MAFIA e APPALTI e STRAGE di VIA D’AMELIO

 


Da parte di alcuni giornali e siti  si continua a negare che tra le concause dell’accelerazione della strage di via D’ Amelio vi fosse l’
interesse del dottor Borsellino sulle indagini innescate dal rapporto steso mafia e appalti steso dai ROS dei Carabinieri. A loro dire si tratterebbe di una causale errata ancorché sostenuta dal generale Mori, dai figli del giudice e dalla Presidente della Commissione Parlamentare Antimafia, Chiara Colosimo.
Che l’interesse del dottor Borsellino verso l’ informativa del Ros poteva costituire  un plausibile motivo di accelerazione vi sono delle  sentenze ad affermarlo. Basterebbe leggerle e documentarsi in proposito prima di considerare addirittura un ulteriore depistaggio indagare su tale ipotesi. Cosa che per quanto di competenza stanno peraltro facendo la Procura di Caltanisetta e la Commissione Parlamentare. 

Qualche stralcio di sentenza a supporto di quanto appena descritto:

 

15.11.2019 – Dal BORSELLINO QUATER. “La collaborazione con la giustizia di Gaspare Mutolo – congiuntamente alle altre circostanze evidenziate, e cioè la pregnanza delle indagini che il magistrato avrebbe potuto svolgere in materia di mafia, politica e appalti e la sua probabile nomina a capo dellaDirezione Nazionale Antimafia – potevano ben essere considerate come “concause” che avevano determinato l’accelerazione dell’uccisione del magistrato, come appunto dichiarato dal collaboratore Antonino Giuffrè.”

Qui l’intero atto.

Dal BORSELLINO TER“Nell’ambito di questo secondo filone di indagini varie deposizioni dimostrano che BORSELLINO aveva mostrato particolare interesse dopo la morte di FALCONE alle inchieste riguardanti il coinvolgimento di COSA NOSTRA nel settore degli appalti, e ciò non solo perché lo riteneva di fondamentale importanza per quella organizzazione ma anche perché convinto che potesse lì rinvenirsi una delle principali ragioni della strage di Capaci.
In proposito giova ricordare le testimonianze di vari colleghi del magistrato dell’epoca, tra cui anche Antonio DI PIETRO, nonché del Generale MORI e del Capitano DE DONNO. Il senatore DI PIETRO ha ricordato che BORSELLINO anche in occasione dei funerali di FALCONE gli aveva manifestato la piena convinzione che le indagini che avessero accertato il ruolo di COSA NOSTRA nella gestione degli appalti e nella spartizione delle relative tangenti pagate dagli imprenditori avrebbero consentito di penetrare nel cuore del sistema di potere e di arricchimento di quell’organizzazione.
Ha altresì riferito il teste che mentre a Milano e nella maggior parte del territorio nazionale si stava registrando in misura massiccia il fenomeno della collaborazione con la giustizia di molti degli imprenditori che erano rimasti coinvolti nel circuito tangentizio, ciò non si era verificato in Sicilia e BORSELLINO spiegava tale diversità con la peculiarità del circuito siciliano, in cui l’accordo non si basava solo due poli, quello politico e quello imprenditoriale, ma era tripolare, in quanto COSA NOSTRA interveniva direttamente per gestire ed assicurare il funzionamento del meccanismo e con la sua forza di intimidazione determinava così l’omertà di quegli stessi imprenditori che non avevano, invece, remore a denunciare l’esistenza di quel sistema in relazione agli appalti loro  
assegnati nel resto d’Italia.
Intenzione di BORSELLINO e DI PIETRO era quella di sviluppare di comune intesa delle modalità investigative, fondate anche sulle conoscenze già acquisite, per ottenere anche in Sicilia i risultati conseguiti altrove. E BORSELLINO stava già traducendo in atto questo progetto, come dimostrano le dichiarazioni rese dai predetti testi MORI e DE DONNO, che hanno riferito di un incontro da loro avuto con BORSELLINO il 25 giugno 1992 presso la Caserma dei Carabinieri Carini di Palermo.”

Qui l’intero atto.

E , ancora prima dal BORSELLINO BIS “Risulta incontestabilmente provato, poi, che sul piano giudiziario l’impegno del dott. Borsellino, ormai difficilmente arginabile persino all’interno dell’ufficio giudiziario di appartenenza, stava catalizzando dirompenti collaborazioni con la giustizia concretatesi proprio dopo la strage di Capaci, come quella di Gaspare Mutolo, depositario di preziose informazioni sui traffici mafiosi e pronto parlare di rapporti tra mafia e istituzioni facendo i nomi del magistrato Domenico Signorino e del funzionario dei servizi Bruno Contrada, o come quella di Leonardo Messina, memoria storica della mafia della Sicilia centrale e primo a rivelare i meccanismi di controllo degli appalti pubblici da parte di “cosa nostra”, in un momento in cui nel Paese stava infuriando il ciclone di “tangentopoli”. Tali semplici spunti di riflessione, meritevoli sicuramente di un particolare approfondimento investigativo, inducono a ritenere che dopo Capaci si sia determinata intorno alla figura del dott. Paolo Borsellino una situazione capace di scatenare un vero e proprio panico in diversi ambienti politici, affaristici e persino istituzionali, per cui assume concretezza l’ipotesi che nella decisione di compiere un’altra strage per eliminare il dott. Borsellino possano essere penetrati anche interessi estranei all’organizzazione mafiosa in senso stretto, che allo stato tuttavia non è possibile individuare con sicurezza. Ciò che preme sottolineare in questa sede, comunque, è il fatto che tali occulti interessi non si pongono mai in antitesi con l’interesse fondamentale di eliminazione fisica del dott. Borsellino da tempo coltivato dalla organizzazione mafiosa “cosa nostra” (basti pensare ai vari piani già in fase operativa per uccidere in tempi precedenti il dott. Borsellino, come quello di cui ha diffusamente parlato il collaboratore di giustizia Ganci Calogero), in quanto dagli elementi acquisiti anche nel presente giudizio si evince che può essere accaduto non già che una entità estranea a “cosa nostra” possa avere giocato di anticipo organizzando di sua iniziativa la strage, ma piuttosto che l’organizzazione mafiosa nell’esecuzione del disegno criminale da tempo coltivato possa avere contato su coperture e connivenze esterne favorite da una pericolosissima e perversa saldatura tra interessi mafiosi ed interessi diversi, allo stato non identificabili con certezza e che meritano sicuramente la massima attenzione.”

Qui l’intero atto.

 

 

 

 

“Borsellino quater”:«la strage di via d’Amelio non fu dovuta alla trattativa stato-mafia». Borsellino è morto per “mafia-appalti”

 

 

VIA D’AMELIO e i processi