Strage di via d’Amelio, il mistero dell’agenda di Borsellino e l’indagine sul procuratore morto Giovanni Tinebra

 

di Giovanni Bianconi 27.6.2025 CORSERA

 

Accertamenti sull’ex procuratore di Caltanissetta, scomparso nel 2017, su ordine della Procura nissena che da un paio d’anni è alla ricerca di indizi per risalire al furto dell’agenda rossa di Borsellino.

Dopo l’ex capo della Squadra mobile ed ex questore di Palermo Arnaldo La Barbera, c’è un altro morto inquisito virtualmente per i depistaggi delle indagini sulla strage di via D’Amelio, in cui trentatré anni fa morirono Paolo Borsellino e cinque agenti della sua scorta. Stavolta tocca all’ex procuratore di Caltanissetta Giovanni Tinebra, scomparso nel 2017 mentre era in pensione e malato.
Ieri i carabinieri del Ros sono andati a perquisire tre abitazioni dove visse il magistrato, su ordine della Procura nissena che da un paio d’anni è alla ricerca di indizi per risalire alla regia che ordì il falso pentimento di Vincenzo Scarantino e il furto dell’agenda rossa di Borsellino.
Le perquisizioni sono state disposte «al fine di lumeggiare il contesto in cui si collocarono l’ormai accertato depistaggio sulla strage e la “sparizione” dell’agenda rossa», ha comunicato ieri il procuratore di Caltanissetta Salvo De Luca.
Confermando ufficialmente un particolare già noto: «È stato acquisito un appunto datato 20-07-92, a firma del dottor La Barbera, rinvenuto negli archivi della Squadra Mobile di Palermo, in cui si legge “in data odierna, alle 12, viene consegnato al dr. Tinebra, uno scatolo in cartone contenente una borsa in pelle ed una agenda appartenenti al Giudice Borsellino”».
Di questa nota La Barbera, ascoltato più volte dai magistrati prima di morire nel 2002, non aveva mai parlato, e non c’è prova né che l’agenda menzionata fosse quella rossa con gli appunti riservati di Borsellino (nella borsa ne fu ritrovata un’altra marrone che conteneva quasi solo numeri di telefono); né che Tinebra abbia effettivamente ricevuto ciò che il poliziotto scrisse di avergli consegnato.
In ogni caso, precisa il procuratore De Luca, se anche fosse vera la consegna del 20 luglio ‘92, «La Barbera avrebbe avuto tutto il tempo di prelevare o estrarre copia dell’agenda rossa».
Inoltre, a novembre ‘92 la borsa prelevata dall’auto ancora in fiamme di Borsellino si trovava certamente nell’ufficio palermitano di La Barbera, e solo allora fu consegnata ufficialmente a uno dei pm che, sotto la guida di Tinebra, indagavano sulla strage.
Come mai era tornata a Palermo se il poliziotto l’aveva già data al procuratore?
È uno dei misteri legato alla borsa che lunedì sarà esposta in una teca nel Transatlantico di Montecitorio, alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, di cui non sarà semplice venire a capo.
Così come sarà difficile «lumeggiare» ulteriormente la figura di Tinebra, che oggi viene additato dagli inquirenti nisseni come possibile massone appartenente a una loggia segreta.
Ne hanno parlato — in un’indagine condotta, anche su impulso della Direzione nazionale antimafia, attraverso la rilettura di vecchi verbali e intercettazioni e nuovi interrogatori — massoni e pentiti di mafia che hanno ribadito l’intreccio tra logge coperte e uomini d’onore.
In più ci sarebbe il dato oggettivo che l’ex procuratore rivestì «sicuramente un ruolo di vertice nel club Kiwanis di Nicosia, organizzazione indicata come vicina alla massoneria», come confermato dall’ex Gran Maestro Giuliano Di Bernardo.
Da morto Tinebra non può più dare spiegazioni, ma sul suo comportamento sono emersi da tempo dubbi e interrogativi.
Nominato procuratore di Caltanissetta a fine maggio 1992, all’indomani della bomba di Capaci che aveva ucciso Giovanni Falcone, sua moglie Francesca e tre agenti di scorta, si insediò incomprensibilmente nell’ufficio titolare delle inchieste sulle stragi palermitane solo il 15 luglio, quattro giorni prima dell’eccidio di via D’Amelio. E il giorno dopo la morte di Borsellino chiese di incontrare il dirigente del Sisde (servizio segreto civile) Bruno Contrada, già capo della Mobile e della Criminalpol di Palermo.
Nella nuova veste Contrada non poteva svolgere indagini, ma Tinebra gli chiese ugualmente un aiuto per individuare gli assassini, sebbene già da qualche settimana almeno un pentito aveva rivelato (anche a Borsellino) le presunte collusioni di Contrada con Cosa nostra che poi porteranno al suo arresto e alla condanna per concorso esterno in associazione mafiosa.  
Il Sisde ebbe da subito un ruolo di primo piano nell’accreditare la (falsa) caratura mafiosa di Scarantino, il finto pentito che mentì attribuendosi il furto dell’autobomba, smascherato solo nel 2008 dalle dichiarazioni del (vero) pentito Gaspare Spatuzza.
Nel 2001 Tinebra lasciò Caltanissetta perché fu nominato dal governo Berlusconi capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Poco tempo prima aveva chiesto l’archiviazione del procedimento in cui il fondatore di Forza Italia e il suo braccio destro Marcello Dell’Utri erano sospettati di essere tra i «mandanti occulti» delle stragi mafiose del ’92.

