Chi è Giuseppe Pignatone nominato dal Papa presidente del Tribunale dello Stato Vaticano
PIGNATONE: “sono innocente”
Ho dichiarato la mia innocenza in ordine al reato di favoreggiamento aggravato ipotizzato. Mi riprometto di contribuire, nei limiti delle mie possibilità, allo sforzo investigativo della procura di Caltanissetta“
“Pignatone in contatto con i boss di Cosa nostra”
Inchiesta su appalti e mafia, Pignatone si dichiara innocente
L’ex procuratore di Roma, Giuseppe Pignatone, respinge così le accuse da parte dei pm nisseni di un presunto insabbiamento su un’indagine su mafia e appalti, nel 1992.
Il magistrato, che è stato anche procuratore di Reggio Calabria e Roma, è indagato per favoreggiamento, insieme all’ex sostituto procuratore di Palermo, Gioacchino Natoli, e il generale della guardia di finanza, Stefano Screpanti. ANSA 31.7.2024
Mafia e appalti: Pignatone indagato dalla procura di Caltanissetta
Nello stesso fascicolo anche i nomi dell’ex magistrato antimafia Gioacchino Natoli e del generale della Guardia di Finanza Stefano Screpanti. L’attuale presidente del tribunale Vaticano si è dichiarato “innocente in ordine al reato ipotizzato”
AGI – Anche l’ex procuratore aggiunto di Palermo Giuseppe Pignatone risulta tra gli indagati nell’ambito del dossier “mafia e appalti”. Pignatone, che oggi presiede il tribunale della Città del Vaticano ed è stato procuratore anche a Reggio Calabria e a Roma, è indagato dai pm nisseni per favoreggiamento alla mafia.
Stamane si è recato al palazzo di giustizia di Caltanissetta per essere interrogato. “Ho dichiarato la mia innocenza in ordine al reato di favoreggiamento aggravato ipotizzato. Mi riprometto di contribuire, nei limiti delle mie possibilità, allo sforzo investigativo della procura di Caltanissetta“.
Nello stesso fascicolo anche i nomi dell’ex magistrato antimafia Gioacchino Natoli e del generale della Guardia di Finanza Stefano Screpanti.
Avrebbero insabbiato un’indagine proveniente dalla procura di Massa Carrara, l’inchiesta “mafia e appalti”, che sarebbe una delle cause della strage di via D’Amelio e per la quale l’ex pm Natoli chiese l’archiviazione nel giugno del 1992. Si tratta di una vicenda ricostruita davanti la Commissione nazionale Antimafia, nel settembre 2023, dall’avvocato Fabio Trizzino, marito di Lucia Borsellino. AGI
Caltanissetta, pure l’ex procuratore di Roma Pignatone è indagato per il presunto insabbiamento dell’inchiesta sui boss Buscemi
Mafia e appalti, l’ex procuratore Pignatone indagato a Caltanissetta per favoreggiamento: «Dimostrerò la mia innocenza»
In particolare, il filone del 1992 riguardava i presunti rapporti tra i mafiosi palermitani Antonino Buscemi e Francesco Bonura e il gruppo guidato da Raul Gardini.
Mafia, Pignatone si dichiara innocente ma non risponde ai magistrati
L’ex procuratore è indagato per favoreggiamento alla criminalità organizzata per l’insabbiamento dell’inchiesta mafia-appalti del 1992 L’ex procuratore di Reggio Calabria e Roma Giuseppe Pignatone non ha risposto alle domande dei magistrati di Caltanissetta che lo hanno interrogato, come indagato, per l’insabbiamento dell’inchiesta mafia-appalti del 1992 quando l’ex magistrato era sostituto procuratore a Palermo. Per i pm avrebbe contribuito con l’allora collega Gioacchino Natoli all’insabbiamento di un filone del fascicolo che riguardava i presunti rapporti fra i clan e il gruppo Ferruzzi di Raoul Gardini. Pignatone ha rilasciato spontanee dichiarazioni dichiarandosi innocente e riproponendosi di aiutare la procura nel suo sforzo investigativo. L’ex procuratore è indagato per favoreggiamento alla mafia. LA PRESS 31
Mafia e appalti, indagato Pignatone, procuratore di Mafia Capitale
Anche per lui l’accusa è pesantissima: favoreggiamento aggravato dall’avere aiutato Cosa nostra.
Sospetti che cozzano con il suo passato di impegno nella lotta alla criminalità organizzata, prima in Sicilia, poi in Calabria, e con l’inchiesta Mafia Capitale a Roma. Dopo Gioacchino Natoli, ex pm del pool antimafia di Falcone e Borsellino, nel registro degli indagati della Procura di Caltanissetta, è finito Giuseppe Pignatone, magistrato di altissimo profilo, per anni aggiunto a Palermo, poi procuratore a Reggio Calabria e a Roma, ora giudice del tribunale Vaticano. Pignatone è stato sentito dagli ex colleghi nisseni che, nell’ambito dell’inchiesta sulle stragi del ’92, indagano sul presunto insabbiamento del cosiddetto dossier mafia-appalti, una indagine parzialmente archiviata negli anni ’90 che, secondo alcuni, potrebbe essere il reale contesto in cui è maturato l’attentato al giudice Paolo Borsellino. Il magistrato, sostengono in particolare i suoi familiari, auditi anche dalla commissione Antimafia, sarebbe stato eliminato proprio per impedirgli di indagare sulle infiltrazioni mafiose nei grandi appalti.
“Ho dichiarato la mia innocenza in ordine al reato di favoreggiamento aggravato ipotizzato. Mi riprometto di contribuire, nei limiti delle mie possibilità, allo sforzo investigativo della Procura di Caltanissetta”, ha detto all’ANSA l’ex capo dei pm romani che, secondo quanto si apprende, si sarebbe limitato a respingere le accuse, non entrando nel merito della questione.
