Il comunicato del M5S e i fatti che non tornano

Ma vediamo le reazioni politiche. Il Movimento Cinque Stelle, attraverso il capogruppo in antimafia Luigi Nave e il deputato Michele Gubitosa, ha diffuso un comunicato al vetriolo: «Quella andata in scena in commissione Antimafia è stata una requisitoria senza contraddittorio con gli indagati e i loro avvocati, svolta in una sede politico- parlamentare anziché nella fisiologica sede giudiziaria». Aggiungono che De Luca «non si è limitato a una sommaria esposizione degli elementi» ma ha esposto «senza secretazione una analisi di svariati elementi processuali di dettaglio, alcuni dei quali non sono nemmeno a conoscenza degli avvocati degli indagati».
Il problema è che una commissione parlamentare d’inchiesta ha poteri di indagine e può sentire chi vuole. Se poi gli elementi emersi sono scomodi per qualcuno, questo è un altro discorso.
Ma la parte più interessante del comunicato riguarda la questione tecnica dell’archiviazione. I pentastellati sostengono che la procura di Palermo avrebbe fatto una «richiesta di approfondimento con un’ampia delega di indagine del 18 luglio 1991» e che «la risposta del Ros sia arrivata solo il 5 settembre 1992, cioè dopo la strage di via D’Amelio» . Prima di tutto: l’archiviazione del procedimento mafia-appalti non è stata «parziale» come sostiene il M5S e che purtroppo anche il senatore di Forza Italia Gasparri continua a dire.
Dopo il rinvio a giudizio di Angelo Siino e altri, l’intero procedimento è stato archiviato. Questo va detto con chiarezza. Secondo: dire che la risposta alle deleghe è arrivata solo il 5 settembre 1992 contiene un inganno. Come hanno dimostrato documentalmente l’avvocato Fabio Trizzino e Lucia Borsellino durante la loro audizione in commissione antimafia, i fatti sono andati diversamente.

La nota del Ros che cambia tutto

Da una nota del Ros del 30 giugno 1992 – indirizzata all’allora pm Guido Lo Forte – emerge che la procura, in data 28 maggio 1992, aveva espressamente autorizzato l’organo investigativo al riascolto delle conversazioni telefoniche registrate con i decreti del 26 febbraio 1990 e del 15 maggio 1990 dove emersero anche personalità politiche di rilievo. Si trattava del riesame dei registri di ascolto e delle bobine riguardanti le utenze intestate alla SIRAP spa di Palermo, società già oggetto di indagine. In quella nota il capitano De Donno scrive testualmente: «Il servizio svolto ha consentito, sulla base delle nuove risultanze investigative emerse, di valutare meglio alcune conversazioni telefoniche tra i personaggi d’interesse. Tali conversazioni sono state trascritte ed i relativi verbali saranno, salvo diverso avviso della S. V., inviati successivamente e contestualmente alla nota informativa concernente illecite attività nel campo degli appalti pubblici».
Tradotto: il 30 giugno 1992 il capitano De Donno aveva avvertito la procura della conclusione dell’attività supplementare di riascolto, rimettendosi alle valutazioni della procura di Palermo circa il deposito delle risultanze nell’ambito della nota informativa sugli appalti pubblici. Si tratta della famosa informativa SIRAP, che sarà depositata il 5 settembre 1992. 
Ma non è colpa del Ros se c’è stata l’archiviazione prima. La domanda è inevitabile: perché non sollecitare il deposito quando i Ros avevano avvertito a fine giugno, quindi prima della richiesta di archiviazione redatta il 13 luglio? Sicuramente una risposta ci sarà, ma non è quella contenuta nel comunicato del M5S.

Le deleghe incomplete dell’estate 1991

C’è poi un altro fatto che il comunicato grillino non dice. Le deleghe di indagine dell’estate del 1991 – scaturite dopo le polemiche giornalistiche che accusavano la procura di insabbiare il dossier – non comprendono alcun approfondimento sui fratelli Buscemi e sulla Ferruzzi Gardini. Non risulta alcuna delega di indagine nei confronti di altri personaggi importanti come il mafioso Pino Lipari, che ha avuto un ruolo di primaria importanza. Questo è il punto: dopo le polemiche, la procura fa delle deleghe, ma senza entrare nel cuore del problema. Senza andare a scavare in profondità. E questo De Luca lo ha detto con chiarezza: «Dopo due anni non è stata fatta una sola indagine su Buscemi Antonino».
La verità è che quando ci sono conflitti di interesse o approcci ideologici sulla vicenda, si finisce per perdere di vista quello che conta davvero: fare luce sulle stragi. Il resto è solo rumore di fondo. Politico, prevedibile, scontato.
E dispiace che il Partito Democratico, che ha una lunga storia politica alle spalle, si faccia condizionare dal movimento cinque stelle, offrendo solo alla maggioranza, in particolare Fratelli d’Italia, l’approccio serio e scientifico dei fatti. Non è mai troppo tardi nel rimediare e magari dare fiducia a chi crede nei valori del progressismo. Ma che si scontra con l’approccio complottista (quindi reazionario) dei fatti.