 

 

 

 

L’inchiesta a Caltanissetta sulle stragi del 1992: «Trovato un appunto del giorno dopo la strage, mai dato ai pm». Propro l’ex procuratore potrebbe aver avuto il famoso documento appartenuto all’eroe antimafia  
Il magistrato Giovanni Tinebra, procuratore di Caltanissetta dal 1992 al 2001 (e morto nel 2017), fu il capo del pool di magistrati che coordinava le indagini condotte da Arnaldo La Barbera, il poliziotto ritenuto il regista del depistaggio sulla strage di via D’Amelio. Ora emerge che fece parte di una loggia massonica segreta e irregolare, definita dagli inquirenti «una nuova P2». 
Nell’ambito di un’inchiesta della Procura di Caltanissetta per strage e depistaggio, i Ros stanno eseguendo tre perquisizioni in luoghi legati a Tinebra. «Le tre perquisizioni nei luoghi che all’epoca erano nella disponibilità dell’ex procuratore Tinebra – spiega in una nota il procuratore di Caltanissetta Salvatore De Luca – sono state disposte per far luce sul “contesto in cui si collocarono l’ormai accertato depistaggio sulla strage di via D’Amelio e la `sparizione´ dell’agenda rossa appartenuta in vita a Borsellino”».  
Dalle dichiarazioni di pentiti e dalla rilettura di fascicoli giudiziari è emersa l’esistenza di una loggia coperta a Nicosia (Enna), dove Tinebra prestò servizio dal 1969 al 1992.
Particolarmente rilevanti le parole del collaboratore Gioacchino Pennino, che già nel 1998 parlava del «Terzo Oriente», struttura nata sulle ceneri della P2, con l’obiettivo di affiliare soggetti che non potevano palesare la propria appartenenza massonica. Ne facevano parte, secondo Pennino, uomini vicini a Ciancimino, medici e imprenditori.
Dagli atti emerge anche un’indagine napoletana della fine degli anni ’90, con le dichiarazioni di Angelo Siino su una «super loggia» voluta da Salvatore Spinello, in contatto con mafiosi e imprenditori, finalizzata a creare un network di potere ramificato e trasversale. In una conversazione con il Gran Maestro Giuliano Di Bernardo, Spinello citava una loggia a Nicosia e vi collocava un «personaggio in grande giurisdizione», che si rivelerà essere proprio Tinebra: «Tinebra è dei nostri… era della loggia di Nicosia… non lo saluto pubblicamente per non comprometterlo».  Gli inquirenti citano anche il contributo della consulente Piera Amendola, secondo cui Fabio Venzi, Gran Maestro della Gran Loggia Regolare d’Italia, confermava l’intreccio tra massoneria (regolare e irregolare) e club come il Kiwanis, dove spesso i massoni di diverse obbedienze si incontrano.
Infine, un passaggio cruciale: un appunto datato 20 luglio 1992, rinvenuto tra gli archivi della Squadra Mobile di Palermo, attesta che il giorno dopo la strage, alle 12, un cartone contenente una borsa in pelle e un’agenda appartenenti a Borsellino fu consegnato a Tinebra. Il foglio è firmato da Arnaldo La Barbera, ma non vi è ricevuta di Tinebra né traccia dell’appunto nelle indagini originarie. La borsa sarebbe stata nelle mani di La Barbera già dalla sera del 19 luglio, lasciando il tempo per un’eventuale sottrazione o copia dell’agenda rossa. Durante le perquisizioni sono stati già acquisiti nuovi documenti.  
Gli inquirenti concludono che non è possibile verificare se quell’agenda fosse effettivamente la rossa — mai ritrovata — né se sia realmente arrivata nelle mani di Tinebra. Ma il sospetto, gravissimo, resta.   di Ferruccio Pinotti 26.6.2025 CORSERA

