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Dossieraggio, parla Pasquale Striano: «Io? 40 mila accessi, ma dietro l’inchiesta di Perugia c’è qualcosa di grosso»
Pasquale Striano è l’investigatore della Guardia di Finanza al centro dell’inchiesta di Perugia sul dossieraggio. Su di lui ci sono molte indagini. Secondo l’accusa ha utilizzato il suo ruolo di capo del gruppo sulle Segnalazioni di Operazioni Sospette (Sos) per compilare dossier che avrebbe poi girato ai giornalisti. Indagato con lui anche l’ex magistrato Antonio Laudati, responsabile delle segnalazioni nella Direzione Nazionale Antimafia. Con loro due sono indagati anche otto giornalisti. L’inchiesta in totale ne conta 15. Ma proprio Striano oggi decide di parlare con La Verità. E al quotidiano di Maurizio Belpietro l’ufficiale delle Fiamme Gialle confessa di aver effettuato 40 mila accessi: «Ma agivo su ordine dei pubblici ministeri». E aggiunge: «Alla Dna si pensa poco alla mafia e molto al potere»
Silvio Berlusconi
Striano parla del dossier su Silvio Berlusconi. Ma le ricerche del finanziere sono arrivate stavolta dopo e non prima un articolo di giornale. Ovvero quello del quotidiano Domani del 20 gennaio. Le ricerche sono arrivate dopo. E per questo Raffaele Cantone non gli contesta le spiate a favore del quotidiano di Carlo De Benedetti. Anche gli accessi su Giuseppe Conte e Domenico Arcuri arrivano dopo notizie pubblicate sui giornali. La Veritàspiega che chi conosce Striano, 59enne di origini campane, sa che in queste ore l’ufficiale non veda l’ora di andare in Tribunale a far valere le proprie ragioni. «Non potete pensare che dietro a questo uomo ci sia una macchina da guerra», ha confidato alle persone a lui più vicine. «È giusto che io sia attaccato in una maniera così spudorata, anche violando tutte le regole della privacy, persino da parte della Procura di Perugia che, posso assicurare, ha fatto molte cavolate?», ha aggiunto.
Le cavolate di Perugia
Striano fornisce i veri numeri degli accessi: «Non hanno capito nulla dei numeri che hanno dato, non sanno quali fossero le procedure, non sanno nulla. Io di segnalazioni di operazioni sospette (le sos inviate dalle banche all’Unità di informazione finanziaria della Banca d’Italia, ndr) non ne ho visionate 4.000, come dicono loro, ne ho visionate 40.000. Era il mio lavoro. Io ero una persona super professionale che acquisiva notizie a destra e a sinistra. Lo ammetto, anche con metodi non sempre ortodossi. Ma non mi devono far passare per quello che non sono. Io adesso andrò a farmi le mie ragioni, perché loro (gli inquirenti, ndr) stanno inventando una marea di cose per amplificare una vicenda che invece è abbastanza ridicola».
I 40 mila accessi
E tiene il punto: «Il mio lavoro era quello di fare attività Antimafia e di farla bene. Di occuparmi di fenomeni che potevano essere calzanti: gli affari dietro al Covid, i bitcoin, i nigeriani. Ho fatto sempre ed esclusivamente questo». Sulla Direzione Antimafia ha le idee chiarissime: «Non ha motivo di esistere. Se la Dna fosse come la ha concepita Falcone, così come la Direzione investigativa antimafia per cui ho lavorato – e non sono uno che sputa nel piatto dove ha mangiato – allora sarebbe diverso. Ma purtroppo lì ci sono uomini che non sono più in grado di fare le indagini. Io ho evidenziato a chi di dovere le criticità e non cercavo gratificazioni. Poi, non lo scopro io, esisteva una lotta tra magistrati. Una gara a chi era più bravo, a chi era più bello, a chi aveva più potere. Questo lo spiegherò in Procura e in Tribunale».
I dossier e le invidie
La tesi di Striano è che il suo occuparsi di dossier pre-investigativi gli procurava invidie: : «Non solo invidie interne, perché lì a livello nazionale c’è un macello». Ma lui stava solo lavorando: «Per far approfondire i nostri filoni investigativi i magistrati si rivolgevano dove conoscevano, sceglievano le Dda con tale criterio e questo è un fatto un po’ scandaloso. A me di queste di queste logiche non fregava niente. Se scrivevo un bell’appunto per me l’importante era che venisse approfondito, che mi dicessero che era fatto bene». Mentre nell’Antimafia ognuno fa i propri interessi: «Purtroppo è così. Adesso mi è capitato questo casino e per questo mi dovrò difendere. Ma qui non ci sono fatti inquietanti, come sostengono gli inquirenti, le cose diventano tali in altre stanze, capito? Ma non mi riguardavano. Io tante cose le sentivo, ma non mi interessavano».
