ALESSANDRA DOLCI: “La mafia cambia: basta coppola e lupara a tracolla.”

Dolci Alessandra

Lezione del magistrato originario di Soresina agli studenti del Torriani per la settimana della legalità

CREMONA – «Conoscere per poter riconoscere. Vi invito a leggere, a informarvi, ad essere curiosi». Perché la mafia ha cambiato volto. «Il mafioso oggi non si presenta con la coppola e la lupara a tracolla. I mafiosi non si presentano più con la faccia cattiva ed è più difficile, rispetto al passato riconoscerli, ma proprio per questo sono molto più insidiosi. Come ha detto il direttore della Dia, Michele Carbone, l’F24 ha sostituito il kalashnikov». Nell’aula magna dell’Istituto Torriani, cattura l’attenzione e strappa più di un applauso il magistrato Alessandra Dolci, natali a Soresina, «orgogliosa figlia di questa provincia», procuratrice a capo della Dda di Milano, da 25 anni in prima linea nella lotta alla ‘ndrangheta in Lombardia.
L’occasione, è la settimana della legalità che si apre, al Torriani, scuola capofila, con la ‘lezione’ di Dolci agli studenti dell’istituto e a una rappresentanza della scuola media Virgilio. Le altre scuole la seguono in streaming. Il grazie della preside Simona Piperno, di Paolo Villa, avvocato-prof, e della docente Paola Gaudenzi.
Per quasi due ore, il magistrato antimafia («Non ho paura, è la mia passione, faccio il lavoro più bello al mondo, non c’è cosa più bella di rendere giustizia a chi ha subito un torto») si racconta e racconta l’evoluzione della ‘ndrangheta e delle mafie al Nord.
«Con grande dispiacere devo dire che da cittadina lombarda, ho dovuto scoprire, nel corso delle mie indagini, che in Lombardia erano presenti oltre 20 locali di ‘ndrangheta, che quella che sembrava quarant’anni fa una presenza ‘sporadica’ della criminalità mafiosa, ora ha assunto carattere diverso e, addirittura, si parla di colonizzazione da parte della ‘ndrangheta in Italia settentrionale. Mi chiedo come sia potuto succedere.
Peraltro, anche il territorio cremonese non è immune». Ricorda il duplice omicidio di ‘ndrangheta alle Colonie padane nel 1992. E «le indagini della Procura di Brescia e di Bologna, che hanno coinvolto soggetti che vivevano nel territorio cremonese. La provincia di Cremona, secondo una ricerca commissionata dalla Regione Lombardia, è, tra quelle lombarde, di ‘terza fascia’ cioè è abbastanza infiltrata, molto meno rispetto a Milano, Monza-Brianza, Como».

«Voi mi direte: ‘Dottoressa, lei è venuta qua a parlarci di mafia, di mafiosi anche nel nostro territorio, ma io un mafioso non l’ho mai visto, non saprei riconoscerlo, le persone con cui io mi interfaccio mi sembrano tutte persone normali. Come faccio a riconoscere un mafioso? L’unico modo che io ho e avrò nella mia vita futura, quando sarà inserito nel mondo delle professioni, per riconoscere un mafioso, sarà quello di essermi informato prima». Perché la mafia è cambiata. «Negli anni ‘70-‘80, i mafiosi in Lombardia e nel Nord Italia si occupavano di sequestri di persona. Rapinavano ragazzi della vostra età, di buona famiglia e chiedevano il riscatto». Dolci ricorda il rapimento di Cesare Casella, a Pavia. «E’ stato tenuto prigioniero in un buco in Aspromonte per due anni». Ricorda l’ultimo sequestro: l’11 dicembre 1997 in via Caprilli , la via che porta allo stadio di San Siro, di Alessandra Sgarellatenuta in una buca sotto la tangenziale ovest di Milano per circa un mese.

 

«Nel giro di 10 anni, i mafiosi hanno sequestrato 150 persone e alcune di loro non sono tornate a casa». I proventi dei rapimenti «venivano reinvestiti nel traffico di droga». La stagione dei sequestri finì, «perché fu introdotta una legge che prevedeva il blocco dei beni della famiglia dei sequestrati, per cui diventava difficile pagare il riscatto. Il sequestro di persona diventava un reato anti-economico».

