Lucia Borsellino torna per la prima volta all’Asinara dopo 40 anni: “Qui si è scritta la Storia, oggi ritrovo me stessa”

 


La figlia del giudice ucciso in via D’Amelio col fratello Manfredi è stata invitata dall’Anm per con un convegno sui giorni trascorsi per motivi di sicurezza con suo padre e Giovanni Falcone nel carcere sardo, dove fu imbastito il Maxiprocesso. “Sento che qui, in questo momento, si sono ricucite le tante ferite che la vita ci ha riservato…”

Si commuove, Lucia Borsellino. Poi si affaccia sul terrazzo, abbraccia il fratello Manfredi, e si lascia andare ai ricordi: “Quarant’anni fa non avevo colto la bellezza di questo posto. Oggi sì”. Perché sono trascorsi proprio quattro decenni da quell’agosto del 1985, quando i giudici Paolo Borsellino e Giovanni Falcone furono trasferiti nottetempo, con le famiglie al seguito, sull’isola dell’Asinara, in Sardegna, che divenne il palcoscenico di uno dei capitoli forse meno conosciuti ma più cruciali della lotta alla mafia. In questo luogo isolato, lontano da Palermo, i due magistrati stavano gettando le basi per un’impresa che avrebbe cambiato la storia d’Italia: il Maxiprocesso. Furono trasferiti in quella che era l’antica colonia penale, in un esilio forzato per la loro sicurezza.

Lucia e Manfredi Borsellino, quest’ultimo arrivato con la moglie e le due figlie, sono stati invitati dall’Anm della sezione sarda, diretta da Andrea Vacca, in collaborazione con la sezione di Palermo, guidata da Giuseppe Tango, per una due giorni dedicata proprio al lavoro svolto dai giudici all’Asinara nel 1985. Lucia Borsellino da allora non era mai tornata sull’isola che la ospitò, quando aveva appena 16 anni.

“È stato per me un momento di riparazione di una delle tante ferite che la vita ci ha riservato, che finalmente si è compiuto definitivamente. Ci sono voluti quarant’anni – dice visibilmente commossa – perché a volte, quando si provano emozioni molto forti, e noi non ce ne siamo fatte mancare, si vive una sorta di disorientamento temporale. O almeno io mi sono trovata in questo limbo, in questi 33 anni che mi hanno separato dal mio papà. Io ho sempre avuto la sensazione di essere fuori posto, come se una grossa parte di me, nonostante io abbia tentato di andare avanti, di farmi una famiglia, di crescere dei figli, fosse rimasta fino a qualche momento fa sempre indietro. Oggi si è compiuto quello che io definisco un ‘matrimonio’, perché ho recuperato, sono andata a cercare quella parte di me che era rimasta qui, che ancora non avevo ritrovato e per la quale mi serviva essere fisicamente in questo posto”.

Nel luogo simbolo dell’Asinara diventata oggi un museo è stata consegnata una targa dedicata ai due giudici e a Francesca Morvillo, la moglie, anche lei magistrato, di Falcone, morta assieme a lui nella strage di Capaci. Poi alla Cala Reale si sono tenuti gli incontri, alla presenza di molti protagonisti dell’epoca e di altri magistrati. Tra loro anche Gianmaria Deriu, l’agente penitenziario che all’epoca si occupò delle due famiglie, e Diego Cavaliero, il pm amico di Borsellino, Rino Germanà, il poliziotto che scampò all’attentato mafioso nel 1992, ma anche Giovanni Paparcuri e Giuseppe Costanza, altri due sopravvissuti alle stragi.

“Ho detto riparazione, sì, perché c’è una tecnica orientale – spiega Lucia Borsellino – attraverso cui si riparano degli oggetti con materiali pregiati, realizzando ulteriori oggetti dove si vedono le crepe riempite di oro o di argento. Io penso che noi abbiamo cercato in questi oltre trent’anni di ripararci continuamente per essere persone migliori, almeno io penso che la nostra lotta principale è stata questa. Forse non ci siamo riusciti sempre, ma io credo che la fragilità sia una componente umana. Ed era una componente di papà, di Giovanni Falcone, di Francesca Morvillo. Attraverso quelle fragilità io li ho amati ancora di più perché ho avuto la possibilità, stando per più di un mese all’Asinara, di potere conoscerli meglio e cogliere quegli aspetti umani che gli impegni di papà non ci avevano permesso di conoscere”.

