Aprile 1985 🟧 Quel quarto d’ora di celebrità della signora Santoro

 

Si chiamava Patrizia Santoro. Si definiva una «onesta cittadina che paga regolarmente le tasse e lavora otto ore al giorno». La signora abitava in via Notarbartolo, l’asse che parte dal Giardino Inglese e arriva alla circonvallazione, tagliando Palermo. Abitava nello stesso palazzo di Giovanni Falcone e Francesca Morvillo, quello stesso edificio che ai suoi piedi ospita un enorme albero pieno di foto, poesie e ricordi del giudice e delle altre vittime della Strage di Capaci.


La signora Santoro ebbe il suo quarto d’ora di celebrità nell’aprile del 1985, con una lettera sul «Giornale di Sicilia».
Sono una onesta cittadina che paga regolarmente le tasse e lavora otto ore al giorno. Vorrei essere aiutata a risolvere il mio problema che, credo, sia quello di tutti gli abitanti della medesima via.
Regolarmente tutti i giorni (non c’è sabato e domenica che tenga), al mattino, durante l’ora di pranzo, nel primissimo pomeriggio e la sera (senza limiti d’orario) vengo letteralmente assillata da continue e assordanti sirene di auto della polizia che scortano i vari giudici. Ora io mi domando: è mai possibile che non si possa, eventualmente, riposare un poco nell’intervallo del lavoro o, quantomeno, seguire un programma televisivo in pace, dato che, pure con le finestre chiuse, il rumore delle sirene è molto forte? Mi rivolgo al giornale per chiedere perché non si costruiscono per questi “egregi signori” delle villette alla periferia della città, in modo tale che, da una parte sia tutelata la tranquillità di noi cittadini-lavoratori, dall’altra, soprattutto, l’incolumità di noi tutti che, nel caso di un attentato, siamo regolarmente coinvolti senza ragione (vedi strage Chinnici) (in «Giornale di Sicilia», 14 aprile 1985).