PRESIDE ANTIMAFIA e la truffa alla ‘Falcone’: “Devo andare in carcere?”. Gli altri prof indagati


PALERMO – Undici sequestri. Piccole somme, che però hanno un forte valore simbolico. Oltre a Daniela Lo Verde e Daniele Agosta, ex preside e vice preside della scuola “Giovanni Falcone” del rione Zen di Palermo, il provvedimento del giudice per le indagini preliminari Elisabetta Stampacchia riguarda altri professori.
Avrebbero tutti contribuito alla truffa di cui l’artefice sarebbe stata l’ex dirigente scolastica sotto accusa per corruzione e peculato. I pm Amelia Luise e Calogero Ferrara della Procura europea contestano la mala gestio dei fondi destinati alla scuola della periferia palermitana.
Dalle indagini venne fuori che Lo Verde si sarebbe anche appropriata di tre iPhone (poi restituiti) e del cibo destinato alla mensa degli alunni. I carabinieri immortalarono la dirigente mentre usciva con i sacchetti della spesa dalla scuola.
Nel corso delle indagini l’ex dirigente scolastica, che fino quando non finì sotto inchiesta era in prima linea nell’impegno per la legalità, ha anche risarcito danni per circa 20 mila euro.
Una professoressa si era rivolta ai carabinieri del Nucleo investigativo consegnando il file audio di una conversazione con una collega. Nella registrazione si sentiva la docente parlare di irregolarità.
Poi sono arrivate le conferme di un’altra professoressa. Disse che era un’abitudine raccogliere le firme di presenza dei ragazzi che in realtà disertavano i progetti organizzati dalla scuola. Senza presenze non sarebbero arrivati i finanziamenti.

I professori indagati

I sequestri riguardano docenti, esperti e tutor: Daniele Agosta 3.900 euro, Alessio Cacciato 1.178 euro, Antonio Cuccia 3.900, Calogera Ognibene 924 euro, Domenico Montalto 468 euro, Alida Ippolito 1.100 euro, Rosalba Pizzolato 462 euro, Giuseppe De Luca 1.048 euro, Silvana Agugliaro 2.099 euro. Gloria Lo Greco 663 euro. Giovanna Trapani 449 euro.
A questi vanno aggiunti i soldi già eventualmente liquidati a Daniela Lo Verde per un progetto finanziato con 6.400 euro.
Di fondi europei ne sono arrivati parecchi nella scuola di uno dei quartieri più difficili della città. Hanno davvero inciso sulla crescita dei ragazzi? I titoli scelti sembravano promettere bene: “Giochiamo insieme divertendoci e imparando”, “Voglio andare in biblioteca”, “Cresco nel rispetto”, “Campioni nella vita e nello sport”.
Il punto è che, secondo l’accusa, alle belle parole non sarebbero seguiti i fatti. I corsi sono stati disertati dagli studenti. Per rimediare e incassare i fondi a scuola avrebbero fatto carte false.
Preside e vice preside avrebbero firmato i fogli di presenza al posto degli studenti. Bisognava fare attenzione, però. Lo Verde invitava Agosta ad essere prudente: “Questo bambino guarda come firma qua… improvvisamente poi impara a scrivere in corsivo… questo non si può guardare…”.
Troppo rischioso: “Io me ne devo andare in carcere per forza?... quindi li togli tutti… li ristampi e li ricarichi tutti… è palese che è la stessa mano che firma”.
La mano di un professore e non di un ragazzo, sostiene l’accusa. Gli investigatori avrebbero scoperto una connivenza collettiva all’interno della scuola che porta il nome del magistrato ucciso dalla mafia.
La Procura europea avrebbe voluto che ai professori venisse applicata una misura cautelare, ma ormai è trascorso troppo tempo.
Il gip non valuta il profilo disciplinare ma la salvaguardia delle esigenze cautelari. Essendo ormai nota l’esistenza delle indagini sull’ex preside Lo Verde non c’è più rischio né di reiterazione di reato, né di inquinamento probatorio. Riccardo Lo Verso LIVE SICILIA 4.10.2024


 

L’inchiesta sulla preside “antimafia” di Palermo si allarga. Altri 11 indagati

  Si allarga l’inchiesta che, ad aprile del 2023, portò all’arresto per corruzione e peculato della preside palermitana Daniela Lo Verde, nota per le sue battaglie antimafia, e del suo vice Daniele Agosta (originario di Salemi).

I due furono accusati, tra l’altro, di essersi appropriati di pacchi alimentari acquistati con i fondi europei e destinati alla mensa dell’istituto Giovanni Falcone.

I magistrati dell’ufficio palermitano della Procura Europea, che hanno continuato a indagare, hanno emesso un provvedimento di sequestro preventivo nei confronti di 11 persone. Le misure, emesse dal gip su richiesta dei pm della Procura Europea (Eppo) Gery Ferrara e Amelia Luise, sono state eseguite dai carabinieri del nucleo Investigativo del comando provinciale di Palermo. Le ipotesi di reato sono falso, truffa e induzione indebita.

  E’ stata un’ex insegnante della scuola Falcone dello Zen di Palermo a denunciare che i numerosi progetti finanziati dall’Unione Europea su richiesta dell’istituto non venissero attuati in maniera diligente e completa. Dall’esposto è nata l’inchiesta della Procura Europea che ha portato, un anno e mezzo fa, all’arresto della preside Daniela Lo Verde e oggi a provvedimenti di sequestro a carico di docenti e collaboratori scolastici. Secondo quanto emerso dall’inchiesta, era prassi fra i docenti raccogliere le firme degli alunni su foglie presenza e non contestualmente durante le ore di svolgimento dei progetti finanziati, poiché per lo più le attività venivano disertate dagli studenti. Capitava spesso che le firme venissero raccolte addirittura ad inizio d’anno scolastico. Alcune insegnanti hanno riferito di essere state convocate in presidenza per mettere a posto le pratiche e per cercare di trovare le firme necessarie ad attestare la presenza. Nella denuncia la professoressa, che adesso insegna in un’altra scuola, ha fornito anche audio whatsapp nei quali le docenti raccontavano quanto accadeva.

Le indagini hanno consentito di accertare come la Lo Verde e il vice preside, con la complicità ed in concorso con insegnanti e collaboratori scolastici, esperti o tutor in progetti Pon realizzati con fondi comunitari, per accaparrarsi i finanziamenti, attestavano il regolare svolgimento delle attività, di fatto mai realizzate o portate a termine solo in parte.


Palermo, respinto il patteggiamento dell’ex preside dello Zen

 
PALERMO – Respinta la richiesta di patteggiamento di Daniela Lo Verde, l’ex presidente della scuola Giovanni Falcone dello Zen, e del suo vice, Daniele Agosta per lo scandalo sulla gestione dei fondi europei. C’è stato un errore nel calcolo della pena, ritenuta dunque non congrua, fissata ad un anno e 10 mesi. Il giudice per l’udienza preliminare ha restituito gli atti al pubblico ministero. Ora toccherà alla difesa presentare una nuova istanza di patteggiamento, che dovrà essere rivista al rialzo. Di quanto? Di sicuro la Cassazione ha stabilito che per questo tipo di reati bisogna partire da una pena base più alta. La nuova istanza di patteggiamento dovrà essere valutata dai pubblici ministeri che la prima volta avevano dato parere favorevole.

È stata accolta invece la richiesta di patteggiamento a undici mesi di Alessandra Conigliaro, dipendente del negozio di elettronica che, in cambio di regali ai due dirigenti scolastici, avrebbe ottenuto in esclusiva e in assegnazione diretta le forniture alla scuola. I pm della Procura europea Amelia Luise e Calogero Ferrara hanno scoperto la mala gestio dei fondi destinati dall’Unione europea. L’ex dirigente scolastica ha anche risarcito i danni, circa 20 mila euro, e restituito gli iPhone destinati agli studenti.

L’ex preside, finita ai domiciliari, interrogata nei mesi scorsi in presenza dei suoi legali, gli avvocati Antonino e Giuseppe Reina, all’inizio ha cercato di giustificare l’episodio. Poi ha confessato: “Ho fatto delle cose che non hanno nessunissima giustificazione. Non mi riconosco, ho tradito i valori che mi sono stati trasmessi, ho tradito me stessa, ho tradito le mie figlie, la mia famiglia e i bambini a cui io tengo tutt’ora tantissimo, Sembra quasi un controsenso però per me è così”. “Ero come in un vortice, intossicata, non sono riuscita più a ragionare. Non c’è una giustificazione a questi comportamenti e a tutt’oggi non riesco a darmela se non quella di essere anche magari mal consigliata…”, aggiunse.

Lo Verde e Agosta si sarebbero anche appropriati anche del cibo destinato alla mensa degli alunni e ad un progetto di inclusione. I carabinieri immortalarono la dirigente mentre usciva con i sacchetti della spesa dalla scuola. Dal laboratorio di cucina al calcetto: sono stati diversi i progetti extrascolastici organizzati alla scuola Falcone. Solo sulla carta, però. Le intercettazioni dei carabinieri svelarono che i fogli di presenza sarebbero stati falsificati. Il cibo che rimaneva o le forniture mai ritirate nei bar diventavano merce a disposizione della preside. LIVE SICILIA 29.2.2024


A Palermo una delle più note esponenti dell’antimafia della città, la preside della scuola Giovanni Falcone del quartiere Zen, è stata arrestata dai carabinieri con le accuse di peculato e corruzione.