Striano, Laudati e Melillo
Striano sostiene che alcune delle Sos sui rapporti economici tra Marcello Dell’Utri, Berlusconi e altri soggetti gli fossero arrivate da altri uffici giudiziari anziché dalla Pna. «Su richiesta di Melillo» dice oggi Striano, «abbiamo solo verificato perché le segnalazioni all’Antiriciclaggio non andassero a Reggio Calabria e io ho fatto un appunto e ho spiegato perché le cose andassero in quel modo. Io alcuni accessi li ho fatti anche per dare queste spiegazioni. Non temevo alcunché». E ancora: «Ma ci sono tante cose che mi sono state chieste espressamente. Non mi metto a fare i conti della serva. Io spiegherò quale fosse il mio metodo. Poi il giudice, magari, mi dirà: “Non lo dovevi fare”. Allora io risponderò: “Ma io non dovevo chiedere un’autorizzazione a monte. E comunque i miei risultati arrivavano con questo metodo di lavoro”. Io sono a posto con la mia coscienza, poi che sia stato fatto tutto un po’ alla carlona, sono il primo a dirlo. Ma l’ho ammesso pure con Melillo. Il mio obiettivo era quello di arrivare a degli atti d’impulso, che fossero fatti bene. La mia gratificazione era solo quella».
Una strategia
Striano è convinto che dietro tutto ci sia una strategia contro di lui: «Dietro a questa vicenda c’è qualcosa di più grosso. Qui stiamo parlando del mondo delle armi e l’attenzione su certi argomenti, dopo l’esplosione del mio caso, è subito calata. Perché non è solo una storia di bed and breakfast». Ovvero la ragione sociale degli affari di Crosetto con i Mangione. Il ministro continua a detenere le quote delle tre ditte. «Dietro a questa scelta c’è una precisa strategia» sostiene Striano. «Se le cedi ammetti qualcosa… però, se rimani dentro, devi insistere sul fatto che c’è stato un altro problema, quello della diffusione dei redditi. In questo modo si è distolta l’attenzione e l’altra storia è andata in cavalleria». Alessandro D’Amato
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Dossier, parla Pasquale Striano: “Ho agito su ordine dei pm. Ho effettuato 40mila accessi”
“Ho fatto 40mila accessi, ma agivo su ordine del pm. La procura di Perugia ha fatto molte cavolate”. Pasquale Striano, il finanziere al centro dell’inchiesta sul dossieraggio parla alla Verità. Su di lui ci sono molte indagini. Secondo l’accusa ha utilizzato il suo ruolo di capo del gruppo sulle Segnalazioni di Operazioni Sospette (Sos) per compilare dossier che avrebbe poi girato ai giornalisti. Indagato con lui è -come sappiamo- anche l’ex magistrato Antonio Laudati, responsabile delle segnalazioni nella Direzione Nazionale Antimafia. Con loro due sono indagati anche otto giornalisti.
L’inchiesta in totale ne conta 15. Striano decide di parlare con il quotidiano diretto da Belpietro, in edicola sabato 16 marzo. L’ufficiale delle Fiamme Gialle confessa di aver effettuato 40 mila accessi: «Ma agivo su ordine dei pubblici ministeri». E aggiunge: «Alla Dna si pensa poco alla mafia e molto al potere».
Dossieraggio, Striano alla “Verità”: “40mila acccessi, non 4.000. Era il mio lavoro”
“Io di segnalazioni di operazioni sospette (le sos ) non ne ho visionate 4.000, come dicono loro, ne ho visionate 40.000. Era il mio lavoro. Io ero una persona super professionale che acquisiva notizie a destra e a sinistra.
Lo ammetto, anche con metodi non sempre ortodossi. Ma non mi devono far passare per quello che non sono.
Io adesso andrò a farmi le mie ragioni, perché loro (gli inquirenti, ndr) stanno inventando una marea di cose per amplificare una vicenda che invece è abbastanza ridicola”.
Dunque, il dato che salta subito in evidenza è il vero numero degli accessi: «Non hanno capito nulla dei numeri che hanno dato, non sanno quali fossero le procedure, non sanno nulla – afferma Striano- .