Prima di lui, Natoli si era avvalso della facoltà di non rispondere ribadendo la sua piena fiducia nella giustizia. “Darò senz’altro il mio contributo nell’accertamento della verità”, aveva replicato l’ex pm. In sintesi – ma la questione è molto complessa – secondo gli inquirenti, Natoli e Pignatone, dietro la regia dell’ex procuratore Pietro Giammanco, nel frattempo deceduto, per aiutare imprenditori mafiosi come Francesco Bonura e Antonio Buscemi avrebbero cercato di insabbiare un filone dell’indagine mafia-appalti.
A Natoli, in particolare, i pm hanno contestato di aver finto di indagare su una tranche del dossier che riguardava infiltrazioni mafiose nelle cave di Massa Carrara, con la complicità dell’allora capitano della Guardia di Finanza Stefano Screpanti, pure lui indagato. Natoli avrebbe disposto intercettazioni lampo e “solo per una parte delle utenze da sottoporre necessariamente a captazione”, hanno scritto i pm, evitando così che fossero trascritte invece conversazioni “particolarmente rilevanti dalle quali sarebbe emerso, ad esempio, il legame tra l’ex politico Ernesto Di Fresco e Francesco Bonura”. Come se non bastasse, per Caltanissetta, “per occultare ogni traccia del rilevante esito delle intercettazioni telefoniche, avrebbe disposto la smagnetizzazione delle bobine e la distruzione dei brogliacci”.
Una ipotesi, quest’ultima, che stride con la realtà perchè le bobine non sono mai state distrutte e sono state trovate negli archivi della Procura di Palermo. Pignatone, già anni fa, venne indagato per una vicenda che ruotava attorno ad alcuni immobili che il padre aveva acquistato da Buscemi, ma l’indagine venne archiviata. Tutta la vicenda, infine, deve fare i conti con l’insormontabile ostacolo della prescrizione ormai maturata da tempo, visto che i fatti contestati risalgono a oltre 30 anni fa. ANSA
Giuseppe Pignatone è indagato nel fascicolo dell’ultima inchiesta della procura di Caltanissetta sull’insabbiamento dell’indagine che nel 1992 stava analizzando i rapporti tra i mafiosi palermitani Buscemi e Bonura e il gruppo guidato di Raul Gardini. A darne notizia è Repubblica.
L’ex procuratore aggiunto di Palermo, protagonista di tante indagini importanti sul fronte della lotta alle cosche di Cosa Nostra, che oggi presiede il tribunale della Città del Vaticano, ha ricevuto un avviso a presentarsi come persona indagata del reato di favoreggiamento alla mafia, per essere interrogato, questa mattina. Secondo quanto ipotizzato dal pool coordinato dal procuratore di Caltanissetta Salvatore De Luca, il magistrato potrebbe aver avuto un ruolo nell’insabbiamento dell’inchiesta del 1992, “in concorso” con il procuratore Pietro Giammanco (morto nel 2018), con l’allora collega Gioacchino Natoli e il capitano (oggi generale) Stefano Screpanti. Anche Natoli e Screpanti sono indagati per favoreggiamento alla mafia: il primo, convocato in procura il 5 luglio, si è avvalso della facoltà di non rispondere; l’alto ufficiale della Guardia di finanza ha invece risposto alle domande dei magistrati nisseni, respingendo le accuse. 31.07.2024 La7
L’ex procuratore Giuseppe Pignatone indagato a Caltanissetta per favoreggiamento alla mafia
Giuseppe Pignatone è indagato nel fascicolo dell’ultima inchiesta della procura di Caltanissetta sull’insabbiamento dell’indagine che nel 1992 stava analizzando i rapporti tra i mafiosi palermitani Buscemi e Bonura e il gruppo guidato di Raul Gardini. A darne notizia è Repubblica in un articolo di Salvo Palazzolo. L’ex procuratore aggiunto di Palermo, protagonista di tante indagini importanti sul fronte della lotta alle cosche di Cosa Nostra, che oggi presiede il tribunale della Città del Vaticano, ha ricevuto un avviso a presentarsi come persona indagata del reato di favoreggiamento alla mafia, per essere interrogato, questa mattina.
Le ipotesi del pool
Secondo quanto ipotizzato dal pool coordinato dal procuratore di Caltanissetta Salvatore De Luca, il magistrato potrebbe aver avuto un ruolo nell’insabbiamento dell’inchiesta del 1992, “in concorso” con il procuratore Pietro Giammanco (morto nel 2018), con l’allora collega Gioacchino Natoli e il capitano (oggi generale) Stefano Screpanti. Anche Natoli e Screpanti sono indagati per favoreggiamento alla mafia: il primo, convocato in procura il 5 luglio, si è avvalso della facoltà di non rispondere; l’alto ufficiale della Guardia di finanza ha invece risposto alle domande dei magistrati nisseni, respingendo le accuse.
Le accuse a Natoli
L’accusa, specie per un magistrato, è tra le più infamanti: favoreggiamento aggravato alla mafia. È questo il reato che la Procura di Caltanissetta, a oltre 30 anni dalle presunte condotte che sarebbero ampiamente prescritte, contesta all’ex pm Gioacchino Natoli, una vita nell’antimafia, per anni componente del pool di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, pubblica accusa al processo Andreotti.
Silenzio dell’ex Pm Natoli in Procura, si riserva di chiarire in un secondo momento
In sintesi – ma la questione è molto complessa – secondo i colleghi che gli hanno notificato un invito a comparire per rendere interrogatorio, Natoli per aiutare imprenditori mafiosi come Francesco Bonura e Antonio Buscemi avrebbe cercato di insabbiare un filone della cosiddetta inchiesta mafia-appalti, una indagine che, ritengono i familiari del giudice Borsellino, sarebbe poi stata la causa dell’attentato di Via D’Amelio.
