STORIE đźź§ 24.11.2016 – Condannato PASQUALE DI SALVO: Da uomo di scorta di Falcone a killer e collaboratore di giustizia

Per l’omicidio di Vincenzo Antonio Di Girgenti, commesso ad Alessandria della Rocca il 13 settembre 1994

Nessuno sconto di pena per Pasquale Di Salvo, ex poliziotto divenuto sicario di cosa nostra, per l’omicidio di Vincenzo Antonio Di Girgenti, commesso ad Alessandria della Rocca il 13 settembre 1994.
Lo ha stabilito la seconda sezione della Corte di Assise di Appello di Palermo che, rigettando il ricorso avanzato dalla difesa rappresentata dall’avvocato Gloria Lupo, ha confermato in pieno la condanna a 8 anni di reclusione. Il figlio della vittima, Vincenzo  Di Girgenti, si è costituito parte civile con l’assistenza dell’avvocato Angelo Farruggia, e in primo grado gli era stata riconosciuta una provvisionale immediatamente esecutiva di 10 mila euro in attesa della quantificazione del danno in sede civile.
Agente di polizia che fece anche da scorta al giudice Giovanni Falcone, killer di mafia e infine collaboratore di giustizia. E’ la particolare storia di Pasquale Di Salvo, l’ex poliziotto divenuto nel tempo uno dei sicari di cosa nostra e che, da pentito, ha svelato alcuni degli omicidi che dal 1978 al 1997 hanno insanguinato la Bassa Quisquina, tra Cianciana, Alessandria della Rocca, Santo Stefano di Quisquina e Bivona.  
Uno dei delitti lo ha commesso proprio Pasquale Di Salvo: si tratta dell’omicidio di Vincenzo Antonio Di Girgenti, titolare di una piccola azienda agricola, ucciso in via Dante a colpi di fucile mentre stava salendo in macchina.
Era la sera del 13 settembre 1994. L’agguato fu la risposta alla morte di Ignazio Panepinto, ucciso qualche mese prima nell’ambito di una faida che si stava consumando. I familiari di quest’ultimo, secondo quanto raccontato dal collaboratore di giustizia, chiesero un killer alla cosca di Bagheria e fu indicato proprio Di Salvo: “Per questo omicidio ho ricevuto 12 milioni di lire in contanti e un go-kart dal valore di 3 milioni”.
Di Salvo fu cacciato dalla polizia dopo essere stato sorpreso in Svizzera in compagnia di un rapinatore per poi avvicinarsi alla famiglia mafiosa di Bagheria. Poi l’arresto nel 2015 nell’operazione “Panta Rei” e l’inizio della sua collaborazione con la giustizia.  Giuseppe Castaldo Grndangolo

 


Chi è Pasquale Di Salvo: ex poliziotto e ambizioso soldato della “famiglia” di Bagheria

Pasquale Di Salvo aveva la benedizione dell’anziano capomafia di Bagheria, Pino Scaduto. Che del neo pentito diceva: “DignitĂ  ne ha trentatremila volte piĂą di lui”, e cioè di qualcuno che a Di Salvo rimproverava il ‘peccato originale’ di avere indossato la divisa.

 
 

Il nuovo collaboratore di giustizia era stato un poliziotto e aveva lavorato nella scorta di Giovanni Falcone. “Una disgrazia”, la definiva Scaduto durante un colloquio intercettato in carcere, ma “dopo se n’è accorto e si è spogliato… è onesto al cento per cento questo te lo posso dire io…”. . Un altro pentito del clan bagherese, Salvatore Sollima, era tra quelli che mal digerivano il passato in divisa di Di Salvo. E lo aveva detto a Giampiero Pitarresi, in carcere con l’accusa di essere stato l’ultimo reggente della mafia di Bagheria: “Faceva la scorta a Falcone… come fa Testa a mettersi a una persona del genere accanto”.
Di Salvo si era fatto ben volere. Era un semplice soldato, alle dipendenze del capo decina Carmelo D’Amico e del capo famiglia Nicolò Testa, ma con mansioni delicate, come le comunicazioni fra gli affiliati e le estorsioni ai danni dei commercianti. In cuor suo, e in gran segreto, il neo pentito sperava di fare il salto di qualitĂ . Quando si sparse la notizia di una possibile scarcerazione di Scaduto era pronto ad affiancare il suo vecchio capo per mettere alla porta coloro che avevano gestito il territorio in maniera morbida.

E così se da un lato la notizia del pentimento di Sollima, siamo nell’aprile del 2015, era stata accolta con paura per le possibili conseguenze; dall’altro, era stata vista come l’occasione per un repulisti generale.
Una cosa è certa, Di Salvo ha piĂą volte dato dimostrazione di avere ricevuto la soffiate degli imminenti blitz. Per ultimo quello in cui lui stesso sarebbe stato arrestato: “… per ora sono un po’ messo in disparte, perchĂ© ho un brutto presentimento… sto aspettando questa risposta dell’Albania, perchĂ© se arriva, così mi allontano un poco… perchĂ© per ora sono puntati tutti su di me… io per loro sono stato una sorpresa… minchia sono accaniti come i cornuti”.
Cosa può raccontare Di Salvo che gli investigatori ancora non conoscono? Innanzitutto gli interessi di Cosa nostra nell’affare dei rifiuti.
Dal pizzo imposto alle imprese che lavorano per conto dei Comuni in provincia di Palermo alle infiltrazioni nelle commesse. E poi conosce i segreti dei clan di Bagheria e Porta Nuova. C’era anche lui ad un summit convocato quando si seppe del blitz di dicembre. “Tutti quelli di Villabate…. picciotti di Palermo, di Ficarazzi… da tutte le parti” sarebbero finiti in carcere. E così, per correre ai ripari, i clan convocarono una riunione. Qualcuno, che Di Salvo citava con il solo nome di battesimo “Gregorio”, aveva ottenuto “carta bianca… in assenza di loro poteva fare tutto quello che ci pareva e piaceva…e quello tutte cose ha fatto…”. da livesicilia.it

Â