La lettera di un boss catanese specializzato nel narcotraffico indirizzata al presidente del Tribunale per i minorenni di Catania, Roberto Di Bella, che ha inventato il progetto “Liberi di scegliere”: “Mi sono reso conto che i bambini non possono fare la vita che ho fatto io, entrando e uscendo dal carcere”.
Si è pentito per i suoi nipoti, affinché non facessero la stessa vita toccata a lui. È quanto ha scritto un influente boss catanese specializzato nel narcotraffico che nei mesi scorsi è tornato in carcere, assieme ad alcuni suoi familiari. Lo ha fatto in una lettera, come riporta l’edizione locale de La Repubblica, arrivata al presidente del Tribunale per i minorenni di Catania, Roberto Di Bella, da anni impegnato per dare un futuro migliore ai figli di mafia.
“Signor giudice Di Bella, grazie per i provvedimenti che ha preso nei confronti dei miei nipotini dopo l’arresto della nostra famiglia. Mi sono reso conto che i bambini non possono fare la vita che ho fatto io, entrando e uscendo dal carcere. Loro hanno diritto a un destino migliore. Per questo ho scelto di iniziare a collaborare con la giustizia”, si legge nella missiva.
Di Bella, dal canto suo, quando lavorava in Calabria prima di arrivare in Sicilia ha inventato il progetto “Liberi di scegliere” e si è occupato dei figlidi mafia. “Inizialmente — ha detto il magistrato – alcuni nipoti del capomafia che mi ha scritto erano stati allontanati dalla famiglia, erano andati in comunità con la madre, che intanto stava scontando gli arresti domiciliari, lontano da Catania”.
Il destino dei figli di mafia continua a essere cruciale per le sorti dei padrini e dei clan. “Un capomafia, al 41 bis, mi ha chiesto di tenere lontano suo figlio dal quartiere — ha continuato Roberto Di Bella — in altri casi sono state le mamme a farsi avanti, chiedendo di essere aiutate ad andare via assieme ai figli”.
LIBERI DI SCEGLIERE: il progetto che sottrae i minori alla mafia
Oggi il protocollo “Liberi di scegliere” verrà firmato a Roma anche dai magistrati di Palermo e Napoli, da cinque ministeri (Giustizia, Interno, Istruzione, Università e Famiglia), dalla Direzione nazionale antimafia e dalla Conferenza episcopale italiana e assicurerà più risorse per offrire ai figli di mafia un percorso di riscatto, lontano dalle regioni di origine e soprattutto dalle famiglie criminali. Anche Papa Francesco ha avuto parole di apprezzamento per il protocollo. “Deve passare il messaggio che i provvedimenti adottati dal tribunale per i minorenni non sono punitivi per i genitori, ma sono a tutela dei ragazzi”, ha concluso il presidente del tribunale che continua a vivere sotto scorta. Ida Artiaco