BLOG SICILIA 31.7.2024
Insabbiamento indagine su appalti, indagato Pignatone
L’ex procuratore aggiunto di Palermo, poi procuratore a Reggio Calabria e a Roma, Giuseppe Pignatone è indagato a Caltanissetta nell’ambito dell’inchiesta sul presunto insabbiamento dell’indagine su mafia e appalti, nel 1992.
Il magistrato, che presiede il tribunale di Città del Vaticano, è nel palazzo di giustizia nisseno per essere interrogato.
Con Pignatone sono indagati, per favoreggiamento alla mafia, anche l’ex sostituto procuratore a Palermo, Gioacchino Natoli e il generale della Guardia di Finanza Stefano Screpanti.
Il 5 luglio scorso anche l’ex pm Gioacchino Natoli era stato convocato nella procura nissena per essere interrogato e si era avvalso della facoltà di non rispondere, riservandosi di chiedere alla Procura un successivo interrogatorio in cui fornire “ogni utile chiarimento”. Secondo i magistrati nisseni, avrebbe aiutato a sfuggire alle indagini alcuni imprenditori mafiosi, avrebbe chiesto l’archiviazione di un filone d’indagine dell’inchiesta mafia-appalti e disposto la distruzione di bobine con intercettazioni rilevanti. Anche il generale Screpanti, all’epoca capitano, è stato interrogato e ha risposto alle domande dei pm nisseni. L’inchiesta del 1992 riguardava i presunti rapporti fra i mafiosi palermitani Antonino Buscemi e Francesco Bonura e il gruppo guidato da Raul Gardini. Un’indagine su mafia e appalti su cui si era concentrata l’attenzione di Paolo Borsellino. ANSA
Mafia e appalti, l’ex procuratore Pignatone indagato a Caltanissetta per favoreggiamento
L’accusa nei confronti dell’ex magistrato è di aver insabbiato le indagini del 1992 sui rapporti tra esponenti di Cosa Nostra e il gruppo guidato da Raul Gardini. Con lui sono indagati l’ex pm Natoli e il generale della Guardia di Finanza Screpanti
L’ex procuratore di Palermo Giuseppe Pignatone, alla guida anche delle procure di Reggio Calabria e Roma, è indagato a Caltanissetta nell’ambito del filone sull’insabbiamento delle indagini del 1992 su mafia e appalti.
L’accusa è quella di favoreggiamento alla mafia e questa mattina, 31 luglio, il magistrato si è presentato al palazzo di Giustizia di Caltanissetta, poco dopo le 11, per essere interrogato. Oggi Pignatone presiede il tribunale della Città del Vaticano e nella sua carriera si è occupato più volte di criminalità organizzata.
L’indagine è guidata dal pool coordinato dal procuratore di Caltanissetta, Salvatore De Luca. Con Pignatone sono indagati anche l’ex sostituto procuratore a Palermo, Gioacchino Natoli (che ha fatto parte del pool di Falcone e Borsellino) e il generale della Guardia di Finanza Stefano Screpanti. Lo scorso 5 luglio Natoli si è avvalso della facoltà di non rispondere.
Le ipotesi della procura siciliana è che Pignatone possa aver avuto un ruolo – «in concorso» con gli altri due indagati e con l’allora procuratore Pietro Giammanco (morto nel 2018) – nell’insabbiamento delle indagini su mafia e appalti, su cui Paolo Borsellino iniziò a lavorare nel 1992 dopo la morte di Giovanni Falcone. In particolare, il filone del 1992 riguardava i presunti rapporti tra i mafiosi palermitani Antonino Buscemi e Francesco Bonura e il gruppo guidato da Raul Gardini.
In particolare, gli indagati sono accusati di aver insabbiato un’indagine della procura di Palermo – all’epoca guidata da Natoli – partita da una segnalazione della procura di Massa Carrara sui mafiosi Buscemi e Bonura, poi confluita nel filone principale del capoluogo siciliano. Dopo tre mesi, nel giugno del 1992, Natoli chiese l’archiviazione.
La vicenda è stata ricostruita nel settembre dello scorso anno, davanti la Commissione nazionale antimafia, dall’avvocato Fabio Trizzino, marito di Lucia Borsellino. Nelle audizioni di gennaio e febbraio, Natoli ha difeso il proprio operato, sostenendo di non aver seguito l’intero fascicolo mafia-appalti ma solo quello trasmesso dalla procura di Massa Carrara; intercettazioni poi archiviate perché – secondo l’ex pm – non sarebbe emerso nulla di penalmente rilevante. CORRIERE DELLA SERA
L’ex procuratore di Reggio Calabria Pignatone indagato dalla Procura di Caltanissetta nell’inchiesta su mafia e appalti
Il magistrato in pensione e attuale presidente del Tribunale del Vaticano è in Sicilia per essere interrogato dai pubblici ministeri
Un altro nome illustre è emerso nell’ultima inchiesta della procura di Caltanissetta, che sta cercando di far luce sull’insabbiamento delle indagini del 1992 sui legami tra i mafiosi palermitani Antonino Buscemi, Francesco Bonura e il gruppo guidato da Raul Gardini. Ne dà notizia Repubblica.
Si tratta del magistrato in pensione Giuseppe Pignatone, ex procuratore di Roma e Reggio Calabria e attuale presidente del tribunale del Vaticano. Pignatone è giunto a Caltanissetta per essere interrogato dai pubblici ministeri antimafia.
Con Pignatone sono indagati, per favoreggiamento alla mafia, anche l’ex sostituto procuratore a Palermo, Gioacchino Natoli e il generale della Guardia di Finanza Stefano Screpanti.