 

 

Palermo, così la preside antimafia dello Zen e il suo vice rubavano tablet e televisori destinati ai bambini a rischio

 

VIDEO


DOVE INCIAMPA L’ANTIMAFIA

di DANIELE BILLITTERI. Certo, la lettura delle carte fa rabbrividire e rende davvero arduo aspettare una pur indispensabile sentenza definitiva per stabilire se la protagonista di questa vicenda è o non è meritevole della più severa delle punizioni previste dalle ipotesi di reato che la riguardano. E mi viene difficile pure immaginare quale sarà la sua linea di difesa.
Daniela Lo Verde, dirigente scolastica della scuola “Falcone” dello ZEN2 e personaggio dell’Antimafia, è agli arresti domiciliari accusata di essersi appropriata di beni finanziati dall’Unione Europea, e destinati agli studenti della sua scuola. Il termine “beni” descrive malissimo la profondità di questa vergogna. Ci vuole il termine “dettaglilo” così come minuziosamente messo a punto nell’ordinanza di custodia cautelare dei giudici. Intercettazioni ambientali e telefoniche, riprese video, traccheggi con i fornitori: secondo le accuse la professoressa Lo Verde faceva la spesa per casa attingendo dalla pingue dispensa fornita con le risorse messe a disposizione dall’Unione Europea.
Nulla veniva lasciato a caso. Gli investigatori avrebbero accertato e documentato che la professoressa Lo Verde, portava a casa i formaggini, l’acqua minerale, pacchi di pasta, sale, sacchetti di patatine, merendine, scatole di tonno, dolciumi, tolvagliolini di carta, bicchieri di plastica. Insomma pare che la procedura fosse questa: quando la scuola era vuota la professoressa lo Verde, faceva un piccolo trasloco dalla dispensa alla sua stanza di dirigente scolaatica. Da lì poi, poco a poco, riempiva sacchetti da portare a casa. Convolti pure il suo vice e addirittura la figlia che poi avrebbe avuto il compito di sistemare la refurtiva (come chiamarla diversamente?) nella casa della professoressa e in un locale di Sferracavallo, forse una casa di villeggiatura.
Le forniture venivano assicurate anche in periodi in cui la scuola era chiusa per la conclusione dell’panno scolastico. Ora pare che la professoressa abbia pure tentato di farsi cambiare un assegno prelevato dei fondi di cui abbiamo detto, per acquistare alimentari in un periodo in cui tali beni non sarebbero stati utilizzati per mancanza di studenti. Così l’ingegnosa professoressa sarebbe riuscita a creare una sorta di “castelletto” presso una pasticceria che le aveva cambiato l’assegno e presso la quale ritirava cose di volta in volta. 13 pezzi di rosticcerie, tre porzioni di lasagne, una guantiera di frutti di “martorana”. Perfino tre “pupaccene” di zucchero.
Naturalmente non erano solo cibi e casalinghi a prendere la via di casa Lo Verde. Sparivano anche computer, tablet e cellulari. Cose da fare invidia a un centro commerciale.
La professoressa Lo Verde era la dirigente scolastica della scuola dello ZEN2. Per chi non è palermitano è bene ricordare che questo quartiere di case popolari è, a livello nazionale, unol dei paradigmi del degrado come Scampia a Napoli o Tor Bella Monaca a Roma. Altissimi livelli di evasione scolastica, largo impiego di minori in attività criminali, prima fra tutte lo spaccio di droga. Una scuola intitolata a Falcone, destinataria di un flusso di finanziamenti per la realizzazione di progetti tutti mirati alla promozione della legalità. Il tutto nelle mani del dirigente scolastico nella sua qualitàè di manager. Adesso tutti assicurano che la professoressa ha in effetti promosso e guidato moltissime iniziative nel quartiere, al punto da diventare (dicono senza averlo mai sollecitato) un personaggio dell’Antimafia al punto che le era stata pure assegnata l’onorificenza di Cavaliera della Repubblica, conferita dal Capo dello Stato. Adesso forse Mattarella potrebbe decidere di smacchiare la sua adamantina carriera da questa sporcizia. In ogni caso la vicenda è devastante laddove getta ombre su una molteplicità di delicati meccanismi di funzionamento delle attività di contrasto alla criminalità organizzata e di promozione della legalità
Ma forse, proprio per non fare di tutta l’erba un fascio, sarebbe forse il caso di avviare un’operazione di verifica che i cospicui fondi europei che finiscono nelle scuola per promuovere la cultura della legalità, vengano effettivamente spesi per questo fine.
C’è poi l’imbarazzante problema dell’Antimafia come sistema. La vicenda della professoressa è l’ultima ma ci sono i precedenti della Saguto, magistrato che si occupava dei beni confiscati a Cosa nostra, o dell’ex presidente della Confindustria siciliana Montante.
L’Antimafia è il volto specchiato del meglio di questo Paese. Ma se c’è anche il semplice sospetto che si dia il fondotinta per nascondere qualche foruncolo, sarà bene guardare con attenzione. Perché quel volto non venga sfregiato da storiacce come questa.  L’Ora, edizione straordinaria

Daniela Lo Verde, insignita anche del titolo di cavaliere della Repubblica, si sarebbe appropriata, con la complicità del vicepreside Daniele Agosta, anche lui arrestato, di cibo per la mensa dell’istituto scolastico, computer, tablet e iPhone destinati agli alunni e acquistati con i finanziamenti europei.

La Lo Verde e Agosta sono ora ai domiciliari; nell’indagine è coinvolta anche una terza persona, Alessandra Conigliaro (anche lei ai domiciliari), dipendente di un negozio di Palermo che alla preside avrebbe regalato tablet e cellulari in cambio della fornitura alla scuola, in aggiudicazione diretta e in esclusiva, del materiale elettronico.

Preventivi “su misura” da un negozio

 Secondo le indagini, la preside avrebbe messo in condizione la dipendente di fare preventivi su misura a discapito di altre aziende sempre per acquisiti realizzati nell’ambito di progetti finanziati dal Pon o da enti pubblici. Tra questi il finanziamento di 675mila euro per la scuola dell’infanzia, il progetto denominato “Stem”, il progetto “Edu Green” da 17.500 euro e il Decreto “Sostegni Bis” per le scuole.

La preside si appropriava anche del cibo destinato agli alunni

 Daniela Lo Verde si sarebbe appropriata anche del cibo della mensa scolastica. A giugno i carabinieri che la indagavano hanno intercettato la prima di una serie di conversazioni tra la donna e la figlia che provano che la dirigente si portava a casa gli alimenti destinati agli alunni, comprati con i fondi europei. Mentre lavorava in ufficio in compagnia della figlia, tra una pratica e l’altra la preside impartiva alla ragazza indicazioni sugli alimenti da riporre all’interno di un sacchetto da portare a casa.

Le intercettazioni: “Questo lo portiamo a casa”

 “Questo me lo voglio portare a casa, questi me Ii voglio portare a casa… poi mettiamo da parte… poi vediamo cosa c’e qui… Ii esci e Ii metti qui sopra…”, si sente nell’intercettazione che risale al 15 giugno. “Il riso… lo metti Ii davanti alla cassettiera e per la cucina questo… benissimo… ora sistema sopra il frigorifero… questa cosa di origano mettila pure per casa… Quelle mettile in un sacchetto che non si può scendere. Il tonno mettilo qui sotto… poi lo portiamo a casa a Sferracavallo (la villa al mare della preside ndr)”.

I video con le prove

 Le intercettazioni sono accompagnate anche da immagini riprese dalle videocamere piazzate dai carabinieri, che mostrano la preside riempire delle buste di alimenti presenti nell’ufficio di presidenza.

“Un nuovo Mac? Ora ce lo portiamo a casa”

 Oltre al cibo delle mense scolastiche, la preside Daniela Lo Verde si sarebbe appropriata di computer e tablet acquistati con i fondi europei per la scuola. “Che è un nuovo Mac?”, chiedeva la figlia alla donna. “Sì, ora ce lo portiamo a casa”,  ispondeva la madre. “Anche in questo caso, così come già evidenziato in relazione agli iPad – si legge nella misura cautelare -, la genuinità delle conversazioni registrate fugavano ogni ragionevole dubbio sulle reali intenzioni della preside in ordine al nuovo Mac”  

 

La preside dello Zen e la spesa col cibo destinato alla mensa degli alunni: “Mi porto tutto a casa”

 

Le intercettazioni che incastrano Daniela Lo Verde, la quale meno di un mese fa ha partecipato a un convegno sull’educazione alla legalità. L’ufficio di presidenza trasformato in dispensa e la sottrazione persino di origano e rosmarino. L’auto dell’indagata carica di dolci e rosticceria mai pagati. L’inchiesta nata dalla denuncia degli insegnanti

 

Meno di un mese fa, il 25 marzo, ha partecipato ad un convegno dal titolo emblematico: “Legalità. Punto primo. Non guardare il mondo con gli occhi del denaro: come educare le giovani generazioni al confronto con le reali esigenze”. Perché lei, preside – fino a poche ore fa – di una scuola di frontiera, quella dedicata altrettanto emblematicamente al giudice Giovanni Falcone, nel cuore dello Zen, avrebbe dovuto saperne qualcosa di educazione alla legalità. Eppure, dalle carte dell’inchiesta che stamattina l’hanno fatta finire agli arresti domiciliari, si scopre che Daniela Lo Verde, nominata pure Cavaliere della Repubblica dal presidente Sergio Mattarella, avrebbe per esempio trasformato quella che avrebbe dovuto essere la mensa per gli alunni in una sua personale dispensa: un “supermercato”, come lo definisce il gip Elisabetta Stampacchia, dove prendere persino barattoli di sughi pronti o di giardiniera, origano e rosmarino, patatine, casse d’acqua e di coca cola.