Il mio lavoro era quello di fare attività Antimafia e di farla bene. Di occuparmi di fenomeni che potevano essere calzanti: gli affari dietro al Covid, i bitcoin, i nigeriani. Ho fatto sempre ed esclusivamente questo».
Dossieraggio, Striano alla “Verità”: “Ho agito su ordine dei pm”
Sulla Direzione Antimafia afferma: «Non ha motivo di esistere– riporta la Verità- . Se la Dna fosse come la ha concepita Falcone, così come la Direzione investigativa antimafia per cui ho lavorato – e non sono uno che sputa nel piatto dove ha mangiato – allora sarebbe diverso. Ma purtroppo lì ci sono uomini che non sono più in grado di fare le indagini.
Io ho evidenziato a chi di dovere le criticità e non cercavo gratificazioni. Poi, non lo scopro io, esisteva una lotta tra magistrati.
Una gara a chi era più bravo, a chi era più bello, a chi aveva più potere.
Questo lo spiegherò in Procura e in Tribunale». E’ sua convinzione, da qianto emerge, è che il suo occuparsi di dossier pre-investigativi gli procurava invidie: «Non solo invidie interne, perché lì a livello nazionale c’è un macello».
“Dietro l’inchiesta di Perugia c’è qualcosa di grosso”.
Strano ha spiegato in cosa cosa consistesse la sua attività: «Per far approfondire i nostri filoni investigativi i magistrati si rivolgevano dove conoscevano; sceglievano le Dda con tale criterio e questo è un fatto un po’ scandaloso. A me di queste di queste logiche non fregava niente.
Se scrivevo un bell’appunto per me l’importante era che venisse approfondito, che mi dicessero che era fatto bene». Mentre nell’Antimafia ognuno fa i propri interessi: «Purtroppo è così. Adesso mi è capitato questo casino e per questo mi dovrò difendere. Ma qui non ci sono fatti inquietanti, come sostengono gli inquirenti, le cose diventano tali in altre stanze, capito?
Ma non mi riguardavano. Io tante cose le sentivo, ma non mi interessavano».
“Ho fatto tre appunti su Berlusconi. Mi sono stati chiesti. E non dai giornalisti”
Striano sottolinea che l’input per le indagini veniva dagli stessi procuratori. «Io ho fatto tre appunti su Berlusconi. Tre o quattro. Mi sono stati tutti chiesti. E non dai giornalisti. Non li ho fatti perché ho letto gli articoli del Domani.
Li ho realizzati perché me li chiedeva il procuratore». Striano si riferisce alla Procura Nazionale Antimafia che indagava su singoli personaggi o sospetti di reato.
«Ho fatto tutto per amor di giustizia La polizia giudiziaria, a certi livelli, acquisisce notizie ovunque e dà pure qualcosa in cambio”.
Infine Pasquale Striano spiega anche che il suo metodo di lavoro non prevedeva neppure un’autorizzazione preventiva. «Ma ci sono tante cose che mi sono state chieste espressamente.
Non mi metto a fare i conti della serva. Io spiegherò quale fosse il mio metodo- dice ad Amadori- . Poi il giudice, magari, mi dirà: “Non lo dovevi fare”. Allora io risponderò: “Ma io non dovevo chiedere un’autorizzazione a monte. E comunque i miei risultati arrivavano con questo metodo di lavoro”». 16 Marzo 2024 SECOLO D’ITALIA
Il «diario» di Striano e la sua mossa di aprire «il verminaio» dei dossier, lo sfogo del finanziere: «Ho fatto il mio lavoro, parlerò al giudice»
Sarebbe stato lo stesso finanziere Pasquale Striano a voler scoperchiare il «verminaio» denunciato dal procuratore di Perugia Raffaele Cantore. Perché lo abbia fatto è ancora tutto da capire. Come racconta in un retroscena sul Corriere della Sera Giovanni Bianconi, due mesi prima che scattassero le perquisizioni su telefoni e computer usati dal finanziere il 10 marzo 2023, il caso in mano alla procura di Roma stava per concludersi in un sostanziale silenzio. Dopo l’esposto del ministro della Difesa, Guido Crosetto, il 31 ottobre 2022 per gli articoli del quotidiano Domani, con dettagli sui suoi patrimoni, la procura di Roma individua in tre settimane chi ha fatto gli accessi alla banca dati dell’Agenzia delle Entrate. Gli inquirenti romani chiedono informazioni su Striano al procuratore della Dna Antonio Laudati, e nel giro di un mese finiscono gli accertamenti. Striano sta per ricevere l’avviso di conclusione delle indagini, a cui seguirà la richiesta di rinvio a giudizio. Ma prima in procura decidono di convocare l’indagato per sentire la sua versione dei fatti.