Nel 1992 Pignatone era sostituito procuratore a Palermo e per i magistrati nisseni avrebbe avuto un ruolo nell’insabbiamento in concorso con il collega Gioacchino Natoli, con l’allora procuratore capo Pietro Giammanco (morto 6 anni fa) e con il capitano della guardia di finanza Stefano Screpanti. Questi ultimi sono già stati interrogati: Screpanti, oggi generale delle fiamme gialle, ha respinto tutte le accuse, mentre Natoli si è avvalso della facoltà di non rispondere. Il 5 luglio scorso anche l’ex pm Gioacchino Natoli era stato convocato nella procura nissena per essere interrogato e si era avvalso della facoltà di non rispondere, riservandosi di chiedere alla Procura un successivo interrogatorio in cui fornire «ogni utile chiarimento». Secondo i magistrati nisseni, avrebbe aiutato a sfuggire alle indagini alcuni imprenditori mafiosi, avrebbe chiesto l’archiviazione di un filone d’indagine dell’inchiesta mafia-appalti e disposto la distruzione di bobine con intercettazioni rilevanti. Anche il generale Screpanti, all’epoca capitano, è stato interrogato e ha risposto alle domande dei pm nisseni. Lacnews 24
“Insabbiò l’inchiesta mafia e appalti”, indagato Pignatone: il giudice si dichiara innocente ma non risponde ai pm
Il fascicolo del 1992, a cui lavorava Paolo Borsellino, riguardava i presunti rapporti fra i mafiosi palermitani Antonino Buscemi e Francesco Bonura e il gruppo guidato da Raul Gardini. Anche l’ex pm Gioacchino Natoli è sotto indagine per favoreggiamento a Cosa nostra
L’ex procuratore aggiunto di Palermo ed ex procuratore di Roma Giuseppe Pignatone, che attualmente presiede il tribunale di Città del Vaticano, non ha risposto alle domande dei magistrati di Caltanissetta che lo hanno interrogato, come indagato per favoreggiamento alla mafia, nell’ambito dell’inchiesta nissena sul presunto insabbiamento dell’inchiesta su mafia e appalti del 1992. All’epoca dei fatti, Pignatone era sostituto procuratore a Palermo. Nello stesso filone di inchiesta sono indagati anche l’ex pm del pool antimafia Gioacchino Natoli e il generale della Guardia di Finanza Stefano Screpanti. Anche Natoli si è avvalso della facoltà di non rispondere. Secondo i pm di Caltanissetta, Pignatone avrebbe contribuito con l’allora collega Gioacchino Natoli all’insabbiamento di un filone del fascicolo che riguardava i presunti rapporti fra i mafiosi palermitani Antonino Buscemi e Francesco Bonura e il gruppo guidato da Raul Gardini. Un’indagine su mafia e appalti su cui si era concentrata l’attenzione del giudice Paolo Borsellino. Pignatone ha rilasciato spontanee dichiarazioni dichiarandosi innocente e riproponendosi di contribuire “nei limiti delle mie possibilità, allo sforzo investigativo della Procura di Caltanissetta”. PALERMO TODAY
INDAGATO L’EX PROCURATORE DI ROMA PIGNATONE: “FAVOREGGIAMENTO DELLA MAFIA E INSABBIAMENTO INCHIESTA MAFIA-APPALTI DEL 1992”
Il Presidente del Tribunale in Vaticano, nonché ex procuratore di Roma e Palermo, Giuseppe Pignatone è indagato per favoreggiamento dei boss e presunto insabbiamento dell’indagine mafia-appalti del lontano 1992: la notizia è emersa oggi dalla Procura di Caltanissetta che da tempo indaga sul quell’ultima inchiesta per la quale lavorava il giudice Paolo Borsellino poco prima di rimanere ucciso nell’attentato di Via D’Amelio. Secondo i pm nisseni, Pignatone si sarebbe macchiato di favoreggiamento della mafia nel pieno di una lunga carriera passata a combattere moltissime battaglie contro i clan di Cosa Nostra nelle varie procure dove ha lavorato.
In particolare, secondo il quadro indiziario in mano alla Procura di Caltanissetta, Pignatone avrebbe di fatto “favorito” i boss palermitani Antonino Buscemi e Francesco Bonura, oltre a tessere i rapporti dell’allora gruppo Ferruzzi guidato da Raul Gardini: come riporta l’ANSA, il procuratore Pignatone ha ricevuto un avviso per comparire stamane davanti al Tribunale nisseno come «persona indagata del reato di favoreggiamento alla mafia». Durante l’interrogatorio si sarebbe avvalso della facoltà di non rispondere confermando però il suo status di innocenza: secondo le carte emerse finora da “La Repubblica”, il pool di magistrati coordinato dal procuratore De Luca ipotizza che Pignatone nel 1992 da sostituto procuratore di Palermo possa aver avuto ruolo nell’insabbiamento dell’inchiesta mafia-appalti in “concorso” con il procuratore Pietro Giammanco (scomparso lo scorso 2018) e con gli altri due indagati attuali. Si tratta dell’ex magistrato Giocchino Natoli e il capitano – oggi promosso generale della Guardia di Finanza – Stefano Screpanti, anch’essi indagati per favoreggiamento.
L’INCHIESTA DEL 1992 SU CUI INDAGAVA ANCHE BORSELLINO: QUELLO CHE SAPPIAMO FINORA
Dopo la strage di Capaci dove perse la vita in un vile attentato il giudice Giovanni Falcone, l’amico e collega di una vita Paolo Borsellino mise gli occhi sull’inchiesta tra mafia e appalti ritenendo come quella nuova frontiera di Cosa Nostra ponesse uno sviluppo a livello capillare in vari gangli del potere in tutta Italia. Il giudice di Palermo non riuscì però ad occuparsene se non in fase preliminare, dato l’attentato contro la sua vita avvenuto il 19 luglio 1992. Secondo quanto riporta l’ANSA, l’inchiesta mafia-appalti finì in niente dopo la strage di Via D’Amelio ma negli ultimi anni è il marito di Lucia Borsellino, l’avvocato Fabio Trizzino, ad aver sollevato in commissione Antimafia (correva il settembre 2023, ndr) dubbi e anomalie sull’inchiesta di Natoli e Pignatone contro i mafiosi Bonura e Buscemi.
