“Così il generale Screpanti ‘insabbiò’ l’inchiesta Mafia-Appalti”, l’accusa della procura di Caltanissetta

 

 

 

 

📌 Avrebbe aiutato da capitano i boss mafiosi Francesco Bonura e Antonino Buscemi, quest’ultimo ex braccio destro di Totò Riina, ad eludere nel 1992 le indagini nei loro confronti. In particolare, Screpanti non avrebbe trascritto diverse intercettazioni telefoniche che dimostravano il coinvolgimento dei due boss corleonesi in un filone dell’inchiesta “Mafia e appalti” condotta dai carabinieri del Ros comandati all’epoca dal colonnello Mario Mori. Screpanti, scrivono i pm di Caltanissetta, per “occultare” ogni rilevante esito dell’inchiesta avrebbe poi provveduto anche alla completa smagnetizzazione delle bobine, su indicazione dell’allora pm palermitano Gioacchino Natoli. Il coinvolgimento di Screpanti emerge dalla lettura del capo d’imputazione a carico di Natoli firmato la settimana scorsa dal procuratore di Caltanissetta

 


 

Il generale della Guardia di Finanza, Stefano Screpanti, avrebbe aiutato da capitano i boss mafiosi Francesco Bonura e Antonino Buscemi, quest’ultimo ex braccio destro di Totò Riina, ad eludere nel 1992 le indagini nei loro confronti.
In particolare, Screpanti non avrebbe trascritto diverse intercettazioni telefoniche che dimostravano il coinvolgimento dei due boss corleonesi in un filone dell’inchiesta “Mafia e appalti” condotta dai carabinieri del Ros comandati all’epoca dal colonnello Mario Mori. Screpanti, scrivono i pm di Caltanissetta, per “occultare” ogni rilevante esito dell’inchiesta avrebbe poi provveduto anche alla completa smagnetizzazione delle bobine, su indicazione dell’allora pm palermitano Gioacchino Natoli.
Il coinvolgimento di Screpanti emerge dalla lettura del capo d’imputazione a carico di Natoli firmato la settimana scorsa dal procuratore di Caltanissetta Salvatore De Luca.

Quando la notizia dell’indagine è diventata di pubblico dominio lo scorso mercoledì, nessuno, ad iniziare dall’Unità, ha dato importanza al nome di Screpanti, pensando che nel frattempo fosse andato in pensione. Invece Screpanti ha fatto in questi anni una carriera mirabolante, raggiungendo il massimo grado, quello di generale di corpo d’armata, e quindi ora in pole per diventare il numero uno delle fiamme gialle dopo Andrea De Gennaro.Al momento Screpanti ricopre comunque un incarico di primissima importanza. L’alto ufficiale, infatti, è il più stretto collaboratore del ministro degli Affari regionali Raffaele Fitto, in procinto quest’ultimo di essere nominato Commissario europeo su proposta della premier Giorgia Meloni.Come si legge sul sito del Ministero degli affari regionali, a Screpanti è affidato il compito di reprimere le frodi nei confronti dell’Ue e verificare la corretta gestione dei fondi del Pnrr. Ad egli spetta anche il coordinamento, su input della Commissione europea, di tutte le attività di contrasto riguardo le truffe ai fondi strutturali. Nel rispetto della presunzione di non colpevolezza del generale Screpanti, è utile ricordare i contorni di questa vicenda, iniziata nel 1990 a seguito di una informativa del pm di Massa Carrara Augusto Lama.

Il magistrato aveva scoperto che due aziende, la Sam (Società apuana marmi) e la Imeg (Industria marmi e graniti) erano legate alla Calcestruzzi Ravenna Spa del gruppo Ferruzzi-Gardini, di cui amministratore unico era il geometra Girolamo Cimino, cognato di Antonino e Salvatore Buscemi, fedelissimi di Riina. Lama inviò una nota alla Procura di Palermo affinchè approfondisse la circostanza, chiedendo anche di effettuare intercettazioni telefoniche ad iniziare proprio dai Buscemi. Le intercettazioni “per indisponibilità di linee” furono però attivate tardivamente e, a giugno del 1992, la Procura di Palermo chiese l’archiviazione del fascicolo, disponendo nel contempo la smagnetizzazione dei nastri, l’eliminazione degli ascolti e la distruzione dei brogliacci. L’avvocato Fabio Trizzino, legale della famiglia di Paolo Borsellino e marito della figlia Fiammetta, audito lo scorso anno in Commissione parlamentare antimafia aveva collegato l’indagine sui Buscemi a quella dei carabinieri del Ros, indicandole come il movente della strage di via D’Amelio.

