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Adriano Sansa sul Fatto del 29/11/2024
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β€œπ‘‡π‘Ÿπ‘Žπ‘‘π‘–π‘‘π‘œπ‘Ÿπ‘–, π‘ π‘–π‘Žπ‘šπ‘œ 𝑑𝑒𝑖 π‘‘π‘Ÿπ‘Žπ‘‘π‘–π‘‘π‘œπ‘Ÿπ‘–”, esclama la giovane infermiera mentre preme il pulsante dell’avvolgibile. Non capisco bene, all’inizio della laboriosa giornata di ospedale. “𝑆𝑖̀ – mi dice – π‘Žπ‘π‘π‘–π‘Žπ‘šπ‘œ π‘π‘œπ‘šπ‘šπ‘’π‘šπ‘œπ‘Ÿπ‘Žπ‘‘π‘œ, π‘’π‘ π‘Žπ‘™π‘‘π‘Žπ‘‘π‘œ, π‘π‘œπ‘›π‘ π‘Žπ‘π‘Ÿπ‘Žπ‘‘π‘œ π‘žπ‘’π‘Žπ‘ π‘– 𝑛𝑒𝑖 π‘šπ‘œπ‘›π‘’π‘šπ‘’π‘›π‘‘π‘– 𝑒 𝑛𝑒𝑖 π‘›π‘œπ‘šπ‘– π‘‘π‘’π‘™π‘™π‘Ž π‘ π‘‘π‘Ÿπ‘Žπ‘‘π‘’ πΉπ‘Žπ‘™π‘π‘œπ‘›π‘’ 𝑒 π΅π‘œπ‘Ÿπ‘ π‘’π‘™π‘™π‘–π‘›π‘œ 𝑒 π‘œπ‘Ÿπ‘Ž 𝑙𝑖 π‘ π‘‘π‘–π‘Žπ‘šπ‘œ π‘ π‘’π‘šπ‘π‘™π‘–π‘π‘’π‘šπ‘’π‘›π‘‘π‘’ π‘‘π‘Ÿπ‘Žπ‘‘π‘’π‘›π‘‘π‘œ”.
ChissΓ , forse ha letto nella cartella clinica che sono stato un magistrato. O forse no, sta soltanto seguendo quel che i mezzi di informazione raccontano senza che ne nasca una rivolta civile.
La riduzione delle intercettazioni, come se i giudici ci si divertissero; il via libera agli abusi d’ufficio nei quali sguazza la consuetudine mafiosa; la separazione delle carriere, di fatto giΓ  separate, da sancire formalmente in preparazione della soggezione all’esecutivo; gli attacchi scomposti ai giudici che non piacciono. Ora perfino il divieto di parlare, per i magistrati, delle materie delle quali si occupano nella loro attivitΓ : come dire che non puΓ² parlare di inquinamento il giudice della sezione specializzata nell’ambiente.
L’infermiera sa tutto questo? A me torna subito in mente in una lucida sequenza: Falcone e Borsellino, Livatino, Galli e Alessandrini e gli altri in un succedersi di nomi e di volti. Per difendere la legge e la civiltΓ , certo, ma provo a metterle il dubbio: non sono tutti cosΓ¬, i magistrati. La Procura di Roma al tempo del porto delle nebbie, il caso Palamara, gli abusi delle correnti. È giovane, ma ne sa qualcosa.
Mi guarda un attimo e, prima di uscire, ripete: “π‘†π‘–π‘Žπ‘šπ‘œ 𝑑𝑒𝑖 π‘‘π‘Ÿπ‘Žπ‘‘π‘–π‘‘π‘œπ‘Ÿπ‘–, π‘Ž π‘’π‘”π‘Ÿπ‘’π‘”π‘–π‘’ π‘π‘œπ‘ π‘’ 𝑖𝑙 π‘“π‘œπ‘Ÿπ‘‘π‘’ π‘Žπ‘›π‘–π‘šπ‘œ π‘Žπ‘π‘π‘’π‘›π‘‘π‘œπ‘›π‘œ/𝑙’π‘’π‘Ÿπ‘›π‘’ 𝑑𝑒𝑖 π‘“π‘œπ‘Ÿπ‘‘π‘–”. L’infermiera, Genova, una mattina.