Con un’inchiesta durata appena tre anni, Natoli ordinò la smagnetizzazione delle bobine delle intercettazioni oltre che la distruzione dei documenti raccolti fin lì: ma interrogato sul fatto, lo stesso magistrato ha spiegato che nulla venne realmente distrutto e dunque è stato recuperato integralmente il faldone con tutte le conversazioni. È poi da quegli atti che emerge come degli elementi degni di nota v’erano eccome, tali da dove proseguire l’inchiesta e non abbandonarla come invece avvenne. Secondo la famiglia Borsellino, l’inchiesta su mafia e appalti, «nata con il rapporto del Ros del 1991, potrebbe essere stata il motivo dell’accelerazione della strage di via D’Amelio», riporta “Repubblica” citando direttamente la famiglia del giudice martire della mafia.
LA POSIZIONE DEL PROCURATORE PIGNATONE: “SONO INNOCENTE E AIUTERÒ LE INDAGINI”
L’ipotesi della Procura di Caltanissetta è che dunque l’ex pm Natoli con il suo sostituto Pignatone avessero non solo insabbiato le indagini su alcuni imprenditori in “odore” di mafia, ma anche chiesto l’archiviazione dell’indagine iniziata da Borsellino con ordine di distruzione delle prove (che però non avvenne, come dimostrano i ritrovamenti degli scorsi mesi). Sia Natoli che Screpanti si sono avvalsi della facoltà di non rispondere negli interrogatori di inizio luglio, stesso iter scelto anche da Giuseppe Pignatone oggi 31 luglio nella breve convocazione in Sicilia.
«Ho dichiarato la mia innocenza in ordine al reato di favoreggiamento aggravato ipotizzato», ha detto all’ANSA l’ex procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone, ripromettendosi di contribuire attivamente d’ora in poi «allo sforzo investigativo della Procura di Caltanissetta». I pm che indagano nei suoi confronti ritengono che tanto Pignatone, quanto Natoli e Screpanti – assieme al magistrato morto Giammanco – abbiano condotto una indagine “apparente” per un breve lasso di tempo, non trascrivendo «conversazioni particolarmente rilevanti, da considerarsi vere e proprie autonome notizie di reato», si legge nelle carte pubblicate da “Il Giornale”. Nelle recenti audizioni del febbraio 2024 in commissione Antimafia, l’ex giudice del pool di Falcone e Borsellino, Gioacchino Natoli, ha difeso il suo operato sottolineando come l’indagine mafia-appalti non fosse stata seguita direttamente da lui. IL SUSSIDIARIO 31.7.2024
L’insabbiamento del caso mafia e appalti, una perizia del Ris sul documento del mistero: “Non si esclude che sia la calligrafia di Pignatone”
Natoli ha detto in commissione antimafia: «Non è la mia calligrafia, l’aggiunta è stata fatta dopo la consegna del documento all’ufficio intercettazioni per l’esecuzione».
L’ha anche scritto in una mail inviata alla procura di Caltanissetta, ma è finito sotto accusa per calunnia nei confronti dell’allora dirigente dell’ufficio intercettazioni, il funzionario Dino Galati.
Chi scrisse allora quel “distruggere i brogliacci”? La procura di Caltanissetta ha disposto una consulenza grafologica per cercare di risalire all’autore della postilla.
In una perizia, i carabinieri del Ris non escludono che possa trattarsi di Giuseppe Pignatone, che all’epoca era il magistrato addetto all’ufficio intercettazioni della procura.
Contestualmente alla firma di Natoli? Oppure dopo? Sullo stesso foglio firmato da Natoli o su una fotocopia? Nella città dei pezzi mancanti e delle parole scomparse, per la prima volta sono spuntate invece delle parole, aggiunte su un documento ufficiale con una calligrafia ordinata.
I brogliacci erano gli appunti fatti dalla Guardia di finanza durante le intercettazioni dei mafiosi sospettati di avere rapporti con i vertici del gruppo Gardini.
Nel giugno del 1992, l’allora sostituto procuratore Gioacchino Natoli aveva disposto la smagnetizzazione dei nastri, «perché le intercettazioni avevano dato esito negativo — ha spiegato lui in commissione antimafia — ed era prassi che i supporti dovessero essere recuperati per altre indagini». Ma, in realtà, dall’archivio della procura di Palermo è emerso solo quest’ordine di distruzione.
La settimana scorsa, a Caltanissetta, è stato sentito l’ex procuratore generale di Palermo Roberto Scarpinato, oggi senatore del Movimento Cinque Stelle e componente della commissione parlamentare antimafia: nel 1991, si era occupato della tranche dell’inchiesta mafia e appalti che nasceva dal rapporto del Ros del 1991.
L’ex pm Natoli e l’allora capitano Screpanti sono indicati invece come gli «esecutori materiali».
Queste le contestazioni contenute nell’avviso a comparire notificato all’ex procuratore di Roma: nell’atto d’accusa dei magistrati si ipotizza che Pignatone si sarebbe mosso per «aiutare i mafiosi Antonino Buscemi, Francesco Bonura, l’esponente politico Ernesto Di Fresco nonché Raul Gardini, Lorenzo Panzavolta, Giovanni Bini (gli ultimi tre al vertice del cosiddetto Gruppo Ferruzzi) ad eludere le investigazioni». ” SALVO PALAZZOLO LA REPUBBLICA 1.7.2024
La caduta degli Dei: Giuseppe Pignatone indagato per favoreggiamento della mafia
Fa impressione – no? – leggere che il Procuratore che avviò l’indagine (senza successo) chiamata “Mafia Capitale” ora si trova addosso un avviso di garanzia nel quale si ipotizza il reato di favoreggiamento della mafia. Parliamo di Giuseppe Pignatone, che è stato il numero uno per molti anni tra i Procuratori italiani, e che ora, in pensione, continua a fare il capo della magistratura in Vaticano.