Natoli sul punto si è sempre giustificato affermando che il provvedimento di distruzione delle bobine gli venne portato dall’Ufficio intercettazioni: “Di mio c’è solo la firma. Il resto non è la mia calligrafia. Inoltre eravamo in epoca di forte deficit per lo Stato: le bobine erano costose e il Ministero chiedeva di smagnetizzarle e riutilizzarle e la Procura aveva un grave problema di spazi”. Proprio per tale motivo i pm nisseni gli hanno adesso contestato una “indagine apparente”, “richiedendo, tra l’altro, l’autorizzazione a disporre attività di intercettazione telefonica per un brevissimo lasso temporale (inferiore ai 40 giorni per la quasi totalità dei target) e solo per una parte delle utenze da sottoporre, per assicurare un sufficiente livello di efficienza delle indagini”, e di aver disposto, “d’intesa con l’ufficiale della guardia di finanza Screpanti che provvedeva in tal senso, che non venissero trascritte conversazioni particolarmente rilevanti, da considerarsi vere e proprie autonome notizie di reato”. Oltre, prosegue l’imputazione a carico di Natoli, ad aver archiviato l’inchiesta “senza curarsi di effettuare ulteriori approfondimenti che venivano dal pm Lama”.Oggi, comunque, Natoli dovrebbe presentarsi a Caltanissetta per essere interrogato dai suoi ex colleghi. Da ciò che dirà dipenderà sicuramente il futuro di Screpanti.


 

“L’inchiesta di Caltanissetta sull’ex pm Natoli, anche il generale Screpanti è indagato”

 

Non solo l’ex magistrato Gioacchino Natoli. La procura di Caltanissetta indaga anche su Stefano Screpanti, generale della Guardia di Finanza. Oggi è alla guida del Nucleo per la repressione delle frodi Ue, alle dipendenze del dipartimento per gli Affari europei e quindi del ministro Raffaele Fitto, ma le contestazioni mosse dai pm di Caltanissetta si riferiscono a quando era un giovane capitano del Gico di Palermo. Anche a Screpanti, come a Natoli, è stato notificato un invito a comparire. Lo racconta l’edizione palermitana di Repubblica, spiegando che il generale è indagato per favoreggiamento alla mafia e falso. Contattato dal quotidiano, Screpanti non ha voluto commentare l’indagine a suo carico. Nei giorni scorsi, anche Il Fatto aveva cercato il generale tramite il suo ufficio, senza alcun esito.
L’inchiesta sui Buscemi e Ferruzzi – L’inchiesta condotta dal procuratore Salvatore de Luca riguarda un vecchio fascicolo di cui l’ex pm Natoli, già componente del pool Antimafia di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, chiese l’archiviazione nel giugno del 1992. Sotto inchiesta c’erano i fratelli Nino e Salvatore Buscemi, imprenditori mafiosi vicini a Totò Riina, poi divenuti soci del gruppo Ferruzzi di Raul Gardini. Nei mesi scorsi questa vicenda è stata ricostruita davanti alla Commissione Antimafia ed è stata fonte di roventi polemiche. Il primo a parlarne, nel settembre del 2023, è stato l’avvocato Fabio Trizzino, marito di Lucia Borsellino. Dopo aver legato quell’indagine al dossier Mafia e appalti, considerata dal legale e dagli ex vertici del Ros dei Carabinieri come il movente segreto della strage di via d’Amelio, Trizzino aveva accusato Natoli di aver “inspiegabilmente” chiesto di smagnetizzare le intercettazioni dei fratelli Buscemi e di distruggere i brogliacci. Accuse alle quali Natoli aveva replicato con un’intervista al Fatto Quotidiano e poi durante un’audizione sempre davanti alla commissione di Palazzo San Macuto. La smagnetizzazione delle bobine era una “prassi adottata dal Procuratore di Palermo dettata sia dalla necessità di riutilizzare le bobine smagnetizzate per la nota carenza di fondi ministeriali fortemente presente in quel periodo, sia per la mancanza di spazi fisici per la conservazione dei nastri”, aveva detto l’ex componente del pool Antimafia di Palermo. Natoli aveva raccolto i documenti di quella vecchia inchiesta, segnalando che quei nastri erano rimasti negli archivi: non furono mai effettivamente distrutti. Le intercettazioni sui Buscemi – ha raccontato sempre l’ex pm, consultando l’originario fascicolo d’indagine – avevano dato in ogni caso “esito negativo”.