Omicidi, «negli anni ‘80 tantissimi, anche in Lombardia. Da 15 anni a questa parte, omicidi di mafia in Lombardia nessuno». Perché «la ‘ndrangheta ha cambiato strategia. L’ordine partito dalla Calabria è stato: ‘Niente più omicidi, niente più intimidazioni se non è strettamente necessario. Fate gli imprenditori’». I mafiosi «fanno tutti gli imprenditori (quelli già condannati, mettono un prestanome)». Dolci racconta di una intercettazione in cui «un nostro indagato per mafia diceva a un altro: ‘Tutte le persone pensano che noi siamo cattivi, che uccidiamo le persone per niente, ma quando mai! Noi siamo cattivi solo se e quando è necessario, perché per il resto, siamo persone normali’». I mafiosi «vogliono arrivare all’accettazione sociale, vogliono che li consideriamo impropriamente ‘mafiosi buoni’, risolutori di problemi, perché questo è. Qual è la caratteristica delle associazioni mafiose, ‘ndrangheta e cosa nostra? Arrogarsi le tipiche potestà dello Stato, il poter far ricorso a mezzi coercitivi, l’esercitare la giurisdizione che significa dirimere controversie. Sempre più spesso nelle nostre indagini, vediamo che ogni tipo di controversia viene risolta attraverso la mediazione mafiosa». Fa l’esempio «Voglio essere eletto sindaco del mio Paese. Devo fare la campagna elettorale, si distribuiscono i ‘santini’, devo convincere i miei concittadini a votarmi, possibilmente ad avere un programma elettorale e spiegare loro perché il mio programma elettorale è migliore rispetto a quello del mio rivale. Può essere anche una fatica fare campagna elettorale, soprattutto se non ho tante idee e programmi. E quindi cosa faccio? Vado da compare Salvatore e gli chiedo l’appoggio elettorale e quindi il voto delle famiglie calabresi, perché lui è in grado di garantirmi, senza fatica, un pacchetto di 150-200 voti che in un piccolo comune hanno la loro importanza».

Il monito ai ragazzi: «Se voi un domani lavorerete in una azienda il cui titolare magari per recuperare dei crediti, invece di andare dall’avvocato, invece di fare causa e di aspettare, ahimè i lunghi procedimenti della giustizia civile, si rivolge a campare Pasquale, il problema viene risolto prima di subito. Però campare Pasquale poi vorrà un riconoscimento».

Ricorda la vicenda di un imprenditore lecchese. Si occupava di movimento terra. Aveva tanti appalti, pochi incassi, si fa convincere a far entrare in società i calabresi che cominciano a farla da padroni, ma lui era contento. Li chiamava ‘i miei calabrotti’. E agli altri imprenditori diceva. ‘Ma prenditeli anche tu in azienda i calabrotti, ti risolvono qualunque problema’».

Attualità. «Le mafie, parlo di ‘ndrangheta, cosa nostra, camorra, sono presenti nel nostro territorio, si alleano quando c’è da fare affari in comune. Le ultime indagini danno conto che i mafiosi fanno gli imprenditori, fanno soprattutto reati di natura fiscale. Ora i mafiosi fanno impresa; fanno, soprattutto, fatture fittizie, creano crediti di imposta fittizi che poi vendono. Si stima che 2 miliardi di euro di crediti fittizi siano nelle mani dei mafiosi: i vari ecobonus, superbonus, bonus facciata, bonus sviluppo e investimento».

Altro monito ai ragazzi: «A breve sarete proiettati nel mondo delle professioni. Attenzione, questi fanno gli evasori fiscali e quando vi ho detto che bisogna conoscere per poter riconoscere e non hanno più la coppola e la lupara, attenzione a quando sarete nel mondo del lavoro e vi proporrà certe operazioni, perché potrebbe essere un mafioso. E quel mafioso che favorisce l’evasione fiscale, non è che ha abbandonato la riserva di violenza.‘Noi siamo cattivi, quando è necessario’. E a volte è ancora necessario, quindi loro rimangono cattivi».

Tratto da fmorandi@laprovinciacr.it. 20 MAGGIO 2024

 

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