L’inchiesta nata dalla denuncia degli insegnanti

Non è la prima volta che rappresentanti delle istituzioni cadono dal piedistallo della così detta “antimafia” (basti pensare ai casi dell’ex giudice Silvana Saguto, dell’ex presidente di  Confcommercio Roberto Helg o dell’ex presidente di Confindustria Sicilia, Antonello Montante) e il quadro che viene fuori dall’inchiesta dei carabinieri, coordinata dai pm della Procura europea Gery Ferrara ed Amelia Luise, è sconfortante e “imbarazzante”, per usare le parole del giudice. Anche perché la preside ad un certo punto avrebbe saputo di essere indagata, ma avrebbe fatto poco per cambiare atteggiamento. Ma, come dice la stessa Lo Verde in un’intercettazione, riferendosi agli abitanti dello Zen, “non si può fare di tutta l’erba un fascio”, tanto è vero che a segnalare le presunte irregolarità nella gestione dei fondi e dei beni destinati all’istituto comprensivo, sono stati proprio altri insegnanti.

La promozione della legalità e l’auto carica di dolci non pagati

“Non può non evidenziarsi  – scrive ancora il gip – come la preside abbia costantemente alimentato la propria immagine pubblica di promotrice della legalità nonostante il quotidiano agire illegale”. Un “agire illegale” per risparmiare sulla spesa, per comprare abiti e scarpe, ottenere un computer o un iPhone, per portare via in un solo giorno da una pasticceria – e senza pagare il conto – “12 pezzi di rosticceria, 3 porzioni di primo, 2 piadine farcite, un panino, una torta, 3 vassoi di frutta martorana e 3 pupaccena di zucchero”, come hanno documentato gli investigatori. Questo mentre dirigeva “un ente il cui scopo isituzionale è, fra gli altri, quello dell’educazione alla legalità di giovani che si formano in contesti disagiati e per i quali la scuola è spesso l’unica speranza di un futuro migliore”, stigmatizza il giudice.

I “giocattolini” e l’ufficio di presidenza trasformato in dispensa

Assieme alla dirigente scolastica sono finiti ai domiciliari anche il suo vice, Daniele Agosta, e una dipendente della R-Store, Alessandra Conigliaro, che sarebbe stata costantemente favorita nelle forniture (con affidamento diretto e senza gara) di strumenti tecnologici destinati – spesso solo sulla carta – agli studenti, semplicemente regalando agli altri due indagati dei “giocattolini”, ovvero dei costosi cellulari. Le intercettazioni dimostrerebbero chiaramente che l’ufficio di presidenza della Falcone sarebbe stato trasformato in una dispensa personale. Proprio lì sarebbero state accatastate “una cospicua quantità di provviste”, dicono i pm, dalla quale avrebbe attinto anche una delle figlie della dirigente scolastica.

La “spesa” con i beni destinati agli studenti

Il 15 giugno scorso era proprio Lo Verde a dire: “Questo me lo voglio portare a casa, poi mettiamo da parte” e la figlia chiedeva: “Questo per casa? Due… Il riso?” E lei rispondeva: “Sì, il riso lo metti lì davanti alla cassettiera e per la cucina questo, benissimo, ora sistema sopra il frigorifero, questa cosa di origano mettila pure per casa”, e la figlia: “Questa pure per casa? La giardiniera?”. Lo Verde rispondeva: “Un paio di barattoli per casa e gli altri in cucina… Quelle mettile in un sacchetto, quello non si può scendere”. La figlia chiedeva poi: “Il tonno?” e lei: “Mettilo qui sotto, poi lo portiamo a casa a Sferracavallo”. E c’erano anche le patatine: “Ce ne sono due? Portalo a casa va…” e il rosmarino: “A casa”, ripeteva la preside.

“A casa me le porto…”

Il 24 giugno, ad anno scolastico ormai finito, una ditta aveva consegnato alla Falcone una grossa quantità di alimenti e vettovagliamento destinati in teoria alla mensa, ma “il progetto è finito, quindi la mensa è finita – diceva Lo Verde – io ce le devo avere dentro le cose, non c’è un’alternativa”. Il 27 e il 28 giugno Lo Verde parlava con Agosta, al quale chiedeva una mano per trasportare le cose: “Me le metti le cose in macchina per favore? La pianta e quella cassa… io devo scendere le cose… A casa, dove me le porto?!” e lui. I carabinieri hanno documentato come, arrivata a casa, l’indagata avrebbe chiesto aiuto alla figlia per scaricare la merce: “Amore, io ho diversi sacchetti, che fa, ti secca scendere?”.

Salviettine e disinfettanti anche per la mamma ricoverata

In un’altra intercettazione, del 6 luglio, Lo Verde diceva al suo vice: “C’è in frigo quel condimento te lo mangi? Te lo porti? O me lo porto e lo lascio a Sferrcavallo… Peccato buttarlo…” e Agosta non esitava: “Portatela, portagliela al bambino”. Proprio quel giorno la preside aveva saputo che sua madre avrebbe dovuto essere ricoverata e, quindi, avrebbe pensato anche a lei: “C’erano delle salviettine in qualcuno di questi… non so se mia mamma ce l’ha… Che cos’altro le può servire?  Questi sono disinfettanti? Me li porto io… Non ho il tempo di comprare niente… Dammi una mascherina, un pacchetto di mascherine…”. Una volta rimasto solo, anche il vice avrebbe fatto la sua scorta, riempiendo uno zainetto con succhi di frutta, igienizzanti per le mani e mascherine.

I rifornimenti per la festa di Santa Rosalia

Il giorno dopo era Agosta ad usare una frase inequivocabile: “Ti prendi la spesa?” e la preside resplicava: “Certo me la sto portando, io a poco a poco me le vado portando le cose, è inutile che stanno qui”. Gli inquirenti parlano infatti di una “consuetudine” quando si riferiscono a questi episodi. Tanto che, il 13 ed il 15 luglio, in concomitanza con la festa di Santa Rosalia, la preside “sicura che la scuola fosse deserta”, sarebbe andata con la figlia a fare un nuovo rifornimento, portando via una quantità tale di cibo e bibite da dover fare diversi viaggi per riempire il cofano dell’auto. “La scendi pure una bottiglia di acqua frizzante, poi c’è anche una cassettina di chinotto, prendi le cose dal frigo….”, diceva alla figlia, che affermava a sua volta: “Ti devi prendere questo sacchetto che è nostro”.

La vacanza a San Vito e le birre ordinate per gli alunni

Altra “spesa” sarebbe stata fatta il 27 luglio, in vista di una vacanza a San Vito Lo Capo. Lo Verde diceva alla figlia: “Queste cose da mangiare, portale e mettile fuori”. La ragazza replicava ridendo: “Guarda quanti scatoli abbiamo dentro…” e chiedeva: “La prendiamo da qui l’acqua di San Vito? Non c’è nessuno…”. Lo Verde spiegava: “Mi secca, quando se ne vanno tutti… Tanto visto che ci è rimasto un po’ di spazio, c’è qualche altro pacco di patatine…”. E ancora: “Questo sacchetto verde non lo dobbiamo prendere? I gelati li puoi prendere e li metti nel sacchetto… Li vuoi i succhi di frutta?”. La ragazza non solo rispondeva “anche la Corona”, riferendosi alla birra che era stata inserita tra le derrate per rifornire la mensa della scuola – un dato che dimostrerebbe la premeditazione con cui avrebbe agito la preside – ma adocchiava anche un Mac: “Che è, un nuovo Mac? Bello” e la preside non perdeva tempo: “E ora ce lo portiamo a casa…”, suggerendo: “E il telefono perché non lo prendi? Non lo vuoi? Minchia è nuovo, funziona ancora…”. Poi aggiungeva: “Questo computer me lo prendo io” e la figlia: “Quindi anche il computer vuoi?” e lei: “Ora ce lo portiamo… Ci sono anche questi detersivi da prendere, per i piatti”. La figlia continuava la sua “spesa”: “I budini… qualche pancake me lo voglio portare”, ma la madre replicava: “No, ce ne sono a casa, per ora lasciali qui, a casa manco c’è spazio… I bicchierini di tè li vuoi? Quelli in bottiglia?” e la figlia: “Abbiamo preso le patatine al formaggio?”, ma l’indagata rimarcava: “Non c’era spazio”.

Il progetto sulla cucina e il burro scaduto

Ad un certo punto nella scuola dello Zen era stato attivato un progetto legato alla cucina e l’insegnante di riferimento aveva mandato una lista dei prodotti di cui avrebbe avuto bisogno. Non ci sarebbe stato il tempo di ordinarli e la preside, secondo i pm, avrebbe fatto ancora una volta la spesa nella sua dispensa personale, non esitando a mettere a disposizione degli studenti persino del burro scaduto. “Lei – diceva Lo Verde riferendosi alla docente che curava il progetto sulla cucina – pretende veramente cose impossibili… La pasta, l’acqua se la possono prendere da qua, l’olio ce l’abbiamo? Il sale? Vuoi vedere – chiedeva a una collaboratrice – questo burro se è scaduto?”. Il burro sarebbe stato effettivamente scaduto da 10 giorni, ma la preside avrebbe argomentato: “Si può usare, è stato tutto il tempo in frigo e questa stanza è a meno 20 gradi… Ma poi io lo dico sempre alle mie figlie: ‘Tu devi guardare i tuoi sensi perché ci può essere una cosa che non è scaduta e devi buttare. Non stiamo parlando di anni, giusto? Stiamo parlando di qualche giorno, 20 agosto… 31 agosto significa 10 giorni in un burro che è sempre stato in frigo…”. Alla lista si aggiungeva il “latte, 2 litri, non ha specificato come lo vuole… Scaduto, quindi è a casa mia, me lo bevo io, già abbiamo cancellato la data di scadenza del burro! Ha preso il pennarello nero – raccontava ad Agosta riferendosi alla collaboratrice – e l’ha cancellata… Sì ma scadeva il 20 agosto non 10 anni fa”. Il vice metteva però in guardia la preside “Lei – diceva riferendosi all’insegnante – vi denuncia” e l’indagata: “Secondo me pure… Per fortuna molte cose ce le avevamo, pasta, zucchero”.

