Borsellino e Falcone: riassunto della vita e morte

Falcone e Borsellino

Nel 1992 persero la vita due magistrati che hanno lasciato un segno indelebile nella storia per la loro lotta alla mafia: Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Morirono a circa due mesi di distanza, in due terribili attentati mafiosi: la Strage di Capaci e la Strage di Via d’Amelio, avvenute rispettivamente il 23 maggio e il 19 luglio 1992.

Giovanni Falcone

Giovanni Falcone nasce a Palermo nel 1939. Frequenta il liceo classico, si iscrive all’Accademia navale di Livorno e poi si iscrive a Giurisprudenza. Dopo la laurea vince il concorso in magistratura e nello stesso anno sposa la sua prima moglie Rita Bonnici, da cui divorzio 14 anni dopo.

Il suo primo incarico è quello di pretore a Lentini. Nel 1978 ottiene il lavoro all’ufficio istruzione sotto la guida di Chinnici affiancato da Paolo Borsellino.

Nel 180 gli vengono affidate le indagini contro Rosario Spatola, grazie alle quali scopre il quadro dell’organizzazione criminale Cosa Nostra.

Paolo Borsellino

Paolo Borsellino nasce nel 1940 a Palermo. Come Falcone, frequenta il liceo classico e si iscrive al fronte universitario d’Azione Nazionale. Si laurea nel 1962, ma non esercita fino al momento in cui non si laurea la sorella, farmacista, gestendo nel frattempo la farmacia paterna. 

Nel 1963 partecipa al concorso per entrare in magistratura, diventando così il più giovane magistrato d’Italia. Il suo primo incarico è al tribunale di Enna nella sezione civile. Nel 1967 viene nominato pretore, ed è in questo momento che inizia a conoscere la mafia. 

Il 23 dicembre 1968 sposa Agnese Piraino Leto. Nel 1975 viene trasferito a Palermo dove entra nell’ufficio istruzioni affari penali sotto la guida di Chinnici.

Nel febbraio 1980 Borsellino fa arrestare i primi sei mafiosi: tra questi, Giulio Di Carlo e Andrea Di Carlo. Il 4 maggio 1980 Emanuele Basileviene assassinato ed è decisa l’assegnazione di una scorta alla famiglia Borsellino.

Il pool antimafia

Viene fondato il cosiddetto “pool antimafia”, una squadra di magistrati contro la criminalità organizzata, formata da Falcone, Borsellino e dai giudici Lello e Guarnotta.

Il pool nasce anche dall’esigenza di unire l’istituzione composta da giudici che combattono contro la mafia, ma lo fanno individualmente: nel pool si agisce insieme. Il 29 luglio 1983 Chinnici viene ucciso con la sua scorta, e lo sostituisce Antonino Caponnetto. Tutti i membri del pool insistono perché lo Stato intervenga e offra il suo supporto, ma questo non accade.

L’arresto di Tommaso Buscetta dà una svolta epocale alla lotta contro la mafia, perché decide di diventare collaboratore di Giustizia e descrive in modo dettagliato la struttura della mafia.

Il suo interrogatorio inizia a Roma nel luglio 1984 e aiuta molto nelle indagini contro Cosa Nostra.

 

Il maxiprocesso di Palermo

Le inchieste avviate da Chinnici e proseguite dalle indagini di Falcone e di tutto il pool portano a costituire il primo grande processo contro la mafia.

La reazione di Cosa Nostra nell’estate del 1985 è quella di uccidere Giuseppe Montana e Ninni Cassarà, stretti collaboratori di Falcone e Borsellino, al punto che si comincia a temere anche per loro, i quali vengono mandati a soggiornare per qualche tempo con le famiglie presso il carcere dell’Asinara per finire le pratiche del maxiprocesso, che porterà all’arresto di 475 imputati.

La fine del pool antimafia

Nel 1987 Caponetto decide di ritirarsi per ragioni di salute. Nel dicembre 1986 anche Borsellino chiede e ottiene la nomina a Procuratore della Repubblica a Marsala. Al posto di Caponnetto viene nominato Antonino Meli, preferito al giudice Falcone.
Questo innesca amare polemiche, e viene interpretata come una possibile rottura dell’azione investigativa. Non solo: la scelta rende Falcone un bersaglio molto più facile per la mafia. Alla scelta si oppone anche Borsellino, con dubbi e perplessità che gli fanno rischiare un provvedimento disciplinare. Tuttavia Cossiga, Presidente della Repubblica, lo ascolta e fa partire le indagini presso il palazzo di giustizia di Palermo.
Il 14 settembre Antonino Meli viene nominato capo del pool; Borsellino torna a Marsala, dove riprende a lavorare alacremente insieme a giovani magistrati, alcuni di prima nomina come Diego Cavaliero. Inizia in questi giorni il dibattito per la costituzione di una Superprocura. Falcone va a Roma come direttore degli affari penali e preme per l’istituzione della Superprocura. Borsellino decide di tornare a Palermo nel ’91 diventando Procuratore aggiunto.
Meli non si dimostra all’altezza in alcune situazioni e i giudici Di Lello e Conte si dimettono per protesta. Nell’autunno del 1988 il pool viene sciolto.

La Strage di Capaci

Nel maggio 1992 Falcone raggiunge i numeri necessari per vincere l’elezione a superprocuratore. Ma il 23 maggio 1992 mentre torna da Roma a Palermo, dove lo aspetta Borsellino per festeggiare il suo nuovo ruolo di superprocuratore, viene ucciso in un attentato mafioso.
Delle cariche di tritolo vengono posizionate sull’autostrada, e Giovanni Brusca azionando un telecomando innesca l’esplosione. Insieme a Falcone e alla moglie muoiono anche tre uomini della scorta: Schifani, Montinaro e Dicillo. La strage viene chiamata Strage di Capaci, e più avanti il mandante viene identificato in Totò Riina.
Il fatto che gli attentatori sappiano l’ora dell’arrivo e della partenza di Falcone dimostra che qualcuno “vicino” a lui è probabilmente coinvolto in Cosa Nostra, come era stato paventato da alcuni pentiti.

La Strage di Via d’Amelio

Borsellino viene avvisato già nel ’91 da Vincenzo Calcara, un pentito di Cosa Nostra,che i piani per la sua uccisione sono già pronti. Per questa ragione il giudice sceglie di rinunciare a una protezione eccessiva, per timore che la mafia scegliesse di rivolgere la sua attenzione verso un membro della sua famiglia. Viene anche a sapere di possibili legami fra mafia e politica, e per questa ragione cerca di tenere segrete le indagini e le notizie che emergono dagli interrogatori.
Borsellino rilascia interviste e partecipa a numerosi convegni per denunciare l’isolamento dei giudici e l’assenza dello Stato e della politica nella lotta alla criminalità.  
Il 19 luglio 1992, dopo aver pranzato a Villagrazia con la moglie Agnese e i figli, il giudice insieme alla sua scorta va in via D’Amelio, dove abita sua madre, 100kg di esplosivo vengono posizionati in un’auto che nell’esplosione uccide Borsellino e cinque agenti della scorta. Proprio il giorno prima gli era stato comunicato che sarebbe stato lui il nuovo Superprocuratore.

 

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