Le indagini di Caltanissetta – Secondo il quotidiano Repubblica, i magistrati della procura di Caltanissetta hanno dato incarico ai finanzieri del comando provinciale di Caltanissetta di riascoltare tutti quei nastri. In questo modo sarebbero emersi dialoghi interessanti da un punto di vista investigativo, che però non erano neanche stati trascritti all’epoca. Per quale motivo? Fu un errore degli investigatori dell’epoca? Per rispondere a questa domanda, ricostruisce sempre l’edizione palermitana del quotidiano, i finanzieri del Nucleo di polizia economico finanziaria di Caltanissetta hanno sentito i vecchi componenti della squadra che si occupò di quell’indagine sui Buscemi. Durante la sua audizione davanti all’Antimafia, Natoli aveva sostenuto che su questa storia si era commesso l’errore di “schiacciare le conoscenze“, erano cioè state ricostruite vicende “senza rispettare la cronologia dei fatti processuali e degli avvenimenti storici, così talune acquisizioni probatorie realizzatesi soltanto a partire dall’11 luglio 1997 (giorno dell’inizio della collaborazione di Angelo Siino) sono state presentate come se fossero già conosciute dai magistrati (o da altri) nel 1991, cioè all’epoca dei fatti descritti nel rapporto mafia-appalti del Ros del 16 febbraio 1991″.
L’invito a comparire – Natoli è indagato in concorso all’allora procuratore capo Pietro Giammanco (definito come “l’istigatore”, deceduto nel 2018), ma anche con l’allora capitano Screpanti, indicato come “coesecutore materiale”. I pm di Caltanissetta li accusano di aver “aiutato” i boss di Cosa nostra Antonino Buscemi e Francesco Bonura, l’imprenditore e politico Ernesto Di Fresco (ex deputato della Dc negli anni ’80, morto nel 2002), Raul Gardini, Lorenzo Panzavolta e Giovanni Bini, dirigenti di vertice del gruppo Ferruzzi. Nell’invito a comparire si legge che Natoli “disponeva, d’intesa con l’ufficiale della Guardia di Finanza che provvedeva in tal senso, che non venissero trascritte conversazioni particolarmente rilevanti, da considerarsi vere e proprie autonome notizie di reato, dalle quali emergeva la ‘messa a disposizione’ di Di Fresco in favore di Bonura, nonché una concreta ipotesi di ‘aggiustamento‘, mediante interessamento del Di Fresco stesso, del processo pendente innanzi alla Corte d’Assise di Appello di Palermo, sempre a carico del Bonura, nonché di Fontana Stefano e Di Maio Vincenzo per il duplice omicidio Chiazzese/Dominici“. Interrogato il 5 luglio scorso dai pm di Caltanissetta, Natoli si è avvalso della facoltà di non rispondere.
I suoi difensori, gli avvocati Fabrizio Biondo ed Ettore Zanoni, hanno fatto sapere che l’ex pm “si riserva di chiedere alla Procura della Repubblica di Caltanissetta un successivo interrogatorio in cui fornire ogni utile chiarimento”.
Falcone: “Natoli magistrato retto” – Nei giorni scorsi a Natoli è arrivata la solidarietà pubblica di Maria Falcone. “Conosco Gioacchino Natoli da una vita, so perfettamente che uomo è e che magistrato è stato e ne conosco la rettitudine e l’amore per le istituzioni. Natoli ha lavorato a fianco di mio fratello Giovanni e di Paolo Borsellino e io non posso dimenticare quei momenti. Sono certa che saprà dimostrare la sua estraneità alle accuse che gli vengono mosse”, ha detto la sorella del magistrato ucciso nella strage di Capaci.
A favore dell’ex componente del pool di Palermo si è espressa anche l’associazione Wikimafia (“È uno di quei magistrati che ha servito lealmente la Repubblica e difeso la Costituzione”), ma anche i parlamentari del Pd e del Movimento 5 stelle che fanno parte di San Macuto: “È un magistrato che ha speso tutta la sua vita servendo lealmente lo Stato, contrastando le mafie e i loro legami con gli ambienti politici, le stragi e le loro finalità terroristico-politiche”.