La svolta arriva quando a gennaio 2023 Striano non sceglie la via apparentemente più breve. Il finanziere avrebbe potuto avvalersi della facoltà di non rispondere. Al massimo era disposto a dare indicazioni sulla vicenda relativa alle ricerche sul ministro Crosetto. E probabilmente, ipotizza il Corriere, sarebbe andato incontro a un inevitabile rinvio a giudizio e possibile condanna. Di certo non ci sarebbe stato il caso che tiene banco ormai da giorni. Striano invece parla, risponde agli inquirenti e rivela che da anni svolge interrogazioni «ad ampio raggio» su ordine del pm responsabile del suo ufficio, come da prassi, in cerca di Segnalazioni di operazioni sospette (Sos). È in quell’occasione che Striano consegna una sorta di «diario», in cui sono elencati tutti i suoi accessi alle varie banche dati.
Dopo che i pm di Roma chiedono chiarimenti a Laudati, il caso diventa quello che oggi conosciamo, con il passaggio del fascicolo da Roma a Perugia. Sentito da Cantone, Laudati negherà la versione di Striano, per quanto poi emerga che alcune ricerche senza giustificazioni apparenti sarebbero state svolte con la complicità del magistrato. Striano viene convocato a Perugia il 28 febbraio per essere nuovamente interrogato, ma stavolta non si presenta in attesa della conclusione delle indagini. Alla redazione del Giornale, il finanziere avrebbe mandato un messaggio che sembra chiarire quali siano le sue intenzioni e quanto inizi a traballare la tesi dei mandanti dietro le sue ricerche: «Risponderò davanti a un giudice, poi vedrai che succederà. Ho fatto il mio lavoro con dignità e professionalità assoluta e con i miei metodi, non quelli dei burocrati».
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Dossieraggio, Striano rompe il silenzio: “Parlerò ai giudici e dirò loro la verità”
Questo il messaggio inviato dal tenente della Guardia di Finanza al quotidiano ‘Il Giornale’. L’ufficiale è coinvolto nel procedimento sul caso ‘dossieraggio’ assieme al pm della Dna, Antonio Laudati Dopo giorni di bufera mediatica il finanziere Pasquale Striano, indagato a Perugia nell’indagine su una presunta attività di dossieraggio contro politici, imprenditori e vip avviata dalle denunce del ministro della Difesa Guido Crosetto, rompe il silenzio e annuncia di voler dare la sua versione dei fatti. “Risponderò davanti ad un giudice, poi vedrai che succederà. Ho fatto il mio lavoro con dignità e professionalità assoluta e con i miei metodi, non quelli dei burocrati”, queste le sue parole inviate in un messaggio Whatsapp al quotidiano ‘Il Giornale’. Striano, secondo le ipotesi investigative riferite al Parlamento dal Procuratore di Perugia Cantone e dal Procuratore nazionale Antimafia Melillo, insieme al pm della Direzione Nazionale Antimafia e antiterrorismo Antonio Laudati avrebbe sfruttato la banca di dati sensibili a disposizione della super struttura investigativa accedendo a migliaia di informazioni riservate relative a centinaia di persone. E avrebbe conservato notizie riservate e dati sensibili su queste persone raccolti e catalogati in un diario privato.
Intanto le polemiche sulla vicenda non si placano. “Andremo avanti decisi e implacabili per avere tutta la verità sullo scandalo della Procura antimafia e dell’ex procuratore De Raho. Il tenente Striano dice che parlerà e che ha fatto il suo lavoro con onore. Parli e dimostri chi gli ha dato gli ordini che ha eseguito”, dichiara in una nota il presidente dei senatori di Forza Italia Maurizio Gasparri .