 

 
La procura di Caltanissetta ha disposto perquisizioni, eseguite dai Ros, in tre abitazioni dell’ex procuratore della repubblica di Caltanissetta Giovanni Tinebra. Nelle abitazioni situate nelle province di Caltanissetta e di Catania, spiega la procura, si cerca l’agenda rossa di Paolo Borsellino, anche alla luce dell’appartenenza di Tinebra alla loggia massonica coperta di Nicosia, citta’ in cui il magistrato e’ stato in servizio presso la Procura della Repubblica di Nicosia ininterrottamente dal 1969 al 1992.
E’ stato acquisito agli atti del procedimento penale per strage e depistaggio, scrive la procura, un appunto 20 luglio 1992 firmato da Arnaldo La Barbera, a quel tempo capo della squadra mobile di Palermo.
“In data odierna, alle 12 – si legge nell’appunto citato dalla procura – viene consegnato al dr. Tinebra, uno scatolo in cartone contenente una borsa in pelle ed una agenda appartenenti al Giudice Borsellino”.
“Detto appunto privo di qualsiasi sottoscrizione per ricevuta di quanto indicato da parte del dott. Tinebra – scrive la procura oggi – non era mai stato trasmesso a quest’ufficio nell’ambito delle indagini per la strage di via D’Amelio, ne’ il dott. La Barbera non ne aveva mai fatto menzione nel corso delle sue escussioni.
Gli specifici accertamenti svolti da quest’ufficio non hanno consentito di verificare che detta consegna sia effettivamente avvenuta nelle mani del dott. Giovanni Tinebra, né che l’agenda in questione fosse effettivamente l’agenda rossa e non altra agenda appartenuta al dott. Borsellino poi effettivamente rinvenuta.
Non puo’ sottacersi che, in ogni caso, tale borsa sarebbe pervenuta nella disponibilità del dott. La Barbera il 19 luglio sera e, secondo la su indicata nota, sarebbe stata consegnata nella tarda mattinata del 20 luglio ’92, con la conseguenza che il detto La Barbera avrebbe avuto tutto il tempo di prelevare o estrarre copia della piu’ volte citata agenda rossa. AGI 26.6.2025
 
 

 
Nel corso delle perquisizioni è stata acquisita documentazione al vaglio di questa autorità giudiziaria”.
L’ex procuratore di Caltanissetta Giovanni Tinebra, morto 8 anni fa e responsabile delle indagini immediatamente successive alla strage di via d’Amelio, avrebbe fatto parte di una loggia massonica. Lo sostiene la procura di Caltanissetta che ha disposto tre perquisizioni, eseguite dal Ros, nelle abitazioni riconducibili a Tinebra nell’ambito dell’inchiesta per i depistaggi successivi alla strage di via D’Amelio.
La Procura, dice una nota, ha “acquisito una pluralità di elementi che hanno fatto emergere concreti indizi circa la presenza di una loggia massonica coperta a Nicosia (Enna), di cui avrebbe fatto parte anche Tinebra”. ANSA
 
 

“La Barbera consegnò l’agenda rossa a Tinebra”: perquisite le case dei parenti del giudice

La consegna sarebbe avvenuta nell’ufficio del poliziotto. Il documento è nell’inchiesta della Procura di Caltanissetta su via D’Amelio. Il pool guidato da De Luca ha disposto perquisizioni nelle case della vedova e dei figli di Tinebra

 

L’appunto è datato 20 luglio 1992. Il giorno dopo la strage di via D’Amelio. Arnaldo La Barbera, capo della Mobile di Palermo, scrive di avere consegnato a Giovanni Tinebra, procuratore della Repubblica di Caltanissetta “uno scatolo in cartone contenente una borsa in pelle e una agenda appartenenti al giudice Borsellino”. Forse è quella cercata da 33 anni: l’agenda rossa.  
La consegna sarebbe avvenuta nell’ufficio di La Barbera. Il documento è nell’inchiesta della Procura di Caltanissetta che indaga ancora su via D’Amelio.  
Il pool guidato da Salvatore De Luca ha disposto una serie di perquisizioni nelle case della vedova e dei figli di Tinebra, morto nel 2017.  
I carabinieri del Ros sono entrati in tre appartamenti a Catania e a Caltanissetta. Hanno sequestrato documenti e aperto una cassetta di sicurezza.  
L’inchiesta riguarda uno dei filoni dell’inchiesta sui cosidetti mandanti esterni della strage Borsellino. Quello della massoneria del quale hanno parlato alcuni pentiti.  
Giovanni Tinebra avrebbe fatto parte di una loggia coperta a Nicosia come emergerebbe da alcune intercettazioni in un’ inchiesta condotta dalla Procura di Napoli negli anni Novanta. 
Tinebra è stato per diversi anni procuratore della repubblica nel paese della provincia di Enna prima di diventare capo del pool di magistrati che coordinava le indagini condotte da Arnaldo La Barbera. Il poliziotto ritenuto il regista del depistaggio di via D’Amelio. RAI NEWS


