È iscritto nel registro degli indagati per favoreggiamento a Cosa nostra, insieme all’ex pm Gioacchino Natoli e al generale Stefano Screpanti
Giornata intensa di lavoro per i magistrati di Caltanissetta che stanno indagando sull’accelerazione che ha portato all’archiviazione dell’indagine Mafia e appalti dopo la segnalazione giunta agli uffici giudiziari di Palermo da Massa Carrara dove si erano insediati degli imprenditori in odor di mafia che stavano facendo affari con le cave toscane.
Oggi il procuratore Giuseppe Pignatone è stato sentito dai magistrati che lo hanno iscritto nel registro degli indagati per favoreggiamento a Cosa nostra, insieme a all’ex pm Gioacchino Natoli e al generale Stefano Screpanti, perchè, secondo l’accusa, avrebbero insabbiato l’inchiesta in concorso con Pietro Giammanco, nel 1992 alla guida della Procura di Palermo.
La scorsa settimana Gioacchino Natoli, che era titolare dell’indagine, è stato sentito per circa 12 ore e ai magistrati ha detto di avere operato correttamente e di non aver ricevuto particolari comunicazioni dai finanzieri che stavano ascoltando il boss Francesco Bonura che avrebbe parlato – tra le altre cose – con l’ex presidente della provincia Ernesto Di Fresco con l’obiettivo di far aggiustare un processo dinnanzi alla Corte d’assise d’appello di Palermo. Bonura, infatti, era imputato insieme a Stefano Fontana e a Vincenzo Di Maio per il duplice omicidio dei meccanici Francesco Chiazzese e Giuseppe Dominici, avvenuto il 5 giugno del 1982.
Fin dalla notifica dell’avviso di garanzia Pignatone ha subito detto che avrebbe fatto quanto era nelle sue possibilità affinché i magistrati nisseni accertassero la verità dei fatti.
Ora quelle bobine e quei brogliacci che dovevano essere distrutti sono in mano alla procura di Caltanissetta e dalle verifiche verrà chiarito se l’indagine andava archiviata e se ci siano state delle falle nelle comunicazioni tra investigatori e magistrati palermitani. Nei giorni scorsi la Guardia di finanza di Caltanissetta ha trovato, dopo 30 anni, nella sede di Palermo, alcuni brogliacci legati all’inchiesta mafia-appalti. PALERMO TODAY 10.7.2025
INSABBIAMENTO INDAGINI, INTERROGATO PIGNATONE
CALTANISSETTA – L’ex procuratore di Roma ed ex presidente del tribunale Vaticano Giuseppe Pignatone è stato sentito oggi dai pm della Procura di Caltanissetta che l’hanno iscritto nel registro degli indagati mesi fa con l’accusa di favoreggiamento alla mafia. L’interrogatorio, condotto dal capo dei pm Salvo De Luca e dai sostituti Davide Spina e Claudia Pasciuti, è durato diverse ore.
Pignatone è indagato nell’ambito dell’inchiesta sul presunto insabbiamento dell’indagine su mafia e appalti, insieme all’ex pm di Palermo Gioacchino Natoli, sentito la scorsa settimana, e al generale della Guardia di finanza Stefano Screpanti.
Insieme all’ex procuratore di Palermo Pietro Giammanco, nel frattempo deceduto, secondo i pm l’ex procuratore avrebbe “istigato” Natoli e l’allora capitano della Finanza, a condurre “un’indagine apparente” sulle presunte infiltrazioni mafiose nelle cave toscane limitando temporalmente la durata delle intercettazioni e il numero dei soggetti da tenere sotto controllo.
A Pignatone i colleghi di Caltanissetta contestano anche di avere istigato Natoli a chiedere l’archiviazione del procedimento sulle cave “senza curarsi di effettuare ulteriori indagini con particolare riguardo alle intercettazioni telefoniche”.
L’inquinamento dell’indagine e la successiva archiviazione sarebbe stata finalizzata, secondo l’accusa, ad aiutare imprenditori mafiosi come Antonino Buscemi e Francesco Bonura a eludere gli accertamenti degli investigatori.
“Infine, per occultare ogni traccia del rilevante esito delle intercettazioni telefoniche – scrivono i pm nell’invito a comparire notificato a Pignatone, che mesi fa si era avvalso della facoltà di non rispondere – istigava Natoli a disporre la smagnetizzazione delle bobine e la distruzione dei brogliacci (con le intercettazioni)”.
Dalle indagini è emerso però che le bobine e i brogliacci non sono stati mai distrutti tanto che sono stati ritrovati e che l’ordine di distruzione comunque all’epoca era una prassi in caso di accertamenti ritenuti irrilevanti.
L’archiviazione del dossier mafia-appalti, già oggetto di indagine conclusa in un nulla di fatto, è tornata di attualità a Caltanissetta.
I magistrati stanno cercando di accertare se, come ritengono i familiari del giudice Paolo Borsellino, il procedimento sulle infiltrazioni di Cosa nostra nei grandi lavori pubblici possa essere stato il movente della strage di via D’Amelio. Borsellino, secondo questa ricostruzione, sarebbe stato ucciso proprio perché non approfondisse l’inchiesta. LIVE SICILIA 9.7.3025