“Il suo lavoro è stato scorretto e ha tradito le funzioni supreme della Procura nazionale antimafia, degenerata in un luogo di intromissione nelle vite dei cittadini perbene con procedure chiaramente illegali. Chi ha dato gli ordini a Striano? Forza Italia vuole la verità e la vuole presto. C’è stata una connivenza tra la sinistra politica e alcuni settori della magistratura. Perché tutti i Procuratori nazionali antimafia sono diventati parlamentari della sinistra? Perché De Raho non si astiene dal partecipare alla Commissione antimafia di cui sarebbe vicepresidente ma dovrebbe poi, in questo ruolo, investigare su attività che lui ha condotto negli anni in cui ha guidato la Procura nazionale antimafia? Il suo conflitto di interesse è enorme e noi lo denunceremo in ogni sede senza esitazione”, ha aggiunto Gasparri. RAI NEWS 10.3.2024
3 agosto 2023 Dossier da banche dati antimafia, indaga la Procura di Perugia
Accertamenti partiti da una denuncia del ministro Crosetto che si sono poi estesi, con «numerose» persone sentite ed una «rilevante quantità» di documenti esaminati
Il ministro della Difesa Guido Crosetto ma anche tanti altri. Quanti e chi con precisione sembrano non saperlo ancora nemmeno i magistrati di Perugia, titolari dell’indagine su quella che si configura come un’attività di dossieraggio con al centro un finanziere distaccato alla Procura nazionale antimafia nel gruppo di lavoro che si occupava dello sviluppo delle Sos, le Segnalazioni di operazioni bancarie sospette. Accertamenti partiti da una denuncia proprio di Crosetto che si sono poi estesi, con «numerose» persone sentite ed una «rilevante quantità» di documenti esaminati. Per chiarire rapidamente di chi sono state carpite informazioni riservate, perché e se ci siano altre persone coinvolte.
Un caso giudiziario che ha subito agitato la politica. Per Matteo Renzi «l’oscura vicenda che ruota attorno a una denuncia di Guido Crosetto è allucinante». «Chi utilizza segreti e dossier come forma di killeraggio politico contro avversari politici? Ne vedremo delle… brutte. Intanto solidarietà al Ministro Crosetto per questa #Killeropoli», ha scritto su Twitter. «Va fatta piena luce» ha sollecitato il presidente del gruppo Azione-Italia Viva e componente del Copasir, Enrico Borghi. Al ministro della Difesa è arrivata anche la solidarietà dei capogruppo di FdI alla Camera e al Senato Tommaso Foti e Lucio Malan. «È preoccupante e clamoroso quanto emerge dall’indagine», affermano assicurando «di vigilare con la massima attenzione» poiché l’esistenza di una centrale di dossieraggio «lede le libertà fondamentali di tutti i cittadini e condiziona l’esercizio democratico».
Tutto è partito nell’ottobre 2022 – ha ricostruito la procura di Perugia in un comunicato – dopo una denuncia di Crosetto a seguito della pubblicazione su alcuni giornali di notizie riservate relative alla sua precedente attività professionale. Le indagini svolte in un primo momento dalla Procura di Roma hanno portato a individuare quale autore di «alcuni» accessi a banche dati pubbliche ritenuti da magistrati «presumibilmente non leciti» un appartenente alla Guardia di finanza, in forza al nucleo di polizia valutaria della Capitale ma distaccato al gruppo sos.
Una struttura chiamata ad occuparsi di quelle operazioni finanziare sospette individuate dagli istituti di credito e quindi segnalate alla Banca d’Italia. Che, a sua volta, deve interessare la procura antimafia e il Nucleo di polizia valutaria della Guardia di finanza, con le informazioni che confluiscono in banche dati per essere vagliate.
Il procuratore di Perugia Raffaele Cantone ha sottolineato in una nota che il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo Giovanni Melillo, comunque, «aveva, già prima dell’avvio dell’indagini, provveduto a riorganizzare radicalmente» il servizio sos. Dopo essere stato individuato, il finanziere, già spostato ad altro incarico, è stato «doverosamente» indagato per l’accesso abusivo al sistema informatico. Sentito dai magistrati, il militare ha rivendicato la piena correttezza del suo operato ma nel corso delle indagini sono emersi anche «ulteriori possibili accessi non leciti», dunque riguardanti diversi altri soggetti. E ad aprile la Procura di Roma ha trasmesso il fascicolo a quella di Perugia «per le valutazioni di competenza» in quanto chiamata ad occuparsi dei casi in cui sono coinvolti – o come indagati o come possibili parti lese – A condurre gli accertamenti è il nucleo di polizia valutaria della Guardia di finanza, con un pool di investigatori dedicato ad hoc. Per procedere agli accertamenti, dice la procura di Perugia, «con particolare rigore e speditezza, in quanto è auspicabile che esse siano concluse in tempi più rapidi possibili». SOLE 24 ore