Non è uno qualunque. È l’uomo di fronte al quale addirittura si spegnavano i Trojan sui cellulari di Palamara, installati per non perdere un solo minuto delle sue conversazioni. E parliamo di un’inchiesta clamorosa, quella avviata dalla Procura di Caltanissetta e che punta a fare luce su uno degli episodi più oscuri della vita pubblica siciliana. E cioè gli strani movimenti che poi portarono dell’insabbiamento deldossier Mafia-Appalti, opera ultima di Giovanni Falcone, che sarebbe dovuto passare a Borsellino (il quale credeva molto in questa indagine) ma invece scomparve misteriosamente, sia per la morte di Borsellino, sia per la decisione della Procura di Palermo di archiviarla. Oggi, finalmente, molti pensano che il motivo principale della morte di Borsellino fu proprio la sua ostinazione a voler mettere le mani su quel dossier.
Tra qualche riga torniamo su quell’inchiesta, perché è la chiave per capire moltissime cose della storia della mafia e anche dei torbidi rapporti con settori piccoli ma potenti della magistratura.
L’avviso di garanzia a Pignatone è stato recapitato ragionevolmente qualche giorno fa. C’è chi dice il 19 luglio, cioè proprio il giorno dell’anniversario dell’uccisione di Paolo Borsellino. Si è saputo solo ieri perché ieri Pignatone si è presentato alla procura di Caltanissetta per farsi interrogare. E i giornalisti lo hanno riconosciuto. Fino a quel momento il segreto aveva retto. E non sappiamo se regge ancora il segreto per altri eventuali indagati. Le cose vanno così, in Italia. L’avviso di garanzia, che la legge prevede sia consegnato in modo riservato agli imputati, in genere viene recapitato prima ai giornalisti e poi all’indiziato. Per fortuna esistono le eccezioni. Come questa.
Pignatone – che ieri si è avvalso della facoltà di non rispondere – era un sostituto procuratore a Palermo negli anni di fuoco. Fine anni ‘80 e anni 90. Era piuttosto legato al Procuratore Giammanco. Non era molto amato da Falcone – che detestava Giammanco – il quale scrisse di lui cose non carine nel suo diario.
Comunque Pignatone ebbe un ruolo importante nelle indagini sui rapporti tra Raul Gardini e alcuni esponenti in vista della mafia. Le indagini partirono da Massa, nel 1991, ma parallelamente anche da Palermo dove indagavano – come abbiamo detto – i Ros del generale (all’epoca colonnello) Mori su impulso di Falcone. Gli avvisi di garanzia (prima che a Pignatone ne era stato consegnato uno all’altro sostituto Procuratore, Natoli) riguardano il filone delle indagini partite da Massa e abortite in pochi mesi a Palermo.
Parente stretto di quelle indagini era il dossier Mafia-Appalti del generale Mori. Il dossier era anche quello nelle mani di Pignatone, coadiuvato da due sostituti più giovani: Scarpinato e Lo Forte. Borsellino aveva spinto perché fosse assegnato a lui. Ci fu una riunione di magistrati il 14 luglio del 1992 nel quale Borsellino insistette. Gli dissero che su quel dossier si sarebbe fatta una rione aspecifica la settimana successiva. Per Borsellinonon ci fu settimana successiva, perché lo uccisero il 19 luglio. Per il dossier neanche ci fu settimana successiva: Pignatone non firmò la richiesta di archiviazione, che fu firmata solo da Scarpinato e Lo Forte pochi giorni dopo la morte di Borsellino, controfirmata dal Procuratore Giammanco, e accolta appena 25 giorni dopo, il 14 agosto, dal tribunale. Poi dicono che in Italia le procedure giudiziarie sono lente: quella volta l’archiviazione arrivò come un lampo.
Da allora, silenzio per anni. Mori, colpevole di avere lavorato a quel filone di indagini, finì sotto tiro della stessa magistratura, che si inventò la pista dell’inchiesta Stato-Mafia probabilmente proprio per evitare che si facesse strada la tesi secondo la quale Borsellino fosse stato ucciso per seppellire l’indagine di Mori. Il quale Mori finì a dover affrontare processi per anni e anni, accusato dei reati più orrendi (lui che aveva condotto la cattura di Totò Riina, cioè del capo di Cosa Nostra), e poi, solo recentemente, del tutto assolto. L’inchiesta di Caltanissetta riparte da lì. E dalle frasi sconvolgenti che la moglie di Borsellino riferì, e che erano state pronunciate da Borsellino: “Nella Procura di Palermo c’è un nido di vipere”, “Non mi ucciderà la mafia, ad uccidermi saranno i miei colleghi ed altri”.Finora nessuno aveva voluto indagare su queste frasi. E Finora i magistrati palermitani erano sempre stati considerati Dei. Ma lo sapete anche voi, prima o poi viene il giorno della Caduta degli Dei. Piero Sansonetti L’UNITÁ 1.8.2024
Mafia e appalti, per i pubblici ministeri Pignatone «istigò l’insabbiamento dell’inchiesta» per aiutare imprenditori mafiosi
Avrebbe istigato l’insabbiamento. Questo il contenuto dell’atto d’accusa nei confronti di Giuseppe Pignatone, ex procuratore di Roma e attuale presidente del tribunale di prima istanza della Città del Vaticano. Pignatone è indagato dalla procura di Caltanissetta per favoreggiamento a Cosa nostra nell’ambito dell’inchiesta sul presunto insabbiamento di un filone dell’indagine del 1992 su mafia e appalti.
