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Dall’agenda rossa al falso pentito Scarantino, l’arringa del legale di due dei tre agenti alla sbarra chiama in causa i giudici che indagarono sulla strage di via D’Amelio
“Si tratta di due soggetti che fanno parte degli ultimi gradini della scala gerarchica e contestare queste accuse è quanto meno singolare”. Così l’avvocato Giuseppe Seminara, legale dei poliziotti Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo, che insieme al funzionario della Polizia di Stato, Mario Bo, sono accusati di calunnia aggravata dall’aver favorito la mafia, nel processo sul depistaggio delle indagini sulla strage di via D’Amelio in cui persero la vita il giudice Paolo Borsellino e cinque agenti della sua scorta. In un passaggio della sua arringa difensiva davanti alla Corte d’appello di Caltanissetta parla anche della sparizione dell’agenda rossa.
Il legale ha evidenziato poi che i giudici “nel Borsellino 1 e 2 hanno riconosciuto l’attendibilità del “falso pentito” Vincenzo Scarantino: ”E’ incredibile. Questo fallimento di sistema che arriva a determinare quello che è stato determinato”. E ha aggiunto: “Se Tinebra e La Barbera fossero stati vivi avremmo potuto fronteggiare le situazioni attraverso il loro contributo, perché ci avrebbe consentito di contrastare molti dei passi dei collaboratori di giustizia nel processo di primo grado”.
Il depistaggio sulla strage di via D’Amelio, parola alla difesa: “Aberrante ritenere Scarantino attendibile”
Alla sbarra, in appello, ci sono tre poliziotti accusati di calunnia aggravata perché avrebbero costruito a tavolino falsi collaboratori di giustizia per sviare le indagini. L’avvocato Giuseppe Seminara che ne assiste due: “Stiamo parlando degli ultimi due gradi della scala gerarchica, vorrei sapere quante volte hanno parlato con Arnaldo La Barbera”
“Sostenere l’attendibilità per l’unghia del piede di Vincenzo Scarantino è qualcosa di aberrante. I giudici in diverse occasioni, dalle sentenze Borsellino, uno, bis e ter, hanno riconosciuto l’attendibilità di Scarantino. E’ incredibile quante volte gli avvocati hanno urlato vendetta rispetto a quel tipo di procedimento”. A dirlo, durante l’arringa difensiva del processo d’appello sul depistaggio sulla strage di via D’Amelio, è l’avvocato Giuseppe Seminara, difensore di due dei tre poliziotti alla sbarra, Michele Ribaudo e Fabrizio Mattei.
Oltre ai due, è imputato anche un altro poliziotto, Mario Bo, e sono tutti accusati di calunnia aggravata per aver – secondo la Procura – costruito a tavolino falsi pentiti, inducendoli a mentire, per depistare le indagini sulla strage di via D’Amelio. Al termine della sua requisitoria il procuratore generale di Caltanissetta, Fabio D’Anna, aveva chiesto 11 anni e 10 mesi di carcere per Bo e 9 anni e mezzo a testa per gli altri due. Il tribunale di Caltanissetta, in primo grado, il 12 luglio 2022, aveva dichiarato prescritte le accuse contestate a Bo e Mattei, mentre Ribaudo venne assolto.
L’avvocato Seminara ha iniziato la sua arringa difensiva citando le vittime della strage Borsellino: “A 30 anni dalla strage di via D’Amelio questa difesa ritiene doveroso rinnovare il proprio cordoglio per le vittime di quel terribile eccidio e per i loro familiari”. E ha aggiunto: “Ci è stato detto di non fare un processo ai morti, dal procuratore Tinebra al dottore La Barbera, ma si perde di vista un’altra cosa: manca la possibilità di avere il loro contributo che per noi sarebbe stato di grandissimo aiuto. Perché avrebbe consentito di contrastare molti dei passi che hanno riguardato i collaboratori di giustizia del processo di primo grado”.
L’avvocato Seminara si è soffermato anche sulla sparizione dell’agenza rossa di Borsellino: “Si è detto che non è stata Cosa nostra, ma questo interesse ad avere l’agenda rossa è compatibile e finalizzato al compimento della strage? Il fatto che qualcuno avesse interessa a prendere l’agenda significa che questo qualcuno è partecipe alla strage? Sull’agenda rossa quanti elementi abbiamo avuto?”, ha chiesto ai giudici il penalista.
E ha proseguito: “Sull’agenda rossa purtroppo abbiamo un tale numero di circostanze che ci impedisce di poterla ritenere un elemento rilevante ai fini del presupposto dell’appartenenza di soggetti estranei a Cosa nostra nella fase di programmazione ed esecuzione della strage. In linea teorica ipotizziamo che vi sia stata una corrispondenza di interessi. E’ pacifico che un gruppo di soggetti partecipanti all’attività criminale possa avere avuto un interesse diverso, ma in che cosa si è concretizzato? Quando abbiamo potuto estrapolare un elemento oggettivo che possa farci giungere alla prova che rispetto alla fase dell’esecuzione della strage vi sia stato l’intervento di istituzioni o soggetti esterni?”.
Seminara ha poi parlato di “contraddittorietà” su “una questione già molto discutibile e contraddittoria”, in relazione alla borsa del giudice: “Questa borsa di Borsellino prima di arrivare nella stanza di Arnaldo La Barbera”, l’ex dirigente della squadra mobile di Palermo, “dove arriva, potrebbe avere percorso altre vie e potrebbe essere stata portata in Procura”, ha detto.
L’avvocato ha poi parlato dei due poliziotti che assiste: “Stiamo parlando degli ultimi due gradi della scala gerarchica, parlare di comunicabilità è una offesa. Vorrei sapere quante volte hanno parlato con Arnaldo La Barbera. Ipotizzare che vi sia stato un momento di filtro di qualunque questione rispetto a due soggetti che fanno parte dell’ultimo grado della scala gerarchica è singolare, se non assurdo. Ma noi abbiamo un appello che parte dall’appello del pm e però si deve confrontare anche con l’appello delle difese”.
Fonte: Adnkronos