Il gip: “La scuola come un supermercato”

Il gip usa parole dure nell’ordinanza e spiega che la figlia di Lo Verde “appariva perfettamente consapevole del fatto che la madre si rifornisse all’interno dell’istituto come in un supermercato”. Esclude poi che i prodotti, consegnati quando ormai la mensa non poteva essere attivata, siano stati portati a casa per evitare che si deteriorassero “atteso che gli alimenti erano conservati nella stanza della preside al fine evidente, ad avviso di chi scrive, di consentirle di prelevarlo lontano da occhi indiscreti; che gli acquisti prevedevano beni del tutto inconferenti rispetto alla mensa della scuola (birre, detersivi) e che la condotta ha riguardato anche beni di lunga conservazione (acqua, barattoli di giardiniera, chinotti, coca cola, gelati ecc.)”.

La “vocazione” all’illecito

Sul conto della preside “antimafia” il gip sostiene poi che “risulta particolarmente significativo della completa adesione a logiche di condotta meramente utilitaristiche, della strumentalizzazione dell’azione amministrativa e della vocazione all’illecito il coinvolgimento delle figlie, che dalla madre e dai suoi comportamenti sono state indotte a pensare all’istituto Falcone – e quindi alla pubblica amministrazione in generale – come ad un pozzo dal quale attingere costantemente qualsivoglia utilità, dagli strumenti tecnologici di ultima generazione ai generi alimentari. Non può non evidenziarsi, poi, come la preside abbia costantemente alimentato la propria immagine pubblica di promotrice della legalità (da ultimo la partecipazione al convegno del 25 marzo scorso: ‘Legalità. Punto Primo. Non guardare il mondo con gli occhi del denaro: come educare le giovani generazioni al confronto con le reali esigenze”) nonotante il quotidiano agire illegale, la costante attenzione ai risvolti economici, i propri reali sentimenti la consapevolezza dell’esistenza di un procedimento penale nei suoi confronti”.  PALERMO TODAY 21.4.2023

 


“Piccioli ce ne sono?”, l’audio e gli altri prof dello Zen indagati

 “Piccioli (soldi) ce ne sono?”, chiedeva lo scorso maggio il vice preside Daniele Agosta a Daniela Lo Verde, dirigente scolastica dell’istituto ‘Giovanni Falcone’ dello Zen. Entrambi sono finiti nei giorni scorsi agli arresti domiciliari per corruzione e peculato. La preside dello Zen e il suo numero due discutevano di uno dei tanti progetti su cui indaga la Procura europea.

L’inchiesta della Procura europea

È un capitolo dell’inchiesta, coordinata dai pm Calogero Ferrara ed Amelia Luise, ancora in divenire. Coinvolge altri nove insegnanti che sono stati alcuni intercettati e altri pedinati e filmati fin dentro la scuola. L’indagine è partita da una professoressa che si è rivolta ai carabinieri del Nucleo investigativo di Palermo ai quali ha anche consegnato un file audio di una conversazione con una collega. Nella registrazione si sente la docente parlare di irregolarità in merito alla gestione della preside dello Zen.

“Progetti con il solo fine di ottenere i finanziamenti”

Poi sono arrivate le conferme di un’altra professoressa ascoltata dai carabinieri. Ha raccontato che era abitudine raccogliere ex post le firme di presenza dei ragazzi che in realtà avevano disertato i progetti organizzati dalla scuola. “Quello che doveva avere un intento prettamente educativo e culturale – annotano gli investigatori – si era trasformato in una mera necessità di raccogliere iscrizioni e presenze, anche fittizie, al fine di raggiungere il completamento dei singoli progetti per poterne percepire poi i relativi stanziamenti”.

Tanti dossier da aprire

Di episodi da sviscerare ce ne sono tanti e non riguardano soltanto i progetti extrascolastici. Ad esempio s’indaga su uno stanziamento di 9.000 euro per acquistare attrezzatura per la palestra. Ed invece le fatture sarebbero state “gonfiate”, i materiali comprati con una minima parte e quelli rimasti spesi “per fare acquisti privati di capi di abbigliamento e calzature per la dirigenza”.      

Le intercettazioni

Così la prof registrata dalla collega ricostruiva quanto accaduto durante l’organizzazione di un laboratorio di cucina: “… è stato un Pon che è partito fai conto a fine maggio… quindi la scuola stava chiudendo… là lo sai come funziona… cioè che li devi andare praticamente a cercare con… la candela… i partecipanti e… in quel periodo non ti caga più nessuno… quindi non veniva nessuno… l’unico che veniva era quel rompi coglioni di…”.

“Quel ragazzo…”

Un solo ragazzo presente. Finiva per essere tacciato come un disturbatore. Ancora la prof: “… se l’è messo veramente sotto i piedi sto progetto veniva in ritardo… e andavamo prima… insomma… come al solito poi la scuola non è che ci ha supportato più di tanto fatto sta che è andata male”.

“Devi andare a ripescare tutti i ragazzi…”

Bisognava correre ai ripari, altrimenti non sarebbero arrivati i finanziamenti dell’Unione europea: “… gli ho detto dimmi che devo fare che lo faccio e lei mi ha detto: devi andare a ripescare tutti i ragazzi a firmare cioè si dovevano di nuovo andare a firmare tutti i documenti, per fortuna i ragazzi erano ancora lì per un ultimo anno e quindi sono riuscita a recuperare ed a chiudere perché altrimenti non pagavano né la scuola né ovviamente noi”.

Questione di soldi

Era dunque una questione di soldi. Poco o nulla importava dell’educazione dei ragazzi. Spendere era l’unico modo per ottenere altri finanziamenti. Non importava se il budget era “un poco sproporzionato” per un progetto”, diceva Lo Verde. Che alla domanda del suo vice (“Ma tutti li spendi i soldi?”), rispondeva: “Certo, ne ho mai lasciato? Tutti, tutti”. Parole che aprono uno squarcio sulla mala gestio delle risorse. Di fondi europei ne sono arrivati parecchi. Hanno davvero inciso tutti sulla crescita dei ragazzi? Un interrogativo che su larga scala vale per ogni settore su su cui sono piovuti finanziamenti a pioggia.

Generi alimentari e apparecchiature elettroniche

Ci sono di mezzo, dunque, anche i soldi oltre ai generi alimentari e alle apparecchiature elettroniche di cui la preside dello Zen si sarebbe appropriata: “114 euro per 10 incontri fa millecento quarantacinque euro… quindi noi abbiamo appizzato millecentoquarantacinque euro”. A tanto ammontava il compenso previsto per i docenti che partecipavano ai progetti.

La legalità

Eppure la preside dello Zen non perdeva occasione per parlare di legalità. Lo scorso marzo, e lo ricorda il giudice per le indagini preliminari, Lo Verde aveva partecipato ad un convegno dal titolo ‘Legalità. Punto Primo. Non guardare il mondo con gli occhi del denaro: come educare le giovani generazioni al confronto con le reali esigenze’, nonostante il quotidiano agire illegale, la costante attenzione ai risvolti economici, i propri reali sentimenti la consapevolezza dell’esistenza di un procedimento penale nei suoi confronti”.

 

 


Arrestata per peculato e corruzione Daniela Lo Verde, preside antimafia della scuola Falcone

Nel giugno 2020 ricevette l’onorificenza da Mattarella come Cavaliere al merito “per l’impegno dimostrato durante la pandemia”. L’inchiesta nata dalla denuncia di una docente. “Sospensione immediata”, annuncia il ministro Valditara

Era considerata una preside antimafia, dirigente scolastica della scuola intitolata al Giudice Falcone, nel quartiere Zen di Palermo, ma ora è stata arrestata dai Carabinieri con le accuse di peculato e corruzione, ed è ai domiciliari. Daniela Lo Verde – che nel 2020 divenne Cavaliere al merito della Repubblica “per l’impegno dimostrato durante la pandemia” – secondo le accuse, supportate da intercettazioni, si sarebbe appropriata, con la complicità del vice preside Daniele Agosta, anche lui arrestato, di cibo per la mensa dell’istituto scolastico, computer, tablet e iphone destinati agli alunni e acquistati con i finanziamenti europei. 

In 14 mesi di indagine la Procura europea avrebbe accertato la gestione irregolare di fondi di spesa pubblici dell’Unione, stanziati per diversi progetti scolastici.

Per la donna è stato disposto “il provvedimento di sospensione immediata” da parte del ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, che sottolinea come “in tempi brevi sarà nominato il reggente”. Il Ministero fa sapere che “saranno inviati degli operatori psicopedagogici, a supporto di tutta la comunità scolastica nell’elaborazione di quanto accaduto oggi”.