Insieme all’ex procuratore di Palermo Pietro Giammanco avrebbe istigato l’allora pubblico ministero Gioacchino Natoli e Stefano Crepanti – allora capitano, ora generale della guardia di finanza – a condurre «un’indagine apparente» sullepresunte infiltrazioni mafiose nelle cave toscane, limitando temporalmente la durata delle intercettazioni e il numero dei soggettida tenere sotto controllo. È una delle accuse che i pubblici ministeri (pm) di Caltanissetta rivolgono a Pignatone. All’epoca dei fatti contestati l’ex procuratore di Roma era in servizio alla procura di Palermo. Anche Natoli e Crepanti sono indagati con la stessa accusa. I pm di Caltanissetta contestano a Pignatone anche di avere istigato Natoli a chiedere l’archiviazione del procedimento sulle cave «senza curarsi di effettuare ulteriori indagini con particolare riguardo alle intercettazioni telefoniche». Secondo l’accusa, l’inquinamento dell’indagine e la successiva archiviazione sarebbe stata finalizzata ad aiutare imprenditori mafiosi come Antonino Buscemi e Francesco Bonura a eludere gli accertamenti degli investigatori.
«Infine – scrivono i pm nell’invito a comparire che nei giorni scorsi è stato consegnato a Pignatone – per occultare ogni traccia del rilevante esito delle intercettazioni telefoniche istigava Natoli a disporre la smagnetizzazione delle bobine e la distruzione dei brogliacci (con le intercettazioni)». La procura di Caltanissetta avrebbe anche disposto una perizia grafica sull’ordine di distruzione e di smagnetizzazione, in una prima fase attribuito a Natoli. L’ex pm ha negato che la grafia fosse la sua, da qui la perizia che – secondo quanto si apprende – sarebbe giunta a conclusioni non decisive sull’autore, sostenendo che non possa escludersi che si tratti della scrittura di Pignatone. L’archiviazione del dossier mafia-appalti – già oggetto di indagine conclusa in un nulla di fatto – è tornata di attualità a Caltanissetta. I magistrati stanno cercando di accertare se – come ritengono i familiari del giudice Paolo Borsellino – il procedimento sulle infiltrazioni di Cosa nostra nei grandi lavori pubblici possa essere stato il movente della strage di via D’Amelio, nella quale furono uccisi Borsellino e cinque agenti della sua scorta. Borsellino, secondo questa ricostruzione, sarebbe stato ucciso proprio perché non approfondisse l’inchiesta. «Ho dichiarato la mia innocenza in ordine al reato di favoreggiamento aggravato ipotizzato – ha detto ieri Pignatone – Mi riprometto di contribuire, nei limiti delle mie possibilità, allo sforzo investigativo della procura di Caltanissetta», ha aggiunto l’ex procuratore di Roma. Pignatone si è avvalso della facoltà di non rispondere. MERIDIO NEWS 1.8.2024
Tutte le tappe di Mafia-appalti, quello strano stop all’inchiesta e il ruolo di Pignatone
L’ex procuratore capo di Roma, che oggi presiede il tribunale della Città del Vaticano, risulta indagato dalla procura di Caltanissetta nell’ambito del dossier Mafia e appalti. Indagati risultano anche l’ex pm Gioacchino Natoli e il generale della Gdf Stefano Screpanti, ai quali si ascrive presumibilmente l’insabbiamento di una antica inchiesta svolta dal sostituto procuratore di Massa Carrara, Augusto Lama, sui rapporti tra mafiosi Antonino Buscemi, Francesco Bonura e il gruppo Calcestruzzi di Raul Gardini.
Il ruolo di Pignatone
L’ipotesi della procura nissena è che Pignatone possa aver avuto un ruolo “in concorso” con gli altri due indagati e con l’allora procuratore Pietro Giammanco, morto nel 2018. Pignatone era stretto collaboratore di Giammanco, nemico giurato di Giovanni Falcone e di Paolo Borsellino. Francesco Pignatone, padre di Giuseppe, ex deputato Dc negli anni ’50 da cui poi si dimise, passò con Milazzo e negli ‘60 fu nominato presidente dell’Eras e poi, ritornato nello scudo crociato, fu eletto presidente dell’Ente siciliano della promozione industriale ESPI. Il Sistema gli si sarebbe ritorto contro nel momento in cui ha provato a scegliere il suo successore, tra Lo Voi e Viola. Lo Voi fu nominato alla procura di Roma e Viola a quella di Milano.
Le spartizioni degli appalti
Della vicenda Mafia e appalti ne parlò, in lungo e in largo, davanti alla Commissione Antimafia nel settembre 2023, l’avvocato Fabio Trizzino, marito di Lucia Borsellino. Finalmente affiora un quadro più preciso perché, in Sicilia, non c’è stata Tangentopoli – che non superò mai lo Stretto -, e perché ci fu la strage di via D’Amelio. Eppure fu Palermo la prima procura a scoperchiare il vaso di Pandora, da cui venne fuori l’inchiesta Mafia e appalti. Il pm che indagò per primo fu Giovanni Falcone con la collaborazione di Mario Mori e di Giuseppe De Donno. Con l’arrivo a Palermo di Mori la realtà, che era una specie di acqua cheta, si tramutò in cavalloni che mise in azione i Ros con intelligenza indagatrice ed efficacia ficcante nei confronti della mafia. La spia rossa si accese con l’assassinio, nel 1988, del mafioso Barbaro La Barbera, per ragioni legate alla spartizione di appalti pubblici nei piccoli centri di Baucina, Ventimiglia di Sicilia e Ciminna.
