29.9.1988 – ARCHIVIO 🟧 «I giudici lasciati soli contro la piovra». Borsellino “profeta di sventura…”

 

 

I magistrati di Palermo reagiscono alla sfida della mafia, ma criticano il governo «I giudici lasciati soli contro la piovra» «Su di noi tutte le responsabilitĂ  della lotta alle cosche, ma non ci arrendiamo» – Borsellino: «Falcone aveva annunciato la nuova ondata di violenza» – Accuse al ministro della Giustizia Vassalli: «Fa discorsi fumosi»
I magistrati di Palermo, ed anche quelli del resto della Sicilia venuti qui a dar loro manforte, fanno quadrato. 
Nell’aula magna della corte d’appello non c’è una gran folla: sono assenti gli -ermellini”, ma quasi al completo ci sono i giudici dei «pool» antimafia, dell’ufficio istruzione e della procura della Repubblica, i magistrati blindati perennemente scortati e che, come Giovanni Falcone, non sanno piĂą da anni che cosa significhi andare al cinema, cenare in un ristorante o andare a far spesa con la moglie. Si parla animatamente, si alzano polemiche che coinvolgono anche il ministro della Giustizia Giuliano Vassalli.
E’ il giudice istruttore Giuseppe Di Lello a portare un attacco contro il guardasigilli che, l’altro ieri, nella stessa sala, aveva parlato durante la seduta plenaria che il Csm ha voluto tenere a Palermo.  “Il discorso del ministro — dice Di Lello — m’è apparso generico, fumoso e di pura circostanza. Ha mantenuto il piĂą assoluto silenzio sulla protezione dei “pentiti” e con abile mossa ha trasformato il caso del ministro Gava nel caso del giudice Alemi, delegittimando cosi ulteriormente la magistratura e lasciando intendere chiaramente che certi santuari non vanno toccali-. Di Lello, marito di una figlia del defunto ministro dell’Interno Franco Restivo, ripete quanto ha detto altre volte: “Non ho visto ancora un solo partito ritirare la tessera a personaggi coinvolti infatti di mafia-.
Ma la grande regia dell’assemblea è di Paolo Borsellino, il procuratore della Repubblica di Marsala che in estate, con Giovanni Falcone, ha fatto esplodere il «caso Palermo», facendo puntare i riflettori sull’importanza dei «pool» antimafia.
“Eppure eravamo passati per profeti di sventura-, afferma Borsellino, ricordando i suoi duri richiami e gli altrettanto severi toni usati da Falcone a proposito del rischio d’una caduta di tensione nella lotta alla mafia e di una nuova catena di delitti.
“Addirittura Falcone aveva parlato di morti annunciate-, dice il procuratore di Marsala. Proprio Falcone durante l’assemblea attira su di sĂ© tutta l’attenzione, quando s’avvicina a Borsellino e lo informa che un altro gravissimo delitto della mafia s’è compiuto a Palermo con l’uccisione di Giovanni Bontade e della moglie. L’annuncio disorienta i magistrati.
L’assemblea riprende con dichiarazioni ancora piĂą severe. “Quello ch’è inammissibile e rischia di rendere vincente la strategia mafiosa — dice Borsellino — Ă© la preteso di scaricare sui giudici, che contemporaneamente si tengono in non tollerabili condizioni di lavoro e di soggezione, tutti i problemi sulla lotta alla criminalitĂ  mafiosa-.
Franco Previdenti, sostituto procuratore della Repubblica a Messina, parla «di attacchi non casuali della mafia che conosce bene i suoi nemici’ e di -forze politiche che organizzano il consenso, avvalendosi anche del supporto delle organizzazioni criminali e che non possono poi scaricare sulla magistratura tutto il peso della lotta alla mafia’.
E il sostituto procuratore generale di Palermo Vittorio Aliquò: “La magistratura spesso è sola nella lotta alla mafia, la giustizia dev’essere al primo posto negli interventi del governo-. Al termine all’unanimitĂ  viene approvato un documento nel quale, tra l’altro, si chiede che -l’esecutivo e tutte le forze politiche, nel prendere coscienza dell’eccezionale gravitĂ  della situazione, assumano coerentemente la questione della giustizia come fondamentale e primaria per la stabilitĂ  della vita democratica e civile del Paese. Essi dovranno pertanto destinare alla giustizia tutte le risorse umane e materiali necessarie per il suo efficiente funzionamento-. Antonio Ruvida LA STAMPA
 
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