(Adnkronos) – Il rapporto tra mafia e appalti del Ros dei Carabinieri del 1991 “era inconsistente”. Così lo avrebbe definito, nel corso di un incontro, l’ex Procuratore capo di Palermo Pietro Giammanco con Luciano Violante, che non era ancora stato nominato Presidente della Commissione antimafia. A raccontarlo in aula, per la prima volta, è lo stesso ex Presidente della Camera Violante, nel corso della sua deposizione nel processo d’appello sulla trattativa Stato-mafia.
“Il Procuratore Giammanco mi chiese di incontrarci prima delle stragi (del ’92 ndr)- dice Violante – Più volte mi chiese di incontrami e cercava di illuminarmi sulla inconsistenza di quel rapporto (Mafia e appalti ndr)”.
“Io poi chiesi al generale Mori a che punto fossero le indagini – dice ancora Violante – e lui mi parlò della bontà di investigazione”.
Sotolinea anche di non avere mai incontrato “Giammanco in ufficio, era lui che veniva a trovarmi”.
“Mi colpiva l’insistenza del Procuratore di definire quel rapporto privo di fondamento”. Il rapporto Mafia-Appalti è l’indagine del Ros dei Carabinieri sul sistema di infiltrazione di Cosa nostra nelle commesse pubbliche in Sicilia, depositata al giudice Giovanni Falcone nel febbraio del 1991.
5.11.2029 Violante: «Per Falcone l’indagine su mafia- appalti era la più importante»
«Giammanco mi chiese di incontrarci prima delle stragi. Più volte mi chiese di incontrami e cercava di illuminarmi sull’inconsistenza di quel rapporto riferendosi appunto all’indagine mafia- appalti. Mi colpiva l’insistenza di Giammanco di definire quel rapporto privo di fondamento». Sono le parole di Luciano Violante, ex presidente della Commissione antimafia negli anni delle stragi del ‘ 92 e del ‘ 93. Già sentito in primo grado, è stato risentito ieri al processo d’appello sulla trattativa fra Stato e mafia per chiarire alcuni aspetti.
Durante l’audizione emerge la questione inedita dell’ex capo della Procura di Palermo, Pietro Giammanco, proprio sul dossier mafia appalti. Parliamo dell’indagine del Ros dei carabinieri, nata sotto la spinta di Falcone, che riguarda il monopolio degli appalti pubblici e privati da parte della mafia di Riina, dove erano coinvolte aziende importanti a carattere nazionale.
Violante ha espresso quindi delle perplessità circa il singolare tentativo di convincimento portato avanti da Giammanco. Ma poi ha aggiunto anche un altro particolare: «Eravamo molto amici io e Falcone, ricordo che lo vidi molto preoccupato come mai lo avevo visto prima e fece un accenno a questa questione: riteneva importante quell’indagine mafia- appalti».
La richiesta di archiviazione è stata redatta il 13 luglio del 1992, poi depositata formalmente tre giorni dopo la morte di Borsellino. L’archiviazione poi è stata firmata dal Gip in meno di un mese, ovvero il 14 agosto del ’ 92.
Violante è stato ascoltato per fornire i necessari chiarimenti su modalità e circostanze dei suoi reiterati contatti, tra ottobre e novembre del 1992, con il generale Mario Mori alla luce delle spontanee dichiarazioni rese sul punto dallo stesso Mori all’udienza del 21 gennaio del 2016; nonché su sue eventuali interlocuzioni da cui avrebbe tratto timori circa possibili iniziative in ordine al mancato rinnovo dei decreti applicativi del 41 bis nel mese di novembre del 1993, ed ancora chiarimenti sulle ragioni della mancata audizione di Vito Ciancimino dinnanzi alla Commissione antimafia da lui presieduta. Per quanto riguarda il 41 bis, Violante ha spiegato quanto il regime duro fosse particolarmente penoso e restrittivo per i detenuti. «All’epoca quel regime carcerario – ha spiegato Violante – era stato deciso anche per persone per cui non ricorrevano particolari elementi di pericolosità. Ora non posso escludere di aver fatto delle richieste per avere un report sull’andamento di quel regime all’epoca al ministro Conso, col quale avevo un certo rapporto, ma non ci fu risposta e non ho mai sollevato formalmente in ambito politico la questione».
Per quanto riguarda la mancata audizione di Vito Ciancimino, Violante ha spiegato: «Mori mi chiese di sentirlo riservatamente, ma io risposi subito che non facevo incontri riservati. ‘ Come cortesia’, disse ancora lui, perché Ciancimino aveva delle cose rilevanti da dire. Una richiesta che non mi sembrò inerente ad alcuna trattativa, ma una normale negoziazione di polizia. Conoscendo Mori, non mi stupì che potesse prendere un’iniziativa del genere». Un metodo, secondo Violante, che avrebbe spesso portato a dei risultati investigativi importanti.
Entrambi, sia Violante che Mori, intanto, ricordano i tre distinti incontri, ma li collocano in date diverse. «Ciancimino chiedeva di essere sentito senza condizioni tramite una lettera il 29 ottobre. Sulla busta non c’è francobollo né timbro postale e quindi presumo che sia stata consegnata a mano – ha raccontato Violante -. Se davvero Ciancimino avesse deciso di venire in Antimafia prima del 20 ottobre sarebbe singolare l’attesa di dieci giorni per l’invio della richiesta formale. Più credibile mi sembra che egli abbia comunicato al colonnello Mori tale decisione dopo il 22, data nella quale io non ne avevo parlato in Commissione perché non conoscevo questa intenzione, e prima del 27, data nella quale io, informato dal colonnello, informai a mia volta l’ufficio di presidenza. Così potrebbe spiegarsi la consegna alla Commissione della lettera di Ciancimino il 29 ottobre». Violante ha raccontato che Ciancimino intendeva fornire motivazioni politiche degli omicidi di mafia. «Non volevamo offrire un palcoscenico a un personaggio discutibile. Comunque il 29 ottobre proposi alla Commissione di sentirlo, lui poi fu arrestato il 19 dicembre ‘ 92 e venne ascoltato dall’autorità giudiziaria per tutto il ‘ 93». 5 novembre, 2019 • DAMIANO ALIPRANDI IL DUBBIO