E aggiunge: “Certo sono state modalità assolutamente straordinarie perché di questo periodo si è scritto molto sulla carta stampata, ma anche al cinema o al teatro. Voglio solo ricordare che quando si è verificato questo trasferimento, eravamo nell’agosto del 1985, si era concretizzato un rischio tangibile per la vita di papà e Giovanni Falcone. Erano stati da poco uccisi Beppe Montane a Ninni Cassarà. Anche allora, come accadde 7 anni dopo, una notizia carceraria e riferita al consigliere istruttore Antonino Caponnetto fece sì che lui stesso si assunse la responsabilità di ordinare ai suoi fidati colleghi di andare via dalle loro abitazioni. E’ stata una dimostrazione di come lo Stato, quando vuole salvare i suoi figli, ci riesce perfettamente”.

Ma questa è “una cosa che non è accaduta sette anni dopo, quando con le medesime modalità è arrivata questa notizia di una azione stragista che avrebbe colpito anche mio padre – prosegue la figlia di Borsellino – e mai morte fu così annunciata. E questo nonostante la disponibilità di mio padre di portarci ovunque. Questo non posso non rilevarlo. Come non posso rilevare la riservatezza di Caponnetto sulla trasferta improvvisa all’Asinara con la gente che pensava che fossimo in villeggiatura… Con un uomo che, ripeto, aveva la sue grosse fragilità e difficoltà di come comunicarci che da lì a poco avremmo dovuto lasciare la casa senza neppure sapere dove andare”.

“Da lì a poco avremmo avuto un secondo strappo, che mi ha portato via da questo luogo prima dei miei familiari. Per un mio problema di salute che lo ha costretto a tornare prima a Palermo, questo fu un altro momento che io vissi con sensi di colpa, seppure non avessi alcuna colpa – ricorda ancora Lucia Borsellino – e guardandola con gli occhi di una donna matura, dopo 40 anni, mi accorgo di avere vissuto un momento straordinario in cui potevo avere i miei genitori accanto h24. E non potrò mai dimenticare i sorrisi e la simpatia di Giovanni Falcone, la gentilezza di Francesca Morvillo, della sua amata mamma, la signora Lina, e di quanto queste presenze siano state fondamentali per mio padre e per mia madre”.

Lucia Borsellino spiega poi chi ha “reso possibile una serena permanenza all’Asinara”, a partire dal direttore del carcere e della moglie, che rappresentavano “le uniche compagnie di cui potere disporre”, e, soprattutto, “la nostra ombra, Gianmaria Deriu, che è diventato parte della famiglia”. Deriu era allora un giovane agente penitenziario e si occupò di Falcone e Borsellino mentre eano all’Asinara.

“Oggi si è realizzata pienamente quella integrazione tra passato e presente che per me era difficile che potesse accadere – confida ancora Lucia Borsellino – perché mi sono resa conto che questo passato, che ho amato moltissimo ma che ho anche odiato, per certi aspetti, ci ha dato la forza per andare avanti dopo quelle macerie che sette anni dopo avrebbero cambiato la nostra vita”.

C’è anche Manfredi Borselino accanto alla sorella: “E’ un momento carico di emozioni – dice commosso e, rivolgendosi a Deriu aggiunge – in questi quarant’anni ho avuto quel fratello maschio che per tanti anni ho chiesto ai miei genitori. E’ arrivato il 5 agosto del 1985 all’Asinara e non se n’è mai andato. So che questo fratello ce l’ho qui e lo posso sempre raggiungere. Gli avevo fatto una promessa, di portare mia sorella Lucia e l’ho mantenuta. Dopo quarant’anni toccherà a lei portare qui suo marito e le sue figlie, è un passaggio importantissimo, come lo è stato anche per me quando ho portato i miei figli all’Asinara”.

Poi tiene a ringraziare l’Anm, che ha organizzato la due giorni all’Asinara. Rivolgendosi ad Andrea Vacca, presidente della Giunta esecutiva sezione Sardegna, Manfredi Borsellino afferma: “Sei il fulgido esempio di magistrato completamente scollegato rispetto alle precedenti generazioni che non hanno partorito solo eroi, ma anche altre figure che hanno un po’ danneggiato l’immagine della magistratura e che hanno reso ancora più difficile il vostro compito. Ma vedo te, il segretario generale dell’Anm e gli altri componenti della magistratura associata”. Molte le lacrime di commozione tra i presenti, come quelle del segretario generale Anm Rocco Maruotti o di Deriu. “Un momento che non dimenticheremo”, dicono Manfredi e Lucia Borsellino.

Fonte: Adnkronos PALERMO TODAY 5.10.2025