e non mi interessa”.

La sua esperienza politica si chiude qui?
“Io ero già un tecnico, sì la mia esperienza politica si chiude qui”.

Lei però è un dirigente della Sanità. Comunque di quello dovrà occuparsi. Cosa farà?
“Non lo so e non ci ho ancora pensato. Ho preso dei giorni di ferie da dipendente regionale. Penserò anche a quello, al mio futuro. Adesso è ora di tornare”.