Tutto parte dalla denuncia di una docente

L’inchiesta che oggi ha portato all’arresto della dirigente nasce dalla denuncia ai carabinieri di una ex insegnante dell’istituto che ha raccontato agli inquirenti di una “gestione dispotica della cosa pubblica da parte dell’indagata”, scrive nell’ordinanza il giudice che ha disposto i domiciliari per la donna, gestione che era impossibile contrastare salvo correre il rischio di ritorsioni

L’insegnante ha descritto la dirigente come “avvezza alla violazione delle regole”: da quelle sull’emergenza sanitaria a quelle dei finanziamenti europei. I progetti scolastici, tutti approvati all’unanimità, secondo la donna che si è rivolta ai militari dell’Arma, non venivano attuati in modo diligente e tra le docenti era frequente la prassi di raccogliere ex post, e non durante lo svolgimento delle attività, le firme dei ragazzi coinvolti. Questo perché ai progetti affidati alla scuola Falcone in realtà gli alunni non partecipavano o partecipavano in numero ridotto e dipendendo dal numero degli studenti partecipanti l’ammontare dei fondi ricevuti, si rischiava di perdere il denaro. 

La docente ha anche rivelato che spesso le fatture per gli acquisti, ad esempio per la palestra, venivano gonfiate e che solo una parte dei soldi veniva spesa per strumenti didattici, mentre il resto del denaro veniva investito in abbigliamento e scarpe per la dirigenza della scuola. Le dichiarazioni dell’ex maestra, confermate ai Carabinieri da altri insegnanti, hanno fatto partire le intercettazioni. 

Nell’agosto del 2022 per l’ennesima volta furono rubati computer dall’aula magna della scuola Falcone di Palermo. Un episodio denunciato sui media dalla stessa preside Lo Verde, oggi arrestata per insieme al vicepreside Agosta. Raccontano le carte dell’inchiesta che i due, non sapendo di essere intercettati, avevano mostrato la loro soddisfazione per come il fatto aveva portato contributi alla scuola, come riporta l’Ansa: “Per un cornuto un cornuto e mezzo – diceva Agosto alla donna – ci stanno arrivando soldi da tutte le parti!”. E la preside rivendicava il merito di aver reso pubblica la notizia “proprio al fine di cavalcare l’onda”, pubblicizzare ancora di più il suo personaggio di preside integerrima in prima linea ed ottenere attestazioni di stima, solidarietà, ma soprattutto soldi e aiuti economici dalle istituzioni”, commenta il Giudice per le indagini preliminari. 

“Grazie tu devi dire .. perchè non l’aveva saputo nessuno ….tu lo devi dire che .. che sono io quella speciale!”, diceva a proposito della diffusione della notizia, secondo quanto riportato dall’Ansa. Il sindaco di Palermo, attraverso la Fondazione Sicilia, dopo i fatti aveva infatti assegnato all’istituto un contributo di circa tremila euro per riacquistare le attrezzature rubate.


L’iPhone della discordia e le presunte tangenti, gli “scontri” tra la preside e il suo vice allo Zen

Le intercettazioni e gli arresti

Gli iPhone utilizzati come presunte tangenti che non sempre accontentavano tutti. “Ma io volevo il 13 pro, non il 13…”, si sente nelle intercettazioni tra la preside Daniela Lo Verde che al suo vice, Daniela Agosta, dall’altra indagata finita agli arresti domiciliari con loro, Alessandra Conigliaro. Dalle intercettazioni emerge però che Agosta non sarebbe stato soddisfatto, apostrofato dalla preside: “Sei un bambino…” E’ solo uno degli episodi nell’indagine per corruzione e peculato che ha travolto la dirigente scolastica Daniela Lo Verde, a capo da 10 anni della scuola Falcone dello Zen e Cavaliere al merito della Repubblica, arrestata venerdì a Palermo.

La “questione Pro”

Il vice non si rassegna proprio della “mancanza” del modello pro: “Se vabbè…”, risponde la preside. “Come se vabbè? Come se vabbè? Guarda come ci rimane male? Peggio di un bambino è…”. E lui: “Certo che ci rimango male… Io non volevo questo, io il Pro avevo detto… ma che cazzo vuole fare fa… ma vaffanculo”. Lo Verde insisteva: “E per questo ti dico, diglielo, le dici: ‘Sì ma non c’er il Pro precedente a questi due?’ scrivici così, così poi ce lo togliamo di mezzo… Ti ticordi che non c’era rosa e allora Alessandra se l’è scelto rosso? E poi dobbiamo prendere il mio e il tuo, anche perché il tuo l’hai già preso, siccome mi pare che ogni volta noi ci andiamo sotto…”.

Soldi per scarpe e abbigliamento

I soldi di un finanziamento pubblico da investire nell’ammodernamento della palestra della scuola Falcone dello Zen furono in gran parte destinati all’acquisto di scarpe e capi d’abbigliamento alla moda per i dirigenti dell’istituto. Una pratica truffaldina, condita da fatture gonfiate. A raccontare agli inquirenti gli intrallazzi nell’istituto di periferia è stata un’insegnante, stanca di dovere assistere agli imbrogli. La testimone ha detto, tra l’altro, riferendo il racconto di un collega, che i novemila euro arrivati per comprare le attrezzature sportive in realtà erano stati spesi per lo shopping di pochi e che nella palestra erano arrivati solo pochi attrezzi. Per rendere la spesa apparentemente corretta, sarebbero state prodotte fatture false. Dalla denuncia della professoressa sono nati gli accertamenti dei carabinieri. Accertamenti che hanno portato a intercettazioni e registrazioni video e che hanno smascherato la sistematica spoliazione orchestrata dalla Lo Verde e dai suo complici: dai furti di generi alimentari alla registrazione di false presenze per potere intascare i Fondi Ue, sino all’acquisizione di tablet, computer, smartphone e televisori che potevano essere destinati alle attività didattiche. Più ragazzi partecipavano ai Pon, più soldi arrivavano in busta paga. Più fondi arrivavano, più poteva permettersi dei “lussi” che tanto le piacevano. Ad esempio: coi soldi che servivano per lo sport, si è concessa anche qualche vestito firmato. Questi sono solo alcuni degli episodi più odiosi nell’indagine per corruzione e peculato che ha travolto la dirigente scolastica Daniela Lo Verde, a capo da 10 anni della scuola Falcone dello Zen e Cavaliere al merito della Repubblica, arrestata venerdì a Palermo.

Soldi per scarpe e abbigliamento

I soldi di un finanziamento pubblico da investire nell’ammodernamento della palestra della scuola Falcone dello Zen furono in gran parte destinati all’acquisto di scarpe e capi d’abbigliamento alla moda per i dirigenti dell’istituto. Una pratica truffaldina, condita da fatture gonfiate.
A raccontare agli inquirenti gli intrallazzi nell’istituto di periferia è stata un’insegnante, stanca di dovere assistere agli imbrogli. La testimone ha detto, tra l’altro, riferendo il racconto di un collega, che i novemila euro arrivati per comprare le attrezzature sportive in realtà erano stati spesi per lo shopping di pochi e che nella palestra erano arrivati solo pochi attrezzi. Per rendere la spesa apparentemente corretta, sarebbero state prodotte fatture false. Dalla denuncia della professoressa sono nati gli accertamenti dei carabinieri.
Accertamenti che hanno portato a intercettazioni e registrazioni video e che hanno smascherato la sistematica spoliazione orchestrata dalla Lo Verde e dai suo complici: dai furti di generi alimentari alla registrazione di false presenze per potere intascare i Fondi Ue, sino all’acquisizione di tablet, computer, smartphone e televisori che potevano essere destinati alle attività didattiche.

Caccia ai soldi

Al centro dell’indagine dei procuratori europei, Amelia Luise e Calogero Ferrara, restano i Programmi operativi nazionali, i Pon, una sorta di budget di secondo livello per tutte le scuole italiane dove si gioca una partita serratissima per accaparrarsi fino all’ultimo euro.  Da una prima stima i progetti con irregolarità all’istituto comprensivo dello Zen sarebbero già superiori ai 100 mila euro.
In pratica, più ragazzi partecipavano ai Pon, più soldi venivano erogati alla scuola, più sostanziosa era la quota destinata alla dirigente scolastica per il progetto. Una sorta di bonus che, dunque, dipendeva dalla partecipazione degli alunni. Più erano, più soldi arrivavano in busta paga.
Per questo le firme dei bambini sono la preoccupazione maggiore per Daniela Lo Verde. Da quando sa di essere nel mirino della procura europea cerca di correre ai ripari. “Io devo chiudere i Pon” sottolineava al suo vice Daniele Agosta aggiungendo: “Il campo di calcetto era zeppo d’acqua, c’erano due alunni…quelle degli altri le firmi tu e buonanotte al secchio, cercando di fare più attenzione…oppure bisognerebbe fare un’altra cosa, le telefonate a quei bambini per dirgli di venire a firmare che oggi c’è la pasta al forno”. BLOG SICILIA 25.4.2023


Preside della scuola Falcone arrestata: docente “chi criticava subiva ritorsioni”

Scarpe, vestiti di lusso e tablet coi soldi destinati ai bimbi, caccia ai fondi sottratti dalla preside dello Zen

 


Un “quadro imbarazzante” di illegalità e corruzione, le accuse contro la preside Lo Verde

Una “realtà torbida” in una scuola situata nel difficile quartiere Zen: le intercettazioni e i dettagli emersi dall’ordinanza contro la “preside dell’antimafia” della scuola Giovanni Falcone.