La pista giusta
Strano a dirsi, in questi appalti di poca importanza dei comuni innanzi detti, partecipavano imprese nazionali e questo insospettì gli investigatori. Naturalmente, il sindaco di Baucina, sotto pressione dei Ros, spifferò come si svolgevano le spartizioni degli appalti tra imprese, politici e mafia, dando così un panorama inedito, in cui tutti erano felici e contenti. Una sorta di Bengodi dell’illegalità di stampo mafioso. Scrive Mario Mori: “Quando iniziammo quel filone d’indagini non immaginavamo che avrebbe cambiato per sempre le nostre vite e ne avrebbe stroncate altre, quelle di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino”. Fino a quando Falcone fu a Palermo, le inchieste andarono avanti, seppure in salita, ma con la consapevolezza di seguire la pista giusta. Da quando Falcone si traferì a Roma, le inchieste subirono un freno. A Palermo si respirava un clima diverso rispetto al passato. Guarda caso, il sindaco di Palermo era Leoluca Orlando Cascio,che aveva fondato il movimento giustizialista la Rete, non si accorse che il burattinaio degli appalti era ancora l’ex sindaco di Palermo, Vito Ciancimino.
Prova ne sia che nella cassaforte del Comune era depositato, fin da tempi di Don Vito, il documento delle imprese di costruzioni nazionali che partecipavano agli appalti. Chi scoprì il tutto fu il pm Alberto Di Pisa, che stava per arrestare Orlando Cascio, ma di questa vicenda chi passò i guai, non fu il sindaco, ma il magistrato che fu accusato di essere il “Corvo”autore di lettere contro Falcone ed altri. Dopo quattro anni di via Crucis, Di Pisa fu scagionato. La chiave della svolta avvenne quando il capitano De Donno arrestò il cosiddetto “ministro dei lavori pubblici” di Cosa nostra, Angelo Siino. Un ufficiale di collegamento tra imprenditoria, politica e mafia. Le imprese erano quelle che battevano le carte a livello nazionale: dalla Tor di Valle di Roma alla Calcestruzzi di Ravenna, dall’Astaldi alla Cogefar, dalla Lodigiani alla Grassetto, dalla Todini alla Tosi, dalla Maltauro all’Ilva e alle imprese della Lega delle Cooperative. L’unico imprenditore siciliano era Filippo Salomone da Agrigento, fratello del pm di Brescia Fabio Salomone, che indagò su Antonio Di Pietro.
Il caso più eclatante fu quello di Raul Gardini, che si suicidò il giorno in cui avrebbe dovuto essere interrogato da Di Pietro sulla tangente Enimont.Ma il pm di Mani pulite era stato già informato prima da Falcone del dossier Mafia e appalti e, dopo la strage di Capaci, Borsellino gli parlò delle indagini e, altresì, che la Calcestruzzi era stata venduta al mafiosoAntonino Buscemi. Gardini, che sapeva bene i fatti di Enimont e di Calcestruzzi, evitò l’incontro con Di Pietro e si tolse la vita. Dopo la strage di via D’Amelio c’è di tutto: il falso pentito Scarantino, depistaggi, poliziotti smemorati rinviati al processo a Caltanissetta, la valigetta di Borsellino, con l’agenda rossa, che passò da una mano all’altra delle forze dell’ordine sino ad arrivare a quella “magica” del capo della squadra mobile di Palermo, Augusto La Barbera, che la fece scomparire come nei giochi di prestigio. Fu lui, inoltre, ad inventarsi, con la complicità di altri, il bugiardo Scarantino. E poi, al centro di tutto il personaggio Giammanco, procuratore capo di Palermo, principale ostacolo della inchiesta Mafia e Appalti, sempre contrario di assegnarla a Borsellino. Però, all’improvviso, alle 7.16 del 19 luglio 1992 lo chiamò per rimetterlo al timone del dossier, e alle 16.58 ci fu la strage di via D’Amelio. Biagio Marzo IL RIFORMISTA 2.8.2024
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26.11.2021 Borsellino, Pignatone: “Nessun contrasto su mafia-appalti”
“Borsellino, almeno in mia presenza e a riunioni a cui partecipai io, non disse mai che sull’inchiesta mafia-appalti si sarebbe potuto fare di più. Cioè non si è mai lamentato che l’indagine non fosse stata valorizzata come meritava”.
Lo ha detto Giuseppe Pignatone, ex procuratore di Roma, per anni in Procura a Palermo, deponendo al processo sul depistaggio delle indagini sulla strage di Via D’Amelio in corso davanti al tribunale di Caltanissetta. Imputati, con l’accusa di calunnia aggravata, i poliziotti Mario Bo, Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo. Pignatone è stato citato per riferire dell’inchiesta mafia-appalti secondo alcuni vero movente dell’attentato a Borsellino.
Borsellino che, a marzo 1992 fu nominato procuratore aggiunto a Palermo, avrebbe potuto approfondire l’indagine sulle commistioni mafia, politica e imprenditoria e proprio per questo, secondo alcuni, sarebbe stato ucciso.
“Nessuno si è mai permesso di dirmi cosa fare dall’esterno o ha fatto pressioni – ha detto Pignatone – In caso contrario lo avrei denunciato. All’interno dell’ufficio l’allora procuratore Giammanco ci disse di lavorare e valorizzare gli elementi che andavano valorizzati, d’altro canto non si arrestano persone senza prove”, ha aggiunto Pignatone smentendo qualunque sottovalutazione dell’inchiesta mafia-appalti.
“A metà luglio facemmo un’assemblea dell’ufficio – ha spiegato il teste – In quel periodo dalla stampa arrivavano attacchi alla Procura e accuse di avere insabbiato l’inchiesta. Giammanco convocò i colleghi proprio per una operazione trasparenza e per spiegare come erano andate le cose”. “In quell’occasione Borsellino, con cui già avevamo parlato di una tranche dell’indagine, ci chiese se si trattava degli accertamenti che comprendevano un appalto di Pantelleria e gli dicemmo di sì. A quel punto rispose solo di parlarne con Ingroia”. BLOG SICILIA
Inchiesta mafia-appalti: cosa viene contestato all’ex PM Gioacchino Natoli
Il Rapporto “Mafia&Appalti” e l’eliminazione del dottor Paolo Borsellino