 

Dossier mafia-appalti, Caltanissetta ritrova i nastri: Screpanti sarà interrogato

 

 

È sempre più avvolta nel mistero l’indagine che vede il coinvolgimento, con l’accusa di aver favorito Cosa nostra, dell’allora pm del Pool di Palermo Gioacchino Natoli. Tutto ruota intorno alla dicitura “e la distruzione dei brogliacci”, aggiunta a penna nel provvedimento a firma dalla stesso Natoli e con cui si disponeva la smagnetizzazione, per il loro successivo riutilizzo, delle bobine utilizzate nel procedimento nei confronti dei boss Antonino Buscemi e Francesco Bonura. I magistrati di Caltanissetta sono convinti che sia stato proprio Natoli ad apporre tale indicazione sul provvedimento, depositato in cancelleria il 26 giugno del 1992, con lo scopo di “occultare”elementi che avrebbero provato la responsabilità dei due boss mafiosi nell’inchiesta su uno dei filoni di “Mafia e appalti”.
Natoli lo scorso gennaio a tal riguardo aveva mandato una nota a Caltanissetta nella quale puntava invece il dito su Domenico Galati,responsabile amministrativo dell’ufficio intercettazioni della Procura di Palermo, negando di essere lui l’autore materiale di quella frase scritta a penna. Galati aveva però successivamente smentito le accuse mossegli da Natoli, affermando che quella non fosse la sua grafia. Il fascicolo, come ricordato la scorsa settimana sullUnità, era nato da una informativa trasmessa a Palermo dal pm di Massa Carrara Augusto Lama. Il magistrato aveva scoperto che due aziende, la Sam (Società apuana marmi) e la Imeg (Industria marmi e graniti) erano legate alla Calcestruzzi Ravenna Spa del gruppo Ferruzzi-Gardini, di cui amministratore unico era il geometra Girolamo Cimino, cognato di Antonino e Salvatore Buscemi, fedelissimi di Riina. Lama inviò dunque una nota alla Procura di Palermo affinché approfondisse la circostanza, chiedendo anche di effettuare intercettazioni telefoniche ad iniziare proprio dalle utenze di Buscemi. Natoli, dopo poche settimane, terminati gli accertamenti aveva chiesto e ottenuto l’archiviazione dal gip, disponendo successivamente la distruzione dei nastri, “perché le intercettazioni avevano dato esito negativo ed era prassi che i supporti dovessero essere recuperati per altre indagini”.
L’ex pm, oltre all’accusa di favoreggiamento alla mafia, è adesso accusato anche di calunnia nei confronti di Galati, in pensione dal 2014. Per uno strano scherzo del destino, comunque, le bobine in questione non sono mai state smagnetizzate e riutilizzate in altri procedimenti ma furono ritrovate nei mesi scorsi nell’archivio della Procura di Palermo. Ciò che manca sono i brogliacci dove la pg ha annotato la cronistoria degli ascolti, indicando sinteticamente il contenuto delle telefonate: degli originali quattro, tre sono andati persi. Ma essendo state ritrovate le bobine, il problema della loro mancanza in qualche modo può dirsi superato. I pm nisseni, dopo aver fatto riascoltare tutte le bobine recuperate nell’archivio della Procura di Palermo, avrebbero ora in mano tanti spunti d’interesse investigativo. In questa vicenda ha un ruolo di primo piano l’allora capitano, poi promosso generale, Stefano Screpanti.
Furono i suoi uomini a svolgere le intercettazioni e a non trascrivere, sempre secondo la Procura di Caltanissetta, numerosi ascolti significativi sul ruolo di Buscemi e Bonura. Screpanti, ritenuto “coesecutore materiale” di Natoli, come quest’ultimo che però si è avvalso la scorsa settimana della facoltà di non rispondere, dovrà essere interrogato nei prossimi giorni a Caltanissetta. L’istigatore delle condotte di Natoli e Screpanti sarebbe stato l’allora procuratore di Palermo Pietro Giammanco,morto ormai da tempo e che nessuno quando era in vita ha mai voluto interrogare su quanto accadde in quella drammatica estate del 1992 in cui persero la vita Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. La scorsa settimana a Natoli sono giunti comunicati di solidarietà dai parlamentari del Pd e del Movimento 5 stelle in commissione Antimafia, indicato quale “magistrato integerrimo che ha speso tutta la vita servendo lealmente lo Stato” e “punto di riferimento di tutta la magistratura antimafia”, nonché “punta di diamante di alcune delle più importanti indagini, non solo quelle nei confronti dell’ala militare della mafia, ma anche quelle rivolte ai suoi potenti complici e protettori nel mondo delle istituzioni, della politica e dell’economia”.