Borsellino, perquisizioni nei luoghi dell’ex Procuratore di Caltanissetta Tinebra

In azione i Ros su disposizione della procura Nissena

Tre perquisizioni sono state eseguite questa mattina dal Ros dei carabinieri all’interno di luoghi riconducibili all’ex procuratore di Caltanissetta, Giovanni Tinebra, che condusse le indagini sulla strage di via D’Amelio nelle ore successive allo scoppio dell’autobomba il 19 luglio del 1992. Tinebra è morto nel maggio del 2017.

INDAGINI SULLA LOGGIA MASSONICA DI NICOSIA

“Dall’analisi delle dichiarazioni rese nel corso degli anni da alcuni collaboratori di giustizia, unita alla contestuale rilettura degli esiti di procedimenti penali anche di altri distretti, sono stati acquisiti una pluralità di elementi che hanno fatto emergere concreti indizi – dice una nota del procuratore di Caltanissetta Salvatore De Luca – circa la presenza di unaloggia massonica scoperta nella città di Nicosia (Enna), di cui avrebbe fatto parte anche lo stesso Tinebra, in servizio presso la procura della Repubblica di Nicosia ininterrottamente dal 1969 al 1992″.

ALLA RICERCA DELL’AGENDA ROSSA DI BORSELLINO?

Le perquisizioni sono state effettuate su ordine della procura nissena nei luoghi che all’epoca erano nella disponibilità di Tinebra e puntano a fare luce su “contesto in cui si collocarono l’ormai accertato depistaggio sulla strage di via D’Amelio – osserva De Luca – e la ‘sparizione’ dell’agenda rossa appartenuta a Borsellino“.

COSA È EMERSO DALLE PAROLE DEI PENTITI

La procura di Caltanissetta fa riferimento alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Gioacchino Pennino sulla nascita del ‘Terzo Oriente’, che sarebbe “sorta sulle ceneri della P2” e che “al pari” di quest’ultima avrebbe avuto l’obiettivo di “affiliare tutti coloro di cui non si poteva rendere manifesta l’appartenenza massonica, al fine di creare un organismo capace di gestire il potere al di sopra dei partiti e del governo”. A parlare a Pennino del Terzo Oriente, secondo la ricostruzione fornita dalla procura di Caltanissetta, sarebbero stati Giuseppe Lisotta, medico e cugino dell’ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino, e Antonio Schifaudo.

I COLLEGAMENTI CON L’INDAGINE DELLA PROCURA DI NAPOLI

La procura nissena parla anche dell’indagine svolta dalla procura di Napoli alla fine degli anni Novanta, quando i magistrati partenopei interrogarono anche il collaboratore di giustizia Angelo Siino, che parlò dei suoi rapporti con Salvatore Spinello: “Siino ricordava – dice De Luca – che questi si era presentato quale massone intenzionato a creare ‘una super loggia massonica segreta nella quale potessero confluire esponenti politici di rilievo, dell’imprenditoria, della criminalità organizzata, in modo da creare rapporti di reciproca convenienza e con grande capacità di infiltrazione negli apparati pubblici”. L’indagine napoletana portò a intercettare diversi dialoghi: in uno di questi Spinello fece “esplicito riferimento” alle logge siciliane, soffermandosi – ancora De Luca – su quella di Nicosia” e “sottolineando la presenza al suo interno di un ‘personaggio estremamente in auge…che è in una posizione di grande rispetto – fu il dialogo intercettato -, di grande eh, di grande giurisdizione”. In un’altra conversazione, Spinello, facendo riferimento agli aderenti alla sua obbedienza affermava: “Tinebra è dei nostri anche lui, era della loggia di Nicosia…io naturalmente quando vado la, non vado pubblicamente ad abbracciarlo, perché non voglio comprometterlo”.


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