Era il 3 giugno del 2020 quando fu nominata cavaliere della Repubblica la preside Daniela Lo Verde della scuola “Giovanni Falcone”, istituto che si trova nel degradato quartiere Zen di Palermo, un promettente progetto, ma in realtà mai completato, realizzato di Vittorio Gregotti. “Chiangi Palermo gloriusa, Aju la menti tantu confusa, Na tristizza ranni ni lu cori, Nascju o ciuriddu cu l’autri ciuri, Aprili e maju nni godiu l’oduri”, così cantava Edoardo Bennato nel brano da lui scritto nel 1989 intitolato appunto “Zen”. E oggi la Palermo gloriosa cantata da Bennato è costretta a chiudersi nel suo atavico silenzio. Quel silenzio che in parte ha colpito chi non ha parole a causa dello sdegno ma che, in parte, ha colpito chi non ha nulla da dire perché il vaso di Pandora è oramai aperto definitivamente. E allora è meglio piangere perché questo fallimento riguarda tutti noi, “dalle Alpi alle Piramidi”, come scrisse Manzoni nel suo “Il cinque maggio”. Sia chiaro che stante la presunzione d’innocenza prevista dal nostro Codice, stante il fatto che una persona può essere definita colpevole solo dopo i tre gradi di giudizio previsti dal nostro ordinamento. Rimane il fatto che alcuni ruoli di rappresentanza dello Stato non devono essere toccati nemmeno da un labile sospetto, soprattutto (ma non solo) quando sono ricoperti in quelle aree fragili e troppo spesso alla mercé delle grinfie della criminalità organizzata. Anzi, è proprio in quelle realtà che l’esempio è il cardine dell’attività formativa ed è in grado di instillare fiducia nelle Istituzioni nelle nuove generazioni. Fiducia e istituzioni che, in questo caso, sono state calpestate.

Preside della “Scuola Falcone” arrestata, il caso di corruzione e gli arrestati

È di questa mattina la notizia che Daniela Lo Verde, Daniele Agosta e Alessandra Conigliaro sono stati oggetto di un’ordinanza che ha applicato nei loro confronti “la misura cautelare degli arresti domiciliari e, per l’effetto, fa loro divieto di allontanarsi dal luogo degli arresti domiciliari senza la preventiva autorizzazione del giudice procedente, e fa, altresì, divieto ai medesimi di comunicare anche telefonicamente o per via epistolare o telematica con persone diverse da quelle che li assistono o che con loro coabitano”. Si tratta della conclusione di un’attività investigativa che “ha offerto un chiaro, del tutto inequivocabile, composito e imbarazzante quadro probatorio in ordine alle condotte poste in essere da Daniela Lo Verde e Daniele Agosta, rispettivamente Dirigente scolastico dell’Istituto Comprensivo ‘Giovanni Falcone’ di Palermo e vicepreside dello stesso istituto, sito nel difficile quartiere dello Zen”; e di Alessandra Conigliaro, dipendente della ditta R-STORE S.p.A. . L’ordinanza è stata emessa sulla base delle risultanze investigative emerse nel corso dell’indagine, coordinata dai Procuratori Europei Delegati Calogero Ferrara e Amelia Luise dell’European Public Prosecutor’s Office di Palermo, per le ipotesi di reato di “peculato e corruzione. L’indagine denominata “La Coscienza di Zen-O”, ha consentito, anche grazie all’ausilio di consistenti attività tecniche, di accertare l’esistenza di un unitario centro di interessi illeciti, radicato all’interno dell’Istituto Falcone dello Zen di Palermo, formato dalla preside, dal vicepreside e da professionisti privati. Gli indagati, in concorso fra loro, si sarebbero resi responsabili dei reati ipotizzati, “afferenti alla gestione dei fondi di spesa pubblici, sia nazionali che europei, nell’ambito di vari progetti scolastici”. Le indagini eseguite dalla Sezione EPPO del Nucleo Investigativo dell’Arma di Palermo e, ad aggravare il quadro, per come emerge dal provvedimento cautelare, la Dirigente avrebbe “costantemente alimentato la propria immagine pubblica di promotrice della legalità, nonostante il quotidiano agire illegale e la costante attenzione ai risvolti economici della sua azione amministrativa, di fatto abbandonando l’esercizio del suo ruolo tipizzato di controllo e di gestione finalizzato al buon andamento dell’I.C.S. ‘G. Falcone’, che si rivolge a un’utenza particolarmente fragile, costituita da alunni che, nel caso di specie, sono già penalizzati da un contesto sociale e culturale di degrado come quello in cui versa il quartiere ZEN”.

Le indagini su Daniela Lo Verde e gli altri arrestati, una “realtà torbida”

L’indagine che ha portato all’ordinanza cautelare, emessa dal gip Elisabetta Stampacchia, ha preso avvio il 2 febbraio 2022 a seguito della denuncia sporta da Maria Pia Gugliotta, docente dell’istituto intitolato a Falcone dall’anno scolastico 2015-2016 e oggi insegnante alla scuola “Francesco Paolo Cascino” di Palermo. La donna ha evidenziato una “realtà torbida e una gestione se non altro dispotica della cosa pubblica da parte della Preside, incontrastabile — salvo il pericolo di ritorsioni — e avvezza alla violazione delle regole di qualsiasi natura, da quelle relative all’emergenza sanitaria a quelle di gestione dei progetti finanziati dall’Unione Europea” Nella denuncia si faceva anche riferimento al fatto che numerosi progetti, sempre approvati all’unanimità, non fossero attuati in maniera diligente e completa, considerata soprattutto la prassi invalsa fra le docenti di “raccogliere ex post le firme degli alunni sui fogli presenza, non essendo state queste apposte contestualmente durante le ore di svolgimento delle attività finanziate, poiché disertate dai ragazzi, soprattutto nella fascia pomeridiana” e anche a “un importo di circa 9.000 euro per l’acquisto di nuove attrezzature per la palestra“. In più, “le fatture erano state gonfiate, cosicché i pochi attrezzi confluiti nei locali dell’Istituto erano stati acquistati con una minima parte dei fondi a disposizione, mentre la restante parte dei soldi era stata spesa per fare acquisti privati di capi di abbigliamento e calzature per la dirigenza”. Gli investigatori, quindi, hanno dato il via a un’attività di intercettazione che ha consentito di avvedersi della particolare gestione della cosa pubblica realizzata dai due principali indagati, una gestione “assolutamente spregiudicata volta a curare meramente interessi di natura personale”. Un esempio è quello che riguarda la gestione della fornitura di generi alimentari da destinare alla mensa scolastica parte della preside Daniela Lo Verde. Nell’ordinanza a suo carico si legge: “i progetti venivano condotti in maniera assolutamente irregolare apponendo date ‘farlocche’. Particolarmente indicativa era l’affermazione della preside che, nel controllare l’operato del suo vice preposto all’inserimento in piattaforma della documentazione relativa ai PON, aveva addirittura notato una discrepanza di orari tra quelli comunicati dall’esperto e quelli comunicati da un Tutor di un progetto tenutosi il 30 maggio”.

Generi alimentari sottratti, le intercettazioni

L’episodio che ha acceso i riflettori sulla “mala gestio” delle derrate alimentari si è verificata la mattina del 15 giugno. In quel giorno, la preside si trovava nel suo ufficio assieme alla figlia Alessandra e, tra una pratica e l’altra, “impartiva alla ragazza indicazioni sugli alimenti da riporre all’interno di un sacchetto da portare a casa”. Ecco parte del dialogo intercettato.

  • Daniela: “Questo me lo voglio portare a casa, questi me li voglio portare a casa… poi mettiamo da parte… poi vediamo cosa c’è qui… li esci e li metti qui sopra”.
  • Alessandra: “Questo per casa?… Due”.
  • Daniela: Sì.
  • Alessandra: Il riso?
  • Daniela: Il riso lo metti li davanti alla cassettiera e per la cucina, questo… benissimo. Ora sistema sopra il frigorifero… Questa cosa di origano mettila pure per casa”.
  • Alessandra: questo pure per casa? La… la giardiniera”.
  • Daniela: Eh… qualcuno… un paio di barattoli per casa e gli altri in cucina.
  • Alessandra: “E quello scatolo come ce lo scendiamo?
  • Daniela: Quelle mettile in un sacchetto, quello non si può scendere
  • Alessandra: Tonno?
  • Daniela: Mettilo qui sotto […] poi lo portiamo a casa a Sferracavallo.

La consuetudine di prelevare materiale destinato a uso scolastico e generi alimentari acquistati nell’ambito dei progetti PON e adibiti al servizio mensa dell’istituto “non riguardava solo la preside Lo Verde, ma anche il suo vice Agosta .Nella mattina del 6 luglio 2022, infatti, dopo aver atteso che la sua dirigente andasse via e dopo aver terminato il lavoro da lei affidatogli, l’uomo avrebbe riempito il suo zainetto nero con confezioni di succhi di frutta, flaconi di igienizzante gel per le mani e mascherine FFP2.

