LE SCORTE – in libreria

 

Libro Cinque vite. Racconti inediti dei familiari della scorta di Paolo Borsellino di Mari Albanese
Palermo, 19 luglio 1992 ore 16:58. Cento chili di tritolo destinati al giudice Paolo Borsellino deflagrano dentro una piccola utilitaria in via d’Amelio a Palermo. Insieme al Giudice, perdono la vita Emanuela Loi, Vincenzo Fabio Li Muli, Eddie Walter Max Cosina, Agostino Catalano e Claudio Traina. Sono queste le cinque vite che il nuovo e necessario lavoro di Mari Albanese ci restituisce e che troppo spesso vengono citati solo come “i ragazzi della scorta”: locuzione sbrigativa che toglie loro lo spessore di un nome, di un corpo e dell’identità. Per non dimenticarli, l’autrice ha raccolto le parole inedite dei familiari, confidenze che ci donano ritratti intimi, non conosciuti, che vanno oltre la divisa: un racconto della loro vita fatta di quotidianità, curiose rivelazioni, emozioni, tante speranze. Conosceremo così l’amore di Fabio e Victoria, ancora inflessibile; la solarità di Emanuela, frizzante e briosa; i colori tenui e caldi di Agostino, che superbamente riversava nei suoi quadri; la musica nel cuore di Eddie, appassionato dj alla radio libera; e le mattinate a pesca di Claudio, nel silenzio del primo mattino. Prefazione di Enrico Bellavia.

 

Emanuela Loi, assegnata alla squadra di scorta del giudice Paolo Borsellino, si aggiudicò il triste primato di “prima donna agente di polizia morta in servizio”. Aveva 24 anni, un fidanzato, una famiglia unitissima e una volontà di ferro. Una carica di esplosivo ha fermato il suo sogno. Questa è la storia degli ultimi mesi della sua vita. Un romanzo appassionato, nato da una dettagliata ricerca di fonti per raccontare ai più giovani una pagina intensa e drammatica della nostra storia.


 
 
 
Edito nel 2012, Uomini di scorta di GILDA SCIORTINO diede voce e visibilità a tutti quegli agenti che, negli anni precedenti e immediatamente successivi al 1992, hanno vissuto e scommesso la loro esistenza per tutelare e garantire la salvaguardia della vita di magistrati, imprenditori e personalità del giornalismo e della cultura, che hanno, in vario modo, osato sfidare apertamente la prepotenza e la tracotanza di Cosa nostra. “Uomini di scorta” è dedicato a tutti loro, ma principalmente agli otto “angeli custodi” che il 23 maggio e il 19 luglio non pensavano minimamente che non sarebbero ritornati dalle loro famiglie, assurgendo agli onori della cronaca perché vittime di un senso del dovere che non sempre viene riconosciuto dalle istituzioni. di Gilda Sciortino edito da Officina Trinacria, 2012.

 

 

È il 23 maggio del 1992. Alle 17.58 il silenzio delle campagne di Capaci viene squarciato da un tremendo boato causato dall’esplosione di cinque tonnellate di tritolo piazzate sull’Autostrada A29. Poche ore dopo due famiglie partono da Brindisi con una manciata di notizie date loro frettolosamente. Sono quella d’origine del ventinovenne Antonio Montinaro, capo della scorta di Falcone, e dell’agente scelto Rocco Dicillo, trent’anni appena compiuti. Le famiglie non si conoscono né hanno informazioni precise su quanto accaduto. In un volo notturno di poche interminabili ore, i fratelli minori di Antonio e Rocco, Matilde e Michele, ripercorrono i ricordi d’infanzia e adolescenza dei loro cari: il legame con la propria terra d’origine, gli affetti, la quotidianità.


 

Per ultimo, Vito mi disse il nome di Giovanni Falcone. Mi ricordai del fallito attentato nella sua villa dell’Addaura e, come in un flashback, sentii le sirene. In quel momento alzai lo sguardo verso l’orizzonte, come in cerca di qualcosa che potesse convincere Vito a lasciar perdere quell’incarico così pericoloso, e notai delle nuvole nere che avevano oscurato il cielo azzurro. Con queste parole, Rosaria Costa, vedova dell’agente Vito Schifani, caduto con Falcone a Capaci, rievoca il momento in cui il suo giovane sposo le disse orgoglioso che sarebbe entrato nella scorta del giudice. La storia è poi tragicamente nota e tutta l’Italia ricorda il suo grido di dolore che ai funerali di Stato scosse universalmente le coscienze. Come racconta per la prima volta in questo libro toccante, Rosaria Costa all’inizio rimase in Sicilia, lei che, provenendo da una famiglia modesta e onesta, era cresciuta nello spietato contesto della “Palermo di un morto al giorno”. Voleva lottare, reclamare il proprio diritto ad avere Giustizia, e per questo si avvicinò a Borsellino legandosi a lui, ma la strage di via D’Amelio rinnovò presto lo stesso dolore. Gli anni successivi, segnati dall’arresto di Totò Riina, la videro sempre in prima fila in quella che, da allora e ancora oggi, lei interpreta come una missione di testimonianza. Arrivò anche un giorno in cui per Rosaria rimanere in Sicilia non fu più sostenibile e si trasferì in Liguria per costruirsi una nuova vita, dopo la devastazione di tanto indicibile dolore. Ma oggi è riuscita a tornare nella sua terra d’origine, come donna nuova e come testimone diretta di un’epoca drammatica, consapevole di dover continuare a tenere alta la bandiera della legalità.

 

 


 
 

PAOLO e i suoi ANGELI