Pc e tablet sottratti all’istituto

Un ulteriore aspetto emerso nel corso delle investigazioni, è quello legato alla procedura di acquisto e alla gestione, da parte della preside Daniela Lo Verde e del suo vice Daniele Agosta, della fornitura dei dispositivi digitali consegnati dalla ditta R-Store di Palermo per la scuola “G. Falcone” l’8 luglio 2022. Alla consegna ha fatto seguito un messaggio vocale inviato via WhatsApp a tale Alessandra (che poi si verificherà essere Alessandra Conigliaro, anch’ella oggetto dell’ordinanza), specificando che “l’ordine era stato evaso solo in parte e che ancora mancava tra le altre cose un Macbook Air e a due iPad Air blu di ultima generazione”. Nella mattinata del 13 luglio, la collaboratrice scolastica Simona Di Lorenzo ha depositato sulla scrivania della preside un pacco, al cui interno la dirigente, “evidentemente a completamento dell’ordine parzialmente evaso”, ha trovato i due iPad blu. Atteso il suo arrivo, la dirigente scolastica – definendo l’oggetto un “passatempo” per la figlia – avrebbe esclamato testualmente: “Ecco, dammelo, così Alessandra si passa il tempo!”, comunicando subito la cosa ad Agosta che, dopo aver controllato i dispositivi, li avrebbe mostrati a Daniela Lo Verde per poi riporre il pacco sul pavimento, dietro la sua postazione da lavoro. Al termine della giornata lavorativa, mentre la preside riempiva nuovamente i suoi sacchetti con le provviste alimentari destinate alla mensa della scuola, Agosta, “rifacendosi evidentemente alla volontà espressa qualche ora prima dalla sua dirigente, prelevava i due dispositivi elettronici dal pacco sul pavimento e ne infilava uno nella borsa di Lo Verde e uno in un sacchetto di colore verde che portava via con sé”. QdS


La preside antimafia dello Zen di Palermo arrestata per corruzione

 

Nei confronti di Daniela Lo Verde è stata eseguita dai carabinieri la misura cautelare ai domiciliari disposta dal gip. La dirigente in passato aveva ricevuto il titolo di cavaliere della Repubblica

 

AGI – Peculato e corruzione: è questa l’ipotesi di reato per cui carabinieri hanno eseguito la misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti della preside Daniela Lo Verde, dell’istituto compressivo “Giovanni Falcone”, allo Zen di Palermo, cavaliere al merito della Repubblica, del vicepreside e da un professionista privato.
Il provvedimento è stato disposto dal gip di Palermo su richiesta formulata dai procuratori europei delegati Calogero Ferrara e Amelia Luise, dell’European Public Prosecutor’s Office (Eppo) di Palermo. Secondo quanto emerso dalle indagini svolte, tra febbraio 2022 fino a pochi giorni fa dal Nucleo investigativo dei carabinieri, sarebbe stata accertata l’esistenza un unitario centro di interessi illeciti, formato dagli indagati che, in concorso fra loro, si sarebbero resi responsabili dei reati ipotizzati, afferenti alla gestione dei fondi di spesa pubblici, sia nazionali che europei, nell’ambito di vari progetti scolastici.

Le accuse 

In particolare, i dirigenti scolastici, in forza del loro ruolo di pubblico ufficiale, “in maniera spregiudicata e per accaparrarsi i cospicui finanziamenti comunitari connessi”, avrebbero attestato falsamente le presenza degli alunni all’interno della scuola anche in orari extracurriculari. Questo per “giustificare l’esistenza di progetti Pon di fatto mai realizzati o realizzati solo in parte, nella considerazione che la mancata partecipazione degli studenti avrebbe inciso in maniera direttamente proporzionale sulla quota parte dei fondi destinati per ciascun Pon alla Dirigenza”.
Gli approfondimenti investigativi avrebbero messo in luce una gestione illecita “anche per procedure di acquisto e fornitura di generi alimentari per il servizio di mensa della scuola”, e materiale informatico come tablet, Pc, e Iphone comprati con fondi europei e destinati agli alunni. Nell’ufficio di presidenza era così custodita una ingente  quantità di generi alimentari e di costosi dispositivi informatici destinati agli studenti, che sarebbero stati prelevati dalla preside e dal suo vice Daniele Agosta – anche lui ai domiciliari, come la dipendente della R-Store, ditta che commercializza materiale infromatico, Alessandra Conigliaro – per “proprie ed esclusive necessità”.  Le indagini avrebbero permesso di verificare come la dirigenza dell’istituto avrebbe affidato stabilmente, contro le norme, la fornitura di materiale tecnologico a una sola azienda in forza di un accordo corruttivo volto all’affidamento di ulteriori e importanti commesse in cambio di molteplici illecite dazioni di strumenti tecnologici di ultima generazione. “Le condotte poste in essere dai due pubblici ufficiali – affermano gli inquirenti – risultano particolarmente gravi alla luce della loro completa adesione a logiche di condotta meramente utilitaristica, della strumentalizzazione dell’azione amministrativa e dalla vocazione a ritenere la pubblica amministrazione come un pozzo dal quale attingere costantemente qualsivoglia utilità, dagli strumenti tecnologici di ultima generazione ai generi alimentari”.

“La finta immagine di promotrice di legalità” 

Ad aggravare il quadro, per come emerge dal provvedimento cautelare, la dirigente “ha costantemente alimentato la propria immagine pubblica di promotrice della legalità nonostante il quotidiano agire illegale e la costante attenzione ai risvolti economici della sua azione amministrativa”. Nel 2020 la dirigente scolastica fu nominata cavaliere del lavoro dal Quirinale per il suo impegno durante la difficile fase del Covid in un quartiere, quello dello Zen, tradizionalmente complesso.

“Danno di 100 mila euro”

“L’esatto danno che riguarda i finanziamenti europei deve ancora essere precisamente determinato, considerando l’enorme mole di rilevante documentazione  da esaminare relativa ai progetti e acquisita nel corso delle indagini. Allo stato attuale una stima si aggira attorno a 100 mila euro“. Lo affermano i magistrati dell’Eppo, Calogero Ferrara e Amelia Luisa, a proposito dell’indagine per peculato e corruzione per cui il gip di Palermo ha disposto gli arresti domiciliari per la preside e il vice preside dell’istituto “Falcone” dello Zen di Palermo, rispettivamente Daniela Lo Verde e Daniele Agosta. Il provvedimento riguarda anche un terzo indagato, una donna, Alessandra Conigliaro, dipendente della società informatica R-Store.

 


Palermo, la procura europea fa arrestare la preside antimafia dello Zen 2 e il suo vice: “Hanno rubato cibo, tablet e televisori destinati ai bambini a rischio”

È la preside simbolo del riscatto dello Zen2, nella scuola intitolata al giudice Giovanni Falcone: Daniela Lo Verde è anche Cavaliere al merito della Repubblica italiana, nominata tre anni fa per il suo impegno durante la pandemia. Adesso, è agli arresti domiciliari con accuse pesanti: peculato e corruzione. Un’indagine dei carabinieri del nucleo Investigativo di Palermo, coordinata dalla procura europea, ha fatto scattare lo stesso provvedimento per il vice preside Daniele Agosta, e per Alessandra Conigliaro, dipendente della società “R-Store” che si occupa della vendita di materiale informatico. L’inchiesta riguarda la gestione dei tanti fondi europei arrivati nella scuola di frontiera, “Arrivano soldi da tutte le parti” dicevano gli indagati: secondo la ricostruzione dei procuratori europei delegati Geri Ferrara e Amelia Luise, la preside e il suo vice avrebbero falsificato le richieste per i progetti Pon. “Attestando falsamente la presenza degli aluni all’interno della scuola anche in orari extracurriculari – scrive un comunicato della procura europea – al fine di giustificare l’esistenza di progetti Pon di fatto mai realizzati o realizzati solo in parte, nella considerazione che la mancata partecipazione degli studenti avrebbe inciso in maniera direttamente proporzionale sulla quota parte dei fondi destinati per ciascun Pon alla dirigenza”.
E’ stata la denuncia di un’insegnante a far partire l’indagine che è stata ribattezzata “La coscienza di Zen-o”, un ironico riferimento al quartiere ghetto di Palermo e al romanzo di Italo Svevo.  Intercettazioni e pedinamenti hanno confermato i sospetti:”Gli approfondimenti investigativi hanno messo in luce una gestione dell’istituto volta a curare interessi di natura meramente personale – prosegue la nota della procura europea – anche con riguardo alle procedure di acquisto e fornitura di generi alimentari per il servizio di mensa della scuola”. Una telecamera nascosta nella stanza della preside ha svelato che “una cospicua quantità di generi alimentari nonché costosi dispositivi informatici destinati agli studenti sarebbero stati costantemente prelevati dalla preside e dal suo vice per proprie ed esclusive necessità”. Accuse pesanti. 

Palermo, la preside antimafia arrestata. Il tenente colonnello Di Gesare: “Indagini a tutela dei fondi europei”

Ecco l’altra contestazione: “La dirigenza dell’istituto avrebbe affidato stabilmente, contra legem, la fornitura di materiale tecnologico ad una sola azienda in forza di un accordo corruttivo volto all’affidamento di ulteriori e importanti commesse in cambio di molteplici illecite dazioni di strumenti tecnologici di ultima generazione”. E, intanto, la dirigente scolastica continuava ad alimentare la sua immagine pubblica di promotrice della legalità: “Nonostante il quotidiano agire illegale e la costante attenzione ai risvolti economici della sua azione amministrativa – contesta la procura europea – di fatto abbandonando l’esercizio del suo ruolo di controllo e di gestione finalizzato al buon andamento dell’istituto che si rivolge a un’utenza particolarmente fragile”. Un altro simbolo dell’antimafia che cade, per una gestione spregiudicata dei fondi pubblici.


Ristoratori compiacenti, altri no: “Torte e pasta per la preside”

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di Riccardo Lo Verso LIVE SICILIA

Ristoratori compiacenti, altri no. Solo sui primi la preside dello Zen, Daniela Lo Verde, e il suo vice, Daniele Agosta, avrebbero potuto fare affidamento per organizzare il raggiro all’ombra della legalità.  
La scuola presenta il progetto. L’Unione europea lo finanzia. I ragazzi lo disertano. A questo punto le presenze verrebbero “falsificate” compilando i fogli delle presenze (“le firmi e buona notte al secchio”). Quando arrivano i soldi bisogna spenderli e dimostrare di averlo fatto esibendo la fattura. Solo che la fattura viene chiesta ex post. Non servendo più, ad esempio, la merenda per i ragazzi iscritti al progetto “Emozioni in gioco” la preside chiede una “cortesia” al commerciante.  
Il 9 settembre 2022 Lo Verde contatta la titolare della pasticceria Matranga: “Buongiorno… Daniela Lo Verde… scuola Falcone… le volevo dire questo… c’era stato un ordine… fatto a febbraio del ventuno… al quale non abbiamo più dato riscontro… io sarei in condizioni anche di pagarle la fattura e poi quest’ordine ce lo scomputiamo pian pianino… che fa la vengo a trovare… ne parliamo di presenza?”.  L’esercente commerciale rifiuta la proposta: “… avevo parlato con mio marito e non eravamo disponibili per questo… annulliamolo perché la situazione è un po’ trubola”. Niente fa fare, il commerciante rifiuta nettamente la proposta. L’ordine viene annullato.  Lo Verde fa una nuova determina dirigenziale e si rivolge ad un altro esercente. Il tramite è il suo vice: “… senti… ho bisogno di te come sempre… ho telefonato alla pasticceria Matranga… per l’ordine… e loro non ne vogliono sapere niente… il punto è questo Dani… l’ordine deve avere questa data… non può avere una data diversa… perché è seguito del laboratorio… che è in quella data… facciamo finta che ho fatto l’ordine nel febbraio 21?”. Dunque la scuola retrodaterebbe la data dell’ordine.
Il nome del nuovo bar-pasticceria-gelateria è citato negli atti giudiziari. La posizione del privato è sotto valutazione. Di fatto la merce è stata fornita e fatturata: 10 mila e 50 euro. Solo che nulla aveva a che fare con il progetto contro la povertà educativa “Cresciamo insieme”. Le intercettazioni sono lapidarie. Con i soldi del progetto la preside ha comprato, per sé, per Agosta e altri parenti “frutta martorana” e “pupaccena”. Lo Verde è stata anche vista all’esterno del bar mentre caricava in auto rosticceria, primi piatti, piadine farcite e torte.


Origano, tonno e riso: così la preside Lo Verde si rifaceva la dispensa a con il cibo sottratto alla mensa della scuola

 

Le intercettazioni con la figlia: «Cos’altro può servire?». E la dirigente faceva ordinare all’istituto anche la birra (per potersela intascare)

Origano, tonno e riso: così la preside Lo Verde si rifaceva la dispensa a con il cibo sottratto alla mensa della scuola

«Sì il riso lo metti davanti alla cassettiera …e per la cucina questo …ora sistema sopra il frigorifero. E questa cosa di origano mettila pure per casa nello scatolo». Riso, origano, tonno: la preside della scuola Falcone Daniela Lo Verde, cavaliere della Repubblica, ritenuta educatrice esemplare e oggi arrestata per corruzione e peculato, faceva alla figlia l’elenco degli alimenti destinati alla mensa scolastica da portare a casa.
Lo svelano le intercettazioni disposte dalla Procura Europea che ha chiesto e ottenuto l’arresto della donna e del suo vice Daniele Agosta. Uno spaccato imbarazzante quello che viene fuori dalle registrazioni degli inquirenti che svelano ruberie sistematiche. «Il tonno?», le chiedeva la figlia. «A casa», rispondeva la donna, intendendo che andava tra le cose da portare via, come il rosmarino e le patatine, che però andavano nascoste in un sacchetto perché non si vedessero. «Poi le portiamo a casa a Sferracavallo», diceva la Lo Verde, che aveva una casa al mare nella località vicina a Palermo.
I pedinamenti dei militari dell’Arma raccontano il resto della storia, e cioè che madre e figlia, sacchi alla mano, rifornivano del cibo per i bambini la dispensa della loro casa al mare. Ad una collaboratrice che, a fine giugno, le chiedeva perché venisse consegnato dalla ditta coinvolta nel progetto finanziato dal Pon per le mense tanto cibo a scuola chiusa, la Lo Verde spiegava che il fornitore era cambiato e non si poteva comportare come in passato faceva con una impresa locale con la quale «evidentemente, stando alle sue parole, — dice il gip — aveva un accordo sottobanco che le permetteva di differire le consegna delle forniture indipendentemente dalla data di chiusura dei progetti». «Il progetto è finito quindi la mensa è finita – diceva – Perciò io le cose ce le devo avere dentro».
A svuotare la cucina della scuola Falcone ci pensava anche il vicepreside, filmato mentre si appropriava di succhi di frutta, mascherine FFp2 e liquido igienizzante. «C’è in frigorifero quel condimento della pasta, te lo porti?», gli chiedeva la dirigente che si sforzava di riflettere su cosa prendere per la madre che era ricoverata in ospedale. E concludeva con un altro elenco di cose che, in emergenza Covid, erano state consegnate alla scuola. «C’erano delle salviettine in qualcuno di questi, non so se mia mamma ce l’ha .. Cos’altro le può servire? questi sono disinfettanti? me li porto io o li lascio a Sferracavallo»,pensava a voce alta. Nell’indicare alla figlia i generi alimentari da portare nella casa al mare, a San Vito, la donna stava attenta a evitare di portare cose ingombranti come casse d’acqua temendo di essere scoperta.
«Mi secca nasconderla» diceva alla figlia che insisteva rassicurandola che nessuno le avrebbe viste. «Poi la prendiamo l’acqua – rispondeva la preside – Intanto visto che c’è spazio c’è un altro sacco di patatine». Le indagini rivelano infine che i furti alla mensa non erano occasionali e che la donna si impossessava sistematicamente delle provviste destinate ai ragazzi. Tra le cose da portar via indicava infatti anche la birra Corona. Una spia della premeditazione per gli inquirenti che scrivono: «Appare infatti quanto meno discutibile che, tra le provviste ordinate alla ditta che la mensa scolastica possa essere compreso anche l’acquisto di alcolici». di Lara Sirignano Corriere della Sera 21.4.2023


Il caso della preside palermitana arrestata mi fa riflettere sull’abuso della parola antimafia

La vicenda della preside Daniela Lo Verde, della scuola palermitana intitolata al magistrato Giovanni Falcone, non mi coglie di sorpresa, non già in riferimento al fatto specifico, ma in generale per pregresse vicende analoghe. Non posso qui non citare altri casi, come quelli dell’ex presidente di Confcommercio di Palermo Roberto Helg, dell’ex presidente Confindustria siciliana Antonello Montante e, infine, dell’ex giudice Silvana Saguto. Ci sono stati altri casi meno eclatanti, anche in Calabria. E’ anche vero che pure l’ambito del mio ex lavoro non è rimasto immune da episodi simili, come del resto in altri gangli della società. Insomma, talvolta delinquere per alcuni “è bello!”. L’episodio della scuola Falcone, dovrebbe farci riflettere sul variopinto mondo dell’antimafia. Spesso, questa semplice parola tanto abusata – che da sempre odio non condividendola – rappresenta il trampolino di lancio per carriere o per interessi pecuniari. E, quindi, mi vien da dire con riferimento alla vicenda della preside, che siamo di fronte a un’ “associazione per arte culinaria”, attese le accuse e i soggetti coinvolti. Nei fatti di specie, la parolina magica onestà, si è persa tra i banchi di scuola, anzi tra le cucine degli interessati.  
Sono, da sempre un amante della presunzione d’innocenza, ma leggendo le accuse del Gip, che ha posto ai domiciliari, sia la preside che il suo vice, sembrano eloquenti. Infatti, gli indagati sono stati intercettati con sistemi audio visive. Tuttavia, occorre attendere le risultanze processuali. L’onestà è una virtù che non si può comprare online o in un supermercato: l’onestà è dentro di ognuno di noi e mi spiace davvero quello che è successo in danno di piccoli studenti.  
Sono anni e anni che semino legalità nelle scuole e mai e poi mai ho accettato gettoni di presenza (a gennaio una sindaca lombarda mi ha offerto, oltre le spese di viaggio, trecento euro per due ore di “lezione” ai ragazzi delle medie. Non ho accettato i soldi). Non ho mai mercificato e mai lo farò il mio impegno verso gli studenti. Ho rinunciato persino ai miei diritti d’autore di un libro che ho scritto insieme a un giornalista palermitano (non cito il titolo), devolvendoli alla Casa di Paolo Borsellino, per aiutare i ragazzi della Kalsa. E che dire del netto rifiuto di 65milioni di lire offerte da un mafioso per non essere arrestato? Episodio è del 1983. Il soggetto è ancora al 41bis. Ma io non sono insignito di Cavaliere della Repubblica. Tantissimi anni fa un senatore dell’antimafia, voleva segnalarmi per il cavalierato, gli risposi che se l’avesse fatto, non l’avrei più salutato. Mi sento gratificato e pago, quando incontro ragazzi che hanno assistito alle mie lezioni di mafia, che mi salutano con un semplice: “Ciao Pippo”.